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THE DORSCH LIBRARY.
The private Library of Edward Dorsch, M. D.,of
Honn», Michigan, prenntedU) the University or Michi-
gan by bla wldow, May, 1W8, In aecordance nilb a wiBh
expieaaed by him.
,y Google
,y Google
,y Google
LE OPERE
ENNIO QUIRINO VISCONTI
CLASSE PRIMA.
MILANO
PRESSO GLI EDITORI
UDCCCXIX
Do,1,7cd.yGoOglc
Do,1,7cd.yGOOglc
IL MUSEO
PIO CLEMENTINO
ILLUSTRATO E DESCRITTO
ESNIO QUIRINO VISCONTI.
VOLUME II,
MILANO
PRESSO GLI EDITORI
HDCCCXIX
Do,1,7cd.yGoOglc
Tipografia Destefàiii6.
Do„,7cd,yGOOglC
4
PREFAZIONE
DELV AUTOnB.
ir OCHE sono le cose delle quali vuoisi
Tendere inteso il lettore al principio di
questo secondo tomo. Il piano dell'opera
e la classificazione de* monumenti sono pre-
cisamente i medesimi di quelli che si an-
nunziarono nella prefazione del primo. Sic-
come però g// acquisii, de' quali in questo
frattempo la munificenza di Nostro Signore
ha arricchito il Museo , ci forniscono di
varj soggetti , che secomlo l* ordine propo-
sto dovrebbero aver avuto luogo nel prima
volume } si sono questi soggiunti nell' appen-
dice alla classe delle Deità , come si era
nella prefazione stessa avvertito.
Riguardo- allo stile e alla maniera con
cui son trattati g/i argomenti, non -vi rav-
viserà chi legge nessuna diversità , non o-
stante che il nome dell'espositore sia can-
giato.
Il fu Ab. Giambattista Visconti mio
padre j la cui memoria sarà sempre negti
anndli dèlie belle arti preziosa per lo zelo ,
per r intelligenza e pel disinteresse coi
iyo.i..-.j^),Coo^lc
6
quali ha servito due Pontefici nella grande
impresa delia collezione che ora pubblichia-
mo j era già dalle fatiche e dalle indi-
sposizioni piucchè dalT età cotanto abbai'
tuta, che quando s'incominciò Fedizione dei
jtwnum^Ui J^atìcani non era in istaio di
contribuire alla esposizione altro quasi che
il nome, lo che v'impiegai sin d'allora le
mie occupazioni , continuo nello stesso as-
sunto e col metodo stesso: onde per que-
sta parte V opera non comparirà di pia
mani. Temo anzi che il pubblico non vi
troverà nemmeno quella sola differenza^
per cui avrei bramata distinguere il prc
sente volume} cioè, che i soggetti vi fos-
ser disimpegnati con magg^r sapere. Per
quanto mi sia studiato d apportarvi la pos-
sìbile diligenza, non mi lusìrtgo che i prò-,
gressi che abbia potuto farv verso Perù-
dizione in questi due anni assai distratti,
vaiano tanto per porre in qualche van-
ta^ìo questo secondo volume.
Mi son permesso qualche volta nelle noie
alcuna picciola digressione ^ tendente però
serrare o ad illustrar meglio qualche mo-
numento, o ad intendere qiudche espreS"
sione d'antico autore, o a rilevare qual-
che equivoco di moderni eruditi. Siccome
DowcdDyGoOgIC
f utSìià di simili ometti è incoTHrastabìle ^
spero che non si vorrà essere ionio scru-
polosi per esigervi sempre una connession)e
tjuasi necessaria co' miei arenanti.
Ho detto che V utilità di siffatte osser^
vatiùni è fuor di contesa, non facendo caso
d* atcnnì dC estenuano V importanza de^
studj anti<fuarj. Siccome (fuesio gènere d'e-
rudizione non è accessibile che per mezzo
delle lingue morte , cancelli quasi insupe-
ràbili a una gran parte de* moderni sa-
pienti y si sono impegnati a discreditarlo y
non altrimenti che la volpe d* Esopo fa-
eea delfuva.
lo non ho qui luògo per ribattere ex-
professo le loro ftivóle espostulaeioni : farò
soltanto osservare che ben può applicarsi
alle coffiizioni antiquarie paragonate cogli
annali delle nazioni la rimessione preposta
da Plutarco alle sue f^tte , che farebbero
cioè, Conoscer gli uomini grandi meglio che
le pubbliche storie possano far^, rilevando
quelle picciole azioni , que^i apoftegnù e
quegli aneddoti della vita privata che fan
risaltare il carattere delP uomo più che le
recite deUe battaci» a i'enumefiatione delle
grandi imprese di pace.
L* antiquaria ci fa conoscere in pàrti-
Do„,7cdDyGoOglc
«
colare e a minuto i costumi , /' indole , le
usanze , i riti , le opinioni , le arti , ìe re-
ligioni, le memorie, le tradizioni e le scienze
de* popoli antichi j il pregio , ^ usi , le
qualità , le regioni di molli prodotti della
natura : e cosi facendo , ci porta ad una
più esatta e più completa conoscenza della
storia deli' uomo « del mondo e della so-
cietà , di quella che possa attingersi nella
storia civile , che pur maestra della vita
y appella , e'I cui merito non si questiona ^
tanto più ch'è la più facile e là più spe-
dita di tutte le cognizioni umane.
Oltradiciò lo studio dell' antiquaria è inr
tintamente connesso colla vera intelligenza
de' classici greci e latini, i quali son come
tante faci che ardono perennemente per H-
luminare la vera strada- delle lettere e delle
scienze a tutti i secoli , finché dagli abissi
del tempo e dalla rivoluzione delle cose non
emerga un altro popolo cosi favorevolmente
combinato per esser la gloria e la guida
del genere umano, Come lo fu il Grecò.
Allora I monumenti di questo popolo pò-
tran farci trascurate gli antichi : evento
che ad ógni riguardo non può prevedersi
per tutta quelV estensìitn di futuro che la
probabilità e la coagétlui^a possón rendere
prescrulabile alle viste de^i uomini.
bg„„vJ.,COOglC
9
La cornitela delle lettere accusò già U
' nostro secolo della sua indolenza per la lei*
tura de' classici : né le scienze che tanto
sfioriscono possono assicurare i nostri po-
steri dalla barbarie , giacché sono ancor
esse solette ad esser rivolte alle sottigliezze
ed al frivolo , e còsi a dimenticare i loro
o^tti reali (i). Per reggerie nella lor car^
riera nulla di più a proposito che la lei-
tura degli antichi. Fu conseguenza della
buòna direzione che si dava alle ricercke
scientifiche f se da minor nurrKro di cogni-
zioni ritrasser frutti magiari di noi mo>-
demi, Noi sappiampiU di fisica, e siamo
rnen robusti e men sanif più di monde ,
e i capi <t opera delia legislazione soh de-
gb' antichi ì aiòiamo scopèrto un. nuovo
mondo , ed essi t^ean pm orot e fórse più
comodi e più piacéri; abbiam più scienze»
eppure abbiam lettere -W 'arti tanto infer
riori.
Ma lasciando siffatte discaàsioni super"
flue pie veri letterati, e forse vane per;
^ipocriti della letteratura, debbo preve-
nire chi le^ che in 'questa volume con--
(i) Andrei: Dell'origine, de* prognssì e deDo slato
«ttiule d'ogm leueratataf tomol, cip* 16 > p>49*<
DowcdDyGoOgIC
tiensi U rimanente delle statue die spu-
tano otta doise delle Deità eitùche , ed «
compartito con quest'ordine: Si. comincia
eolle Dekà. itt/emaUf le quali sieffiono a
^udle del deh , del mare e della terra
esposte, nel prhio volume, appresso ven-
gtm presentate quelle Divinità che furono,
secondo t opinione de^i stessi gentili, pa-
late in cielo per apoteosi, esseruto uomini
mortali associati y per le loro meravi^iose
azioni o invenzioni, al rango degli Dii,
come Esadapio , Ercole, ec. Sonò schie-
rate appresso le Divinità create , per coti
dire, dalle Ungì^, le quali servendosi d'al-
cuni nomi astratti per denotare le qualità
de^ uomini, delle cose e degli acddenti ,
come Pudicizia , Eternità , Vktoria ^ ec ,
han dato occasione a* poeti di pa-sonifi-
carii, e alla superstidane dì divinizzarli,
Siegttono le Deità Mrahierey dette da^
antichi peregrine, per non essere state ri'
cevuie che tardi ndla greca ed italica su-
perstizione, come indipendenti dalla greca
mìioloffa. Tali sono ^i Dii egizj ed orien-
talL Assai piii ricco è il Museo di mom^
menti d Efflto, di quello che le poche sta-
pte effdc riferite in questo volume possano
persua^fÌQ, ,]^ le altre, per non essere
,y Google
ancor ristauratBf non ti son potate iaddere,
e ù daranno nelle appendici. Una di sif-
fatte appendici contenente tredici statue di
varie divinità è so^un^ dopo gli Dìi stra-
nieri , come si è disopra avvertito,
Soa disposti appresso i soggetti apparte-
nenti alia storia eroica , indi quelli che la
storia antica risguardano , cioè la greca e
la barbarica, e finalmente in maggior co-
pia i ruotivi tdla storia romana.
Di questa specie ne restano ancor pa*
recchj da riportarsi nel terzo tomo insieme
colle statue appartenenti a* costumi de^
antichi , e colle appendici per tutte le classi
registrate nel tomo presente.
Prima però di dare alla luce il compi-
mento d^e statue , servirà come di pa^
rer^ U quarUh tmlume contenente parte,
de' bassiriiievi del Museo. Sembra che U
pubblico ne desideri Y editione con qua^
che sollecitudine , essendo gue' soditi più
ampli e più, eruditi che la ma^ior parte
delle statue non possano esserlo, e questa
trasposiaone non cagionerà verun disor*
dmcj tanto più che è preceduta da un il^,
lustre esen^io nella grandiosa edizione detie^^
Antii^tà Ereolanesi, dove i bromi e le
pitture itmosi con iella varietà frammes^
xati.
Do,1,7cd.yGoOglc
R sig. Ludovico Mirri f editore deltope^
ra, non risparmia ne cure, né spese per
farsi benemerito de^i amatori deW and-
^uaria e deììe arti 'del disegno. Haprocu'
rato che i rami del presente volume su-
perino per esattezza , per Jtnitezza e per
gusto quelli del primo : e sembrandoci che
alcuni de' già pubblicati non diano una
adequata idea del ■ meritò degU origimdi ,
ha impegnato il sig. Luigi Cunego , il quale
può riguardarsi giustamente come uno dei
primi bulini d' Italia , a replicare parficchj
rami che si daranno gratis a tutti i si-
gnori associati, come a tutti quelli che han
fatto acquisto del primo volume. Spera, cosi
facendo t di presentare a^i amatori un edi-
zione degna de* mirabili monumenti che
contiene, e mostrar la sua giusta gratitu-
dine oHe premurò dello stesso pubblico
ch'eli ha sperimentate nel copioso smer~,
ciò dell edizione.
Resta ora ad a^uhgere qualche motto
a proposito delia prospettiva premessa a
questa prefazione, e che rappresenta la
grandiosa porta della Sala rotonda del Mu-
seo Pio. Cosi viene a soddisfarsi la pa-
rola data dair editore di esporre con ta-
vole m rame i monumenti noti solo che si
,y Google
iS
consorvano tri qtèesto incomparabU Mus^,
ma ben anco le piànte y gli spaccati e i
principali punti di vista della gran fah-
briea , degna per la sua nobile architettura
di. contenere i capi d' opera delle arti an'
tiche.
Questa gran porta della Sala a croce
greca y cK è la prima dopo le scale per le
quali dalla biblioteca Vaticana si ascende
al Museo (^i)y apre V ingresso ^ come s'è
detto i nella gran Rotonda. Gli stipiti son
di bellissimo granito rosso , appartennero
già ad una vetusta fabbrica nel campo
Marzio presso la moderna regione detta
Parione j credula da' Romani Topografi
quella delle Terme Neroniane. Trasportati
nella Munizione della Basilica praticano y
non erano stati mai posti in opera sinché
non furono destinati all' ingresso di un edi-
Jizio più utile , e forse non men magnifico
delT antico. Il superbo granito rosso in cui
son tastati è notabile per alcune non pic-
ciole macchie basaltine che si vedono a
luogo a luogo j e che meritano l'attenzione
de' Litologi, Attica è la lor proporsiofte e
la loro modinatura.
i'ì /^«4»si^la Pianta prame.ua olla prefiuione del
omo J,
bo.i..vJ^),CoOglc
Il cornicione dorico dentellato, cke Jbr-
ma corona' col suo fre^ ed architrave td^
V interno di questa Sala , ricorre anche
aitila gran porta, sennonché di più ricco
materiale è costrutto. Il Jregio è diffwiiio
rosso , ed i^ lettere cubitali di metallo da'
rato vi si lèg^
MVSEVM PIVM:
il resi» e di candidissimo marmo lunensè
intagliato con somma e squisita eleganza.
In detto cornicione di qua e dì là della
gran porta formansi due risalti, i quali
nel fregio sono ornati di trìglifi di metàOo
dorato. Su questi posano due gran vasi di
simil granito , e sorge nel mezzo una spe-
eie di timpano semicircolare, nel quale è
murato un bel frammento di bassorilievo
rappresentante una di quelle cacce di fiere
che insanguinavano gli spettacoli di Roma
antica. Ciocché di più particolare dee no-
tarsi in questa scultura avrà luogo in uno
da' volumi de* hassirUievl,
I medesimi laterali risalti posano su due
singolari sostegni in vece di colonne do-
riche. Son questi formati da un roccliìó di
colonna di granito rosso , con sua Base
utilmente intanata ^ con pUnto a zoccolo
bg„„vj.„Cooi;[c
iottopostm. Questa ct^nna mozta viene
arricchita nella sua sommità d'una- ^fecie
di cimasa formata da un omamerOo di
metallo dorato. Sopra s'innalzano i due
colossi del medesimo granito rosso orien-
tale rappresentanti due ^gatodemoni o buo-
ni Genj egiziani j fatti situare dall' impe-
radore Adriano aW ingresso forse del Ca-
nopo nella sua famosa villa di Tivoli. La
descrizione può vedersi in questo volume
alla tav, XVIII. P^oglio solo osservare che
g/i EgizJ neW inventare questa specie di
Cariatidi seguirono il loro costume ,, il quale,
secondo Pomponio Mela (i), portava, che
al contrario delle altre nazioni , g/i uomini
sostenessero i pesi sul capo y le donne su-
g2{ omeri. L' idria che vien retta dalle due
statue è stala per mi^ior simetria ornata
di follami di metallo doralo. Su questa ,
oltre una sommità di colonna col suo col-
larino , sor^ il capitello dorico , intarlato
con untale eccellenza di tutti g// altri mem-
bri , che sostiene lo sporto in fuori del
cornicione.
(i) Pomponio Mela, Desitaorbii, Ub. l,i;ap.^,
Nymphodor, -apud Sckol. Sophoel. Oedip. Colon.
V. 35o.
,y Google
i6
jy filtro non tedierò U lettore, dopo averto,
soltanto avvertito d un errore scorso nel
primo volume t pag. 74, no(o(i), ove l ab-
breviatura TRICHIL d* un' antica lapida
dee spiegarsi assolutamente per 'Trichìlay
invece di Triclinio , come al^ra inconside-
ratamente avanzai.
,y Google
•7
STATUE
DEL
MUSEO PIO CLEMENTINO
TAVOLA I.
Plutone *.
^LLE deità del cielo, del mare e della terra,
riportate nel primo volume , aggiungiamo quella
dell' inferno , cioè il Giove Stigio , il Giovo
Sotterraneo (i), il Giove Dite conosciuto co-
munemente col nome dì Plutone o dio ricco,
nome che al latino Dite sì riferisce.
L' orrenda maestà nel fiero aspetto
io manifesu pel re delle ombre, e piii lo di-
stingue il Cerbero che gli posa ai piedi : la-
nitor Orci. Non fo motto del biforcuto scet-
uo che ha nella sinistra , essendo questo ripor-
tato dal rìstauratore , e non osservandosi in
* Alto palmi cinque e once tre; col plinto palmi lei.
(0 FLotoiie è nomato Giove Sotteiraneo da Omero,
IL 1, V. 457. Anche in Eskbio, v> Zev$; Zf^ MKW-
yd^MOC, Gtove Sotterraneo.
Museo PiO'Clem. Voi. II. a
,y Google
mano a Platone in vcrun monumento. Conviene
bensì al suo capo il modio o calato, emblema
di ricchezze e d* abbondanza , come a quel
nume , cui le dovizie diedero il nome , e che
l' arbitro ne fu riputato , confuso perciò so-
Tente con Fiuto ( nXovroc ) dio della ricchezza,
divinità aUegorìca, e immaginata piuttosto dai
filosofi e da* poeti , che venerata da' popoli.
Le miniere de* preziosi metalli che nelle vi-
scere della terra s* ascondono , fiiron motivo
che se ne ascrivesse la signoria al nume dei
regni sotterranei o infernali , che vai lo stes-
so ()). Forse per una simìl ragione fu creduto
Fiutone il nume de* morti , essendo stato co-
stume antichissimo quello di servirsi delle spe-
lonche e d* altri luoghi sotterra per seppel-
lire i cadaveri , e così nascondere quelle me-
morie della nostra caducità che offendono i
sensi e contristano la fantasia.
Il Cerbero che sta a' piedi del nume , è
rappresentato in figura d' un cane tricipite ,
come in tutti i monumenti ancora esistenti,
quantunque assai varie fosser le immagini ,
sotto le quali gli antichi poeti e mitologi sei
{■} Jn sede Maaiutn opes quaerimiu, nos ad inforos
agunt. Plinio, 1. XXXII, i; Platone nel Cratilo, e Ci-
cerone, De aat. Deor., lib. Il, cap. 26, soggiungono
QD'altra ragione de' nomi di questo dìo. Ecco le parole
delt'iihimo 1. e: Terrena autem vis omnìs, a Itfue natura
Diti patri dicata est : tjui dii/es et apud Grcecos XVLovtoVt
qita et reciJant omnia in tetris , et orianiur a Itìrris.
bo.i..vJ^),CoOglc
'9
figurarono (i). Gli angui che gli aVTincóiio il
triplice collo, DOn sono ommessi nelle pth e-
leganti descrizioni che ne sono a noi per-
Tenute.
Quello però che nel nostro simulacro in-
teressa piii à' altra cosa lo sguardo del sagace
conoscitore , è la perfetta rassomiglianza che
ha colle immagini di Serapide. Si osservi fralle
altre quella riportau dal Fabbretti (a), e poi
dal Cupero (3), cfae in tutto confronta colla
presente « ed è scolpita a bassorilievo su di
un' ara a Serapide dedicau. La storia antica
e la mitologia rendon conto di tal simiglianza.
Sappiamo dalla teologia pagana che ìl dio
de' morti si 'chiamava Serapide presso gli E-
giz} (4) , e dalla storia apprendiamo eh' ebbe
un tempio in Menfi antichissimo y un altro ia
Racòti , luogo ove fu edificata Alessandria i
che incominciò appunto da quest'epoca ad esser
più conosciuto Serapide, e che il suo culto diven-
ne più divulgato dachè il primo de' Tolommei
fece, a motivo d'un suo sogno, trasportare u
Alessandria un vetusto simulacro di Giove
Dite o Infernale , venerato con antichissima
(i) Vengasi SpanhemiO) De praest. , et utii .._....
dittert. VI, dove rammenta le varie figure date da'
tologi al Cerbero.
(a) Inscript., cap. TI, n. 2o.
(5) In Harpocrate.
(4) Julian. imp., oraL IV.
,y Google
religione in Sinòpe <àttà non ignobile del
Ponto. Questo simulacro giunto poi in Egitto,
■e riconosciuto per Plutone dal Cerbero e dal
serpente , ebbe il nome dì Serapide , o Sara-
pide , divinità indigena ed analoga al gì eco
Plutone, col quale amarono di confonderla (i).
Esigeva ciò il genio de' Greci, e ben conve-
niva alle circostanze degli Egiziani : godevano
ì primi di ritrovare nel culto di tutte le na-
zioni la lor teologia : desideravano questi d'uni-
formarsi alle opinioni religiose della nazione
dominante , senza abbandonare del tutto i lor
riti, e ritenendo almeno i vocaboli già consa-
crati nelle lor teogonie-
D' allora in poi tutti i popoli seguiron 1' e-
«empio d' Alessandria , e il Plutone , o Giore
Dite de' Sinopiti , fa venerato dal paganesimo
sotto il nome dì Serapide. Così ebbe fama una
divioìtìi dell' Egitto oscura sino ai tempi d' A-
lessandro Magno , e fu ritratta in figura , at-
tributi e ornamenti affatto inusitati alla pri-
gione egiziana. Tali sono la barba, il calato
(i) Può vedersi tKUa questa narrazione presso Tacilo,
Bis!., lib. IV, cap. 35; Plutarco, nel libro De Iside et
Osiride, osserva su lai proposito che questo nume mutò
nome giunto che fu in Egitto : Otj yàp IxeViev orroj
òvo/ia^ó/isvoi ^xEf, dXX' eU 'A?,E^a9op£iav MOfiuràete
rò vap" AryvjtrioK òi>0(ta lov JiXviòvoi; ixriiaaro ,
"XtapaxìBoii. Poiché non venne di là {A» Sinòpe ) con
questo nome, ma trasferito in Alessandria ottenne il nome
che gii Egizj danno a Plutone, che fu quel di Sarapide.
bg„„vJ.,C00glC
e r abito affatto greco , cose tuue che non
doTerano far dubitare ì moderni dell' origine
PoDtica delle sue immagini (i). Difatti Dionisio
il geografo, ch'era Alessandrino, lo riconosce
pel gran Giove di Sioòpe (a); e nelle monete
di questa città , che divenne poi colonia ro-
mana , B* incontra frequentemente l' efBgìe di
questo nume (5). Osservo ancora che il ca-
lato o modio si vede sul capo di' quasi tutte
le antichissime deità asiatiche , come del Giove
Labradèo di Milaso , della Giunone di Samo ,
della Nemesi di Smirna , delle Diane di Ferga
e d' Elfef o : e , o voglia questo attiibuto spie-
garsi per un vestigio delle colonne adorate
ne' prischi tempi in vece de' simulacri , secondo
il parere del Buonarroti , o secondo quel degli
antichi voglia interpretarsi per simbolo del-
l' abbondanza e della dovizia , dì cui si ri-
guardarono questi Dunti come dispensatori ,
simbolo tanto pili conveniente al Giove Plu-
tone , Giove Dite o Giove ricco de' Sinopiti:
(i) Pure ne ba volato dubitare Jablonsky nel suo Pan,'
theon Mgrptlum, lib. II, cap. S, § 5; e lib. IV, e. 5,
§ 12 e i3i a ciì> l'hanDO indotto l'etiraologie. Qui giova
OMervare che nguaimcnie incerte soo qnells del nome
di Serapid« rìpetnte da' greci ictittorì.
(a) Dionit. Periegei. , veri. a55 ;
^ivavÌTao ÙJÒ^ (teyoÀouf ^XaSspav.
Del gran Giovo di Sìaope il deluhro.
(3) Vedasi VaUlant , Suini oolonier. ia Badriano, ti,
P«8- i6i.
,y Google
qualunque sia , dico t il significato che TOgHa
darsi a quel modip , sempre dovrà riconoscersi
per uno di que* fregi chiamati da GioTenale (i\-
^sianorum vetera ornamenta Deonim.
Io fatti , per quanto cariche di pompose de-
corazioni sien le teste delle figure egiziane ,
nulla tì si distingue che al modio delle pris-
che divinità asiatiche s' assomigli \3). Quindi
comparisce inverisimile 1' opinione d' alcuni pa-
dri (3) , i quali supponendo al modio di Se-
rapide un' origine egìzia , han pensato allu-
dersi con questo simbolo all' abbondanza pro-
curata da Giuseppe all' Egitto , e han traveduto
quel patriarca nelle immagini di Serapìde.
Quantunque la scultura del nostro Fintone
accusi r epoca della decadenza delle arti (4) *
(0 Sai. IH, veri, ai 8.
(a) Colta considerazione di questa provenienta delle
immagini di Serapide cesserà la dubbiezza di Caylus sn
questo calato, del quale ebbe a dire tMe Fécìaìrcissement
est plus à désirer qu'on ne le doit etpAer. Recueii, t. Ili,
pi. XV, n. I.
(3) Ruffino, Hist. eccl, lib. II.
<4) Le statue di Plutone che esistono sod tutte di
mediocre scalpello, e tutte equivoche con Serapide. La
Bua tnunagìae suol incontrarsi per& ne' bassìrilievi espri-
menti il ratto di Proserpina. L'unica testa di Plutone
che sia senza modio e senza la fisouomia appropriata a
Serapide, si ammira fra le tante rarità dissotterrate da
S. E. il 5Ìg. principe Chigi nel Lanrentino. Questa è di
stupenda scnlturs, ed ha un aspetto, cosi terribile pei
lineamenti e pel disordine de' capelli, che si manifesta
Do,1,7cdDyGoOglc
epoca nella quale il culto dì Serapide riuniva
quasi in un solo oggetto la moltiplice religione
del politeismo (t), pure è stimabile per la
sua integrità , e per rappresentarci forse l' im-
magine stessa di Fiutone da Sìnòpe trasportata
in Alessandria (a). Certo che il vedere sulle
moneie di tante città greche- asiatiche impressa
la stessa effìgie sedente col Cerbero a' piedi (S);
1* osservarla replicata non solo in hassirilievi ,
ma ancora in istatue , come in quella del tem-
pio di Pozzuolo , ora a' Portici , ed in un' al-
tra in villa Borghese, alta quale è stata ìnne-
subito per Plutone. Era da iciiestarsi sul torso, e perci&
lo sapponeva tatto vestito , come osserveremo in appresso
essere stato proprio delle immagini di questo nume.
(i) E curiosa una Uminetta che si conserva io Roma
presso r erudito sig. conte De-Luca ; ha questa leggenda
Eie ©EOC CEPAinC : f/>»M Deus Serapù. Caylus ,
Recuell, tata- IV, pi. 57, n. 5, ne riporta una alquanto
analoga. Non mi diffondo su questo soggetto , parte per-
chè non è oscuro a' filologi , parte perchè vi dovrb tor-
nare a proposito di due superbi busti di Fintone Sera-
pide che arricchiscono il Museo Pio-Clementi no.
(3) Per amore della verità deve avvertirsi , che per
quanto sembri probabile tale opinione , pure il Serapide
nelle medaglie di Sìnòpe è in piedi. Vedasi la dìsserta-
sione di Belle^ sull'era di Sinbpe^ Memoiret de tAcad.
des Inscripiìoits , tom. XXII in 4-"» dal i75a al 1754-
Cosl in piedi e nella stessa attitudine è la bella statuet-
ta di bronzo di Serapide nella galleria granducale di
Firence.
(3) Vaillant , Nùmismata Graeca Impp. passim.
Do,1,7cdDyGoOglc
H
staift una (esu imberbe e non sua} fa eon-
getturare che celebre per la devozione dei
popoli ne fosse divenuto 1' originale. '
Il nostro marmo -non lascia d'esprìmere od-
l'aria del volto quel non so che di torvo e di
feroce , notaio da WincLelmann come caratte-
rìsiico di Plutone (i), cui sovente è apposto da'
Greci l'epiteto atvyepói (a), stygeros, che vale
odioso. L' amor della vita avea destato quel sen-
timento d' avversione che si ebbe pel dio della
morte , qnindi , come deità Docente e maleBca *
fu talvolta considerato e confuso da' Greci col-
l'Arìmanio de' Persiani (5), ch'era il prÌDcipio
del male presso quegli antichi dualisti. Singo-
lare certamente è la lapide che or si conserva
nel Museo Pìo-Glementino , e eh' è dedicata a
(i) Winck«)mann , Sloritt delle arti del disegno, I. V,
c»p. I, § a8.
(a) Omero, II. Ò, v. a66.
(3) 'À^eiftavriQ è 'At9tjc yrapà Tlépaaic. -^rimane k
Plutone presso i Persiani. Hesjch. v. ' A-petua/v^q, Dio-
gene Laerzio , trattando de' dae principi » *^'*^^ '• tó /lèv
ÓPOfia eh&i 2W( xai 'Opopóadiis , rÓ 9è ASrii xai
'Apetfuato^ In prooernio: Che tana ( cioè il bnono) ha
nomeGiove, ovvero Oromasde, Coltro {cìoi il malvagio)
ha nome Plutone , ovvero Arùnanlo, Anche Plutarco ,
quando Barra cbe la regina Amestri sacriiìcò a Plutone
vittime umane, sotto il nome di Plutone A^( ha vo-
lato intendere il cattivo principio , eh' è l' origine del
male, o lia Arinumh.
,y Google
aS
questa malifoa deità. Piacerà al lettore vederla
qui sotto rìferiu (i) :
Toroando al simulacro , è da notarsi che le
mani sodo di moderno ristauroj che la destra
dovea regger la patera , o aure stesa verso il
Cerbero; la siuistra stringere un'asta, o uoo
scettro, qual suol vedersi in mano di Serapide
ne' monumenti ; scettro che ben conviene a Plu-
tone 000 solo come a re dell* Èrebo , ma Leu
anco come a condottiero de* popoli (3); scettro
(0 D - ARTHANIO
AGRESTI\'S ■ V • C
DEFENSOR
HAGlSTEft - ET
PATER • PATRVM
VOTI CD
cioè: Dea An'manio Agrettias vir clitrissimus defensor,
magister et pater pairum voti compos dkavit. I titoli dì
difensore e maestro, forse degli Auf^ustali, tono cariche
municipali ; la prima non distava molto dal tribunato
della plebe nella romana repufaUìca: il tìtolo di maeitro
conveniva a molle lovrintendeuie sacerdotali e civili. Il
nome poi di padre de' padri è particolare delle cerimo-
nie Hitriache, provenienti anche queste come il nome
d'Arimanio dalle persiane superstisioai- Qnesia lapide
dee certamente considerarsi come rarifsìma, ed i bene
strano che mentre in Persia questo nome odioso , che
Tale r immondo , non si solca scrivere per segno d' ab-
bomìnasione che in caratteri rovesciati, sìa stato in
occidente invocato co' voti ed onorato con altari. Vedasi
il dottissimo libro di Tommaso Uyde, De rtU^ìone Per-
sarum.
(a) Uno de' nomi di Plutone fu quello di 'Arctn^à;
Do„„-cd.,Cooglc
26
che vien soTente mterpretalo ilagli antichi pel
uìlometro , o la misura dell' escrescenze del
Pfilo, solila depositarsi nel tempio del dio Se-
rapide (■). RimaogODo ad osservarsi alcune piante
scolpite all' intorno del calato , le qtiali per dod
essere abbastanza distinte sodo state omesse dal
disegnatore. Quantunque per altro non sien che
accennale ', pure ci additano arbori glandiferi ,
la relazione de' quali a Plutone non è molto
chiara. Ciò non osunle il vedere cosuntemente.
replicata 1* iihmagine di tali piante e sul calato
d' un picciol Plutone presso il rioomaio scultore
8Ìg- Bartolorameo Cavaceppi, e su quello che
adorna il fine del capo i, lib. ti della Storia
delle arti , mi fece pensare all' elee , arbore fu-
nereo e gtaodifero. L' elee era , come il cipresso,
una pianta sepolcrale e di tristo augurio (3),
e 'Av^aiXaoi: , che vuol dire condottiero o radunatar»
de' popoli, per U ragione che^ come dice Dante:
Tutti convengali qui if ogni paese.
Ved. Calliniaco, Bymn. in lavacr, Palladis, v. iSo > ed
ivi Spanhemio.
(i) Saida, v. l,ópairK- Ruffino, Hist. eccl., lib. II.
(3) L'ecloghe di Virgilio, ove per ben due volte il
malo augurio si fa sentire dall' elee :
Sinistra cava praedixii ab ilice comix.
Ecl. I e IX; e i versi dell' XI A^W Eneide, v. 849 e
legi, ne' quali ti descrive così un sepolcro: ,
.... Fuit ingens monte sub alto
Regis Dercenni terreno ex aggere hustum
Antitjuì Laurentis , opacaque ilice tectum ,
prvvano abbastanza quanto avanziamo.
bg„„.d.yG00glc
37
qiÙDdi può rìpniarsi consecrau a Plutone é co-
me al nume de* morti , e come 4 deitii Docente
e Ainesta. Non tanto il color nero delle me fo-
glie , quanto il non rallegrarsi eoo nessun fiore
e mostrarsi insensibile, alla letizia dell' anno , fe-
cero tener l' elee presso gli antichi per arbore
tristo e lugubre (i).
Il raro bassorilievo che adorna nel rame il
piedestallo del nostro Plutone ( tav. /. ) , si con-
serva pur nel Museo , e fu dissotterrato ad Osiìbi
dove Winckelmann l' avea veduto. Rappresenu
Amore e Psiche presso al irono di Plutone e
di Proserpina, favola narrata con Unto vezzo da
L. Apulejo. Il Plutone è ùiolto simile alla statua
nella positura , nell' abito e negli aitributi ,
tranne il calato, che non ha sul capo> benché
sembrasse a Winckelmann , forse per dimend-
canza , d' avervelo osservato (3). L' abito , come
nella statua , mostra pochissimo nudo, ed è al-
lusivo all' oscuriti , tutta propria del nume del
Tartaro, espresso perciò in qualche antica pit-
(■) Queste espreaaioni tono di Plinio, XVI, aS: Non
enìm omnes ( arborei J florent , et sant TBISTES gaae-
dam, quaeque non sentSant gaudia ànnorum, nam ncque
ILEX etc. itilo Jlore ^xhitaraitir. D« queiU e dalla nota
antecedente si può inferire che l'elee era pianta lagn-
bre presso gli antichi , benché si legga il contrari» in
Macrobio, Salar. II, 16, forse per errore. Il non fiorire
dell' elee dee intendersi pel non aver fiori colorati e
distinti.
(3) Winckelmann, Storia delle arti, lib. V, cap. i.
Do,:,7.dDyGoOglc
3S
tura (i) col capo velato; oscurità, onde presto
i Greci avea sortilo il nome d* AiSth, Aides , il
cai senso vale, oscuro, invisibile.
Osservazioni delV autore pubblicate nel tom, yil
dell' edizione di Moina-
Ho aeguito alla pag. 3o ropioioue comune*
secondo la quale il Giove de' Siaopiù ebbe il
some di Serapìde poiché fu trasportato in Egitto.
Uà fatto che riporta Diogene Laerzio sembra
potersi obiettare a questa opinione. Diogene u-
dendo dire che Alessandro conquistatore del-
1* Oriente solea farsi venerare sotto il nome dì
Bacco : e voi soggiunse , fatemi Serapide : àk-
Uidendo alla sua patria che era Sinope dove
Serapide si venerava. Se il fatto è vero , Sera-
pide era già il nome di questa divinità del
Ponto. Jablonaky ha preso il partito di negare
il latto ( Pantk. £gjpt. , L IJ,c. 5, § 5 ) : ma
come non ha potuto allegare in contrario se
no^ delle deboli congetture fondate su d' in-
certissime etimologie , sarà meglio convenire che
Serapide era il nome che i Sinopesi davano alla
lor principale divinità, e che T origine dì que-
sto nome è ancora ignota.
In questa pag. e nella sottoposta nota ho seguila
ancora l'opinione comune degli antiquarj che cre-
(i) Mei sepolcro <le' Nuoni dov'è la favola d'Alcesti-
de, tav. XXVI.
,y Google
=9
dono rappresentato Ercole in atto di render?
ad Admeto la morta Alcestide nella pittura citata
del sepolcro de* Nasoni (tav. io): ma poi nella
mia operetu sulle Iscrisiom Triopee , {laroù
arer meglio spiegata quella pittura che rap-
presenta, a mio credere* le nozze d' Àlcmena e
di Radamanto celebrale negli Elisj coll'ioter-
vemo d' Alcide.
TAVOLA II.
D A H A I D E *.
Questa elegante e curiosa figura fu scavata
fralle reliquie dell' antico Foro Prenestioo , del
qnal cavamente , fecondo dì rari pezzi d' anti-
chità, e si è parlato altra volu (■),• e nel
decorso delle illustrazioni si avrà nuova op-
portunità di parlare. Prima però che su questa
bella statua veruna conghiettura io proponga,
conviene che la presenti al lettore spogliata
d' ogni riattamento , e quale dalla terra con-
servatrice fu estratta nella sua genuinità e nella
sua mutilazione. Era questa una figura femmi-
nile mancante afìTatto di braccia, e di ciò che
colle braccia sostiene, deoapiuu bensì, ma
* Alta palmi lette e un quarto ; tema il piloto palmi
■ei e tre qaaiti. Fu troyaU nelle ruine dell' antico
Foro Preneitino oell' orto de' FF. Dotuiaarj di Pale-
B trina.
(I) Tom. I , UT. 6.
DonzH ..Google
So
avente poco lontano una testa assai singolare,'
per proporzione alla sutua pienamente adatta-
tile , e per qualità specifica dì marmo statua-
rio perfettamente uniforme. -Ho detto singolare,
per 1' espressione degli occhi affatto nuova e
significante. Sono questi socchiusi in maniera
che le palpebre superiore ed inferiore sono
quasi contigue, senza però che la superiore
sia stesa , come nel sonno, ma ravvicinate sol-
tanto ambedue , come negli occhi da lungo
pianto spremuti suole avvenire (i). U inclioa-
(i) Questi occhi, per dir così, conniventi, sono mollo
diversi da quelli< d' alcune statue di stile volgai-meote
chiamato etrusco, le quali ancora sembra che abbiano gli
occhi socchiusi, ma ciò non è altro che uno stile o ma-
niera di disegnar quella parte, propria della più vetusta
scultura. Winckelmann {Storia delle arti, lib. If f , e. 3>
§ 4 ^ ^) ^^ porta gli esempli, e lì chiama occhi stiac-
ciati, tirati all' ima ed intagliati al medesimo livello del
sopracciglio. Nella nostra statua all'incontro, ch'è d'una
maniera larga ed elegante, son così fatti a solo motivo
dell'espressione. Rilevo qui con piacere questa circo-
stanza delle antiche maniere greche o eirusche, perchè
serve a spiegare con somma probabilità una favola o-
scnra narrata da Strabone e accennata da Licofrone.
Dice il primo, al lib. VI, che nella citUt d'Eraclea era
una statua molto antica di Pai) ad e ( dovea esser dì quello
stile eh' etrusco appelliamo ) , che questa sì diceva por-
tala da Troja , e che avea gli occhi socchiusi : se ne
adduceva per motivo che avendo alcuni coloni ateniesi
trucidati presso al simulacro della dea quegli antichi
abitatori d' Eraclea che vi si erano rifugiati , il simula-
cro strinse gli òcchi per non mirare quella
,y Google
5i
aìooe della- vita e la mancansa dì vestirò ve-
runo intorno al corpo dove appoggiassero le
braccia , fece imiiiagiiiare che qneste dovessero
pendere a sostener qaalcbe peso , lo che dalla
sitaazioDC di tatte le iaferiori articolazioni più
sì rendeft Terìsimile. Ad una. femmina seminada,
che dall' abito appunto dovea sembrare una
ninfa , altro peso non parea convenire che
profanasìone del ino santnario, e cogli occhi coti con-
nÌTenn timaje: T17C 9è TpófV xaroaùoQ imiu^tOP
xoumnat rò t^c *A5»?»c t^i '12aó9oc ifto/POf Ì9pth
fUfov àvTÓÒi , òxefi xa^a(tvtTiH fiv^évimr àxoffxa-
fléfOr TOH ÌKETOV imo 'lÓM» TÒf èXÓ9T09 TflP ^ÓÌM . . .
^eótWirStat 9i noi vvv xena(i.vov tò ^o/vof, 'iTaftòv
(tèf oSv xai TÒ ovTO /tvStévetP , otrre ftii (tówof xa-
Tafivaa* ^ktuóftivoUy »a2!aaup xtù tò h 'LUf» àxo~
vrpa/p^oA Mara taf Ka,auór9pag ^MOftòp , à?^
Mai Mora/tvov deixyvir^at. Danno per una prova delia,
colonia trojaita venuta colà ( in Eraclea ) la ttauia Ji
Minerva ÌUade che vi sta collocata, la quale favole^iano
che socchiudeste gli occhi allorquando gCtotu, ^cke presero
la ciao , ficer forza ai r^^ipatì nel tempio .... a^pwi-
gono che si mostra la statua cogli occhi socchiusi anche
adesso conniventi. È veramente una temerità lo spacciare
siffatte favole , non contentandosi di dire soltanto, che
parve che la statua socchiudesse gli occhi {come di quella
d Ilh, che volgesse la faccia altrove quando fu violata
Cassandra ) , ma sostenendo che si vede ancora cogli oc-
chi socchiusi, h' ouerratioue fatta da Winckelmann iagli
occhi co«t manierati nella icultiira de' primi tempi > ci
d^ la chiare di qne*t* popolar traditione che , lungi dal
provenire, come declama Strabene, da nna temeraria
impoitora, derìrava solo dal vedere alla ftalna occhi
siffatti, qnali ne' tempi della perfeiione dell' arte, non
tembraroDo eiier senza significato o lenia motÌTo-
bg„„.d.yG00glc
^ello dì on'urna da versar acqua ;- cosi le tu
adattata di moderno la conca o lebète , e que*
sto per fermezza fu retto «ovra d' un tronco :
dal lavoro però delle* piégbe , che ora dietro
al sostegno rimaogODO , chiaramente apparisce
che il tronco nell* antico noD vi esisteva , il
vaso dovendo perciò essere di metallo. G>8l fu
messa insieme la figura d' una ninfa piangente ,
qual presso a poco era uscita dal vetusto scal>
pello. Allora una nuova opinione sì risvegliò
al primo esservarla , che non già una ninfa ,
ma una delle famose Danaidi fosse rappresen-
tala nel bel marmo che abbiamo in vista. La
conca sembrò allusiva al lor supplizio nell' in-
ferno , dove continuamente porun acqua ad
empire un vaso che non ha fondo (i) : il
pianto parve assai confacente e al rimorso
dell' antico delitto « e al travaglio della conti-
nua lor pena. Potea certo pensarsi ancora es-
sere una «di quelle ninfe , che delle lor lagri-
me per la perdita di Marsia fecero scorrere un
fiume da queirinfelice musico denominato (2),
e che formasse queste statua 1' ornamento di
qualche fonte : le frondi bacchiche scolpite nel
ristauro intomo al sostegno del vaso , erano
relative a questo pensiero. Ma la poca veri-
fiimìglianza che quel sostegno per cut unica-
(1) Di qncsu favola si parlerà piti a luii|go nella spie
gazione di due bassiiilicvi del nostro Museo,
(a) (h'id., Mctamorph. , lib. V.
,y Google
55
mente potea passar 1' acquedotto , esistesse ini
antico , e il sapere che le Belidi aveaDo simu-
lacri insigni in un luogo de* più cospicui di
Boma , cioè nel portico d' Àpolline Palatino ,
mi fa preporre quest* ultima denominazione,
essendo abbastanza nota la cura che le colonie
e i municipi ^otichi arevano d' imitar ne' loro
pubblici edifìz) le situazioni , i disegni e ^i
ornati de* fori e de' templi romani (i).
Le cinquanta statue della nipoti di Belo ,
figlie di Danao , alternavano nel bel portico
(i) Si (a che le colonie avevino persino il lor Cam-
pidoglio : a questo proposito merita d' esMr riferita ana
igcriiioDc, dovuta anche questa agli scavi eseguiti a Fa-
lerooe nella Marca per ordine di Nostro Signore , nel
cui Museo Fio-Clementi no si castoditce. £ di questo
IMP ■ CAESAJtE
TRAIANO • HADRIANO
AVG ■ III - COS
VIA ■ NOVA - STRATA ■ LAPIDE
PER MEDIVM . FORVM ■ PECVAR
A ■ SVMMO ■ VICO - LONGO ■ AD
ARCVM ■ IVNCTVM ■ CAPITOLIO
EX ■ COLLATIONE ■ MANI • PRETII
POSSESSORVM' • CIRCA ■ FORVM ■ ET • SE
GOTIANTIVM • ITEM ■ COLLEGIA • QVAE • AT
TINGVNT ■ EIDEM - FORO
II ■ VIRATV
n dottiisirao signor abate Morcelli, nell'aureo libro De
stilo ùiscriptionum , ha riportato questa lapida illustrando
la singolarità di sintassi che ci presenta verso il fiae.
Museo Ph-Clem. YoL li. ?,
Do,i,7cd.yGooglc ■
S4
Palatino le pregiate colonne afì-ieane die il
BOSteneTano.
Tota ( il portico] erat in spea'em Paenà digesta coiumnù
Inter quas Danai /emina turba senis}
dice Properzio (i): e poco diversamente Ovi-
dio (3):
(1) Propert, II, el. 3i , verv 3.
(1) Ovid-, Tritt., el. I; e Art. am., lib. I, ove pare
si descrivono gli ornati di quel bel portico:
Quaeque parare necem miseris patruelìbus aasae
BeUdes et strido siatjèras ense pater.
Da questo distico inlendiamo che v'era il simulacro an-
cora di Dacao: anii da an luogo di Persio può argo-
mentarsi che fosservt effigiati esiandìo i figli d'Egisto,
e che queste figure fosser di bronzo: Ìl suo antico Sco-
liaste espressamente ce rassicura. Il luogo di Persio t
questo, dove deride l' opinione che sì avea nel volgo,
di ottener da que' simulacri la cognision del futuro per
mezzo de' sogni, sat. II, v. 55:
Bine lUud subit avrò sacras quod ovato
Perductt facies ; nam fratres inter ahenos
Somnia pituita fu/ purgathsima mitttmt
Praecipui sunto, sitque ittis aurea barba.
Ivi soggiunge lo Scoliaste: Acron tradii, quod in porticu
ApoUinis Palatini fuerunt Danaidmn effigies , et contra
eas sub divo totidem eqaestres piorum JEgitthi. Ex kit
autem staiuis quondam dicebantur per tomnum dare ora-
oda. Fa d' uopo avvertire che il Broukuiio al I. e. di
Properzio male arguisce da questo passo dello Scoliaste ,
cheleDanaidi ttabant habitu novarum nuptaram , e peg-
gio il Mardini nel descrivere ìl Palatino vuol provare
con Persio che quelle sUtue eran dorate: ì versi del
Satirico proviw tatto Ìl cootrarìo , sapponeodo un sa'
Do„„-cd.,Cooglc
«5
Ducor ad intonsi candida tempia Dei .
Signa peregrinisi ubi sunt alterna columnis
Belides, et striato stat ferus ense pater.
NoD è dunque inverìsìiuile che i PrenesUDÌ ab-
blaa abbellito i portici del lóro foro , che ser-
viva SDche d' area al celeberrimo tempio della
perstùioso, che per aver delle visioni voglia dorar la
barba ad alcune- Osservo gli errori di qneiti dae lette-
rati a solo line d' insinuare la lettura originale de' clai-
sici a chiunque voglia acquistarsi idee giunte delle cose
auliche, lettura che dì gìoruo in giorno sì va rendendo
men familiare pel ribrezzo che a' incoinìncia ad avere
allo studib delle lìngue dotte. Aggiungerò una cosa so-
lamente che riguarda il curioso costume di dorare per
ringraziamento o per voto una parte sola del simulacro,
come sarebbe la testa o la barba. Questa è una singo-
larissima iscrizione in due versi greci incisa nel plinto
d'una statuetta d'Esculapio trovata al vicolo de'Lìutari
pressd il teatro di Pompeo, ne' fondamenti della casa
appartenente a' rinomatissimi tipografi Faglìarini. Eccola
alquanto mancante per le rotture del marmo :
a CQTHP ACKAHniE . . . XPTCON EXETCEN
. . N02 YHEP TEKNtìN rlAOTlOT ETS AMENOS
O salvatore Esculapio .... sparse l'oro
. , no, come avea fatto volo pe' figli dì Gìlrlo.
Le parole mancanti son forse: 2fl KPATI, cioè sid
tao capo : e nel verso seguente un nbme proprio dissil-
labo, come, per esempio, Terpnus. Sicché il distica in-
tero sar^be:
Sì aoz^ 'A(rM?ifimè oS xpcéa vpvffòv c^nx^sy
Tepxvòz vxep Téwvov Vikvis év^afievù^.
Ecco appunto ciò che dicea Fetiio: auro sacràt ...per'
ducis fa<des.
,y Google
56
Fortuna Primigenia, cc^Ia copia ìd marmo d'al-
cune delle cento statue del Palatino. '
Maggior credenza potrà acquistare tal dima-
mento, se si consideri che la romana supersti-
zione aspettava oracoli da que* simulacri (i),onde
i Prenestini per aumentare sempre più il con-
corso alle famose lor sorti, avran voluto avere
alcuna eziandio di queste immagini tanto accre-
ditate presso il vulgo della metropoli.
Si rende così molto probabile la denomina-
zione della nostra Danaide , la cui scuimra o
à riguardi la mossa, o le belle forme del nudo,
o il ben ripiegalo panneggiamento , non lascia
desiderare cbe una conservazione maggiore , ed
è ben degna di credersi tratta da' capi d' opera
dell* antica statuaria , quali dovean essere i cento
simulacri in bronzo de'Belidi, levati forse da
qualche tempio greco, e collocati da Augusto
in un sito che fu 1* ultimo sforzo della sua ma-
gnificenza (3).
(0 Pers., sat. II, ver». 55; ed ivi lo Scoliaste.
(3) Sembra che nel portico d'Apollo Palatino foster
collocate le statue de'Belidi, come lo etano quelle delle
Amazoni nel portico della Diana Efesina: ma per le
Amasoni era una ragione, euendo esse state le fonda-
trici del tempio d'Efeso; all' incontro non si comprende
che relazione potessero avere i figli d' Egisto e di Da-
nae col tempio d'Apollo. Percii congetturava che fossero
state trasportate da qualche tempio della Grecia, sennon
tutte, almeno in parte, al quale avesser avuto maggior
rapporto : tale poteva essere staio il tempio di Minerva
Lindia fondato dalle Danaidi (Erodoto, U,. cap. iSa),
,i„vj,,Coo'^[c
5?
Osservazioni dell'autore pubblicate neltom. Vtl
dell' edizione di Roma.
Sodo suto dubbio se questa donna piaogeote
fosse Dna delle niafe che fersaa lagrime sul
come quel dì Diana Efesina lo fu dalle AnuKonì. Po-
trebbe anche indovinarsene nn altro motivo, cioè- che
essendo le Danaidì «tate le prime a portare in occidente
1 mister) e ì libri arcani dell'Egìlto (Erodoto, lib. II ^
cap. i6i )f fossero le toro statue erette nel tempio Pa-
latino, dov' erano depositali i libri Sibillini, eh' erano
appunto dh che di piii arcano e di pììi misterioso co-
noscesse la religione di Roma antica. Qncsta forse fu la
ragione per cai nel più bel vaso etrusco cbe esista sott
dipinte le Danaidi quando furon conccdnie in premio
a' vinciloi'i de' giuochi, giusta la bellissima spiegazione
di quel vaso che fa 'Winckelmann {Storia delle ani del
disegno, lib. III, cap. 4; § 36 e seg. ). Questo vaso servì
per a\-ventiira ne' riti delle Tesmoforie , ed osservo che
l' esposiiivne di Winckelmann cresce sempre di proba-
bilità più che si riflette su quella elegante pittura. Nel
piano inferiore si vede una figura virile con asta a tre
punte, barbala e sedente, e presso ad essa una femmina
quasi non curante il certame. Questa i sicnramente A-
mimone, nna appunto delle Danaidi contenta del suo
TVettuno che si riconosce al tridente. Si osservano nella
composizione nn' ara , presso cui siedono alcune femmi-
ne, e de' rami d'olivo o d'alloro. Sì l'ara che t rami
sono allusivi all' espiazione delle Danaidi dall' omicidio
de'lor cugini e mariti, seguita appunto prima delle se-
conde lor nosze ( Apollodoro , lib. II ). 'Winckelmann
ha beni) errato quando ha credulo veder due femmine
«n d'nn sol cocchio: una delle figure k virile, ma que»
sta corresione aumenta tempre pib la probabilità del
tao esposto.
,y Google
38
fino di Mania 1 o niw delle Danaidi. Mi «ou
determinato allora per questa opinione; credo
adesso la prima assai pih verisimile. Primiera-
mente la naditb della 6gura convìen meglio ad
noa I^ajade che ad una eroina ì in secondo
luogo è suto egregiamente provato da Eckel
{ D. N. , tom. lY » pag. 49^ e segg. ) che la
statua di Marsia era elevata ne' fori delle co-
lonie romane, e che era ami riguardata come
un aimbolo de* privilegi di queste città. La sta-
tua di cui ù ragiona fu scoperta nel foro Pre-
nestioo , e la città di Frenesie era colonia.
( y. Volpi, Latium, t. IX, pag. i65 ); ond' k
verisimile che le ninfe piangenti Marsia ac-
compagnassero il simulacro di questo Sileno ,
che così r appellano gli antichi scrittori , e que-
sto nome distingue ì Fauni barbati di età pro-
vetta. Quanto alla ragione perchè la statua di
Marna fosse un ornamento proprio del foro
nelle romane colonie , io credo che altra non
ve ne sia, se non che lo studio di queste città
privilegiate in imitare la metropoli. La sutua di
Marsia era collocata in Roma nel foro vicina
al tribunale. Y. riardini, £oma vetus^ lib. Y,
e. «j ; ni so come un motivo sì semplice e ve-
riaimìie sìa s&iggito ad EckeL
,y Google
59
TAVOLA III.
EsGDLAPIO CD IgIA*.
D* Esculapo dio delle medicioa , e d' Igia
sua figlia dea della salute, parlano uaio i mi-
lologi e gli antiquari , che non occorre qui ri-^
copiarli , uè aggiunger nulla sulla patera , sul
bastone e sul serpe lor simboli , né sulla giù*
fltezza di questa allegorica filiazione. Raro è bensì
questo gruppo trovato nel medesimo scavo della
sutua precedente , cioè nell* annco foro di Pre-
Deste, per esser l'unico in marmo di tutto ri-
lievo che ci offra unite queste divinità assai
spesso congiunte in gemme, in iscrìùoni, in
medaglie e in bassiiilievi. Dico l'unico, percb&
di quello di Firenze nella gallerìa non resta
die la sutua d' Esculapio e una sola mano
della Salute (r). In quello ambedue le figure
erano stanti ; nel , nostro la figlia è in piedi ^ il
padre siede : questa diversità renda il nostro
assai pih pregevole , poiché lo possiamo credere
una copia di quello descrìttoci da Pausania ,
come il più illustre fra tutti i simulacri d'Escu-
* Alto palmi sei meno un' oncia ; MDza il plinto pal-
mi cinque e nn quarto. Fu trovato nell' orto de' ££,
Dottrinari di Paleitriaa.
(i) Vedasi l'elegantissima deacriiione di qnella reale
galleria, pubblicata dal veramente erodilo signor abate
Xjaniij pag. 44-
Do„,7cd,yGOOglC
4o
lapio. Dice egli che (i) il più celebre fino ai
suoi tempi fra' simulacri ^Esculapio , secondo
gli jérgivi, rappresenta in candido marmo il
nume assiso , e presso di lui sta in piedi la
figlia. La grazia della composiùone , taoto supe-
riore alla mediocre esecasione del gruppo , uel
tempo stesso che Io dimosira una copia , ne
persuade sempreppiii la provenienza agcenaata.
Le teste sodo aattche; ma adattatevi dal restau-
ratore , conservano però le fisonomie (a) e i ca-
ratteri riconosciuti propij di queste divinità.
(i) Patuan., Argol., sive lib. Il: Xò 3i iimpaMara-
rov 'Apyeioii ' kffMXijitteioy ayaXfta èp' ^(iSv^ éjfei
xaÒ^Hevoif 'AffìtK^xtof XiSts Aevxov, xeù xap' ao-
%òv iffi^xev tytta,.
(a) Ad Eaculapi» i lUU adattaU nna teiu con bar-
ba , euendo per lo piii barbalo questo nnine ne' monii-
menti , cominciando dalla stupenda gemma del Museo
Stroizi co) nome d' Aulo. "San i però che d' Eaculapj
Imberbi non faccìan menzione gli antichi, e non ne abbiano
rinvenuto alcuno i moderni. £ degno di memoria quello
ultimamente trovalo nel giardino delle monache Barbe-
rìne sul Quirinale, maggiore del naturale, nel cui viso
imberbe sospetto il ritratto di qualche medico illustre.
£ ottimamente conservato, ed ha la cortina a' piedi ,
simbolo degli oracoli che solea dare Escniapio, qual si
Vede nella bella statna degli orti Farnesiani , che si
crede la stessa di quella dell' isola Tiberina , e si os.
.serva ancora indicata nell' Escnlapio colossale presto l'al-
tre Tolte lodato signor F«cetti e in a'tri. £ da notarsi
che la cortina detl'Esculapio Farnesiano è chiamata nel
primo volume delle gemme del sig. Bracci, ctfta mistica.
bg„„vJ.,COO'^[C
4(
jiddiziOM deìT autore.
11 pauo A Pansaoia portalo Della nota (3)
è suto tradotto secoudo la correzione del Sil-
burgio al lib- Il > cap. 55 , come se la parola
' kffit^Tpiuief fosse aggettiva j e si riterìsse ad
SyaXfta. Ma la iraduzìuae dell'Amaaeo corretta
dal Silburgio era più giusta , 'come lo dimo-
■traDo le frasi simili dello stesso autore, spe-
cialmeote ne' Messenici, ossia lib. IV, cap. 5o.
*AintXiìXutof i duuque il tempio di Esculapio j
e quel gruppo noo era già il piii illustre che
Ibsse io Argo , ma si venerava nel piii celebre
tempio di Escolapio, fra quanti n'erano in Argo.
TAVOLA IV.
EacoLE COL cohhdco PI A ^
Se la statua che abbiam presente non ha fra
quelle del figlio di Giove e d* Alcmena uno
de' posti più distioù per l'arte, lo ha certa-
mente per la rarità de' simboli e della ciico-
atanza chg ci rammenta. Non la felice riuscita
dell' impresa degli orti Esperidi , come potreb-
bero farci pensare ì pomi aggiunù alla destra
da mano moderna , ma bensì la Titiorìa d'Ercole
contro Acheloo si è voluta con questo bel mar-
no onorare. Vedesi il giovine eroe , eh' esscn-
* Alto palmi lette e meiso; teou plinto palmi tutte.
bg„„vJj,COOglC
4»
dosi iodossaUi la bionda pelle del leone rTemeo ,
Blassene col capo involto Delle orrende fauci
della belva» secondo l'espressione d'Euripide (i).
Tutte le doritte d* aatunuo ricolmane) , -al dir
d'Ovidio (a) , il coroo d'Amaltea che regge nel-
la sinistra » prezzo , o piatiosto riscatto di quello
che area strappato nella pugna dalla fronte del
tanriforme Acheloo. Nello sguardo mite e tran-
(i) Earipide, Ercole furibondo :
JXp&tov ftif Afòc àXffOC
'HpijfWfft XéovToi;
Xìvpaó 9" àijtfpexaXvtpSt^
Stappò» lepav' ìxt^óttotK
£itwf yacfiati ^^póc
Poiché del fior leone
Prifa per luì restò la sacra selva,
li biondo teschio indossa ,
E intorno al capo il vincùor si pone
Le fulve fautì della morta belva.
(a) Ovid., Mei. IX, v. 91 :
Toiuim/ue tulli praedìvite corna
Autumnum,
Ovidio nelle Metamorfosi sappone che il comacopM
fosse il corno stesso A' Acheloo , così adornato e arric-
chito dalle ninfe. Altrove peri»., cioè nel V de' Fasti t
io crede un corno della capra Amaltea che allatti Gio-
ve, il quale donato, al dir d' Apollodoro , da una ninfa
OVnia ad Acheloo, servì a quel Fiume per ricomprare
da Ercole il suo, cbc pugnando in forma di toro m¥eM
perduto. Paosania, IV, cap. 29, dice che Bupalo scul-
lore fu il primo a darlo per attributo alla Fortuna ^
d' allora in poi divenne un sìmbolo comune alla mag-
gior parte dtìle divinità , e tallo proprio specialmente
dc'GcDJ, come gli astichi memunenti ce ne fan fede-
bg„„vJ.,COO'^[C
45
qniflo d' Alcide , vedesi U contemo della viuo-
lù e la quiete per la superau rìvalità di un
nome. Forse nella sioi&tra reggeva una palerà
in atto di ?ersar libaùonì a Giove suo genitore
in rendimento di grazie del valore somminìsira-
togU nel cimeoto , e dell* esito fortunato della
tenzone.
Lo stile della icultura non mostra la finitezza
e la correzione de* greci originali, da' quali sem-
bra che abbia ritenuto solunto la saviezza della
composiziooe » la leggiadria dell' attitudine , la
bnona sagoma del tutto iosietne.
TAVOLA T.
Eecole col T&IPODK*.
I quattro bei groppi rappresenuou imprese
d* Ercole , che ora spieghiamo « luroDO tatù ri*
trovati nelle vicinanze d'Ostia, dove formavano
l' omameolo di qualche villa. 11 presente ci of-
fre la violenza faua da Ercole all'oracolo Delfi-
co > quando non volendogli la Pizia rìspoodere,
per esser egli macchiato del saogue d'Ifito» spar- '
so da luì inginstamente , rapi il trìpode, onde
combattè poi con Apolline fintantoché dove lor
padre comune divise con no fiilmine il fi«temo
combattimento (ij. Sembra che l'eroe , involando
* Alto pilmì fci e nn quarto > col plinto pahni tei e
once tette.
(i; La PUia appellaraH SenodeOf. Pausali., Utt. X Ma.
Pkodca, cap. i3;| ApoUodor., SiU, Ub. II.
„„vj,,Cooglc
il tripode, afidi col guardo risòluto il nume di
Delfo , dì cui ha profanato I* oracolo. E stato
preposto questo gruppo agli altri , perchè ci rap-
presenta Alcide ancora imberbe , quando com-
parisce negli altri ire eoo folu barba. Non è
però tanto chiara nella storia l' anteriorità di
tale sua impresa (j), ed io sospetto che il ve-
derlo effigiato così senza barba derivi da piU
misteriosa cagione*
Cicerone e' istruisce che 1' Ercole che con-
trastò coD Apollo ftt il pìh antico degli Ercoli «
figlio del piii antico Giove e di Lisito > non
gii come l' Ercole Argivo o Tebano , figlio di
Giove e d'AIcmena (a). Sappiamo ancora che
(i) Apollodor-, I. e, vaol seguito il contrasto dopo
' le famote dodici fatiche , nelle quali per altro si vede
per lo piti rappresentato colla barba , e cosi appunto
accade ne' nostri gruppi.
(a) Cicerone j ite naiuia Deor., lib. UT, dove ne an-
Boveta sei: Quamquam, ^uem potissimum Bercùlem co-
lamiàs scire sane velimi plures enìm tradunt nobis ii,
qui inierìores scrutantur , et reconditas literas : antiquùn-
Tttitm Jave naium , sed antiifwssimù itemJove; nam Jovet
quoque pturei in priscis Graecorum b'teris invenimus. Ex
eo fgitur et Lfsito est is Hercules,, quem conceriàvitse
cum ApolUne de tripode accepimus. Alter traditur Nilo
naius Aegyptìus , quem ajunt Phrjfgias literas conscrip-
sisse. Tertlus est ex tdaeis Dactj^lii , cui inferias offerunt.
Quattus Jovis et Asteriae Latonae sororis, quem l'irli
maxime cotunt, ayus Carthaginem ^ù'am ferunt. Quintus
m India, qui Belus dicitur. Sextus hic ex Akumena ,
quem Jupiter geamt, sed tertiut Jupiter. Sembra vera-
mente inTeritimilc che tanti aomini rìnoniati por la for-
Do„,7cd.,CoO'^[c.
45
i Fenici ebbero no loro Ercole ; e che que-
st'Ercole , piJi aotioo oeriameaie del greco, sì-
ritraesse imberbe , ne fan fede le medaglie Pii-
niche di Cadice o sia di Gadira (r). Quindi
i cbe gli Ercoli degli Etruschi sono per lo
pili imberbi, avendo avnu la nazione Tirrena
de* rapporti ctJhi Fenicia. E se si vogliano aver
tal lavori solamente per greci pih antichi , po-
trà sempre dirsi che le arti greehe cooservavaDO
ìd quelle 'pih remote Ma maggiori rapporti colle
favole e colle arti orientali. Quindi forse è an-
cora avvenuto che quanti inonnnBeati ci esprì-
mono il rapimento dd trìpode , o il contrasto
d' Apollo e d' Ercole , ci presentano sempre que-
tcttM. avetMTO il nome d' Ercole ; dall' alira parte sap-
piamo che l'Ercole Egizio era appellato io Egitto con
tntt' altro ntme. Etrmolog. magn. in Xof, Io credo che
il nome d'Ercole in greco *H/)aK^t , Éeracles , come
di greca origine sia «tato addetto Bolamenle al Tebano,
che i Greci in appreiM , dopo aver diviniziato qaeito
nomo forte, abbian dato qnesto nome medesimo a tntte
le diviniti straniere, l'attrìbulo principale delle qnalì
fosse la fortezza , o perchè nate dall' apoteosi di prodi
liomÌDÌ, o perchè esprimenti allegoricamente la potenxa
di Dio, o la forza del Sole o della Natura. Confusi cosi
i soggetti, se ne confosero le avventure. Sembrache i
teologi pagani fosser unto portati alla tolleranza , che
ponevano in uso ogni sottigliezza non per eccitar quc-
nioni , ma ansi per conciliare i calti e i Sistemi nel
fondo i piit lontani e disorepanti.
(i) Vedasi il bel libro di monsìear Dntens: Explica-
tion da (fueUfues mSdaUìes gncfues et pheniciennef, p. Sa-
,y Google
46
sto eroe senza barba , nDirormità che dee rìTe-'
Tarsi, e che non è certamente senza motivo (i).
Il mime nel nostro marmo ha sulle - spalle il
cratere del tripode espresso in una specie di
disco, dov'è l'orma dì una spranga, forse di
metallo, che dovea reggere qualche altra parte
di quell' arredo. Io penso che li si sovrappo-
nesse le cortina gratellata e convessa a guisa
d* emisfero , su cui sedeva la Pizia ; lavoro che
era assai probabìlmeote tutto di bronzo, e che
copriva cosi quella superficie piana e rotonda ,
la quale non potrebbe rappresentare sennonché
imperfettisnmameote la tazza' del tripode. .
La scultura di questi quattro gruppi ha del
merito, specialmente nelle figure d'Ercole, le
quali non mancano d' azione propria e di bella
(i) I monumenti ch'esprìmono questa favola veggontl
aitati da Caylns , tom. IV, Recaeil, pag> io3, a. 5. A.
questi si può aggiungere il bauorilìevo nel piede A' un
candelabro del Museo Pio-Clemcntino , die si spicghcrlt
a suo luogo , e due altri in villa Albani. È però da av-
vertirsi che nella gemma etnisca riportata ivi da Caylus,
tav. XXXIV, n. 5, l'Ercole sì .vede barbato: ma vi so-
Ipetto della negligenza nell'incisione, la quale in tutta
^ella raccolta non conserva mai il carattere antico.
Un'altra gemma è> riportata dal Caylus, tom. V, pl.49>
9. 5 , dov' egli crede rawiiare Ercole che sacrifica un
bne ad Apolline prima di chieder l'oracolo. Ma il pre-
leso Ercole non è altro che un vitUmario, come si
Korge dal carattere della figura, dalla mancanza della
pelle di leone e dal panneggiamento intorno a' fianchi ,
che gli forma una specie di lùnus o cinta, affatto in-;
flonveaiente ad Ercole^
Do,1,7cdDyGoQglc
disposiùonef con sufficiente iDielligena del Dado:
comanemente si direbbero di buono stile romano;
espresùone che in tanto può ammeuerai, io quanto
si riferisce al tempo per significare lavori fatti
ne* secoli degl' imperadori romani , senza ripor-
tarsi alia nazione 1 o alla scuola dello 8cidlore(i).
Gli accessori oe sodo estremamente negletti.
Debbono però tenerù questi gruppi in gran
pregio, non avendosi altrove sifTatli soggetti di
tutto rìliero, e formando per la, connessione
dell* argomento una singolare unione da nou
incontrarsi in veran' altra galleria.
Osservaùoni deW autore pubblicate
nel tomo VII delt edizione di Rama.
Quest'azione è stata data al gruppo dal risar-
cimento. Il sig. Zoega pensava che il soggetto
del gruppo fosse l'impresa d'Ercole contro il
cinghiale di Elrinurato; ed ecco le sue osserra-
zioni( Bassìrilievi di Roma^ tom. II, pag. 71 ,
num. 85 ): « Non pochi ne sono i monumend su-
(i) Le (Colture mediocri «aglioiui dire (culture latine
a romane: il primo nome può convenir (ollanto a qae'
lavori (imili all' etnuco piii rozto e goffo, che non i
equivoco collo MÌle antico de' Greci; piuttosto che dare
a tutte le altre il nome di romane, farebbe piit giiuto
il chiamarle copie, estendo nella jnaggior 'parte atui
chiara la provenien^ da' greci originali. Di fatti anche
ad tempo degl* imperatori ai legge dì piii artefici greci
die lavoravano in Roma, e greca («lo potea ditti la
•cn<rfa dell' arte.
,y Google
> pA«bu( dell' impresa del cioghìale ) , ma di sta'
» tue uoa sola codosco, mutila, mal risarcita r
> e nel 3 tomo del Museo Pio-Clemeutìno, lar. 5,
X iaterpretau pel ratto del tripode Piùo chs
j» Ercole commise in uq accesso di colera fu -
X rìosa. Il rocco di marmo per cotesia statua
> destinato non essendo di profonditk sufGcienie
» per cavarne tutta la luoghezza del cioghiale,
» che riposando sulle esuvie leooiue, attraversar
x dovea la spalla della 6gura ; sol se n* era ta^
X gliato a modo di disco il tondo del ventre
x compresso dal braccio d' Ercole , ed il restante
X ai era riportato di pezzi, retti da una spranga
» che passava pei foro sul centro d'esso disco,
» e di piti rinforzati da cunei lasciati sulle fac-
» eie del medesimo. Aggiuligo di più per conget-
1^ tura che in luogo del moderno tripode aitac-
-X cato alla gamba sinistra parimente moderna ,
li in antico esservi dovea il dolio con £uristeo>
» che il pifa delle volte vi si suole annettere,
X- e che così l'insieme di questo simplemma pitt-
X corrisponderà alla- massa degli altri tre <ìhe-
» rinvenuti assieme ancora T accompagnano , tutti
X aventi delle fìguriue appiè della statua princi-
X pale. ■ Questa sagacissima osservazione parmi
che tocchi il punto e scopra la verità.
Alla pag. ^5 ho' detto neUa spiegazione della
atessa tavola che la figura d* Ercole che repisce
il tripode , ne" raoonmenà dove qaesU favola k
rappresenuta è' sempre senza barba. Quesu osser-
vazione è troppo geiterale j dovea dire che per lo.
Do„„-cd.,Cooglc
■♦9
|Hfa Ercole in questa fiivola è senza barba. Il mo-
nameato che abbiamo spiegato oella ut. XXXVIX
del yil t^Iqdm ci offre do esempio cootrarìo.
La figura di Ercole in quel bassorilieTo è bar*
btta.
TAVOLA VI.
EbCOLS co' CAVALLI DI DiOMBDE *.
Tutù gli scriuorì de' fatti d'Ercole celebrano
£ralle azioni di quell' eroe , colle quali si stadio
di liberar k terra dag^i oomini n(4ciiti e dai
Ùraoni che il genere umano opprìni.eT«oo , la
morte data al Trace Diomede figlio di Marte >
xha pasceva di carne umana le sue feroci ca-
Talle. Non meno che gli scrittori hto celebrata
gli artefici tale impresa. Vedevasi quQsfa rappre-
sentata fra alcune altre poche delle, fatiche Er-
culee da Baticle nel meraviglioso sechle dell' A-
micleov'e da Alcamrae sulle porte del tempio
di Giove Olimpico (i)< Più gemme ancora aì
presente ci cooserrauo questo soggetto (a) per
* Alto palmi MÌ ; colla pianta palmi lei e once cinque.
(i) Pansan-, Lacon. lea lib. X, cap. t8. Eliacorum li,
sen lìb. V, cap. io.
(a) WiDckelnaanii , Jfvn. ined., ut. LXVIU, LXIX;
Hariette, Traila des pierres gravéesy, tom. II, num. 77,
dove per altro essendo effigiato un giovine eroe abbat-
tato da Ercole senta te cavalle, può credersi jpilt ftcil>-
mente Cigno figlio di Marte.
Museo Pio- Clero. Voi. IL 4
,y Google
5o
tacere de'bassirilievi, ma questa è runica siatns
che su questo argomeaio ci sia pervenuta. Ve-
desi il figlio di Giove , che estrato nelle mici-
diali stalle (i) ha già abbattalo il crudele, nella
cui mossa è ritratto tutto il (errore della morte
imminente. Le cavalle stanno in disordine < e
l'eroe è già per impadronirsene. L'artefice cbe
ha voluto far pompa del suo sapere nell' imma-
ginare r attitudine e 1' espressione d* Alcide ,
non v' ha aggiunto gli altri accessorj , che a solo
fine di determinare l' azione della figura princi-
pale : questa sola è stato il suo scopo > e su que-
sta sola convien giudicarlo. Sembrerà ad alcuni
ridicolo il vedere la batuglia d'un gigante eoa
un pigmeo : ma si troverà tuttocib meno strano,
quando si voglia ammettere che lo scultore non
abbia avuta altra mira , che di presentarci delle
belle figure d'Ercole, variate secondo la diver*
sita delle sue famose fatiche; che il resto noa
vi è apposto , che per ìschiarìmento del sog-
getto, e per far megUo comprendere tutta la
giustezza della positura dell'eroe e la conve-
niente disposinone del gruppo. Forse erano imi-
tati questi simulacri da «mplegmi pib elaborati,
e da pitture ch'esprimevano eoo maggior cor-
rezione lutti gli accessorj , da'qnali originali si i
voluta ricopiar soltanto la principal figura* dando
appena del rimanente una tal quale idea.
Per tornare alla favola , resta indeciso nel no-
(1) ibQvicun 9fa^iH(>£<uipv Ere. furiò., y. W2. .
bg„„vJ.,COO'^[C
5t
atro gruppo , se Ercole uccidesse ancor le ca-
valle , o se le conducesse "ad Euristeo , come i
più vetusti mitici asserìscooa Ceno che l'arte-
6ce DOD è stato d'opinioDe cbe Diomede sog-
giacesse alla morte che faceva agli altri soffrire,
rappresentata in una erudiu gemma presso Win-
ckelmaoD.
Il vestiario del barbaro menta qualche atten-
zione : consiste in una clamide sovrapposta alla
tunica di lunghe manichej succinta. Questo vestia*
rio è suto usato dagli antichi uelle figure de* re
straoierì, come consta da'prigioni dell'arco di Co-
stantino, e da que' celebri che si ammirano nel
cortile de'CoDservatorì. Quegli antiquarj (i) chd
preteodooo questi utiimi esser parimente re traci,
potranno Far qualche fondamento sulla simigliaaiut
dell'abito col nostro Diomede (3).
(1) 'WiDckelmann , Monum. ined. , trattalo prelimin. ,
p. LXXXVIII.
(a) Nell'insigne monnmcnto della espiazione d'Ercole
si legge dae volte accennata rnccitiODe del Tme Dio-
mede, una alle linee 76,79, l'altra alle linee ioa,io4.
n F. Corsini non conosce errore in tal replica , ma sog-
giunge alla pagina 36 ( Herculù tjuiet etc. ) DAimedem
aiùan Diomedit jam interempU filium agnoscere hic cq-
gùnur, tjuamvis Ole a nuUo prorsus liistorico memoretur.
Pnre lo sbaglio di chi ha inciso i caratteri è molto pro-
babile, essendone evidente l'occasione. Questa i che le
parole antecedenti s) alla lìnea 76, si alla linea 103,
sono le medesime sino al numero di sei, così portando
i fatti che vi si accennano, onde l'occhio del trascrit-
tore facilmente scambiandole, può avergli fatto ripetere,
dopo la seconda frase consimile, quel tanto che nell'au-
«
bg„„vJ.,COOglC
53
Quinto Smiraeo ed Ausoaìo * che aonoverano
le imprese d'Ercole', ' daoDo alla conquista delle
cavalle Diomedee il dodo luogo (i).
TAVOLA VII.
Ercole che abbatte Gesiobe *.
Fra gli altri pregj di rarità che rìlevaiio il
{ireseote gruppo , non deve ■ omettersi quello
di rappresentarci il vinto Gerìone , non già
tografo legaiva solo dopo la prima. Cosi leggiamo alla
linea 75: TIFTWeiOTS EN ATTH KATUKISE
TOTl'a A Eni j « ali» linea loi : EAAHNAS EN
ATTH KATiiKISE TOTTil A EHI eie. Che me-
raviglia che dopo queste altime voci della linea loi ri
teplicbì ciocché dee seguir solamente a quelle della li-
nea 75? Questa mia conghiettnra acquisterà peso quando
venga approvata dal chiar. sig. abate Gaetano Marìni ,
il quale fralle iscrizioDÌ Albane illustrerà anche questa,
colla sua solita squisita eiadisione, che lo distiagne in
ogni genere di cognisionì e lo rende unico nella lapi-
daria.
(1) Q. Smimeo :
Emiotov ex Bfti^i Aiofu^eoi; ^a"^* txxvc
Ausonio :
la Diomede Victoria nona quaàrìgis.
li'iscrinone Albana della Quiete d'Ercole annovera que-
sta impresa l'ottava.
' * Alto palmi tei e onc6 due ; col plinto palmi sei e
mctso.
,y Google
55
xpioófuutov (i), trisomaton, trìcorpore, ma so-
lanente i^map^fòp, trtcarenon^ tricipite. Coù
ce lo descrive la favola ne* piìi vetusti scrit-
tori (a), e così ammette pili facilmente T ioter-
prelazione di Palefato (3). Solleva Ercole il
braccio , e colla clava scaglia sul nemico un
colpo mortale , colla sinistra si i già impadro-
nito d' uno de' bovi purpurei dell' armento di
Erìzia.
Le stesse riflessioni che si soq fatte nella
uvola precedente , posson replicarsi intorno alla
bella mossa del scteideo, e alla picciolezza e
negligenza delle restanti figure. Una sola mi si
permetta d'aggiungerne, che riguarda la favola,
somministraumi dalla tragedia d' Euripide ìn-
titolau: IS Ercole furibondo. Due volte il poeta
rammenu questa vittoria d' Ercole (4) } in una
(t) Tpiaófi'^iTOf ^ detto da Euripide nel C7n>(/e/r£r-
cole Jurihonào. Trìcorpore è descritto da Apollodoro ,
lib. II. Tripettore è appellato da Luctezio , lib. V in pt.
Geiyvnai
(^uidve tn'pectora tergemini vb?
Isella latia di villa Albani Gerione ha tre corpi.
(3) Hesiod., Thmgon., v. 387:
^fivffaóp y étaiB rpatópiivov Fiipvov^a. x. T. X.
Crisaor produsse Gerión Irìcfplta.
(3) Falephat., Fab. ^o, ove (piega le tre teite dì
GeTÌone per un equivoco nato dal nome del luogo ove .
regnava, che appellavaii Ti)UCairf;«'01' o T/>lJta/>l^'a ,
Tricarenon o Tricarenia.
(4) Eurip., Bere, furie, j v. 4^3;
Toc ■q}urófiaTOV
Exra ffoT^p* 'E^v^emc
St/enò d'Erizia il rio pastor trìcorpoie.
Do,1,7cdDyGoOglc
«4
si contenta d' accennar Oeriotie col nome di
Pastor d' Erizia , in un' altra lo chiama espres-
sameote , GeriOne non già , ma Tifone , ag^un-
gendoglì r epiteto di tricorpDre. Questo nome
provien certamente dalla storia mitologica del-
l' Ercole Egizio, e farebbe sospettare non tanto -
irragionevole l'esposizione dello Scoliaste d'El-
siodo interpretante la vittoria d' Ercole su Ge-
rìone per la imperturbabilità di quell' eroe ìa
nn turbine , eh' egli ritrova nella etimologia di
Gerìoue, il quale a questo rigoardo pou-ebbe
con Tifone scambiarsi (t).
Del rimanente sappiamo da Ateneo, che l'an-
tico scnttore Eudosso riporuva una battaglia
d'Ercole con Tifone, nella quale però Ercole
resti) morto , benché fosse quasi subito da Jo-
lao richiamato alla viu. Ch' Ercole poi lo su-
fi al vers. 1371 :
KerTavpox?,^^!'^ mXefiov ovx ^tiwoa;
Qua* leon , guai trìcorporì Tifoni,
Quài giganti , o ijaadrupedi centauri
Non affrontai pugnando, e non estinsi?
(l) Esichio, V. Tvipóv. Tv(póv 6 (tèyaq avey.oq. Ti-
ione h un gran vento. Acche Esiodo nella Teogonia lo
chiama vento orrendo e dannoso , Aetvòv 9 v^ptfrrriv t'
ówfiov. Jablonsiy, Pantheon Aegypi. , lib. V, cap. 3,
S >4 e Mg-
,y Google
55
perasse, oltre questo d'Euripide, non abbiamo
die il testimonio di Virgilio (i):
. . . Non terruU ipse Tfphoeus
jirduus , arma tenens.
Questo ponto meritava scbiarimento, non aTendo
STrertito verun mitologo , Tifone essere stato
rappresentato tricorpore.
L' impresa de* bovi d' Erizia è annoverata
fra le Erculee faticbe la decima (a), ed era scoi-)
più , come la precedente , da Batìcle nella se-
dia delT Amicleo e da Alcamene fra i doni
d' Ofimpia ^).
Osservazioni dell autore pubblicate nel tom. VII'
deW edizione di Roma.
Nel passo d' Euripide da me recato pag. 55,
nota (4)« debbo osservare che non è necessario,
eoTae bo creduto seguendo l' interpretazione
dei testi volgati , congiungere 1' epiteto Tpuro/tó-
TK col soggetto Tvipòveti. Per TpwBfAÓnc asso-
luto possono intendersi i Gerìoni , poiché qui il
poeta adopera i plurali. Basta porre una vìr-
gola fralle due voci.
<i) Mneid., Vili , V. 398.
(a) Patuan., HI, 18, v. 10.
(3) Q. Smirneo-'
Tfipvòn iàuvtov ^<k v^afeir È$ 'EpvSteitii.
Antonia :
G«o'0'*e extmcto dedmam dat Iberìa palmam.
Do,1,7cdDyGoOglc
56
TAVOLA TIII.
Ercole col Cerbcko *. .
t! ultima (i) e la più memoraoda delle Er-
culee fatiche è scolpita in questo quarto grup-
po , che piii semplice degli altri nella compor-
sizione , li supera tutti nella bellezza delle for-
me e nel gusto del tocco. Ci si rappresenta il
semìdeo allor quando
iTartareum ìlte manu custodem in vìncìa petivit
Ipsius a sotto regis , traxUque trementem (3).
Xa. belva infernale è tratta a forza dal| figlio
d'Alcmena che 1' ha incatenata, e che sen corre
ad Euristeo reduce da.* luoghi , onde la speme
dì ritornare è perduta.
Questo teiTÌbil custode del Tartaro in molte
diverse guise da* greci e latini poeti ci vien
dipinto : chi lo descrive con cento teste (3) ,
chi con cinquanta (4) , i pìU con tre (5) : se
* Atto palmi *ei e once cinque ; col plioM palrai wi
e once dieci.
(1) Ausonio:
Cerberus extremi sóprema est. meta hhoris.
Q. Smirneo però dà 1' undecimo luogo all' impresa del
Cerbero ;
Kfpffepov hSéxonoy xvv' ày^afey «4 'Ard<w>.
(a) Virgil., Aen.f VI, v. 5q5.
(i) Bellua ccmiceps è dello da Orazio, od.^III, 1. Il-
(4) lUfTt2XoyTaxetpt2]>ÒP. ^"oà. , Tkeogon., v- 5ia.
(5) Sofocl. , Trai:hin., veis. iii5> Euripid., BerctU-
furA.} e tuui gli altri.
i;g,.,Aj.,Coo'^[c
^Yi dà pef latrare una voce di bronzo fi); gir
an^i debbono avvolgergli il collo (3). È stata
pare opinioQe d* alcaoo antico cbe un serpente
di smisurata grandezza fosse quello che fu
poi appellato Can Cerbero j che avesse, la sua
tana nella spelonca di Tenaui in Lacooia; che
Ercole ne 1' estraesse, e che Omero (5) poeti*
camente abbia dato a quel terribil serpe il nome
dì Can di Plutone , come guardiano di que' sot-
terranei luoghi sacri a Dite (4)- Si pretenda
che la metafora Omerica , intesa poi material-
mente, sia stata l'origine di questo cane, che
lian gareggiato i posteriori poeti a render pììi
orribile e pib degno di quella ingraia custo-
die. Pausaoia che propone questo parere, uomo
com* egli è nella lettura de' autografi e nella
perizia delle tradizioni egualmente istruito , non
osa darlo per inverìsimile ; ed io osservo ch'Eu-
ripide ne accresce la probabilità , usando una
maniera d' esprimersi affatto uniforme a quella
d' Omero , quando chiama 1' idra , da lui de-
scritta per un drago di molti capi, col nome
di Cane di Lerna (5).
(1) \a^Mf0ipefo9 y Esiod., Theog., v. 5ii.
(3) Furiale centum
Muniant anguat caput ejut.
Orat., Carm., lib. Ili, od. 11 } e Tibull., lib. IH.
(3) Pauian., Lg^on. *ea lib. Ili, cap. a5.
■ (4) 'E| 'Epéffevi à^flvta xvva ffxvjftpw 'ktiao.
Omer. E, v. 3tì8.
(5) Euripid-, Bere, funi-, v. 4*0 e iaì4-
Do,1,7cdDyGoOglc
58
Checché sia per altro delle orìgini escare
di certe favole , le quali voleodo ridurre al
senso storico , piuttosto che acquistar lume ,
perdono quel non so che di nobile e d* inte-
ressante che le penne de più eloquenti scrit-
tori di tutte r età hanno loro , per nos\ dire, at-
taccato } mi contenterò di accennare 1' origine
d' una mitologia piii yicina che trova la sua
spiegazione nel considerare i monumenti del-
l' arte.
Vediamo spesso ne* marmi antichi scolpiti
de' cani con una specie di criniera a guisa di
leoni (i): si credono cani molossi , e forse la
denominazione non è distante dal vero. Il Cer-
bero è stato il pili delle volte scolpito a simi-
glian'za di tali cani assai convenientemente e
perchè alcuni scrittori 1' han supposto un cane
appunto del re de' Molossi (a), e per dargli
un aspetto più terribile e più feroce. La ne-
gligenza poi usata dagli scultori dì second* or-
dine, e specialmente copisti , nell' esprimere gli
accessori , negligenza attestata da una in6nità
di monumenti, per tacere i nostri gruppi * ha
fatto sì, che di rado si sian presa la pena di
terminare tutte m tre le teste con eguale 'atteu'
(i) Dae di siiTaui cani tono nel Museo Pio-Clemcn-
tino, dne nella galleria dì Pirenie, uno in Inghilterra
pubblicato e ristaurato da Cavaceppi ^uno nel palauo
del signor principe Chigi, ritrovato ne' suoi scavi Lau-
rentini.
(3) fianier, I^ikologie.
,y Google
ftloaej ma si sian contentati dì lavorare quella
di mezzo con qualche sentimento, accennando
solamente con due altre pili piccìole teste ap-
pena toccate la mostruosità di questo cane in-
fernale.
U ripiego usato che fu una volta, ehbe degli
imitatori, onde si formò quasi una maniera di
Sgurare il Cerbero in questa guisa ; con ' una
testa, cioè, maggiore e crinita, colle due altre
poco distinte e soltanto accennate. Così è ap-
punto il Cerbero nel nostro Ercole , cosi nel
Plutone, così la maggior parte di que' che ri-
mangono di tutto rilievo. Ora che avvenne da
questa maniera ? Che le persone poco istruite,
e che non 'vedeano tuttogionio siffatti cani
co' crini, cominciarono a credere la testa prin-
cipale del Cerbero essere una testa di leone ,
e le minori sembrarono di lupo e di cane :
co^ fu trasmutato il Cerbero in un nuovo mo-
stro, quale non avevano immaginato mai i piii
antichi, ma che peralifo anche le persone ver-
sate nella etnica teologia si sforzavano di spie-
gare simbolicamente. Macrobio (i), esponendo
i significati di tale rappresentanza , parte dal ,
(i) Macrob. , Saturn., lib. I: Simulacro (SerapidU)
t^ium irìcipàit animantis adjungunt , quod exprimit me*
iUo, eoJemque maxima capite leonis ejfigiem: dexiera
parte caput canù exoritur mansueta spedo blandieatù ;
pars vero taeira cervici^ , rapacù lupi capite finilar, eas-
ijue format animaiiam draco coniteciit volumine suo ....
Ergo leonis capile moastratur praesens tempus, etc.
bg„„.d.yG00glc
6o
supposto che il Cerbero cosi a' suoi tempi si
figurasse j supposto di cui è palete 1* insussì-*
steuza , se si uniscono le riflessioni surriferite
alla contemplazione de' monumenti e alla let-
tura de' classici.
Lasciando dunque da parte le sognate alle-
gorie di Macrobi» sulle tre teste di leone , di
lupo e di cane date al Cerbero, ohe si risol-
vono tutte nell'equivoco sovraesposto, non mi
tratterrò maggiormente in una favola ovvia e
conosciuta da chi è appena iniziato nella teo-
logia de' gentili. Accennert) soltaiito che in gran
varietà di pareri furon gli' antichi sul luogo
onde il cane di Pluto fu tratto a vedere i raggi
del Sole; chi lo vuole uscito dall'antro Tena-
rio , chi da uua caverna del monte Ijafistio ,
chi dallo speco d' Ermione presso a Corinto f
chi dalle vicinanze di TVezene, chi da quelle
d'Eraclea Fornica. Cosa vana sarebbe il discu-
tere tal questione , come peraltro è necessario
alla intelligenza de' classici l' essere di tal dis-
parere informato.
T A V O L A 1 X.
Eacolc b Tblepo *.
Questa bella e singolare atatua d'Ercole son
gi^ de' secoli che serve alla decorazione del Va-
• Alto palmi nove; col p!iato palmi nove e mtztb.
bg„„vJ.„COO'^[C
6t
tìcsiH). I giadiz) degli eruditi sono Unlo disparati
sulJa sua sìgnificaKiooe , quaoto quelli de' cono-
■ciiori sai merito della sua scultura. Forse 1«
^sposìùoDe d'uD sentimento imparuale, uè siste-
matico, porrà il lettore io grado di dare su
1* ODO e suir altro de' due articoli un giudìzio
meso incostante.
Winckdmonn , quel gran filologo che ht
■pano di tanta dottrina tutù gli oggetti dell'an-
tichità figurala, ed ha incoraggilo gli anùquarj
ad attinger^ in <jae* fonti che sempre abbondanti
d' oonigeno sapere siannosi pure non frequentati
da una gran parte de' nuovi dotti. 'W^nckelmann
«he tante volte ha recato il lume dell'evidenza
dove si sperava appena 1* incerto chiarore della
congettura, -ha posto fuori d'ogni dubbio che
non Comodo , o alh'O Augusto sotto !e spoglie
d'Alcide, ma Alcide stesso sia rappresentato nel
simulacro. E chi mai , se non i preoccupato
dalla snutoia che s' ebbe nel secolo scorso di
riferir tutto alle cose romane , chi mai non vi
distingue nel volto una fisonomia ideale? Resta
r incertezza nel determinare il bambino che il
nume regge amorosamente colla sinistra, posato
sulla pelle del mostro Nemeo. Il lodato antiqua-
rio che lo crede Ajace , ha sostenuto con s\
scelta erudizione la sua opinione , che . diffici
cosa è lo scostarsene. Ha per se i classici , >
qnali non solo attestano 1* amor dell' eroe per
l'infante che da Telamone e da Esione era nato,
ma fan menaìone dell' averselo Ercole tolto in
DowcdDyGoOglc
63
braccio , e d* averlo nella spoglia del leone av-
Tolto, anzi aggiungerò d'aver cootratta qutndr il
bambino rinvulnerabilitìf eh' era propria dì quel
' vello così [Demorando (i).
A fronte d'uD parere s) ben corredato d*au>
torìtà f e cosi conforme all' espressione della fi-
gura , non si rende mollo plausibile uè il seo-
timeato di chi ha veduto Uà fanciullo amato da
Ercole nell* infante del nostro marmo (3) , oè il
pensiero di chi volesse crederlo il bambino Te-
lefo altro ' figlio di quell' eroe. Senza osare di
preferire nessuna di queste opinioni a quella di
IVinckelmaon , rifletterò solo alcune cose che
non sono aUene dalla questione' La prima , che
quando il lodato antiquario ha voluto confutare
il sentimento di chi denominava Ila il bambino,
è caduto nell* equivoco di confonderlo con Ilio
figlio d' Ercole (3). La seconda sarà ,. che per
quanto sembri improbabile di veder Telefo in
braccio ad Ercole , essendo nato in sua assenza
e nascostamente, ed esposto e nudiito dalla cerva
ond' ebbe nqme> e salvato e cresciuto lungi dal
padre: pure in una statua di villa d'Esle a Ti-
voli un Ercole simile al nostro ha la cerva ai'
piedi , ed in una bella pittura d' Ercolano , Te-
lefo i allauato dalla cerva presente Ercole suo
(i) WinckelmanD , Monum.mtJ., tratuto ptelimiDare,
pag. LXXXVIU.
(a) Taillant, ad num. Abh, dt Camps. Julia Pia, D- 4-
(3) Winckelmann , 1. <;.
,y Google
65
gepìtore (i). Ansi un raro mediglione del Museo
de Campi , baltuto da' Midei , abitaiori appunio
de' campi Tentranici ove regnò Telefo , ci pre-
aeou lo stesso gruppo eolla cerva a* piedi che
al Vaillant è sembrata un cane. Forse il primo
invemore della figura la disegnò per Ercole eoa
Ajace. Quelli poi eh' ebbero qualche inlereise
d'onorar Telefo> aggiungendovi la cerva, ne han
cangiato neUe copie il significato.
Zie 'Variazioni , riguardo al mento del lavoro ,
pOBSono anche ridursi ad una più sicura deci-
sione, quando voglia osservarsi che la testa del
nume è veramente degna di quegli elogj che
oributa Wìnckelmann all'artifizio di questo mar-
mo : ma che all' incontro l' esecuzione di tutto
il resto del corpo non è uguale al lavoro del
«uo bel capo, e che l'infelice scalpello con cui
sì è scolpilo il putto, potrebbe giustificare la
meo vanuggioia opinione che ebbe di questa
scahura alcuno intendente. Winckelmanu fu se*
douo dalla sorprendente bellezza del capo : tanto
più che r antico conserva sempre una sì giusta
disposizione diparti, un movimento si naturale,
un decoro d'atùtudine anche nel mediocre, che
se non ù esamina eoo occhio assai severo, può
confondersi col migliore. Riguardo all' inferiorità
del putto non dobbiamo da quella inferir cosa
che faccia- torto al merito del rìmaneote. Si è
tante vòlte osservato che le anàche pili eccellenti-
(;) PiitMT* (T Enolano, tom. I, tav. 6.
Do,1,7cd.yGoOglc
64
copie di olùnù orìgioali * non son talora esent*
da una supÌDa trascurAtezaa negli accestoi^. La
corona che circonda la chioma del nostro^ Er-
cole è delle meno . ovvie e meno illustrate. E
formau da varj nastri o fasce auorte^ quasi a
foggia dì un cordone. SÌ fton credute le corone
ravvolte ereipasoi éAcno^ (i)> A me sembra che
meglio corrisponda loro il nome di corone tor-
tili ffredavoì xtuUffToi o èxmvXtaroi (a)* voci che
il CasauboDo ha matameoie spiegato colla latìoa
rotatiles. Uno sguardo che si dia al nostro mar-
(i) Così i detta nna simil corona dagli eiposhori de'
bronci d'Efcolano, tom. I, Uv. 6i e 6a, n. 4> Ivi i
anche variata con de' fiori , e ciì> conviene alle corone
tortili, nelle qoali osserva Ateneo essere state adoperate
le rose. Deipnosoph. , XV , 7.
(3) n Casaubono, ad Ateneo, XV, 7; e If , io, ha
eredttto che siflfotte-corane sì dicesser sevAurToi, parchi
si potesser matolare senta che si diifaceuero. Ma sic-
come non i slato mai fra gli osi di tali OTOamenti quello
di giaocarvi a razzola, non so come possa quindi deri-
varsi il nome d' ana foggia di corone. Un luogo d'Eu-
bnlo citato da Ateneo, dove si remmenia un uomo TO'
tato intorno a guisa d'una corona xvXurrÒQ, i slato il
londaiuento della interpretazione Casanboniana. I grant-
uatici che danno a queste stesse cwone l'epiteto di
ViSpOl, grosse, solute, son sembrati confermarla. Quella
comparazione perà ti riferisce, a mio credere, a quelli
specie di rotazione eh' è necesaaria a cosi attortigliarle:
f4ltura che le rende abbastanza solide perche ' poùa c-
daltarsi loro l' epiteto à3)aqs. in f^^i veggonsi ne' mo-
numenti taK corone più grosse del consueto , -come
quella della bella «tatua d' Eiculapìo nel semicircolo
della villa Albani.
Do„,7cd,yGOOglC
65
no, fa compreodere la proprietà della nostra
deoominanoDe.
addizione dell' autore.
WinckelmaDO , di cui oella pag. 6a non fa
taenzioDe della ioTalDerabilìià che fu coosegaila
dal bambino Ajace figlio di Telamone , per es-
sere stato involto da Ercole nella spoglia del
leone Nemèo. Questa circostanza trovasi in Suida
T. ^Affpaiafftoi , nello Scoliaste di Sofocle all*^-
jace ^ negli scoi] d'Omero, IL li, e finalmente
in quelli dì Tzetze a Licofrone. Le membra del
bambino restaroui) vulnerabili in quella parie sola
che rimase nell' avvolgerlo sotto il buco praticato
in quel cuojo per passarvi il laccio della faretra.
Ovidio, Sfetamorph. XIII, v. Sqi, vuole che ciò
icwe nel petto-
Lia corona d* Ercole , di cui alla pag. 64 è
pur variata di fiorì , come abbiamo osservato es-
sere tute sovente le corone dette Kvhatoi. Ve-
daN la nota (a).
Nuove osservazioni deW autore pubblicate nel
tomo VII dell' edisione di Roma.
Nella nota (3), pag. 64, ho detto che una co-
rona tortile era quella che si vedeva sulla testa
d'una bella statua d'Esculapio allora nella -luUa
Albani. Ho considerata dì nuovo questa stala»
che è ora nel Museo Napoleone) e ved» che
Museo Pio^Clem. Voi. II. 5
Do,:,7.dDyGoOglc
quolla specie dì turbante avvolto al capo di que-
sto nniDe dod è altrinieiiti una corona, ma un
paUiolo fica o theristrion col quale solevaosì
gli antichi coprire il capo assai piii sovente che
col pileo. 1 medici più che gli altri avevano que-
sto costume : ed è curioso l' osservare quante
congetture proponga su questo inviluppo del capo
cbe solca vedersi nelle immagini dipinte d' Ip-
pocrate , r autor greco «uonìmo delta sua vìia.
Credo perciò immagini di medici due busti cou
questa specie di turbante avvolto alla testa, uno
di bronzo pubblicato nel tomo I de' Bronzi di
Ercolano, tav. 39 e 3o, un' alti-o di marmo edito
fra gì' incogniti del Museo Capitolino , tomo I ,
uv. 88.
TAVOLAI.
Ercoli detto il Toeso *.
n descrivere i capi d'opera della scultura che
bau formata la delizia del gusto greco, la scuola
* Alto palmi sei e once sette e meEta. Fu trovato in
campo di Fiore «'tempi di Giulio. II, giusta Pietro &»-
■alti Delle note alla Metaltoieca dì Mercati, pag. 36^ ;
•e coti i, apparteneva forse al teatro di Pompeo. A
proposilo del Torso dì Belvedere f meritano esser riferiti
i versi del Favoriti nel sao poemetto iaiitolato Cleopa-
tra, inserito dall' Assalti all'armario X della sua edi-
zìqne della MetallotHeca del Mercati, ne' quali - così de-
scrive il nostra Ercole mutilato:
jist Ulum àtjormem licei , et slne nomine tmncum
iiiratum htic Aearim ventarti, Rhtnumtiue bibentcs.
Et virot itb'nc disami effiitgere vuUus.
bo.i..vJ^),CoOglc
^ette arti rìDascend. il soggetto delle osservazioni,
degli stud), e degli scritù de' più grandi arte6ci
e de' pili colti espositori delle anticltità , è im-
presa cotanto vasta e difficile , che a bene adem*
pìerla dovrebbe desiderarsi redivivo dod pare un
Filostrato, o on Plinio, o un Pausania} ma un
Passitele , o un Socrate , che ugualmenle ceUa
scuole del dire e del peosare, che in qnelle del
disegnare istruito , potesse con acutezza: rUevare
totte le finezze del professore , penetrare con fi-
losofia in tutti ì sentimeoti che ne dipendono ^
e insinuare il tutto colle grazie dell'eloquenza
negli animi de' non per anco iniziati alla god-
templazjone del sublime e del bello. Se ciò do-
vette essere non molto comune ne' be' tempi di
Grecia, che sarà mai al presente « quando sem-
bra che la natura stessa in certo modo degradati
u allontani tanto dal bello ideale? quando Ì pre-
giudizi ^^^ maniere hao prevenuto il criterio J
quando i fiibi gusti hanno assuefatto a contea-
tarsi del mediocre , se non pure a compiacerò,
del cattivo? quando un total rovesciamento d'o-
pinioni non ci mette pìii nel caso di raggiungere
tutti qne* rapporti morali che animavano la bel-
lezza e duplicavano la sublimità di quegli anti-
chi lavori? II maggiore autìquario di quanti sieno
mai stati, e il miglior pittore del secolo, han
date due descrizioni di questo prezioso fram-
vento : il primo, consultando piti la sua fantasia
the il sqo discernimento > ci ha lasciata tma
,y Google
poesia invece d'uoa descrìzioiie (i). Il secondoi
coDteDUDdoH di darci il Torso dì 'Belvedere per
modello, dello stile pih loUevato e per una scul-
tura di prima classe nella quale non ha com-
pagno che il Laocoonte > ina che forse lo su-
pera nella facilità del tocco e nella verìtk della
imilanone, ha abbandonato ogoi discussione ao-
tiquaria (3). Per istruzione e per diletto dei
leggitori riporto in nota gli squarci originali di
questi grandi uomini (3). Bastandomi d' osservare
{■) 'WÌDckelnianii , Storia delle arti, )ib. X, cap. 3.
(a) Mengt, Opere, tom. I, pag. ao4-
(3) Winckelmann ,/l. e, % \^-. In ijttetta sì mutilata
statua mancante dt testa, di mani e di gambe, coloro
che penetrar sanno i segreti dell'arte scorgono tuttora tot
chiaro raggio delT antica bellezza. U artistq ha ejfi^iuo
in t]uesl' Ercole la pia suhUme idea ^un corpo sollevatosi
sopra la natura, e d'un uomo nella età perfetta innata
tatosi al grado di quella privazione dì bisogni eh' ò pro-
pria degli Dei. Ercole qui rappresentasi qual esser dove»
aUorchèsi piantò col fuoco da tutte le umane debolezze,
e, fatto immortale, ottenne di sedere f ragli Dei, quale
dipinto avealo Anemone. Egli è espresso senza la neces-
sità di nutrirsi e dt' olire usar delle forse, poiché non se
gli veggono le vene, e U ventre sembra satollo senx^aver
preso cibo. Aver dovea , come giudicar si può da quel che
rimane, la destra posata sul capo per indicarne il riposo
dopo tutte le sue fatiche , e in tal positura si vede su una
gran tazza di marmo e sul celebre bassorilievo delia sua
espiazione ed apoteosi , ove leggesi e epigrafe: HPAKAHS
An AIIATOMCNUS ( Ercole ripoiautesi J. La testa aver
dovea lo sguardo rivolto in su , qual si conveniva alTeroo
che meditava contento sulle compiute grandi imprese , e
appunto curvato ti i il dorso come d uotiK» meditabondo.
.„Cooi;[c
*9
Ae fofàuoiM £ffiua* DOD senta foDdameolOi per
le Mooie deff arte , che in qaetto grand* CMBi-
il petto ttiaesiotanteitie elevato ci richiama Fidea diqmeUo
contro cui compresse già il pgojue Gerione , e nella Imi-
ghetta e fona deUe cosce rawitiamo F ùtsiancatHe eroe
che con a^ piede la cerva iaseguk e raggiunse , e dùoor-
rendo mtmense terre, pervenne tino ai confuti del momth. IH
mmmkar deve t artefice ne' contórni dei corpo la morW-
dexxa delle forme , il dolce loro pastai/o da una aW al-
tra , e i traiti quasi moventiti che con un molle ondeg-
gùaaenlo si sollevano e ^ incavano , e t mn nelC altro' ut-
9ensii3nteine si perdono. Troverà A disegnatore che nel
volerlo copiare non può mai assicurarti della dirittura «
afffBpomdetaa delle patti, poichi il moto con cui s' im-
muigina di coglùirla se ne allontana insensihilmente , e
prendendo un'altra piega, inganna del pari Cocchio o la
mano- Le ossa sembrano ^ una pingue cute ricoperte i
carnosi tono i muscoli, ma tenta una superflua pùiftue-
dite, e la come è in generale sì ben fatta, che feguttle
non trovasi £i nessun altra figura. Dir potrethesi che
^aetf Ercole f" avvicina ancor pia che I Apollo ai tempi
fioridi dello stile sublime delF arte.
Ifeugt poi al 1. e. cui lo detcrive : // T'erto d£
Behedere è opera meramente ideale. Fi si trovano rio-
aite tutte le beliezM delle altre statue, palchi ha una
varietà si perfotta, ch'i quasi impercettStUe. I suoi pumi
non si possono discemere che col paragonarli colle pani
rotonde, e queste con quelli. Gli angoli sono minori di
piani e de' rotondi i ni questi si distinguerebbero te non
me ss ere le piccole afe di cui sono composti. Questo in-
signe autore ateniese, a me pare che amsegià il pia bel
gusto cui pub aspirare F immaginazione , se egli fo per^
fono nelle altre parti mancanti, come in quelle che v«>
tHamo .... // fiom« di questo Apollonio non si trova
nelle storie amiche, se forte non i quello che non er*
,y Google
'" . . . . •
piare si sien perfeùonati RA&eUo e MieheUH-
gelo , è il pìh auccÌDto e il pili Biignifico elogiu
che ppssa farsi di quesia egregia scultara.
Gli oltraggi del tempo non hao distratto i
disùntivi del soggetto; la pelle di leone, sa cui
sedeva la sutua, l'baa fatto argomentare uo Er-
cole: il carauere d'Illa corporatura lo prova ule.
Ardua cosa i però il fissarne l' azione : Win-
ckelmann che lo ha creduto un Ercole deificato,
fonda il suo giudizio sul non vedersi le vene
scorrere sotto la superficie di quelle membra
meravigliose. Ha voluto che Tazioue del sinistro
braccio (i) fosse quella d'appoggiarlo sul capo,
attitudine dagli antichi usau a significare il ri-
poso > attitudine adoperala appunto nello stesso
nostro soggetto dal greco artefice del bassorilievo
Famesiano, ora Albani, rappresentante la quiete
mai contento delie sue opere, e che dopo averle termi-
nate la rompeva. Con tutto db io credo che gli antichi
Romani facessero gran conto Ji tfuesta statua, perchè da'
ferri che ha nelle natiche si conosce che la ristaurarono.
Pare che rappresenti un Ercole, come iodica la coda di
iione , « secondo il carattere dovrebbe ivppreientar «jiuesto
en>e già dedicato , poicl^ non si rafvisa nel corpo niuna
di quelle vene che gli antichi segnavano nelle figure uma-
ne, come sono la cava neW interiore della coscia, Quella
del basso ventre, e altre che passano pel petto : perciò
Kt inclino a credere eh* egli fosse appoggialo alla clava ,
e non filando, come alcuni pretendono. E psgma ao5: fi
Torso di Belvedere pel sublime, poiché in questo h unito
Tideale colla bellezza e colta verità.
(!) Nella Storia delle arti si legge il destro invece del
sinùtro per errore , 1. e.
Do,:,7cdDyGoOglc
7r
o r apoteosi d' Alcide.. Sembra che siccome la
mano d«gli scultori qdd ha ardito sup[J)re in
rilievo b\ bel frammento (i), così la fantasia
delle persone dì gasto non abbia osato rappre*
•eniarselo intero, lo proporrò su di- questo al-
cuna mia congettura, non aspirando piti (dtrtt
Della eaposiuone d' un marmo non molto men
difficile a ben descrìverai « di quello che lo sar
rebbe a ben imitarsi.
Sembrami adunque che la ailuaiiooe del bracr
ciò ntùstro appo^aio sul capo , come vuol
Wiackelmann, non sia mai stata l'attitudine del
«mulacro. L' elevazione, del braccio, indicata da
quel che ne resta, può avere degli altri moùvit
Uov' è però una figura isolata , e che sì regga
tutta so dì se stessa, rappresentataci dagli antichi
ed braccio rìpiegato sul capo? 1 mptti Bacchi
e i pochi Apollioi che 9000 io tal positura, ap>
poggialo poi il torso, o r altro braccio reggent*
il torso, a qualche sostegno, altrimenti la situfr-
tioDe Teriùmìle non sarebbe né naturale , ma
assai forxatb: e in vece d'esprìmere quieta e ri-
poso , non darebbe idea che d' una incomoda
di^KMÌzione di membra , d* un gesto affettato ,
(i) M.r Harìett» Delle note a)U Flta ài lUitheiOngelù
icrìtu <U Condivi, Dou 47t elice d'aver veduto nelU
gallerì» di Firenze nn modello in cera, lavoro di Mi*
chelangelo, rappresentante il Torso dì Belvedere lup-
pliio. Ercole itava in atto di tiposarai appoggiato alla
clava.
,y Google
7*
d'una pontura ineomposta e troppo lootatia dalla
«luteEza , dalla semplicità, dalla sobrietà dello
greche iaveozioDi Ugualmente improbabile nià
sembra il pensar cbo WiDckeltnano che il capo
fosse rivolto all' in su « e 1' eroe ìa atto di fis-
sarsi al cielo. Può Dell* atraesso rame compreif '
dere chiunque ha cognizione, benché leuue, del
giuoco de' muscoli nel corpo umano , che dall»
andamento del collo e dalla curvatura del dorso
il capo dee giudicarsi essere stato ìncliuato, e
piuttosto tendente al suolo, o ad altro oggetto a
se inferiore, che fisso al cielo.
Molto più dilHcile però .sarebbe il determi-
Bare un' attitudine a questa insigne frammento ,
che non sia stato il rivocare io dubbio una opi-
nione piii dal credito dell'autor sostenuta, che
fondata sulla ispezione del monumento, né io
pretendo d' averla colpita. Lascio a supplirne il
disegno chi conosce la .natura e l'arte, ed h«
con qualche profondità conudèrato l'ammirabil
semplicità del «omporre antico. Non farò altro
che approssimarvi un* idea pur dagli antichi mo-
unmeniì somministrata, della cui analogia colla
nostra figura lascerò la decisione agi' intendenti.
Il superbo inuglio di Teucro nella Dattilioteca
Medicea , che pe' rami e pe' solfi è divulgato
per tutta Europa, sembrami che possa additare
alla immaginazione l' antico stato del Torso di
Belvedere. Dico additare, perchè la sola traccia
dell'azione, non la completa composizione, pos-
Do,:,7cdDyGoOglc
,s
BÌam ravrisinì (i). L'Ercole vi (li gruppo con
una doosà ignuda o sia Jole , o sìa Gufale , o
£b« medesima , di slaiura assai minore dì lui ,
la quale sundo io piedi h dall'eroe, che siede,
abbracciata. Anche nel nostro mamio il braccio
liaisiro stringeva forse l'altra figura, e così Te- ^
slensione de* muscoli che lo reggono , come lo
aporgìmento e il girarsi di tutto il corpo >veiso
qael lato* sembrano confermarlo j il volto dovea
piegarsi a contemplare la Dea della Gioventù;
la destra o si appoggiava sulla clava, o reggeva
il nappo della immortalità mioistraiogli della sposa
celeste, o si stendeva ad accareizarla , azione
che sembra indicata dall' allontanamento dell'an-
golo inferiore della scapala dalla spina del dorso.
Alcuni attacchi non oscuri che sono da quella
parte e verso il fianco, e verso il ginocchio,
sembrano persuader l' esistenza io antrcu d* una
seconda figura : il travaglio stesso meo terminato
da quel fianco mostra che un* altra figura ad-
dossatavi o lo rendesse meno esposto alla vista,
o meno comodo allo scalpello- Forse l' incisor
della gemma Medicea avea in mente un simìl
(i) Museo Fiortntino, Gemme, tom. II, tav. 5. Le
membn dell'Ercole nelU gemma hanno lHtt*attra dispo-
risione da quelle del marmo. Non lascia per& quell' in-
taglio d'ajalare l' immagi nasìone di chi voglia rappre-
leniarii il Torto come un ft^jnmento di gruppo di si-
mile argomepto. Dì pib, unitamente ad un medaglione
del Museo de Campa, pag. aS, prava eh' esiste vano ao-
ticamente de' gruppi d'Ercole in tale asione.
bg„„.J.yG00glC
74 -
grappò Della eomposizioDe del tao intaglio, ch«
però ha egli adatuto alla Ggura e all' tuo delia
saa gemma , caDgiaodolo io molte parti , aeoxa
perdere aflaito il seotìmeoto foDdamantale del
•no archetipo. Simili imitaBÌoDi io parte alterate,
non sono strane nell'arte antica (i). Nel sasso
su cui siede l' Ercole è inciso il nome dell* in-
signe artefice Apollonio, eoo là segueote epì-
grafe :
AneAAONlOS WESTOPOS
AeHNAl02 EnOIEI
Apollonio figlio dì Nestore ateniese lo Jaceva,
o piuttosto, ^o Jèce. Chi ha pratica dell'uso pro-
miscuo che faceano i Greoi de' loro tempi* odo
vorrà molta souilìaare sull'imperfetto -invece del
passato,' lo ohe pure' ha meritato l' aueozioDe
degli antichi e de' moderoL Winckelmann ha
fissato l' epoca di questa scultura beo posteriore
ad Alessandro, a motivo della forma dell' o, U
quale peraltro, come rappesentanie i due OU
uniti invece dell' U o dell' O lungo , mostra ud
origine hen pili antica , quantunque non ne rì-
mangano tanto aiitìcbi i monumenti. I caratteri
segnali dagli scultori , forse di propria mano,
siniigliavauo per avventura piii la scrittura cor-
(0 Butano a provarlo le repliche dell'Ercole Fame-
■iano notabitmente diverte dall' origÌDale , particolar-
mente nella dispoaiaione delle articolacioni inferiori.
Anche il Discobolo da noi riferito nel I tomo, tav. A, 7,
inciso >a di un' antica corniola , varia in molte parti
dalla lutna cha ne dovè ewere l' originale.
.„Cooglc
75
rente che quella delle pulibUcbe lapidi Qu«8to
ApolloDÌo è diverso dalPaUro cbe con Tauriseo
travagliò il gnip(M> del Toro Faraesiano j il no*
atro e' intitola Ateniese , l' altro cì dice Plinio
eh* era di Rodi. Sarebbe perita la memoria del
|ùii grande statuario cbe conosciamo , se non
■«esser rìspetuto Ì secoli questo fi-ammento. Gran
cosa che Apollonio, Agasia e Glicone, autori
delle più insigni opere di scultura , ci siano ignoti
nelle memorie delle ani antiche. E che saranno
mai sud i Prassiteli, gli Scopa, i Lisippi, de^i
elo^ de* quah ridondano luiii i classici?
Osservaùoni delTautore pubblicate nel tomo VII
delV ediùone di Roma.
11 rìsiauro di questo insigne frammento quale
io l'aveva proposto alla pag. '^^ indicando per
una idea generale della disposizione \& gemma
di Teucro rappresentante Ercole con una eroina,
h stato eseguito in marmo dal valente scultore
inglese signor Gio. Flaxmann , rapito non ha
molto alla sua patria e alle ard. Aveva egli mo-
dificala alcun poco la composiùone della ciutta
gemma , ed aveva vestita 1' Ebe , dando alle due
figure l'adone -da me proposta. Ignoro se questo
lavoro eseguilo dall'artefice in marmo nelle stesse
dimensioni del frammento originale, sia stato
posto in isiampa , e dove sia collocato-
Ho terminato la spiegazione di questa tavola
con un atto di meraviglia suU* alto grado (fi ec-
Do„,7cd,yCOOglC
,«
celleiua cbe doverano avere «rau le opere pef'
dute de* Prassiteli e de' Lisippi » te di al alta
perfezione aoo le opere degli Apolloo) e dei
GlicoDÌ , artefici igaoti nella storia delle arti
greche. M' avveggo però che questo ragionameoto
non è interamente giusto; ì Prsssiielì, gli Scopa,
gli Alcameoi giunsero a si gran fama non solo -
per Teccellenza delle opere loro^ me altresì pei
tempi e per le circosianie in cui vissero, e pei
luoghi ove ì loro lavori fnrono esposti : onde
poterono, anà dovettero essere ricordad con lode
da una infiniti di greci scrittori ed esegeti ^ dagli
scritti e dalle memorie de* quali hsn tratto spesso
notizie e altusiooi e Plinio, ed altri scrìttoli la-
tini e grecL Apollonio, Agasia , Glicone ed al-
cuoi altri sono stati impiegati io Roma, dove ai
pregiavano bensì e si compensavano grandiosa-
mente gli artefici ; ma non se ne parlava tanto
come in Grecia , laè passavano i lor nomi in
tanti scrìtti di prosa e di versi. Apollonio ha
lavorato probabilmente a' tempi di Pompeo* presso
le ruiae del cui teatro questo egregio frammento
tornò alfa luce. Quantunque a forza di conget-
ti.re l'epoca della introduuone di certi caratterì,
come dell' a di questa forma , possa rìspìngersì
ìoitietro d'alcuni anni, egli è però certo che il
monumento piìt antico su cui si trovi è un ci-
stofuro di Pergamo col nome del proconsole
Pulcro cbe governò l'Asia verso l'anno 700 di
Roma. Kon mancò dunque il merìto ad Apollo*
ùo per giungere alla lama di Eufranore o di
,y Google
77
Fidia } ì tempi «olo eran cangiati : e Roma in-
tesa a soggiogare il moodof non distribuiva tasta
~^ona agli artefici , quanta già Atene e Corinto :
e noi possiam lusingarci die i capi d' opera che
ammirìaino ancora dell' arte greca * non sìen
punto inferiori a quelli che pili ammirarono L^
Greci ftewt.
TAVOLA XI.
Vittoria *.
Questa difinità allegorica (i), propagatrice e
tntelare per ondici secoli dell'impero romano,
fu quella altresì che riscosse più lungo culto
fralle deità del paganesimo, non essendo cessati
i suoi pubblici sagrìfiz) che verso la fine del
quarto secolo con tauta resistenza e indignazione
del senato , quanta la storia e gli scrìtti dì Sim-
maco ci rammentano. Rari ciò non ostante sono
^ suoi ùmulacri d'una ceru grandezza (a). O
* Alta palmi cìnqne e once dieci ; col plinto pklmi
tei e once dne.
(i) È per& nella Teogonia d'Esiodo , ove ha per ma-
dre Stige, nome che lignifica odù>, per germane la
Fona, la Violenu e l'Emulacione.
(3) Si troTano (peuo ne' Muiei d' antichi bronzi dei
piccioli timnlacri della Vittoria da lospendersi (alle in-
segne. Sono per Io pia Tolanti, e co' piedi mottfano di
non reggersi tu d'alcun pavimento :
Nuth suspensa pede;
Pmdeiuio; lib. II j, coatra HjjrmmaeH'
Do,1,7cdDyGoOglc
perchè fos&ero per la maggior patie di Bronzo ,
disirulù perciò dal bisogno e dall' avarizia ; o
perchè perduti i simboli distintivi che la dea
suole aver nelle mani e sugli omeri , sìeno stali
«d altro significato addetti \i)} o perchè la per-
secuzione degl'imperadori cristiani si accendesse
dalla resitenza del senato romano ad abolire ogni
monumento di questa idolatria. Fra i pochi che
ce ne restano in marmo , se picciolo per la
mole, assai stimabile per T invenzione ed ele-
gante per la maniera è il nostro. Esprìme una
Vittoria navale coli' appoggiar d«l piede su d'un
rostro di nave , ad esempio di quella che si ,
vede nelle medaglie. Non perciò è priva del suo
trofeo , quantunque da alcuni possa crederù pih
«datuto alla Vittoria terrestre , come inventato
appunto a segnare il luogo della fuga de* nemici.
J'orse la Vittoria , alla quale spettava il nostro
monumento , fu riportata per terra e per mare ,
o forse ancora il trofeo non indica uno di quelli
che sì ergevano sul campo di battaglia , ma uno
di quegli altri de' quali i templi, i portici, gli
archi, ì fori, i palagi sì decoravano. È tanto
proprio della Vittoria il trofeo , che un greco .
autore non l'ha altrimenti definita, che per Tot*
tenimento del trofeo medesimo: N/xj^ ^ rpoxan'-
(i) T>Je io creéo quello della vilU Albani, ipiegito
dal dotto ab. lUffei per Oiimone cbe scende in Lenoo^
Otservaxiani sopra alcani monuwtenli Jtlla villa Albani,
pag, 17. La liniigliaBBa colla Vittoria è stata av^arlilt
dall'autore atesao^ pag. 18.
Do,:,7cdDyGoOglc
79
jC}OL. La Potoria è la possessian del trofeo (i).
&«De a proposilo F artefice del nostro marino ha
dunque preso il partito di farla riposar sul tro-
feo , per indicare la sicurezza prodotta dati' aver
volti in fuga e disarmati ì. nemici. A questa
«spresflìone di sicureua, parrebbe che possa air
ludere la situazione del braccio sinistro sul capo,
se una statuetta simile trovata posteriormente (a)
e in questa parte piii intera, Tion ci apprendesse
che la sua vera atrìtudioe era di coprirsi il capo,
qtiaà per giuoco dell' elmo sospeso alla sommità
del trofeo.
La nostra Vittoria non è qual la descrìve Pru-
denzio (5):
T^mtidas fluitante sinu inpestUa papiUas ;
ma qnasi nuda: cosi ce T offrono qualche volta
le arniche monete , così suole osservarsi in quei
hassirilievì e in quelle gemme , nelle quali la
Vittoria sacrifica un toro o presso all' antro di
Mitra , o per denotare le vittime de' uionfi. Le
ali 80D npiegat^ e non fanno sospettare la sua
ìncostanaa. La corona moderna éhe ha nella de-
lira è imitata da' vetusti esemplari.
Queiu stataeua era' forse destinata all' orna-
mento di qualche architettura con altre similit
L' occasione non è facile a congetturarsi. Dopo
(i) Hotcbi^aliu.
(9) Era ^QWeduta dal lig. Tonuiuto ^cdLìi», gentil-
«^ iagiese, gma coaoscitore-
(5) CiC lib. II , cantra ^mmach.
,y Google
8o
la Vittoria Àzìaca non oflre la storia altro co
battimento navale ne* tempi in che fiorirono le
arti in Roma. Pure nelle monete di Vespasiasio
e di Tito si vede la Vittoria sul rostro di pavé-
Chi sa che non fosse una semplice imitaùooe
di quelle tante immagini che tiell' auge dell' ìob—
pero d'Augusto avranDO rappresentata la Vittorio
Aziaca?
TAVOLA Xri
FORTCHA*.
n àmulacro inciso nella tavola che osservia-
mo, ottiene dalla integriti quella consideraiione
che non può meritare per 1' arte. Comunissime
SODO le immagini in bronzo di questa deità ,
come anche in gemme e in medaglie; non cosi
però in marmo, e parbcolarmente col corredo
assai conservato de' suoi attributL La nostra dis-
sotterrata nello scavo aperto pochi anni sono
sulla piazza di S. Marco , non lungi dall' antico
Foro Trajano (i), ci presenta tutti qne' simboli,'
* Alta palmi cinque e once cinque j col pliiito palmi
•ei.
(i) ITello «cavo medesimo, oltre una statuetta «creata
Ai Blarte, si trassero alla luce due basi con tre singo-
lari iicritioni. Le baii appartenerano alle statue di broin* .
di due personaggi della famiglia degli Asterj nobili»si-
BU io Roma nel qainto secolo" dell'era cristiana. Lapri-
.yGoogfc
de' quali la retusu supentizioiie caricò questo
nume ignoto alla teologia d'Omero e d'Esiodo.
ta alquanto fremmenlau presenta la tegnente itcritione :
• • ■ AE • PATERHiE
• • • NOMIAE'<:- M- V (clarìsiìTnaememoriaefemùiae
•VXOHI ■ OPTVMAE
ET ■ MERITO
DILECTISSIMAE
L. TVKCITS • SECVSDVS
ASTEKIVS • V. C. EX ■ AEBE
STATVAM ■ DEDIT
1^ seconda ha verso la sommità scritto A5TERI1
pa-
rola denotante al consnelo di citi era la statua per chi
non Tolera leggere la pit Ibnga epigrafe, la quale è.
aciitta sul troneo della base oome siegue :
L- TVRCIO ■ SECVHDO • C- V {dantsimii vira
paio L ' TVKCl • APIONIANL' C • M • T ( cjsrùri'-
COHSVLI ■ PRAETORI QViESTORI Laana-
COMm • AVGVSTORVM ■ CÒRRECTORI morìae
PICESI • ETFtAMmiAEELOQVEHTIAl ■»>»
rV'STITIA ■ INTEGRITATE • AVtTORITATE
PHAESTAHTI ■ IH • OMNI • DEIIIQVE
VIRTVTE ■ PERFECTO • ORDO
SPLENDIDISSIMVS ' AMITERHUNAE
CITITATIS ■ ÓB • raSIGNEM • ERGA • SE
AHOREM • PATRONO • DIGNISSIMO
STAI
POST
AD •
£ ttotaliile in questa lapida, che la città d' Amiterno
avase eretta ad Asterìo una statua In Roma aeusa.it
permesse del Sanato o delprhioipe: il cret^tD forse d' A.<
sterìo medesimo assolveva gU Amiaenàni , ^i dalli Atnjó
Museo Pio-Clem. Tol. II. 6
Don«d.yGoOglc
«3
Molti iodagatori delle cose anticbe hanno attri-
buìlo il* silenzio di ^ue' padri della mitologia sa
temiani, da ogni formalità. 11 easso è d'una mole die
non pnò «opporsi trasportato da cosi lungi. Dalla parte
di dietro v' i un'iscrizione piii antica, per la quale et«
stata lavorata la base } rivolta poi per impiegarla alla sta-
tua d' Asterie , secondo l' uso di que' tempi di servirvi
degli spogl} d' altri monumenti. Quest' ultima iscritione
i la seguente:
DIIS ■ PBOPITlS
CLAVDIA • TI ■ F • QVINTA
■ G IVLIO • HYMETO AEDITVO
DIAKAE • PLAUCIAMAE
PEDAGOGO ■ SVO • KAI
KAeWHTH ■ ITEM
TVTORI ■ A ■ PVPILLATV
gB • REDDITAM • SIBI
AB • EO ■ FIDELISSIME
TVTELAM ■ ET • C. IVLIO
EPITYWCHAMO ■ FRATRI
EIVS ■ ET • IVLIAE • SPORIDI
MAMMAE ■ SVAE ■ F
LIB • LIBERTABVSQ ■ POSTER ■ EOR
La Diana Plancìana era quella , la cui edicola stava nella
casa o preuo la casa de' Flancj. Sì vede l' immagÌDe
dì questa Diana nelle monete battute in Roma dalla fa-
miglia Plancia , quando alcun dì loro presiedè alla cecca.
Ha per. di (tinti vo un pileo venatorìo sul capo. DaalcBui
i spiedata per la Macedonia. Il titolo di KAOHTHTHZ ,
y*l' ^receitùn ; cosi Strabone per dire che Atenodoro
SlAMo:fu.jiL- precettore 41 Cesare, dice KaìffapOi xaSf^-
Do„,7cd,,CoO'^[c
83
ia] proposito id idee pib giuste di qaelle che
sì ebbero nelle età susseguenti , come ftltra Foi^
iDDa DOD avessero ravvisata , che la volontà e il
decreto di Giove. Io però sospetto che m voglia
COD tal divisainento far onore a que' due poeti
d* Qoa filosofila che non han mai immagÌData.
Esiodo dà alle Parche tdoìpat , Moerae , tutù
quegli uffiij di che i posteriori filologi hanno
iavestiu la Forruoa Tv;);*^, Tyche (i). £ presso
Omero quel Fato più forte della volontà dì Gio-
ve, non è molto consentaneo all' esattesza di
nozioni che in questo particolare se gli vuole
ascrivere. Sembra anzi che il suo Fato molta
•fiiawxù (lib. XV ). È distinto dal titolo di pedagogo, ch«
vale ajo o pedante, piuttosto che maestro, come ha
provato il Harlorelli {Th.caì, lib. I, cap. 7, n. 16.), e
com« conferma la nostra i seri lioBe. Sì noti, che la paro*
la è Kritta in greco per non far toriq eoa un elleuismo
alla paresta della iscrizione. Tantoppiù sicnramenie pos-
■iam ricevere la voce pupiUaifis che non incontra*
vamo ne' lessici. L'altra di mamma è ìa signiCcasione
di nutrice.
(0 Theogort., V. ai8, dice delle Parche:
*&i te $poroìm
Ttmfùfoun diBovaw èj(iiti> à/fa^óv te komóv re.
Estt ai mortali
Dtstinan dalla culla i beni e i mali.
Quetlo fu poi l'uflìcio della Fortuna , il cui nome Tt^jj^i;
i un verbale da TVVyaa>0 , avvenire , accadere , sortire.
Questo verbale fu in appresso personificato o da poeti,
o dal volgo, e poi diviaizcalo. Pindaro credè la Portnoa
nsa delle Parche: Pausati., Jchaica VII, a6.
,y Google
84
relauooe abbia a quella Necessità 'kvdyxrit A-
nance , colla quale ì filosofi pagani circoscrive-
vano la possanza del loro dio , e con cui si
lusingavano di apiegare l' orìgioe del male; ne-
cessità che i poeti delle età posteriori non ban
«apato disgiungere dalla Fortuna (r).
Comunque ciò sia , rìserbato alle Parche il
-dominio delia vita e della morte , tuuo il resto
delle cose umane fu permesso ali* arbitrio della
Fortuna. Quindi è nominata in alcune lapidi
prima di Giove (a); quindi il suo simulacro
Preaestino sosteneva fralle braccia in forma di
due bambini il re e la regina degli Dei (3}
Questo dominio è indicalo nel timone, simbolo
di governo t e nel- globo. La ruota , altro suo
distindvo conosciuto come i precedenti , ci ri-
corda che
Le sue permutauon non hanno tregue (4).
Il cornucopia che ha nella manca, ci dà l'idea
dell* abbondanza che scende ad un suo volere
a bear le naùoni, le città e le famiglie. Bupalo
ta il primo a fregiare la sua Fortuna Smiruea
(0 Orazio, Carm., lib. I, ode XXXV, dice alla For-
tuna :
Te semper anteit saeva necessàas.
[•i) Oraler., LXXIII, 9.
(H) Cicer., de DivinaL, II, 4i.
(4) Dante, Inferno, VII, 88.
Do,1,7cdDyGoOglc
85
di qaesto attribuio (i); altri prima di lui Is avean
collocato io braccio Fiuto bambioo (a).
Ajiche d'uD altro simbolo adomò Bupalo qu^
sto sDO sìmalacro, e fu il polo che le rtpOH
sai capo (3^ Àlcuoi si coateniano d' iotéodere
per questa voce il cielo « senu curarsi di tapere
sotto (^e forma e io qual guisa posava sul capo
della Fortuoa (4)> Gli altri spiegano questo polo
pel modio o calato, fregio cooMieto di molte
anbcbe divioilà (5). A me sembra che la parola.
(t) Fansan., Messenica, sive lib. IV, cap. 3o.
(a) Paniau., Boeot. , lib. IX, cap. i6, ove rammenta
elle CeGiodoro aveva in Atene posio in braccio alla Pace
lo «tesso Plnlo dio della rìccheisa per un simtl mvtivoi
Da qaesto pauo ti dee correggere qHcllo del lib. I ^
dove si legge al capo 8, che la stàtua della Pace in
Atene teneva in braccio Platone. Fa d'uopo restituirvi,
in vece di Plutone , Pluio.
(3) Pansan. , Uessen., TV, cap. 3o. ^ovìretXoc 3è , . .
Mai T^ iréptf Tttpì TÒ '»a^ov^ivQ9 ' A.(iaXSteiai m-
pa^ iixò '£Mf^ei>. (>^to( [iév èm toaovvf iS^Xoffs
T^C SteoS rà Sftya. Bupalo che lavorò periiue' dì Smtrnt
la statua delta Fortuna , primo fra quanti eonosdamo, la
Jècé col polo sul capo, e col corno, che i Greci dUamaaa
dAmahea , nella manca. In tuttoc&> dkhiarò questi h 0-
pere della dea.
(4) Buonarroti , Ostervasioni sopra alcuni Meda^tonà
Fra quelli che iatendono pel poh della Fortuna il cielo^
SODO da ' contarsi gli espositori de' bronzi £rcolaneSi ^
L V delle Antichità, I de'brooti, pag. a65, n. 54-
(5) Vedansi le note del chiarissimo sig. abate Fea al
lib. IX, cap. Z, $ 5, deUa Storia delle arti di Win-
ckelmann.
,y Google
86
aróXof mal sì tragga ad ud simile «gnificato.
Questa voce non ci dà altra idea presso gli
scriltoiit seanon dì qualche cosa dì concavo;
quindi fu tratta a denotare il cielo , che soKdo
e concavo sì Bguravan gli amichi (i), il cranio
deU'uomo, e fino l'oroLogìo solare (a), il quale
da una concava superficie di segmento sferico
venia fumiatOf e vien perciò comparato da Pol-
luce ad una specie di scodella o di conca. Come
dunque si vuol questa volta appropriare ad uq
corpo, che piuttosto simiglia un cono troncato o
un cilindro? E seppure questo valore della voce
wó'Aix; è ragionevole , perchè non se ne soo ser-
viti gli antichi per denotare il calato della Diana
Efesina , quello di Serapide , quello della Diana
Pergea , e tanti altri che situili al raodio della
Fortuna torreggiano sulle teste venerate <ìi tanti
Dii ? lo per me non credo dovermi allontanare
dal senso piii naturale e piti certo di qnel vo-
cabolo, quando vedo che ì mooumeatì non mei
contrastano. Intendo per itóXoi;, polo, una specie
(0 Varrone'j de L.L., lib. IV, ove lo prova con due
paisi d' Ennio , in uno de' quali il poeta rassomiglia il
cielo ad un clipeo.
(%) Pollfice, Onomast., lib. II, fez. 38 e 99, appari-
■ce che siccome ^oAoc è ancora una parte della lesta,
non dee matariì Ìl luogo d'Esichio, v. vòXoi, ove si
ha TÓXOi xopvtp^iìa TVitOi XOpvgiiji, come alcuni pre-
tendono, e fiagH altri Winckelmaon , Starùt delle ani
del disegno, lib. IX, cap. 5, § 5, dove spiega il polo
per nn nimbo: a ragione perciò censurato dall'editore
,y Google
& odau o di pileo,-^*lé apjniDto'osKrto' AiI
capo « molte immagim della PortDAa (r). Là
nostra n* h ferniia-f le Fonane Anziattoe ne son
coperte, e sembra dd elmo (3), in altre ìmma-
(;ini simtglia qaasi ad on pileo frigio (5). Ecco
adunque quella specie di callotta che copiiva la
testa della Fortuna Smimea , forse per indicare
roscntìlà delle risoluzioni di lei (4), o quella
della ma origine (5); o per imitazione de' ve-
(1) Coli nel gabineltu Stoschiano le gemiae al n. 1818
« i8ao , CMÌ no' altra fralle gemme del Caasseo.
(3) Morelli, ffum.faitiU. Rustia., a. a. Delle Fortune
ADsiatine effigiate ne' rovesci della gente Rustia, ona
sola ha la celata cai capo, che è uoa specie d'elmo senta
cimiero itvfif àipaXoi;. Cosi forse l'avea la Minerva di
Erilia, Pan*., ^cK., sen VU, S, e la Venere di Co-
rinto, M/em II, io, che tutte e due ci si descrivono col
polo- La Venere armata vedeasi parimente a Corinto «
a Sparta , iàem II, 4, e III, 16.
(5) I>e la Chansse, Museum Rnmanum , iay. SU.
(4) Dovette aver certamente nn senso allegorico, ciac-
chi ci dice Pauaania che così Bopalo èìf^XeoB r^q heov
rà tf^fa , ci' denotò ìe opere o la maniera iF operare di
fuesia dea. Cosi forse si volle additare, come dite Dan-
te, Inferno, Vili;
. . t • U} ff'udlcói di costei,
Che è occulto , com' in erba V angue.
(5) L'oacnrit^ della «dk origine fece dare alla Fortuna
Preneitina ìl titola di Primigenia, qaasi riconoscewero
in una certa fatalità il principio dell' nniverso. Questo
titolo era sì proprio della Fortuna Prenestina, .che sem-
^n le itcrisioni ve l' aggiungono. Assai curiosa i una
scritta su due lati d' una piccola hase :
,y Google
a»
pifà wwlfcrì «4<Vati io Ascio* ncn .4ìwp>ì|k
per «TTentuTft d» #ltrì cQotecraù ne' gr«co-it«lie&
li> u^o ha
PBO SALVTE
C - CAES&KIS ATG
GERM e Germanici
ET REDITV
nell'altro
F ■ P - PR ( Fortunae Primigeniae Prenae-
THESIS ( sUaae
Q • COSmiVS TERTIVS
D D
Sembra che la parola THESIS sia qui posU per espri-
mere che il donario, il qoale dovea sorgere su Cfueììm
base, ai depositava nel tempio prima d'aver oltentla la
grazia, per lascìarvelo attenendola, e non olteaeidola
ritorlo. In questo senso 0££l£ era un vocabolo del
Foro Àttico, sinonimo di vapaxarapoAii , come avverte
lo Scoliaste d' Aristofane in Suh. , e_ provano ancora
Suida alla voce Ìéai<;, ed Esicbio alla voce nrpVTaveTa
e ttatuipOA.il , che significava il depositarsi che si facea
presso il giudice d' una certa moneta , la quale si per-
deva, perdendo la causa. Asci, come osserva Boddeo,
Comment. G. L., pag. 9, significava il danaro stesso
depositato. Cicerone ha detto il medesimo colla frase
sponsioM lacessere. N4 questo traslato dalle formule gii^
disiarle alle votive dee parere strano ; quando era co-
munemente ricevuta la frase twf' damnaiut, perfeltunente
analoga alla nostra. Una gemma del Museo Borgia a Vel-
l«l«ì offre pare la parola o piatlosto le lettere 0ECI
intorno ad una Iside sedata su d'una cista mistica «
col siitro in mano. Il lavoro petb non i di stile egizio,
quautonque la gemma siesi trovata in Alessandria. Sem-
brami an misto di religione greca ed egiua. Iside sied^
■alla cista mistica, come la dea de' misterj , detti 7W-
moforie , i quali si crcdenno venuti dall'Egitto in Gre-'
,i„vj:„Coo'^[c
«9
ttDttmi. Questo apice (i), se coti TogUam cbia'
marJo , divemito sàmbolo -proprio della FortuDa»
ci (bri nna chiara apiegazioDe di qaelle espres-
aioni d'Orazio (a):
hinc apìcem rapax
Fortuna cum stridore acuto
Sustulity kic posuisse gaudet.
£<preuiooi, )e quali noe ci offrooo altrtmeoli
che una immagìoe asMi fredda e iodetemùnata,
DOD degna perciò dì quel aommo lirico fir»
quanlì ci loo restali.
FiDalmcDte il solito oroamento del calalo non
znaDca alla Dostra statua : i però d' una figura
90D molto comune, e che sìinigtia quasi alle
lotti , delle quali >■ vede coronata la Fortuna
io pili monumenti, e che gli otteanero forse da
Pindaro il magnifico ùtolo di ipepixoXK, pke*
repoUs , poruiiìce u ancora sostenìtriae deU«
«iuk (5>
cia^ « {stimili da laide, tradotta da' greci, t particolare
n««te da Erodoto, per Cerere. Tengasi la *aa Euterpe.
Le lettere quando non fossero Appartenenti ■ nome pro-
prio,, come mi par probabile , potrebbero spiegarsi 0EC-
fÈO^pOi; \tni y Jtide Tetmojom. La geatileisa del cblti-
■iMimo ed enidìlÌMimo moniig. Borgia mi ha comnnicat»
1* impronto di questa mriMa gemma cb' agli ha riposta
nel suo Muteo Velitcmo pieno d' insigni monameaii di
mai I generi.
(i) Andie l'apice de' Flamini e d<' Pontefici era nna
•pecie di callotta.
(a) Oraiio, Caria. I, 34.
(3) Paotaoia, IT, 3o. Siccome per& loggiunge quello
bo.i..vJ^),CoOglc
Osserfationi dell'autore puhbUcate nel tomo VIT
deW edizione di Roma.
Ho proposto alla pag. 86 una nuova spie^»*
Clone del polo , oroamento posio sul capo alle
immagini di parecchie divinità. Ho detto che la
voce greca ^óXo<; doveva sìgniGcare una rotOD»
dità vuota. Questa definizioDe non mi sembra
esalta : la voce xóXo); viene dal verbo icoXéo che
significa -tìerto , volto , giro : quindi è T equiva-
lente del Ialino vertex , e può ammettere tutte
le applicazioni di questa voee latina. Ffen è per*
ciò impossibile , come mì era sembrato , che
denotasse qualche volta un vertice rilevato a
forma di modio , calato o torre ; e se non sì
trova nominato il polo nella descrizione di si-
mulacri che portano il modto o calato , come
sarebbero quello della Giunone di Samo , della
Diana Pergea ed altri ; ciò può essere addive-
nuto perchè nessuna descrizione di questi simn>
lacri 8Ì trova presso gli antichi.
Alla pag. 88, nou (5), ho spiegau la voce
THCSIS che s'incontra in una iscrizione Ialina
epiteto dito da Piodaro alla Fortuna a inttocib che an-
tecedentemente ha narrato del polo postole eal capo da
Bnpaloj bo soipettato che non >i avesse a legger (pepà-
ttoXoc, phertpohs, portatrice dipolo: ovvero che lopra
invece di xóXov dovesse leggersi vróXlV , vale a dire
cbeBnpalo avesse figorata la Fortuna colla città incapo,
ossia turrita, qnale spewo la reggiamo. Il confronto dei
manoscritti potrebbe risolvere ogni dubbiex^a.
..Google
9»
come se iadìcaise no voto con anathema. La
voce JtoXvOsffxt che si trova nell' inno di Calli-
laaco a Cerere, v. 48, e che indict un figlio molto
desiderato , ossìa oiteoulo da' genitori per mezzo
di molti doDÌ offerii agli Iddii^ pare che con-
fermi la spiegazione proposta.
TAVOLA XIIL
Nemesi *.
Quando la penna dell' anùquario ha da ver-
sare sull'esposizione d'un argomento interessante
e sicuro, acquista egli allora una piii viva coo-
fideaza nella sua facoltà, e sì dimentica deUe
laccìe di frivolo e d* immaginario che soglionsi
dare da' belli spiriti a questo genere dì lettera-
mra (i). La bella sutueUa della dea Nemesi che
* Alta palmi cinque scarsi.
(i) Uno de' pi il forti motivi pe' quali il pubblico faa
minor estimatioue per questa facoltà è quello d'Oraiio:
Scrihimus indocti doaique poémata passim,
Sapponendola una «cieiiEa dì congetture, bau creduto
molti che bastasse una tal quale immagìnaeione per po^
tersi spacciare antiqnarj. Il pubblico non è sempre al
caso d' esaminare i foadamenti delle congeUure , e spesso
confonde quelle cavate da una fantasia poco istruita,
colle altre cbe tono il fratto di una giudiziosa lettura
de' classici, d'una diligente, combinai ione di monameuti,
d' un gusto sicuro delle belle arti , d' una profonda co-
gnizione de' costumi, delle leggi, della religione e del-
l'indole de' popoli antichi; cogniMQDe che non va dis-
,y Google
9>
presetttumo in i|uealo rame , ht per l' appunto
i «uriiferìti earatteri per ìnooraggirtie l'espositore.
Le figure di IVcmesi sono assai note nelle gre-
che medaglie, specialmente di Smime, ove eran
venerate due rfemesi in un tempio che gareg-
giava ìd magDÌGcenui ^d. in riccbezM coli* Efe-
sino. Queste immagini, parùcolarmente ne* me-
daglioni (i), oos\ ben si distìnguono, che ri
ravvisiamo tutti que' simboli che gli antichi at-
tribuiscono a questa dea nemica de' superbi .
ed avuta per la persona allegorica della divina
indignazione, e della giustizia distributiva dei
numi che persegaìlava i delinquenti sin anche
nella quiete 4^ sepolcro (a)-
giunta dalla filosofia. Sinché perii le arti della favella
e del disegna , i capi d' opera delle quali rimangono
negli scritti e ne' lavori degli antichi , avranno qualche
onore in Europa, non mancheranno de* giusti estimatori
a' veri antiqnarj.
(j) Veggansi i Medaglioni del ré di Francia, turai, a,
69, 148 e aio.
(a) Rei sentimento d' indignasìone che la prepotenza
eccita negli oppressi, sembra doversi rintracciare l'ori-
gine di questa dea, ^uae nimiù ohstat vou's, secondo la
frase di Claudiano, e che da Pausania SteSy (là^urrn
àaiòpóirou; v^ptarM^ daeapahtiTot: , fra lutii gli Dei ia
pia implaeahile contro i toverchialori, vien datta. Quindi
veggendosi talora nel mondo prosperare ilvisio, facr«-
dala peraegnitare gli scellerati anche di là dalla tomba
( Timeo, de anima mundi ), e fu confusa colla divina
ginitÌEia. Il suo none greco vale indignazione, se sì de-
rivi da ptfitffóay e vaia diitriiuxione o ditiriiatrice , ss
al derivi da fémi, I Lati») per non perdere questo dop*
,y Google
.9'
La misura del cubito era il primo e il più
caratteristico de' suoi siniboli , col quale noti
solamente la giustezza indicaTa della retribu-
sione , ma acceDDava a' felici la giusta misura
code nOD abusar de* lor beni e del lor pote-
re (i)- U freno le pendeva dalla manca, sim-
bolo di moderazione specìalkneute nelle paroi-
le (3): alle Tolte stringeva un ramo di fras-
sino , inteso pel flagello onde percuotere i
delinquenti. Tutti questi distìntÌTÌ s* incontrino
in -varie medaglie j ma la situazione del brac-
cio destro , colla quale espone appunto la
lunghezza del cubito , è il simbolo piii costan-
te , onde argomentò Spsuemio che a queste
gesto si riferisse ciocché disser gli antica ad
cubito di Nemesi , dalla maggior parte de' cri-
tici spiegato per una misura o una verga che
pio «enw (jprcMivo df' caratleii éelU de» ne] rkevcrlit
fra'lftro numi, non ne vollero uadurre A nome per /n-
digiìotio, che grammaticamente corrisponde al greco A'e-
7n£sì. Perciò scrìsse Plinio che il simulacro di Nemesi
m CapitoUo estf ifutamis Latìniim nomen non sit ( ff. N.
XXTIU, 5 ).
(1) É noto r epigramma 73 del lit>> VI, cap. 13, AtV
Y Antotogia, dove Nemesi così parla ■-
n^in ìcapo/jfyiAAo /ii^èép èxfp rò (tètpov.
Le*om Nemetf 3 hraecìo. A che? élrai.
Uomini, annunzio a voi misura in tutto.
<a) Anihologia, Itb. TV, e. 13, ep. 72. Questo freno
i Hata prcM dal Baonnmtì per ntu froml>oU { Otterrai,
fopra alcuni medaglioai, p. 9i3 ì, n^a dilla fromlwl» uoa,
parlano gli aatkhi, b«nfì dtl freno.
Do,:,7cdDyGoOglc
94
U simulacro della dea auiogessè ìa mano (i).
Il dubbio di Spaaemio parve , a ragione , a
Wiockeltnana una certezza , o egli stesso , senza
riflettere alla cODgbiettura di SpaDcmio , cosi
pensò e scrisse ; lodevole ìd questo , ma non
ugualmente nell' applicare U sua osservazione
ad una statuetta di villa Albani (3) , la quale
solleva , è vero , il manto colla sinistra , ma
forse per accogliervi nel grembo alcuna cosa ,
non già per presentare la consueta attitudine
di Nemesi cognita dalle medaglie , dalle gem-
me e da bassirilievi> Quest' attitudine caratte-
ristica è quella appunto che nella statua os-
serviamo, la quale combina colle indubiute
6gure dì Nemesi , e fralle altre colle piU certe
elle sono in un medaglione del re di Francia,
ove sì rappresenta 1' apparizione delle Nemesi
Smirnee ad Alessandro, mentre il conquisU-
tore sotto d'un platano prfyodea riposo ; appa-
rizione o, a meglio dir, sogno , a cui dovette
Smirna la sua nuova edificazione C la sua
grandezza (5). Lo scultore qualunque fosse dì
que' vetusti simulacri inventò quel gesto, onde.
il destro braccio rimane sporto in maniera ad
offrire allo sguardo 1' intera misura del cubito.
Sembra però che il braccio delle Nemesi di
Smime restasse affatto isoiato , né reggesse
(i) Spanem, ad. CaUimach, hj-mn. .
(3) Winckelmabn , Monum. ined. ,
13J Medaglioni del re di Francia , r
bg„„vJ.,COOglC
95
bIchu poco il peplo o l'orlo della sopravresta,
come nelle immagiDÌ di Nemeù , ne' bassirì-
lievi e nelle gemme osserviamo- Gran cose han
detto i filologi su questo sollerare del manto
che fa Nemesi tutte ingegnose , ma che non
hanno nell'antica tradizione verun appoggio (i).
Se ardissi avanzare su dì ciò la mia opinione,
direi che invano si cerca il mistero in un ri-
piego dello scultore f che non contento di quel
braccio isoiato della Pfemesi di Smirna , come
dì un* attitudine secca e forzau , ha pensato
ingegnosamente di dare al braccio stesso una
azione che lo Bssasse nella positura caratteri-
stica , nel tempo stesso che la facesse apparir
verisimile. Più naturale azione e più adatuta
per quella necessaria mossa del braccio non
potea pensarsi della presente y nella quale sem-
bra che la dea si racconci il peplo sul petto.
Quindi appena ideata , ebbe una folla . d' imi-
tatori che la replicarono in varj generi dì la-
voro , ed in Tar) tempi. Così è rappresentata
Nemesi nel bel vaso del palazzo Chigi (a) ;
cosi in un raro cippo riportato dal Begero ,
(1) Pittura itErcoIano, t. Ili, tav. X, n. 8.
(2) Queito vaio veramente singolare è stato pubblicato
nel foglio periodico intitolato Notitie (T antichità « betie
arti di Roma per Panno 1784* al meie di Mano. Un
Amore brucia naa farfalla (tilla sua' face fcv'le Aue fi-
gure di Ntmesi e della Speranza. La Nemesi ha un
braccio nella solita atlitadine, nell'altra mano ha no
ramiMcello.
,y Google
9*
ore assai atrmimeiite Tiene «ctmiuau coll'Àii-*
rora (i)j così » raoltiasime gemme aoticha (>)•
Questo bel simulacro fu trorato nella villa
Adriana, mancante però d'un braccio, il qo»-
le è stato ristaurato con un ramo di fraMino,
simbolo di cui ci danno 1' esempio i monn-
(i) Becero, Spidleg,, pag. 84- In questo cippo vede*!
da una parte la Speranui, dall'altra Nemesi, qui la dea
i alata oom'era inUmirne, olire il sedito gesto ba qnal-
che coM Della sÌDÌttn che ani akuni ì sembrata aaa
palma, ad altri ona Terga, ma k ben probabile che si*
il ramo. Ha a' piedi la rota e il grifo, simboli della F«r-
lana, colla quale fu talvolta confusa Nemesi, come di-
■tribuitr ice ancor e»a de* beni e de' mali. L'opinione di
Begero, che la denomini Annira , era foDdata sopra ona
preteM alluione ài nomi della defonta, sul cui cippo
era scolpita queU' immagiDe. Quella iscrizione , benché
facilissima , fu tradotta dal Begero con tanta imperizia*,
che mi sembra necessario il ripeterla, perchè il credito
di ^ell'adtore non faccia errare chi sa poco dr greco.
L' IscrìzioBe originale è così :
©•K
£AniAi'Eao£ .
KAI KBN£^
PEINA • TEIMI
tìTATHI • AHEAETOEPA
ANE0HKAN
Begero tradvctt : Dis subterraneis. Eipùii Eoi JiUiu , et
Cttuonhat konoratitslmme Liberta posuìt.
Htt indarn : Pii suiierraJtais. Etpi'A's Eoat , et CentO'
rùM L^riM hantrmtUtSmae poauénat.
ta> Tedsui 1» ^AMm S4o«biaw dal nnm. iSóS al
i8i%> Winckelmann, Deseription etc-
bg„„.d.yG00glc
9?
BAenti e die ci acceoiuiDO gli scrittori. Ud' al-
tra simile fu parimente trovata nello scaTO
medesimo , dal tempo meo rispettata , che com*
bioaTa n«U' attitudine essenziale d'un braccio,
ma ohe parimente era mancante dell' altro. A
qaest' altra sarebbesi doTuto riporre in man»
il freno per imitar le due Nemesi di Smima,
«na delle quali nella mano sinistra ha il freno,
r altra il ramo di frassino. La perdita però
de' simboli secondai^ non ci si rende mtJto
sensibile , attesa la conserrazione di quel gesto
eh* esprime il cubito e la misura. Questo è
Y iudttbìtaio e sicuro distintivo di Nemesi (i),
che ce la fa riconoscere in questo unico si-
mulacro , certificato a tal denomìnasioae di^li
autori, dalle medaglie e dalla combinazione ^
tutti i mODumenti che ci rimangono.
Pìii non chìederebbeM ad una tal quale e-
fposinone di questo stimabilissimo marmo « se'
non dimandasse -qualche periodo la descrizione
lasciauei da Pausania della famosa Nemesi di
(i) Credo perciò clie la pittura Ercolaneie, tav. X,
t. Ili, ove. li pretende effigiata Nemesi, eiprìma piat'
tolto im musa tragica. Il geito non i il solito, e l'attì-
-tadiae di lerare il panneggiamento non è, come abbiamo
«nervato, relativa a queiu dea. La ipada i simbolo di
Melpomene , come pvA vederli in an' altra pittura del
primo tono, tav. XII[, e come gi^ si è dimostrato nel
lonut prinsodiqaeit'opera,. tav. XIX. Anche il geito pab
■saer tragico, e i «alsarì sono appunto limili a quelli
delle Doatre mnie.
Museo Pio'Clem. Voi. IL 7
Do,:,7.dDyGoOglc
Ramndòte , borgo dell' Attica , rìmulacro per
la dÌToaioae e per l' arte memoraiido y che da
Varrone Teoia preposto a quanto «ino a' suoi
tempi aVea s^uto effigiare la greca scultura',
saliu dal piti bello della natura utoaDa all' i-
dealc' della divina , tempi ' cbe avea gi^ pTe-
ceduto il secol d' oro dell' arte.
, Àgoràicrito Pario , discepolo di Fidia , n'era
stato r artefice , e unta eccellenza riluceva
Del lavoro , cbe spesso g)i ' scrittori 1' banno
attribuito al maestro: o ebb' egli la disgrazia
comune ad altri discepoli d' uomini insigni,
cbe se qualche opera grande producono, l'in-
vìdia non vuol darne loro tutto il merito (i).
II uiarmo in cui fu scolpita la superba statua
era suto destinato dal re Dario per travagliarvi
un trofeo .della vinta Grecia. Disfatti però i
Persifini dal valore ateniese a Maratone, venne
qqe^ marmo in manO dello scultore Agoracrito
cbe Io -prescelse ad effigiarvi una Tenere ,
soggetto tìhe volea rappresenure in concor-"
renza d' Àlcamene suo condiscepolo. Il favore
(i) Ecco tntu lanoria colle parole di Pliaio, XXXVI,
4- Eiiusdeni ( PhùUae ) dùa'puUu fuit Agoracritus Pania . . .
Cenavere aiuem inter se ambo disa'puU £ Akamenes et
Jgoracritus ) in Venere facìenda ; vkiufue Akamenes ,
non opere , sed civitatis^ saffraf^ contra peregrùium suo
faventit. Quare Agoracrùus ea iege signum suam vendi-
iUsse traditur ne Atkenis esset, et appeliaae Nrnnesìn. M
posiimn est Rhamnunte pago Attkae , quod M. Vamt
omnibus tignis praetuliL
Do,1,7cdDyGoOglc
99
e la passìooe di Fidia per f{Besto secoado,
I^IÌ procùraroDO il soccorso della mano maestra..
Non avrebbe soccombilo perciò al paragooe
l'opera d* Agoracrito , se al /pubblico ' d'Atene ,
parziale pel suo conoitiadÌDO , per .un iu^^ in-
teso -patriotismo nati ne "aTesM preposto il' o-
peraa quella del forestiero. Sdegnato L' artéfice,
dì Paro dell' ingiusta, prefea-enza , capgiò il
some della dtà delipiacere in quello della dea
dell' nidigt)aEÌone'.(i)v che sperava ultricé de\
suoi torù , . e tale inCatù- la rese la perfezione
colla quale avea condotto questo iuimitabila
lavoro. ■ I . ■ .
Tion fu stcanò il cangiamento,' né 'assai, difr
ficile, non .avendo' ancora lo Iscalpellp di Pcas-
sitele osato di rapprcaeiitar 'nuda -la' dea della
beiti, e di iniscbiar la lascivia alta . religione.
Ebbe però il simulacro di Nemesi Ramnusia
sìmboli tali , che poco felicemente alla dea si
appropriavano , e che a Pausanìa «tesso ', non
iaformato della precedente narrazione , parvero
inesplicabili (a). Il confronto degli antichi
(i) Di Nemesi, come dea dell' iodigaaMone, e di Giove
li fiiue cb' Elena fosse figlia. L'origine di questa favola
lì dee ad nu» fantasia poetica, di riguardar come figlia
dello sdegno degli Dei una donna , per cui si eran
bili tanti orfani e tante vedove, e distrutte tante città.
Quindi sella ba»e della statua clie descrìviamo, Fidia,
o pinltofto Agoracrito, v'avea scolpila Leda non come
madie, macome nudrice d'Elena, in atto di consegnarla
alla Bui^e Nemesi. Pautan, 1 , 33. .
(a) Pausa nia , Attica, sen lib. I, cap. 3^. . Xovnw
:.y.COOglC
|O0
scrittori ci pone ora in istato di rischiarare ì
dubbi che non seppero dileguare in Pausanìa
i pih colti Àttici di quel borgo : tanto ' la ser-
TÌtii de' Romani ayea già degradata la Grecia.
Il timnlacro area in una mano iin ramo ói
pomi che alludeva alla vittoria d'Ida, e che
poi fii confuso col frassino di Nemesi. Dall' al-
tra reggeva un' ampolla , sul cui corpo erano
rappresentate delle figure d* Etìopi. Qui è la
maggior esitanza di Pausanìa : ma non i questa
ampolla che una fiala di preziosi unguenti
tutta propria di Tenere , su cui sono scolpiti
gli Etìopi , non per la loi'O giustìzia , come
Tanno ideando i commentatori di quel classi-
co , ma per indicare o la Libia o 1* Arabia ,
confbsa spesso coli' Etiopia , patria de'pììirio-
<^ balsami , e pih ambiti dall' antic^ lusso
^tiSiof TÒv X&òy eìpydaaro , àyaXfta ftèp tìvat
Vé/unoi, tf xe<paX^ 9è axiffrt r^c ieoS etépa>-
voit èXà(pK è%09 noi Wui^i; àydXfiara ov ftefoXa-
tati 9è xtftfft ej(Bt , T^ ^èv tekàSo» fiijXéai; , ti?
9t^ 9i (pidXjiv Aiòioxei; 9è ìjci t^ ^lóXti ire~
SKi^vrai. 'Lvy.BakiaSsai 9è tò xepi tov^ Ai^ioxai,
evre àvmg eivop^ ovn &xe9ej(p^fi9 top avviefo*
xeiSso(ti*e». Fidia lavorò t/uet marmo (qaello^cioè, de-
stinato da' Persiani per un trofeo ) ad enere una statua
éi Nemesi. La corona ì sui capo della dea , con cervi «
flcctole figaro della fìitoria. Nemesi Ha nelle mani u»
ramo di poma , e nella destra t ampolla sulla quale so»
lavorati alcuni Etiopi. Su questi ni h sono stato capace
di formare veruna congettura , ni ho aderito a coloro che
at lusingarono di spiegaili-
Do,:,7cdDyGoOglc
101
muliebre (i). La corona if oro che cìogeva U
capo alla dea si conveniva pure a YéiiAre *
che presso i poeti è talora denominata euste-
fhanos , dalla bella corona. Le Vittone intii-
Kvi son qu^e riportate sulle dee rivali y e i
cervi che le frammeszano indicano abbastaosa
che non tono le vittorie de' forti.
TAVOLA XIV.
PoDICtXIÀ *.
Questa statua * tutu spirante greca elegafazà ,
Iti gii pnbUicaU dal Maffeì (a) fralle prin-
cipali di Roìna col nome di Livia y secondo
r nao di quel tempo di ravvisare in ogni mo-
numento la storia o i porsonaggi romani. Qua*
Innque però fosse suu la simiglianza del volto
col creduto di qnell' Augusu , cjuale s' incontra
n^e monete coli' epigrafe Pietas » non dovea
servir mu di fondamento a veruna oonghiet-
tara , essendo ristauro moderno , benché . di
non ordinaria maestria. Osservando eaatumente
i caratteri che somministra l'antico per deter*
(i) Ch'Etiopi li diceuero gli Arabi prewo > greci
^iii vetusti «critiori , è provalo da Cellario , NotUla or-
èu antMfuiy lib. IV, cap. 8, tei. i3, § i3, n. 5.
• Alu palmi nove e mtzto ; «ensa il plinto palmi nove
e lut' oncia.
(a) ì/USttìVaoìoAltanaÒTo, Statue di Rama, tav. CVH.
Do,1,7cdDyGoOglc
minare il soggetto àeì simulacro , riti parvero
da prÌDcìpio assai notabili i calceankemà^^clie
per r> altezBa molto ragguardevole • dell» lor
sola , possOD chiamarsi coturai. ' Quimti . .non'
sembrava lungi dal vero il ravvisarvi la muaa-
della tragedia , quaìe appunto la veditàaa nel
bassorilievo altrove lodalo dell' apoteosi d' O-
mero coturnata e velata (i). Il contegno serio,
aazi tristo della figura '
^d talos itola demissa , et circumdata palla ,
non ìsnietitirebbe la denominazione , che tal' è
da soddisfare con molta apparenza dì proba*
hìVìtk chiunque si faccia ad esamìfiare la statua.
Mi rìsolfti però di non alleni tanarmi dal 'senti-
mento di Venuti (a), e seguire piuttosto la
scorta delle medaglie che ci presentano ^ assai
volte siffatte immagiat di. donna velata e-' rav-
volta nella sua soprawesta, coli' epigrafe re-
plicata Pudicitia. Tanto meno ci:idà luogo ad
allontanarci da una così facile e fondata, (^no-
minazione r altezza, del coturno ,i'sfuggitovalla
cousiderasioDe di Venuti non abbastanza cuser-
vatore. Alziamo altrove. notato che. il' oocumo
tragico ha la sola: più. alta in altri monumenti,
e che questi son propriamente i calcei tirre-
nici descritti da Polluce , uè addetti privati-
vamente al teatro, né alle muse (5). Eppure
(i) 'Vedasi il primo tomo di quest'opera, lav. B, n.a,
pag. 386.
(2) Monum, Matikeior., lav. LXI.
Q) Vedasi il primo tomo, lav. XXV.
,y Google
.io5
sare1>l>er questi l' unico segnale per riconoscer
-.Melpomene nella nostra 6gura. E quando s'in-
sista a dar loro 1' appellazione di coturni ,
r abbian pure ; ma piuttostochè nel' Testiario
deir antico teatro , si ripongano fragli attrezzi
del mondo donnesco , senza de' quali nOQ'Solea
comparire al pubblico una matrona ,
NuUis adiuta cothurnis (i)>
Che se taluno si opponesse con 4ire che
non abbiamo greche iilimagini di questa dea ,
soltanto impressa sulle medaglie latine ; onde
non' convenga attribuiile un simulacro , che
opera sembri di greca scuola : assai facile sa-
rebbe il ribattere 1' obbiezione. Primieramente
perchè la Pudicizia è divinità riconosciuta
dalla greca teologìa sin da' tempi d' Esiodo ,
OT* è appellata 'AìSóì , Aedos , e data per com-
pagna di Nemesi (a) : onde possono averla i
greci artefici rappresentata , e dalle loro im-
magini averla imitata i monetar] romani. In
secondo luogo , perchè fiorirono le arti greche
per bene un secolo e mezzo del romano im-
pero , e in quel tempo non isdegnarono talora
(i) Giovenale , sai. 6-
(a) Heaiod., Opera et àies, v. 196. LaPudicisia ebbe
anche, un altare in Atene, Pauaan, 1,17, ed una itatua
a Sparla, la quale dovea euer velata, eMeodovi stata
eretta io memoria di Penelope , che fatta arbitra di se-
guire lo sposo o di restare col padre, dimostra la sna
valontì coprendosi il viso, Pausan, IH, ai.
,y Google
'"i
impiegarsi a rappresentare soggetti della reli-
gione de' Romani e i fatti de* loro Cesari.
Tanto pili che la bella scultura che conside-
riamo è più vicina a quella grazia e finezca di
atile che precedette la decadenza delle arti ,
che a quella semplice ed austera bellezza che
ci richiama ai tempi della maniera sublime e
della libertà della Grecia.
Siccome .però nella Pudicizia rappresentata
«ulle monete romane si è voluta per lo pìU
adulare qualche Augusta , cosi non sarei lon-
tano dal credere che se e&istease ancora la
testa antica del simulacro , ' non ci of&isse i
lineamenti di qualche illustre ritratto. U ùgnor
Uorìson ha posseduto in Roma una atatua si-
tuile t quantunque di minor merito nell' artìfi-
sio , la cui testa antica era il ritratto di una
matrona- Gli omantenti femminiU che non si
sono omessi dallo scultore, dan forza allacon-
ghiettura; giacché oltre i calcei tirrenici rha
espresso ancora un braccialetto iu fonua dì
aerpe, che traspare sotto la sopravveste e cir-
conda il braccio destro della figura (i). Fare
(i) Abbiam vedalo altrove de' braccialetti chiamati
tpintheret che >Ì portavano al solo braccio «inistro, tom. I,
tav. X; qui peri non ti vuole inferirne che si portai-
•er talvolta siflalti abbigliamenti al lolo braccio destrck
Il linistro nella autua è moderno. Qaeft'armilla , «ìmile
a quella della Venere , tav. ci(. , mi fece dubiure se non
potesse rapprereptar Veoere anche la nostra sUlua: It
Venere per6 deiu Archiiide , f antica , simbolo della
Dow.d.yGoOglc
ro5
cbe lo scultore abbia volato losiogare quél
geoio agli abbigUanienti , che nel bel sesso
domina luicor le piii saTÌe : e questi abbiglia-
menti appunto mi han fatto lasciare 1* opinione
di creder nel nostro marmo effigiata la Sa-
pienza , o Sofia , espressa pure in atto e in
abito similissìmo nel bassorilievo dell' Omerica
apoteosi; e poco divenameote rap'presenuu
in compagnia dì Socrate in una delle fiancate
del bel sarcofago Capitolino', sulla cui fronte
sono scolpite le muse.
11 nostro simulacro ci oflìre un panneggiato
«la poter servire di scuola ' a chi volesse ri-
calcare la buona ' strada , insegnandoci come
si può unire la rìcchezsa ddla - drapperìa ool
savio accorgimento di accemiare le parti prin-
cipali del nudo , e sino a che segno si può
combinare ne' panneggiamenti la varietà e la
moltiplicìti de* partiti colla naturalezza e eoi
vero. La figura forma un bel tutto; rimane so-
lamente alquanto scanna verso le spalle ; di>>
fatto che si deve probabilmente al ristaur*
dell* omero e del bracì:ìo sinistro.
f «Berasione del mondo , il cui «imoUcro si venersvs nel
Libano, capite obnuto ... faeton manu lama intra aml-
cium susu'itens. Macrob, , Sai. I, 3i<
,y Google
io6
TAVOLA IV.
Roma*
I simulacri di Roma lavorati nel buoo secolo
sono assai rari. Forse la domiDazìone degli Au-
gusti fu un niotivò per dqd ostentare tanta ve-
nerazione' ad una dea. 4be poteva riaóceadere
ne' cuon 1' antico amore della liLerlà ^ e della
patria. Questa nostra statuetta , se non è scolpila
ne' primi tempi dell* impero , è cerumeute una
copia di qualche nobilissima immàgine della ca-
pitale del móndo, vedendosi.. la figura medesima
nelle medaglie di r!feroue io gran brooso. la
quelle, come' auòora nelle altre di Galba e di
Vespasiano ^ Roma si osserva effigiata io abito
d' AmsEOne succinta , e colla destra mammella
ignuda , abito 'in cui vediamo sovente parec-
chie ancora delle città greche dell' Asia (i).
Roma , come la città guernera per eccellenza ,
è come quella abe ha preso il nome dalla ro-
bustezza e dal valore (a), ha sempre l'elmo in
* Alta palmi due e once sette j senza il plinto palmi
due e un terzo.
(i) Segnino, Select. Ntan. , pag. 3i e 338; Vaìllant,
Hum. Graec. in Antonino Pio ^ pag. 4> t "- '^- Così sono
■colpite ancora le Provincie nelle basi del Panteon, ora
in Campidoglio.
(3) <Pó^t^ , e doricamente '■Vòf/M. Bhoma vnol dire
fona, roiusietta. Quindi S. Girolamo, adv. lon'nian. ,
lib. II , così r apostrofa : Roma urbs potens , urbs domi-
Do,:,7cdDyGoOglc
ÌOr]
capo ( () iovece delle torri che caprooo U teste delle
altre città i ed' è io' somma indisiìota ne' simboli
dAÌÌa deità allegorica del valor nuliure , cbia-
■nata da' latini Firtus (i), cbe nello stesso ar»
na .... interpretare vocabuìam tuum, Roma aut forti-
tiidmh nomaa npud Graecos est , aul sublimitatis ap'id
Bebmeos. Allude all'ebraico flin RatmU. Ecco perchè
non mancarono scrittori greci che di stero estere così
stala detta Soma da' colon) greci che tradoasero il nome
di f^ aleni ia , già proprio d'un piccìol borgo sul Pala-
tino. Vedasi Fasto alla voce Boma, e Dionigi al lib. I.
Fralle molte notieie ammassale da Pesto in quell' articolo
una è Ja ossenrarsi , perchè ci d& la spiegaiione d' nna
rara medaglia de' Locresi , il cui tipo ci rappresenta
Roma sedente coronata da un' altra figura colle epigrafi
niZTIS PÌ2MA, Fldet, Boma, Magnan., Brut, num.,
tab. 6p, 70. Il tipo allude all'alleanza de' Locresi coi
Romani, ma l'allusione ti rende assai piii fina dalla tra-
dizione, che Roma fosse stata così denominata da una
Roma nipole d'Enea, la quale sai Palatino, allora dit^
abitato, avea creilo un tempio alla Fede, Fetto, 1. e.
Ascaniì filiam nomine Bomam, primam omnium consa-
crasse in PalaU'tì Fidei lemplum ; in quo monte postea
cum conderetitr urbs, vìstim esse iattam vocabuii Bòmae
nominis cauisam eam, quae pn'or eumdem locum dtdica-
vàset Fidei, Tnttocìik lo ricava dalle storie Cìcicene dì
Agatocle. I Locresi adunque vollero significar con quelle
immagini la fidacia che avevano nell'alleanza di Roma,
città fondala, per dir così, sul tempio della Fede, ed
eponima dell' eroina cbe ve 1' aveva eretto.
- (i) Eccetto in qualche moneta di famiglia.
(3) f^irtns deriva da viivs, e denota la forza del corv
pò. La stima che in qae- primi tempi delle nascenti so-
cietà si ebbe per questo pregio reale, fece- che il valore
sì riguardasse come U virtb per eccellensa. Gisì anche
i,a,.,Ajj,C00glc
io8
Dcse io tante medaglie è rs[^ésenutt. Sea^m
«he poslerìoMneDte-'araasMro piuttosto, di rano*
migliarla alla dea Minerva (t), vestendola dì
lunga tonaca , e dìstiogaendola soltanto colla va-
rietà della siluazione , efììgìaDdo Roma quasi sem-
pre assisa , Minerva per lo pih stante. In abito
però d' Amazone è rappresentata due volte sul-
in greco *A^<Ti7, ft'ftà, deriva da Ap^Cy Marte, onde
«ignifica primitivamente la vinii militare. Così ne' tempi
del goveroo fendale l'uso di decidere le liti co' duelli
fa vedere che Ìl piii forte t' avea ancora pel più vir*
tnoso e veridica. -
(i) Non mi pare cbe Winckelmann abbia detto con
molta etatteEia ( nel lib. V, cap. 3, % io della Storia
delle arti del disegno }, che la testa di Patlade alle volte
signìficbì Roma- La dea Roma è tutta diversa da Fal-
lede; piuttosto è la stessa c<Jla Virtù, siccome si è ac-
cennato. In fatti Pallade non si vede mai né succinta,
né COR nna mammella nuda a guisa d' Amasone- Le
Rome scolpite posteriormente possono bensì simigliare a
Pallade,- ma sono sem]^e distinte da quella dea o dal-
l'attitudine, o da' simboli. Così l'egregio busto di Roma
in villa Pinciana ha sali' elmo la lupa con Romolo e
temo. La pittura Barberina per la ricchezu dell'abito,
pel trono e per le aquile, ci pretenta Roma niente equi-
voca con Minerva. Quella di profilo sulla fontana del
Campidoglio, e l'altra nel cortile de' Conservatori, si di-
stinguono ancora da una cert' aria di viso più franca e
meno divina di quella di Pallade , come benissimo ha
riflelluto Winckelmann: questo carattere di volto mi fa
■Itribaire piuttosto a Roma cbe a Pallade una superba
testa colonale d'uno stile greco cbe sembra anteriore
all'etJi d'Augusto, Uovala dal signor principe Chigi nei
■ooi scavi di Pordgliano. Questa avea l' ebno riportato.
Dow.d,yCOOglC
109
V «reo di Tito , la prìn» in atto di rioendurre
U trìonfaDU ìd uDo'd«' baasirilicvi Mito l'arco^
la aecODda sola, quasi di tubo rilieTdi sulla roeD-<
sola, che forma la chiave dell'arco stesso verao
V anfiteatro (i).
(i) Nella stessa guisa che sei bassorilievo dell'arco dì
Tito, Roma' gaidà fl cocchio <lel vincitore, sì vede in
un bel carneo aulico preuo l'abate Brasci ( CbmnwnU'
ria Je aiUAjuis su^iorihus, tav. XVI ) un capitano gr^o
vincitore che toma ini carro accompagnato dalla Vitto-
ria, e incontralo da una donna che gli presenta una
corona , la quale io credo che figuri la Patria. Questo
capitano, che forse i un Pericle o un Ci mone , per es-
ser har&aio è dichiarato harbaro dall'eipotìtore di quelle
gemme e credulo un Hassinissa: quando il vero ritratto
di quel re, che li vede in una pilbira inedita a Portici,
aimiglìa piuttosto un moro ed k imberbe. Ritornando alla
Roma scolpita nell' arco di Tito sol modiglione , ^ ài
notarti che nill' altra mensola i scolpito un Genio col
comncopia: siccome gli manca la testa, non può giudi-
carsi se sia quello del senato del popolo'romano, figu'
randoaì imberbe il secondo, barbato Ìl primo. Ne' bassi'
rilievi dell' arco di M. Aurelio , che sono per le scale
del palazzo de' Conservatori , si vede Roma in forma df
«n'Amatone galeata che viene incoDIro all' imp erado re.
Sono in sua compagnia H senato e ti ' popolo romauo,
ossia i loro Genj. Quel de) senato ha lunga barba, alla-
dendo all'etimologìa del nome Senato a tenectute in la-
tino, come Fepvffia àxò tov yéparof in greco. Quello
del popolo è giovane, ambedue lon coronati. Il popold
speiso è ritratto nelle greche medaglie coli' epigrafe AH-
M0£ , Popolo : il Genio del senato i in una medagRà
d'Antonino Pio colla leggenda; &ENIO 5EHATVS. KcRè
medaglie greche i per Io piii in Agora ftmmtnile, w ca-
|i<me de' nomi greci che lo significavo ^yXi^ , ff'éniXtf'
U^,.cJ:„COOg\C
no
- Là sUtaa che osserviamo siede m d'una eo-^
razza (t), come nel citato rovescio Neromano^
posa la sinisira su la spada, oella destra avest
forse la Vittoria, ora le s' è data la lancia, ar-
nese proprio d' una guerriera e che diede a* suor
cittadini ì) nome dì Quiriti. Quantunque sedente,
come conviene ad una città e ad una regina,
inoslra pure nell'aileggiamento svelto e vivace
la prontezza dcH'aniiuo bellicoso, e à ravvisa*
come l'appellò la poetessa Erinna, per figlia di
Marte.
Osservaùoni deWautore pubblicate nel tomo y II
dell'edizione di Roma.
L' allusione ^ella medaglia de' Locresi Bruzj
(della quale ho parlato a pag. 107, noia (s) )
fOC, ¥eJ>S(Ra.^' genere femiuinino. Da queste inunagitii
potea inferìrBÌ^. che nell'altro bassorilievo eh' è per le
■cale del Museo Capitolioo, appartenente allo stesso arco,
e riportato nel t. IV, tav. II di quel Museo, la figura
■eminada è parimente il Genio del popolo romano , non
sik un uffìziale .0 un Mauro, come vogliono il Montfau*..
eoa e il Sevcroli. Riassumendo il principio della digres-
sione, Roma nella stessa forma d'Amazone è scolpita nel
bellissimo bassorilievo di Trajano sotto l'arco di Costan-
tino che assiste l' impcradore coronato dalla Vittoria.
Talché dal complesso di tanti monumenti resta fisso che
fn questa la maniera più usitata di rappresentar Roma
m' buoni ten>pi dell» scultura.
.(0 in juut . ia«daglu di Vespasiani Rom» siede Sai
•atte colli.
Do,1,7cdDyGoOglc
Ili
•1 tempio della Fede o, per dir meglio, della.
Fedeliìtf antichiuimo sul suolo romano, ood e-.
4clude la' couoessione-.di questo tipo colla stoHa
della secooda guerra punica, durante la qaale^
il tempio di -Proserpina in Locri fu espilalo dal
romàno Pleraminio; e il Moaio punì i colpevoli
e cotnpensò' del duìno i Locresi ( Diodoro ne^
^i £xceipta, tom. Il, pag. 670, ed. di Wesse-
lìogio ).
TAVOLA XVI.
Sacerdoti Egizio^
Alibiam già scorsa la greca teogonia , ed os-
servate le divÌDÌUi che popolavano le varie parti,
dell'universo. Abbiamo aggiunto agli Dei le im-,
magiui degli eroi che merturono apoteosi, come
Esculapio ed Ercole .- ohbiam terminato fitulmeoiA
colle divinità iantastiche ed allegoriche. Ma le arti
antiche « conaenrano pur le ìnunagini di altri culti
e d'altri numi, che peregrini da* romani, barbarici'
in Grecia sì nonùnarooo. I monumenti dell' E-
gitto che ora soggiungiamo , per la copia , p»
l'arte, per l'antichità e per non so che di ^-.
stico , meritano la maggior attenùooe : lira* qtuU
per la conservaàooe e pel lavoro dee riportarsi
il primo quello che inciso nella presente uvola.
* Alto palmi «putito e uà terzo; i«Dta plinto palmi'
quattro.
,y Google
ria
appartenoe gtfc «1 Uoseo Blagnioi ftolandi vef^
scritti del Caosteo celcbratissimo.
Ud Sacerdote egizio colle iuegne del colto
d* Oro tembramì rappresentato in qaesu raris-
sima sutua della più antica e più siogolare ma-
niera di quella Dazione. Gli scriniorì d'aouchitk
egoiane sogliono rìcoDoseere il distintiro del
dio Oro ìd quel filo di barba che si comjnae-
cioiio di chiamar fronda di persea, il qurìe
vediamo pender dal mento di molti ìdoli egi-
ziani d' ogni materia e d* ogni mUura. Quan-
tunque non accordi loro molto volentieri che
quelle barbe posticce aien- fibre della pianta
accennata, sembrami pure fìior d'ogni dubbio,
«he queir ornato del mento sia veramente un
simbolo dell' egiuo Ora È noto ob« qne' po-
poli veneravano il Sole io quésta deiti, e nel
tempo della sua maggiore efficacia; come in
Arpocrate il Sole stesso rinnovato nel solsuùo
jemale (t): b noto che per ciò qneste due di-
vinità a molti riguardi si confondevano, come
ha dimostrato il Coperò (a). Ora qualunque fi-
gura egizia siasi mai dissotterrala con lai segno
al mento , porta con se de' chiari dìatintivi che
(1} Vedasi il Panteon Egàìo di Jablonskì, lib. II,
c*p. 4 B 6 , opera dotta e piena d' ingegnoM conabiiia-
xiosi. I# coooicenia ch« ha l' autore della liogaa copt^
gli ba dato maniera dì riicbiarare alcune tradi&ioni O-
^uriulme^ si è lasciato soltanto trasportar tro^O AmÌ
fiuto dell'etimologie.
(3) In Hwpocrate.
,y Google
>i3
per Oro o per • Arpocrtte la manifeMtao (i).
Sudo cosi barbaci moltissimi idolatti egùi che
«ermiiuino in ^uaioa , e appajoDo come avvolti
io ftsce : eà è par questo uo - altro ciratiere
d'AYpocrate, eòo che denotavano i lenti avan-
aamenti del Sole , che divieoe apparentemente
•taiàoDario sul caprìcoroo. Nella Mensa Isìaca
del real Museo di Torìao hanno quel fil dì
barba due Ggure cosi fasciate « quindi per Oiro
o per Arpocrate riconosciute (3). Ma il monu-
mento pifa ragguardevole che veramente provi
appartenere ad Oro Nmìli simulacri barbad * A
quello rìponato dal conte di Cactus nel tom. Ili
della sua Raccolta (5) : egli non sa come spic^
(■) L'hanno ipesio ancora i Canopi. Cìh peraltro noa
osta alla mia proposizione. Oltre che ha provalo Jablon- ,
«Li che Canopo non era una deil^ particolare, ma qual-
che altro nume egizio veneralo nella cìttli dì Canopo: h
cert» che in frnma di Canopi veggoiui elogiate delle
altre deità relative all'elemento umido o al Nilo, coma
anche degli animuli. Ora i Canopi barbati non sono *en-
BoDchi immagini d'Oro, come autore dell' eicreicenza
del Silo.
(3) Pignor., Menta hkMtu, Sf. S.R e TT dell' e^iuM«
di Friaio.
(3} Planche II, n. i e 9. Nella tavola segaentf ( Re^
eaeit. Ut, pi. IJI; n. i ) è un «acerdote d'Oro nella
medesima atiitudìoe. Cou presso a poco dovea essere an-
cora prima ehe fosse rittanrata la statua d'nn ahro M'
«erd<«e s villa Alh«|ù ', ripwtata in rama nella SloriM
ielle arti di Winckelmann, edis. rom., tav. XIV. Simile
atteggiamento non fu fgnoto ad OrapoUine che ne' suol
(crogliGci lo spiegJ> per fiodMlo della coaliatllta'
Museo Pio-Clem. Voi. Il 8
Do,:,7cdDyGoOglc
>i4
garlo , ma lo spiega , anù lo descrìve per fu
Snida (i): Tò àya^fta tov Tlptàxn tot) Oipv gro^'
'Ajvwctìok tea^itin M^poxoutèèq xinowm^'i» «^
3e^ OM^XTftov imÌm;5» ..,èf9é rp èvenìjM Mptt-
Tov» TÒ (ùioiov àotov èfTeratiéfOf , 9iÓTt m au-
ìipéfiiUKi èv T^ y^ axépftara pampa MCbSsùn^mr
xà 9è xtepà «)?v Taj(ye^Ta Ti?c ttof^atoi 9riXoÌ ,
Tavròp fàp TÓ tiXio 9ol,à4ww. Simidacrum Prio'
pi , guem flontm Aegjptu vocant , humana
forma Jìngunt , - dextera sceptrum tenens ....
laeva 'pero tenens veretrum suum intentum^
propterea quod semina quae in terra occulta-
bantur educat in apertum , et manifesta reddat.
Pinnae vero additae ceterìtatem _ motus indi'
cant. Eumdem enim ac Salem esse arbitran-
tur- 11 manoo riferito dal Caylus sembra l'orì-
gìnale della descrÌEÌoae di Suida, solimeoie in
vece dello scettro ha il flagello, a cui gli eru-
diti nelle cose egiùane danoo il medesimo ù-
gniflcato. Ma se ooofronta . quell* idolo colle
parole del lessicografo , confronta ancora negli
oroameoti del petto e del capo, e specialmente
nel filo di barba , col nostro marmo : onde la
r*J||ione di questo con Oro sembrami dimo-
strata.' Quello però mostra la barba nainrale; il
nostro all' incontro la fa vedere rìporuta con
un laccio che va ad unirsi colla berretta. Que-
sta diflcrenza mi fa credere che .noD il numek
•lesso, ma uno de* suoi sacerdódsia effigiato nell*
Do„,7cd,,CoOglc
ii5
xK>Btra sutuà. Tale diversità in molli moDumeuii
e^zÌADÌ si può osservare; altri, cioè, ci mo-
slraoo quel fil di bftrba come fiuizìo , altri come
vero. Rifereodo i primi a' sacerdoti io abito di.
Bume, i secondi alla deità medesima, non sem-
brami errare : vedeado che le Dotizie perreou-
teci dell' idolatria egiziana sostengono .un tale
avviso. E cognita la diligenza e la superstizione
de* sacerdoti nel radersi perfettamente : non po-
tevan dunque nudrìr la barba per imitare le
sembianze dell' idolo , come in molti casi, era
no famoso costume loro, ma piuttosto se l'ag-
giungerao postìccia nelle occasioni. Qnesto ri-
guardo non comprèndeva però le immagini del
nume stesso; e come non offendeva la lor re-
ligione il vedere idoli con una ciocca di ca-
pelli , colla quale lo stesso Oro eflìgiavano, ed
anche A''?***^''')'^ (')> ^^^^ ^^° rìcusavano £
rappresentarli ancora . con :tin filo' di barila.
Quindi Osiride nelle ,sue piii certe rappresen-
tanze , nelle qoali h^ avuto da* recenti, aqtiquaij
il nome ; di Bacco £gidi{o(à), si vede fornito di
barbale capeHi , come a suo luogo farò meglio
osservare. Dunque se' la figura del nostro marmo
ba la barba posticcia., riguardiamola pure per
nn sacerdote e non per un dio.
(i) Le immagini d'Arpocraie con quella ciòcca di ca-
pelli lono ottìc. OrO'l'ka'panmeBle ndla Menu Isiaca,
fig. DD , non otfierrata-» iaì Pignociò , ni dal Jablooiki ,
che lo riconosce per Oro da* leoni che ha lotlo il tton"-
fa) Caylns, tom. Ili, pi. lY e V. . )'
Do,i,7.d.yGoOglc
ii6
Che ft* aacerdoti egiziani si ergessero simn-
lacri nou è contrastalo « ed Erodoto che ne
descrive de* colossali , che i pontefici di Tebe
viventi si alzavano , leverebbe ogni questione (i)*
Né la poMtura sedente è men propria alla statua
d'iH) penona^o che non sia re , giacché sedente
anéora é la famosa statua detta di Mennone,
che gli Egiziani diceano esser d' un {urticolare
per nome Famenofi (a). Dall' altra parte 1* esser
privo il capo della nostra figura dell* ornamentò
de^ serpi , o delle corna del toro, o delle spo-
rte del leone , insegne della regal dignità (5) ,
mi fa preferir 1' opinione di crederlo un sacer-
dote 'egi»anoj all'altra, di considerarlo per un
re dell' Egitto , quan(un<![ue , «1 dir di Fiutar-^
co (4) , fossero iniziati al sacerdozio anche i re.
Determinato con qualche probabilità il sog>-
getto del simulacro^ consideriamone I^ abito e
gli attributi. Ha sul capo una berretta non dis-
sìmile da alcutie usate in secoli da noi men
remoti, la quale se ha qualche simigliaoza
con uu moggio , non dovea però col moggio
o calato confondersi , come ha fatto il Pigno-
rio (5) , non osserrando che viene contornando
il c(^t> e le orecchie , come un modio o ca-
ci) Erodoto, in Euterpe, Gap; (43.
(3) Fausaa., Auka^ ara lib. I,.e«)>. 4s.
(5) Diodoro, lib. I, c^. 6ft, ef WesMl»gv
(i) De Jtide, et Oar^e.
(5} Menta Isiaea, &«. IL
,y Google
117
lato tir non potrebbe. Simil berretu , . propri*
de* sacerdoti , da . Diodoro ci T̫n descritta ,
che e' istruisce essere suu di color purpureo '
e piemita di penne di sparviero , come ap-
puDto vediamo esserlo ^ella del nostro simu-
lacro ((). Sul piano superiore solleva forse
qualche altra simbolica decorazione , di coi il
tempo r ba disadorna » come pnò far sospet-
tare qualche orma di rottura che in quella
parte apparisce. I due lacci che dal pileo
scendono intorno alle, gote e si congiungono
dove s'unisce al mento il Testigio della barba,
sono suù creduti da Winckelmaon i lacci del
pileo stesso; opinione raddrizzata già dal suo
perspicace commenutore , il quale owerra non
vedersi mai tali coreggiuole io simulacri poq
barbiti, quantunque adorni di simil berretta;
(i) Diodoro I, 87; Clemente Alesiandriiio , lib. VIj
Stromaton, c«p. 4- Siccome U parola gtrtpÒV pn^ >r>-
Aunì per penne e per ala, alcuai baa eredato che non
penne, ma ali fouer quelle che adornavano i berrettoni
e^2j. Da' Dionnmenti perjt sembra che piatt«it» foM|l>
penne, per «pianto U roue^ta dell'arte p U poc» veritk
dell'imitazione ne laiciaoo giudicare. Chi ta che daque-
ite penne o alette., per lo piii al numero di due , non
alibian derivato i Greci le ali al cappello del lor Mer-
curio e «Ha celata di Perteo , venerati tnibeda* fragU
Dei cgitiani ? Ved. Erodoto ùi Euterpt. Dal coprionta
perUnto del passo di Diodoro con quello di Clemente
Aleisaodrino, si deduce che a gran torlo ha preleso il
Manorelli correggere ìn quest'ultima xiapa per %xtpé.
Theca, CaL I, 8.
Do,1,7cdDyGoOglc
Ii8
osserraziofie che li dimostra deatiaitti n règ-
gere quella finta barba , come ha' ricoooseìuto
ancora il dilìgente Caylus. La barba peraltro
si, è perduta nel simulacro insieme col memo;
ne rimane però il puntellò che la reggeva , e
che 'giunge ora daUa testa al pet-to , non es-
sendo stati soliti gli Egizitmì- di -traforare le
loro sculture. Questo dando ci trattiene dal
poter osservare come fosse rappresentata quella
barba posticcia : sebbene ' soho - molti i mCma-
mentì che ce ne ofB-on la forma. La maggior
parte, e forse tutti» ce la pt-e^etitano tiome
intrecciata j non però T esprimono in guisa che
ne poasiàqio rintracciar la naatena.- lo crederei
che di filamenti papiracei fosse composta ,
piuttosto che di persea, come voglion comu-
nemente : giacché quest' ultima pianta - ere in
Egitto recente, e portatavi da Cambile dall'E-
tiopia, come attesta Diodoro (i). Non è veri-
simile che gli Egizj , attaccati molto alle loro
consuetudini , volessero così presto ricevere
ne' religiosi lor riti una pianta straniera e. por-
tata da un re abbominato , distrattore de' loro
templi e de' loro dii. Se fu ricévuta la "persea
nelle sacre cerimonie « com' è indubitato , pen-
so ciò avvenuto quando le religioni egiziane
si erano alterate ; e perduto a poco a poco
quel carattere d' immutabilità che ne faceva la
più nobile prerogativa , non solo abbracciarono
(i) Diodoro, lib. I, cap. 34, ed. Wcsseling.
Do„„-cd.,Cooglc
■■9
'nuove immtgim ' e nnovì usi, ma sì taieseola-
fono co' riti e colle superstìzioDÌ. straniere.
Siccome perb ' de* monumenti antichissimi' tali
barbe posticce oi rappresentano , uno de* quali
è quello appunto che consideriamo , non m' in-
durrò senza una prova diretta a crederle tes-
sute di persejL
Col mento cosi ingombro . si: assomigliava il-
■ostro Sacerdote alle immagini del suo nume,-
Bel quale indicavasi dal mento barbato o l'elb
Tirile relativa al. Sole nella state, di cui em-
blema era Oro , detto quindi Apollo da' Greci,
e che perciò ebbe il leone come suo simbo-
lo {i); o anche la forza produttrice e genera-
tiva, non male simboleggiau nella barba; virth
che pretendevano rieonosiiere anche nella cioc-
ca de' cappelli d' Orò stesso e d'Arpocrate (a).
L'ornamento del collo e del petto non esige
particolar menzione. Era questo di rado om-
messo nell' ^bigliamento egiziano, come dalla
Mensa Isiaca apparisce , dove pressoché tutte
le Bgure virili ne' sono fomite : i monumenti
dal Caylus pubblicati in altri esempli ne som-
ministrano; e se ne tacciono gli autori profa-
ni , lo rileva però la Genesi , ove narra che
Faraone a Giuseppe: collo tortjuem auream
(0 Horapolla, Bierogfy-ph. titt., e. 71, Pignwr., Mensa
Isiaca, pag. ^^. A questo alludono le Sfingi barbale.
(3) Macrob., Sat> \, 3i>
,y Google
«30
àrcumpostìU (i). .Nuda ii«Ua persona è. la. no-
stra sutUA, seonoQqaanta un grembiule listato y
secoiido il cOQsneto , lo copre piuttosto ci» il
Testa. Nude aocora sodo le gambe ed i piedi «
ugualmente che le braccia; guernite son per^
queste iutorno a' polsi d'una specie d'armille,
che altre immagini egizie portaoo sul più alto
del braccio. Gli scrittori che danno a' sacer-
doti tuniche lintee e calzari papiracei , hanno
parlato forse di quelli del ba»so Egitto , cUnui
più temperato : e le statue còsi nude , forse
all'alto Egitto appartengono t che situato
Sub curru nimium propinqui ~- Solis (3),
non usaTa altre vestì che quelle volute- dalla
decenza. Fra queste meriu cpialche osserra-
zione quel grembiule cosi lisuto , ohe suol
dirsi tessuto di foglie di palma o papiro ,
senza buòno afgoinento che mi aia noto. H
lino e il. bisso veggìam contati per gU usi
dell'egiziano. Teatiario; il papiro per le cinture
solo e pei calzari. Nella Tavola Isiaca yeg-
gonsi ugualmente listate le tonache di quattro
sacerdoti intenti al culto del bove Apis (5),
uè credo che tonache di papiro li leggano in
Tcrun claasim (4). Sembrami che un luogo di
(i) Genes. XLI, 4^.
' (3) Oru., Carm. I, od. 33.
(3) I dii« segnati lettera S, e i due preMo i) bue no*
tato HB.
(4) Plinio, H. K., XIII, 33, fragli lui del papiro mcn-
Do,1,7cdDyGoOglc
Tlnurco, npD. inteso nelle- tnidwioni che ha
letto, ^ie([hi a meravigUa le liste onde eran
dutinti gli abiti sacri e sacerdotalL Dice egU
■el trattato de Iside, et Osiride (i), che
a strisce bianche e nere eran variegati quegli
aiuti per denotare che mt^te nozioni degli uo-
mini intorno alla diviniti son chiare e certe t
e moke oscure e dulAiosc. TSon cerdiisì adun-
que più di .spiegare cotl^ intessitura della pal-
ina o del papiro, le liste segnate in tutti, i
gremlùidi e nelle cuiHe delle figure egiziane*
La diligente osserrasione di questa scultura
aptichissima mi ha fatto rilevare un' altra parte
del sacro vestiario , non. badata sinora dagli
etpoMotì di simili monumenti. L* incisore l'ha
omessa nel rame: è però assai chiara e di-
stinta nel marmo. È questa una specie di corda
della grossezza presso a poco di un dito del
simulacro, che pende sul sedile e vedesi di-
«tintamente Beli' interstìzio delle due gutihe
della figura » che iocomiqciaiido dove finisce
untt vesiam etiam s&agtilam, parole cbe lignifÌGano tpA'
eie di (tnore o copertoni, non nui sbill, coitae credono
slcani.
(i) Plutarco^ <£• Itide, et Osiride in princ: Tà lÙP
yiÌM,9it Ko* muód^ y tà a <patepà> xaX ÌM^pit
T^ xtpì òtòv vmiriXovrrat òt^nee , ota ttai xtpl
■ TÌif èffà^a T^J» Upèw òmoipaipeTa*. Indica ( la tacra
doUrma ) alcune cote nere e tenebrose ; altre aperte e
chiare circa le notioni nguardanti i numi: come appari-
tee ancora dai sacro vettiario.
,y Google
US
Il paHe posteriore d<al grembiule , térmioa ia
boa certa disuazà dal piano ove posa la sta-
tua. In somina comparisce situau come lo sa*
Tebbe la coda di un animale. Ho detto che
sembra un cordone,' non poteodoBene giudi*
care la flessibilità j ma avendo ritrorato la stes-
sa, cosa in otto 6gure della Mensa Isiaca (i) ,
TI apparisce piti consistente ed elastica' ^
quello che possa esserlo una fune. IfeU' oscu-
rità in cui sismo di que' costumi apltcbissimi ,
il meno inverisimile divisamenio che mi si sia
presentato al pensiero è quello di crederlo un
giunco nilòtico papiraceo , di cui si cingessero
in Egitto e *1 cui capo lascàasser pendente nel
mezzo della posterìor parte della cintura. A
questo forse vuol riferirsi quel verso di Gio-
-venale (a):
Succinctus patria quondam Crispine papyro.
' In appoggio della- conghiettura potrebbe ri-
ferirsi la descrizione, che fa Plinio d'un giunco
egiziano detto sari, nella forma nella gros-
sezza assai al nostro corrispondente (5) : po-
(0 B sono le segnate A, D, H, R, N, O, e le alut
dde dopo le figure notate TT e TT. Nella D si vede
che quel giunco resta propriamen(e nel mesta delle dne
gambe , non da un lato , come per difetto d' arte po-
trebbe apparire nelle altre. Nelle due ultime figure sem-
bra che termini in due foglie come di canna.
(2) Sai. IV, T. a4.
(5J Plinio, a.rf., lib. XIU, cap. a3: Fruticosi generù
,y Google
I3S
irebbe rifletterai che <pi«9to giuncò era ns em-
blema del ' Pmo ,' da cui avea tratto . 1' egìzio
antichissitno nome di Siti (i) , e da* poeti
greci r epiteto di giuocoso (3): che finahneote ,
adatuto ai rnuni d'- Egitto (5), potrebbe indi-
ett Sari, eìrea fìStm naicetu ditorum fere cabitorum at-
tùadùte, foUkari cràaitudùte /comtt papyi- Anche Teo-
fruto , B. P,, .lib. [V, c«p> 9, lo riguarda conifi Ha ge-
■ere ói papiro>f Oucrvisi cbe la gr<taxttA dì quel cb«
sappongo il «ari i veramente poUicaris, e che la lua-
ghexza, M lì prende a proporaione delle ligure sì nella
McQM Uìaca, che nella nostra sculbira, è di dne cubiti
in circa > ouÌa di tre piedi.
(i) Cmì cdla solita «ita emdiuone si bTofm dì provare
JaUonilU, /'ani. Aegxp*-> lib. IV, cap. 1,^6. Il Sel-
deno però, de Dia Syris, dà un'altra etimologia di quel
nome.
(2) Ateneo, lìb. I, pag. 10, riporU il seguente verso
di Bacchilide:
T^ dj^eiftarm te Mep^ mtù SofaxóBea ìiùXoì'.
E Mtitfi. $»axa Mvemo , e M.NU giaacoso.
Quiikdi adcbe- Ovidio , Metamorph , XV, 753.
Paa)ue_ papjrrìferi septemfiua flamina Nili.
(3) Tln pregevolissimo bassorilievo ìn legno di sico-
moro varialo dì tre colorì biqnco, rosso e nero, ch'è il
c«Ur Qatnfale del legno, sì coiMerva nel Hoaeo Borgia
a Velletri.' Questo ci rap^^senta Oro j,n profilo col fil
di barba al mento , sedente , e. tiene colla destra uno
icettTo o battone aratriforme. Qifel che lo rende singo-
lare è Hna pianta scirpea, ossia una specie dì giunco
colla sua fioritura che gli «orge fralle gambe , e conferà
ma con ciò la mia opinione pur ora avanzata su quella
specie di cordone pendulo osservato ìn varie figure egi.
EÌane. La figura e la piii esatta detcriiione del monu-
mento veggansi nelle tavole aggiunte. '
,y Google
ia4
care o V ioflaesM lovo sul Ifilo ,- épecialmeiite
tutu propria d'Oro^ Q la loro nilotica ori^tDe
non taciuu nelle memorie egiziane (i). Ma il
lettore si sunea in sì tenebrose liMrche; ed
io son pago solo di non lasciare inosservata
questa particolarità del simulacro eh' espongo^
Ho sinora taciuto del simbolo che regge ÌI
nostro Sacerdote nella manca , e che posa sul
suo ginocchio: tutti posson riconoscerlo pel
notissimo Tau egiziano , e ciò basterebbe «
chi si contcDU delle antitpiarìe nomenclature.
Aicercame V origine e il significato è impresa
difficile , donde per la contrarietà de' pareri
non può uscirsi senza offensione. Io non Tor<*
rei dichiararmi per un partito, ma non debbo
nascondere al lettore le riflessioni che mi por-
tano a riconoscere la maggior TerìsimigUanza
d* una opinione.
Prima d'accennare le varieipotesi proposte
dagli eruditi per 1' interpretazione del Tau ,
dee premettersi che la figura essenziale di tal
geroglifico è solamente il Tau, cioè il T,
che il circolo da cui pende è veramente un'an-
M f nn manubrio , una impugnatura , ne* prìmi
tempi almeno estranea al significato del gero-
glifico (3^. Ce lo potea far pensare il vedere
(0 Dìoioto , lib- I, pag. 13.
(a) Dì qu«iU opioiane fii anche Goropio , il quale nei
SDoi Geroglifici, lib. XVI, pag. ajj), cosi si spiega: In
obelisco item qui tst ad ponam ColUnam exdtam vtanum
Do,1,7cdDyGoOglc
•oVente il Tan «eaiCa qnesto accessorìo; ce lo
indicaTano alcune figure della Tavola Isiaca j
ove sembra piuttosto un laccio , che wa cer-
«Ilio (i): ce lo dimostra poi chìarameote il
nostro marmo , dorè quél manubrio ha una
JB^ra oblongata , come se fosse di giunco ó
■^ altra cosa flessibile « cui il peso del Tau
agginntori aTCSse fatto prendere quella forma,
che dalla parte della mano resu circolare ì
^alla parte del peso va a diTeuir rettilinea, e
si pe^de quasi in un angolo acuto. Ciò posto,
diasi rapidamente un* occhiata ai varj parerL
1/ opinione di molti (a), cfae ora 6 in voga ,
riconosce in questo segno una chiave che sì
-dà come simbolo del Sole ; o per V apertura
delFanno, o per quelle misteriose porte delle
^■li le Mitriache colonie &cean ricordano
sa (5). Che però ìl Tau ansato non sìa una
chiave , può dimostrarsi : primo , perchè quel-
ito simbolo stesso si osserva a capo d' un ba-
stone in più monumenti egiziani, dove non è
poMÌbìle ÌDunaginarsi una chiave (4) } secondo ;
mUmu, ^nae TaufunKuIo, sàe ansm compKhemsum i»-
jMf: et f uo dare perspicùu aa$am adpartes Tau non pei-
tàtav , aaàtiaditertas 6i eadem taxea mole Tau etiam ci-
*w antam ef^tum.
(!) Sono le Mgnate K., MM, TT.
<3i) L'autore de' St^lem. ai Cactus.; Raflei, Oiserv.
aopra alcuni monOm. , pftg. $7.
(3) Teda» appreuo Is UT. XIX.
(4) Così fra gli altri pB& TMtenl BeBa Mmsn triaca .
•Us lei(«H KK.
Do,i,7cd.yGoOglc
136
perchè simili Tau, senza- però -il' mannbrto ,
che non è , come abtnam dimostrato , essen-
ziale , vedonsi ne* medesimi rappreseritati sulla
sommità delle Idrìe destinate a coosenrare e
a purificar 1' acqua del -Nilo , sito egualmente
improprio per una <^iaTe (i).j terso ' finalmen-
te, perchè la liiJea 'trasversale che. fcMisa il X
e che si dice servire d' impugnatura] per ri—
volgerla piti facilmeme , alle volte si vede
sino triplicata (3) e quadruplicata/, lo che boo
può avere' in ' questa ipotesi nessuna ra^jione-
vole interpretazione.
Coloro (3) che voglión pinuosto ravvisare
in questo simbolo la forza del Sole sparsa ne'
quattro elementi, ad^^nbrata quella nel cerchio
« disco \ e questi ndle quattro estremità della
croce , non riflettono che il cerchio , come
ahhiam luogo di replicare , non ò parte ' del
geroglìfico , ma solo uh manubrio , onde non
possono -spiegare que* monumenti- che ci of-
frono' il Tau senza il cerchio (4)- Di più nella
maggior parte degli esempli che ci ha con-
aervati il tempo , quel simbolo ha più «imi*
glianza ad un vero T , che ad una -croce (5) ,
(■) Vedasi pirimente U Tamia ìsiaca Del fregio n. a3
«' dopo il 33 , e r Agostini nette Gvmma , tom- II , uv. 83.
.' (1) Triplicata è nella sUms Mensa, lettera TT-, ^a-
Jmplicata preuo il Cajlns, tom. IV, uv., L
(3) RafTei , 1. e. , pag. SQ.
V (4) Veggansi i monumqnti ciuti. Menta blaca-, KR,
a3, e altrove, Ago»UnÌ , tom- II, Uv. LXXXIII. "
(5) E nou U questiona fra i Crittiani e i Gentili in-
bo.i..vj.,CoO'^[c
"7
onde non quattro , ma tre soli elementi potrebbe
esprimere , siccome tre sole , e non quattro ,
«ODO l'estremixà separate delle linee che lo eom«
pongono. Di 'più coavien soggiungere ciocché
dcvea dirsi, prima del reato « che non damio
gli antichi scrittori a tale interpretazione verun
ibndamento. È Vcco cHe una croce o una X,
cioè due linee intersecate e , come diooaer ' r
Latini , decussate dentro d* un circolo forma-
vano il gerogltico di quello spirito animatore
chevir^ca r uiùverso (i): ma quésto segno
è ben everso dal nostro Tau , e lo possiam
veder ripetuto in assai luoghi della Tavola
Isiaea (a).
Resu r opinione di De-lit4>oxe e di Jablon-
sLì (3), i quali han credito non altro esaere
questo Tau, che l'emblema del Fallo; opinio-
ne, che non ha molto è stata acremente ìhl-
jorta ani lignificalo ài qneato Tau riferita da Socrate ,
lib. IX. Bist. trip. , « da Soiomeno , lib. VII , Ecc. Intt,
Pretenderano i primi che fo»e an aìmbolo della yìu
ciema, Tcnetato in Egitto per una specie di tradizion
pairiarcale. Naiceva forae Tm^uÌtoco, perdio pasaavt
qael aegno fra i pib iatniiti per nn aimbolo della vita
propagata nel mondo per la forsa del Sole.
(i) Proclo; in Tùnaeum, lib. Iti.
(3) Preaao lo fignt« G, H, I, N, O^ fra' geroglifici^
ed in nna apecie di featOne altcmaiiranienM coli' occhio
«lato sopra il bue Apìi, lettera R.
Ct) De-la-GcDU, Bau àu. Chriitiaiiisme daiu hs fndei,,
lib. VI} JabloBiky, PmtheonAegyp, lib. n,-cap. 7,$.^.
Do,:,7cdDyGoOglc
pugnata da un erudito scrittore (i)^ E ven^
mente » se altro appoggio non avetse cbe iinK
certa uniformità osservata fral Tbu e U Lin-
gam dogi' Indiani , simbolo certo della gene-
rasìone , non potrebbe dirsi molto probabile.
A me però sembra, che piò si approfondisca
lo Atndio di quelle poche reliquie che soprav-
TÌTODO dell' egiaiauo sapere : più si renda que-
m' ultima ipotesi verisimile. Fa d* uopo ammet>
tere sulle ripetute ed-uóirormi testimonianae
de* più gravi autori ^ che V esistenza ed il culto
di questo emblema è ceru , ed era solenne ìb
Egitto (3). Inoltre t^ tutti i sacerdoti egiziani
fossero per la prima cosa icixiati ai misteri
Fallici è ugualmente indubitato (3). Un rapporto
oscuro bensì, ma qtiaato basu ad indicarlo
•enzà impudenza. fra il. simbolo e il simboleg-
giato, non può xteganti. Altri oggeui ritratti
De* caratteri ^eonsecrati , non sono piii di eoe!
nmìglianti ai loro orìgiuali (4)> U non vedersi
(1) Raffei, Osservazioni, toprnalcwti monionettti, p. 53.
(a) Plutarco, da l^de *t Oiiriàa , dice; T^ ìf\sn$
wa^upòaat ròy ^óXXov o x<ù mt iopróieiif tov(
*Avv3triìK. Che tside consacrò il Fallo, a cui tino a* tA
nostri Jan festa gli Egì^.
(3) Diodoro Sic, Ùlk I, e. 88 > dove dopo aver ram-
Bwiitàta l' universalità del colto prestata all' organo della
gcaetaEiòna , logf iuage.eMcm stato costume taf mnpótK
kfMta^fac xapaka^ùtka^ vot^0 r^ ò^ wpovMi ftvti-
tfdtM , cA« colon} «A« ai patta sacerdo^ ti dedicavano ,
ftid d" ogni altra cosa-, 9 fuetto nuikt ^ Mkùttler».
(4) L'occhioj per esempio ^ alle volte doo è indicato
.„Cooi;[c
'^9
uè* geroglìfici e negli attributi di taDtì mo.*
ntunenti dell'egiziana idolatria alcun altra ìteJ
gno suscettibile di la) senso (i) è un argomenta
negativo , ma di qualche peso. Piii urgente è
quello di- Jablonsky (3), dissimnlato , anzi ta-r
ciuto dal suo oppositore, il qunle è fondata
suUa immagine del Tau con tre linee trasverse ;
imiiuigine , che eccome distrugge le akre ìpo*-
tesi , dà una forza mirabile alla sua opinione:
pel Fallo tiiplicato rammentatoci da Piutarisa
nelle festa Pamilìe , che solennizaaDdosi io;
«piella stagione appunto, in cui, secondo I{t
frase egiziana , il 'sole era ancor bambino , ci
spiega perdbd il Tau triplicato noti .«i. osservi'
che /ragli attributi d' Arpùci«t« in laace , *i»-
Ucma del sóle )emale. Ora se T ósaerrasione
che fece il De-la-Croze sa la simif^iaosa Àtà
Tàu col Lingam, eh' è il segno f>illico degl'In^
diasi , a tuUoqiò si soggiunge , acquisterà iMoltor
pih forAa per argomentarne la simigliapw del
sigimficato di quella, che itila ed isoljtta jnon:^
elle da un Kmplice segmeoto di circolo. Caj'lut, tom. Ili,
pi. Ili, n. 3, ove si vede anche Ìl Tau coli' ama oblon-, '
caia. Più al caio nostro è ci& che e' insegna Ei^ebio ,
Praep. Ev., lib. II, cap. 8, che un triangolo era Ìl ge-
roglifìco della parte muliebre.
(i) WincLelmann , Description àa cabinet de Stoicft ,
n. 3, dimoitra che i te«et oculati veduti dal Pìgpqrio,
non sono sennonché un occhio alato.
(3) Jablonsiy, Paiheon Jegxp,ìib. VII, cap. 5, ^l
Museo Pio-àUm. Voi. II. 9
Do„,7cd,yCOOglC
i5o
otteneva. Ma ho detto che le ulteriori riflea-
bìodÌ- snlle antìchitli egizie soccorrono questa
ipotesi : convieoe che io le proponga fJ lettore.
Potrà questi io primo luogo osservare quanto
hen couvenga l' emblema fallico non solo alle
figure egisiane che ne sodo insignite, ma an-
cora alla sommità di quelle ampolle o idrìe *
destinate a contener le acque del Nilo. Sarà il
simbolo della virth fecondatrice e generativa,
attriboita a quelle acque dalla persuasone del-
l' aaticò Egitto, e dal consenso degli scrittori (i).
Quel segno ia altro sistema sembrami ine^thca-
bile.
Dovrà volgere la seconda sua riflessione ai ca-
ratteri astronomici : alcuni de' quali son d' aoti-
chissima origine , alcuoi ancor d'egtsiana (2) :
e vi troverà il nostro Tau colla sua ansa o ma-
nubrio così delineato ^ , servir di carattere dei
paocu di Venere (5). Checché sia dell' antichità
di tutti gli altri caratteri usati dagli Arabi e ri.
tenotì nell'astronomia, questo è sicuramente ve-
tustissimo, giacché ce l'offre una gemma nel
Museo Romano (4), situato appresso al sole, e
(i) Dktdoro, lib. I , pag. 9 e io; Teofrast, ap. AAc'
itMum, p. 41 fin-. Plin-, B. N. , VII, e. 3.
(S) Ved. la Diuert. di Goguet dopo la II par. dell'O-
r^me delie leggi, ec,
(3) Kircher mcdeiimo lo confeiM, ma Io spiega arbi-
trariamente in altra gniaa , ObeL PamphU. , lib. IT.
(4) Cnuco , Miueum Romanum , tav. XXXVin »
'GfDURae,
,y Google
t5i
lo ranUismo ìq compagnia del dio ' Àpis in uoa
rarissima moocu egiziana (i). Uo rapporto «ori
deciso sembrami accrescere la probabiliiìi della
significazioDe fallica del nostro Tau.
Finalmente , se leggerà i geroglifici d' Ora-
polline, troverà questo stesso segno usato pel
geroglifico delle nozze ; e tanioppiù sicuramente
lo riconoscerà in quel significato , quanto l'oscu-
rìA dell* espressioni di quell'autore mostra ch'e-
gli parla, secondo le antiche memorie > senza
ioteodere ni le immagini , né ì rapporti. Dice
egli che il circolo o disco del sole unito a
mezza -Stella significa la nuova sposa (3). Che al-
tro è questo cìrcolo del sole sennonché il lua-
Dabrio del Tau , giact^é l'emblema del sole era
solamente un cerchio , quale osservando Orapol-
line in quel geroglifico dove rappresentava il nu-
nubrìo , 1* attribuiva al sole senza comprenderlo.
La mezza stella non è che il Tau , non tanto
perchè si esprìmessero gli astri in Egitto colla
figura di un .+* ma perchè lì vediamo sovente
indicai» con . cinque linee che partono dal ponto
stesso , tre delle quali formano due retti , - ossia
(1) Veda» riportata nel Gaale del cap. 4» !>!>• IT,
Jeìl' edixioDe romaDa della Su/iia delle arti del disegno,
(3) HorapoUo, lib. IL TvfMxa eyyvof ffvXóuewM
^Xóatu ^Xiv MvxXov <rv9 àarépi (ina, i^yl/'v d'imea
A';);» TeTii^(téff tru^amn. ^gg» Tetftfiyinf , « «"<>n
ter^^uéfoi} ^ percbi «e li riferìiM al disco del' wle^
l'vrtebbe detto nella prima parte -del perìodo, don dice
aodotamente ^^k mW^i'.
Do,1,7cdDyGoOglc
un Tau , e le altre due sovrapposte tre angoli
di 60 gradi I appunto come se un V sì sovrap-
ponesse ad un T io questa figura ^ , ovrero
capovolgendolo in quest* altra -^ (t). Oi'a se
questo era in Egitto la cifra , per dir cosi , delle
stelle, che meraviglia che Orapolline non inten-
dendo l'allusione del geroglifico (f-, e avendo
riferito il disco al sole, indichi il Tau colla
frase d* una mesza stella ? Inunto il signìficatd
nuziale che attribuisce qiietl* autore a tal geroglifi-
co , veggano gli eroditi he non debba dirsi una di-
mostrazione della ipotesi La-Croziana. Sarà adun-
qué il Tbu ansato nella nostra sutiia un emble-
liia dblla' foru del sole vivificante e generativa
propria' d* Oro , ossia del nume , di cui ricono-'
sciamo in questo marmo rappresentato un mini-
stro ; sari ancora un segno della fallica inizia-
zione dal nostro sacerdote solennizzata , secondo
ì'riii antichissimi della sua patria.
Ma 'è tempo di lasciare queste dubbiose in-
3àgit)i sugli arcani di nua vecchia nazione , le
'iità opÌDÌooì si son pòi propagate nelle scienze
e nelle religioni delle età seguenti: e vediamo
le resia a considerare altro su questo vetustis-
umo simulacro.
Noù dee tacersi che sul piano della pre>
il) Nella Tawla Iliaca lutM le stelle che M(on»»Q U
figure. che aono a centiiittja mh rappr«tentate a lai Ìt>g>;
«w ^ A'edsnéi le figure G e NN. Q««st'nlthna ha «di
stella sifTatta ancora fragli oraamenti del »f-
Do„,7cd,yCOOglC
i55
deQa è una lÌDea sola di geroglifici ; caratteiìì
^A misteriosi , ed ora iuiateUigibili , che si ri^-
porteranno in una delle tayole aggiunte tu fine,
per seguir 1' esempio de' più accurati.
n. marmo scuro nel quaU è scolpita la su-
tua è conosciuto dagli artisti per una breccia :
ha del color verdognolo, ma pili del nerìccio.
Marmi cosi oscuri furono adoperati p^r lo più
dagli Egisiani , perchè qi^qo s* aUonuiiAT4n<»
dalla imiuzione della natura ehe i oasdidi , esp
sendo bruno il color naturale degli Egiziani «
ni avendo altro significato la voce stessa d' E-
gUto (i). Quindi si son serviti gli egiuanì ar-^
tefici di marmi nericci , piuttosto ohe del bello
e doriaùmo alabastro che pur avevano. Il nor
hil frammento di statua alabastrina sedente che
conservasi sella villa Albani , dovea ristauparu
co' sinbolì d' Oro , il color del qtiale , secondo
le tradizioni sacerdotali , era bianco (a).
jiddizione deW autore. •
La medaglia riferita da 'Winchelmaoa per egi<
Eia, della quale si i parlato a pag. i5i, nota(i),
da' più accurati scrittori di numisn^tica oredesi
greca, anzi iulica 4i Crotoue. L' avea già av-r
rertito il eh. sig. abate Fea alla Storia dplle
irti, ec. , lìb. 3, e. 4* S ^^> '^- '- ^^*^ ^
0) Selden-, de DUs SjtÌs, symagm. I, t.
(a) Plutarco , de Iside et Osùide.
,y Google
eh* essa appartÙDe al genere de' VarìcL L* ao-
licliitk però del questionato segno ne rimane
egualmente provata.
Osservatiojii deW autore pahbiicate nel tom. VII
deìS edÌÈÌone dì Roma.
La collezione Borgiana di Velletrì, l' open
eccellente del sig. Zoega De origine et de usu
obeUscorum , i monumenti ed i disegni recati
dall' Egitto in Europa per mezzo della conqui-
sta francese negli ultimi anni del secolo scorso,
hanno dissipato molte false ipotesi che si erano
introdotte nella spiegazione di. monumenti egiE).
La lunga e^Kisizione che ho data del simulacro
inciso in questa tavola Bon va esente di molti er-
rori. Primieramente il nastro che circonda ilmen-
to della figura può bene essere quello del piteo
o tutolo , e non quello che ho supposto ado-
perato per reggere una barba postìccia. Quindi
la statua può rappresentare un nume, forse Oro>
e non un sacerdote. 11 Tau ansatum che ho
creduto un segno fallico non lo ravviso più per
un emblema di questo genere., dappoiché tanti
falli non equivoci ho veduti ne' monumenti
egiziani e perfino 'ne' geroglifici. Quel simbolo
o ' quello strumento non sarà dunque se non una
chiave , «mblema che i Greci ancor essi haa
posto in mano di parecchie divinità.
,y Google
i55
TAVOLA XTII.
Agatodbhokb Egizio *.
Fralle statue , delle quali dopo tanti secoli
F idolatria egiziana popola ancora i nostri Mu-
sei , nessun soggetto è pìU ripetuto di quello
che si espone in questa taTola alle noatre con-
ùderaziooi. E insieme una delle più semplici
figure inventate dalle arti egizie , conservando,
secondo i primi stili, le braccia attaccate ai
fianchi, i pugni chiusi, con qualche cosa di ci-
lìndrico nelle lor cavità, e le gambe separate
Lensl l'usa dall'altra, ma nel movimento con-
soelo d' aver avanzau la sinistra d' un mezzo
passo , senza però che né la gamba , né la co-
scia resti isolata e staccata dal massiccio del
marmo (i)- B capo coperto della solita cuffia
non è soTraccarico d' ornamenti , ma solamente
fregiato d' un picciol serpe , che forma di se
stesso nn gruppo, e trionfa sulla fronte della
figura : i fianchi son recinti del consueto grem-
* Alto palmi cinque e nn terzo. Fn trovato presso il
lap» di Torre Psols, non lungi dagli antìclii Cìrcei.
(0 Qa«u i l'attitudine pia osata delle statue egisie.
JKodoro, per dirci che l' Apollo di Samo era lavorato
ni gusto egisio, c<uà Io descrive, tib. I, e. 98: EfWU
,y aerò Àéyvm xaxà tò stXeìorof ìtaft(Kjtepèi roic
AqfvxtloK ói òr tà^ ^ %etpà.^ évov xapaxetafihaQ
Ttt (ùv ffitiXn iui&e^n'ióta. Lo dkono timile ad una
ttatua esilia, distese le mani e te gambe in atto dicane
,y Google
i56
biule a liste^ Tali ve^gODii- Jegrìdoti egizj nel
Museo Capitolino e nella villa Albani ; . taH
60no tfnche nello stile d'imitazione l' Antinoo
~ £gìzio del Capitolino e quello di marmo rosso
nella medesima villa. Tali n' esistono in ptc-
'cioli bronzi in varj Musei , e specialmente
nella ricca collezione di cose egizie nel Ma-
seo Borgia in Velletri. Chi ha dato loro il
nome dì sacerdoti, ha interpretato que' capi
di bastone, come signìfìcaDti le verghe colle
quali vicendevolmente batievaasi , o quelle che
tenevano, come si pretende, gli editui de' tem-
pli. Altri le ha spiegate per le stanghe di una
edicola che dovessero in due sorreggere a guisa
di portantina: ma non era questa la foggia,
nella quale i ministri de'templi egizj producevano
al pubblico i talami de' loro Dìi ; né è verisi-
mile che tali fìgure formasser gruppo; e nem-
meno che fosse scelta simile azione per un si-
mulacro d' Antinoo divinizzato. Altri ha lor dato
il nome di Dii Averrunci , che stessero quasi
a guardia d( Ile reggie e de'templi colle verghe,
per discacciare qualunque cosb di sinistro avesse
tentato d' avvicinarsi. Questi, al parer mio, non
vao lungi dalla verità , quantunque d' un nome
$i servano poco proprio alla egiziana mitologia',
e non -considerino il aimbolo principale delle
iìgnre. Io credo di ravvisarlo nel serpentello
aggruppato sulla fronte di alcuni di sifTatti si-
mulacri j sel^entello venerato in Egitto, e co-
nosciuto sotto il nome d'Agalodcmouc o di
Do,:,7cdDyGoOglc
«»T
baoD Genio (i). GU antichi scrittori tesUtuo^
Dtaao e il nome, e la frequenza m Egitto di
cfocsti rettiti: e siccome gli animati erano ii^
quel miaterioso popolo emblemi delle diviniti
e qnaai loro simulacri Tiventì , cosi il nostro
serpe era la rapf^esentanza di quel buon Ge-
nio (a) o Dio boouo , conosciuto ia Tebe sotto
il nome di Coef autore di tutti i beni , o per
megtio dire y b persona allegorica della bontli
divina o del buon principio (3). Quel formare
di se stesso quasi un gomitolo che fa il serpe
sulle fronti di 'simili idoli, non era senza mistero:
af»»nnaTano cosi i teologi egiziani quella pò*
lenza benefica anìmauice della natura, che per
tutto corrìqtonde a se stessa, e in se stessa
ritoma, serpeggiando ugualmente nelle viscere
della terra , che neUe sfere de* cieU , e dando
vita all' universo, mentre, secondo l'espressione
del poeta.
Magno se corpore miscet (4)-
(i) Lampridio in EUgabalo: Aegjrptios draauicalos Ro-
mae habuit , quos iiii Agatkodaemonas vocant. Vedaif
anclie Plutarco ìa 'EpeTUcà,
(a) Easeb., Praep. Evang. , lib. I, cup. io : iJtoivDteti
àvTÒf 'Ayaòòv 9ai^ova MaXovai , ò(toioi 9è xoÀ
Atyvimoi Kviiffi ÒP0(ià4im. t t'cnki chiamano ( quet
serpe ) jtgatoàemone ì tùmlmenu gii Egiy lo nomana
def. Vedansì le altre prove ìd lablouki , PoKik, Aegjrpt. ,
lib. I, cap. 4-
(5) Plntarco, de Uiàe a Osiride; Entebio, Praep. E-
vang., lib. IH, e. ii.
(4) Perciò rappreicnUiyuio questo serp« in cercbìo, e
.„Cooglc
»58
n volgo dell' Egitto , seguendo il costume
d* ogni altro yolgo , non avrà potuto raggiun-
gere la nobile e sublime teologia de* sacerdoti,
tebani ; ed essendo di questo buon Genio cosi
moltiplicati gli emblemi; in tanti rettili della,
specie stessa, avranno riconosciuto in6niti di
tali demoni benefici, preside ciascuno delle
varie parti, e de' Tarj periodi della vita e della
natura. Quindi forse derivò l' opinione delle al-
tre nazioni su' buoni Genj custodì delle per-
sone e de' luoghi , rappresentati sotto la forma
di serpi ; giacché nulla si dilata cosi facilmente
sulla terra quanto la supersùzìooe. Ecco il per-
ché volendo sollevare Antinoo nel rango degli
Dei dell'Egitto, fu effigiato non con altri simboli
che quelli dell' Agatodemone o del buon Ge-
nio, grado a cui salivano le anime degli eroi (i).
Non saprei per altro immaginare che i pio-
cioli cilindri chiusi ne' pugQi sieno bastoni per
lì lervivaiio di questi segni @ o , per dìooUre l' a-
nima del moodo. Eusebio, Praep. Ev., lib. I, cap. loj
Proclo nel Tùnao, lib. IH. Perciò Oroapollo ne* suoi, ge-
roglifici dice che il serpe è segno dì quello spirito anni-
poteiug ch0 penetra F iminrso. YlafTOHodropob ffijaeUnot
òipif ^oYpapovrttf OVTO xap' àvroif tov nartòe
KÓOfiV TÒ 3l^ór ètrtl XftVf/M. Rei lodato Mnseo Bor-
gia a VeDetii si conserva uno di questi serpentelli in
bromo, che appunto forma quel gomitolo che è tanto
frequente nelle teste degl' ìdoli egisj- Il monumento h
venuto da Egitto.
(0 Pitugora, Jurea Carmina, ver*, oli.
Do,:,7cdDyGoOglc
'^Mtcóare i mali eT«nti. Ili alcune statue è
chiaro che non sono mai stati piii lunghi di
quel che ora appariscono. Non sarebbe egli piìi
probabile che la piii antica scultura egizia la-
sciasse il marmo soltanto non traforato , e che
gli artefici posteriori credendo che le figure
avessero in mano de* corpi solidi , ne abbiano
rilevate le due estremità ? O non sarebbero ao-
che queste immagini del Fallo , emblema delta
virtù produttrice della divinità , emblema tanto
familiare alla religione egiziana ?
Lo stile .della scultura è egizio , ma non di
quello anterioi% alla mescolanza delle arti gre-
che j i contomi delle membra e del volto,
r isolamento delle spalle e del dorso discor-
dano dalle più antiche maniere. IVoa ha nep-
pure la morbidezza e la leggiadria degli stili d'imi-
tazione de'tempi d'Adrìanoj la durezza de'linea-
meuti , specialmente del volto , pare che ne ri-
mandi il lavoro a' tempi de' Tolommei , e che
provenga da mano egizia che cerchi imitare
le greche forme. Il marmo stesso conosciuto
sotto il ' nome di breccia paonazza , ricco per
la varietà delle macchie , ma refrattario allo
scalpello , e poco favorevole a' contorni , pare
che lo dimostri lavorato in Egitto. Il simula-
cro ha un forame sulla sommità del capo, dove
era inserito qualche ornamento di que' che
sogliono terminare bizzarramente le teste egt-
zìane.
,y Google
■ 4o
OsservaiùoiUdeltautore pubblicate nel tom. VII
deW edizione di Roma.
Xa sigoìficazione faUica data a' bastoni che
tono nel pugno chiuso delle figure egìzie dì
cui sì è parlato alla pag. iSg è del tutto inTe-
rìsìmile. Quell' accennameuto di bastone indica
il simbolo o r accessorio intero. Nelle figure
greche equivale, ad uno scettro o ad una lanr
eia ; nelle figure egizie, ad un flagello, o ad una
Terga, poiché vediamo questi attributi interi
in simulacri dì bronzo , in bassìriJievi , in pit-
ture.
TAVO LA XVIII.
Telahobb Egizio.
Il simulacro colossale ìucìso nel r^me non è
solo: ha il corrispondente; e lutti e due «lift
porta della gran rotonda del AJvseo Pio fao le
veci di co loone , qual era appupto la lor pri-
miera destinazione nella villa Adriana a Tivoli ,
della quale possono appellarsi il maggiore e pih
cospicuo monumento fra quanti ne h^ restituiti
«Ila luce quella ricca miniera d' arti e di mer
mone vetuste. Ammirali gran 4empo alla porl4
del palazzo vescovile di Tivoli , ed esposti «He
* Alto palmi quindici e mezzo j senza il plinto palin
quindici.
,y Google
■4t
ÌDpDrie delle siagìoai, offerti àa qud comone
^la uaàtà di Nostro Signcn-ej ora nella reggia
ddle belle arti, sembra che noo richiamino pili
il genio e la muaificema d* Adriano.
E dimostrato nella stona delle orti del dise-
gno, che lo stile dì queste stame non è che^
stile d' imitatone ,■ che se l'invennone eia com-
po^ziooe sembrano egiàe , le forme del nudo
sono certamente greche (i). Di questa prova ci
contenteremo, senza confermarla con quella delltf
nmìgUanza de* volti col ritratto d' Antìnoo. Forse
Winckelmann quando vi travide la Bsonomia del
fiiTOnto d' Adriano , non si rammentò che le due
•tatne Tibnrtìne 'appartenevano all' architettura , e
servivano, come si suol dire, di Cariatidi. I ri-
tratti cera di quel giovine dei6cato , non hanno
veruna simiglìanza colle teste delle nostre sia>.
lae (3). Ha avuu perciò gran ragiona raccura.i
tissimo editore romano di quell' opera a ripro-i.
vame ropinioue in una dotta nota (S). I simu-
lacri hanno in capo una specie di vaso che dp>
vea servire di capitello , in ciò più ragionevoli
del bel frammento Farneùano edito dal Win-i-i
delmaon (4), il quale reggeva sul capo uo ca-^
<i) WìnckelmuiB , Storia éeOe atà M ditegno, lib. II/.
04». 5, S '<>• ' -.
(a) Qve>bi linigliaKiB apparlice Jn alcain «Itti Cg^jt
Dome ncUa autaa del Campidoglio ^i^ indicaRa da 'Winri^
ekdmasn, e più ancora nel bel bnsM dalla vHla AttaniJ-
(3) Ivi nou (A). - [-
<$ Utnum, tudUi, «. a»8. Io pci4 credo che tvtvÌB$»,
■■■.-■■.)
i,g,.''j7;è^ooglc
nestro di TÌnchi ; riporto fioco allattato a soste»
aer de' grao pesi (i). Questo vaso , unìlo alla si-
pìuttoslo ad omamenio di qualche giardino , né socle-
nesse altro che della verdura. CU »a che non apparte-
nesse a' be' viali con lauri e platani del vicino teatro dì
Pompeo ?
(i) Winckelmann ha sospettato che poieue questo bel
frammento appartenere alle Carfatidi del Panteon , che
egli colloca nell' interno dell' edifizio, all'attico che I»
circonda. Ambedue queste opinioni sono inverisimili.
Primo, non è credibile che Plinio abbia chiamato Caria-
tidi figure virili: questo abuso è moderno. Secondo, le Ca-
riatidi del Panteon sembra che dovessero esser dì bronco,
perchè lavorate dallo stesso artefice che a vca travagliato il
bassorilievo dèi timpano esteriore, il quale dnTrnnif iirinynta
esser di bronzo. Ecco le parole di Plinio, H. N., XXXVI, 4f
Il : Agn'ppae Pantheum decoravit Diogenes Athenìemù ,
et Caryatides Ai columnis templi ejus prohanlur inter pauca
cperum : sìcut In fastigio posila signa , sed propter abttw
dinem loci miiuis ceiebrata- Terzo, il Inogo delle Caria-
tidi del Panteon non mi sembra da Winckelmano in-
dovinato. La frase di Plinio in columnis, secando il
laconismo di quello scrittore , dee avere nna maggiore
giustezza ed' un più proprio significato. L'attico dell'ÌD-
terno non sovrasta alle sole colonne. Quarto j sembra piìi
probabile che fossero nel portico, ch'era sicurameote
fabbrica d'Agr^pa^ pel quale Diogene lavori, e dova
ai ammiravano altre opere del medesimo statuario. Io
credo che formassero una specie d'attico solle colonne
del portico che ne dividono l'interno conte in tre navi,
delle qnali la media avea , come si vede, il laqneara
pih in alto delle due laterali , siccome corri^onde alla
maggior alt«ua del fastìgio esterno, o come sa<d dirai
del tìmpano. La frase in columnis allora è piii propria,
perchè alle sole colonne insìstevano le Cariatidi, ^ia,ccfaè
tu i pilastri del vestibolo: è' voluto un arco. He 1' ^g-
gipQto templi ^ut pu^ fare ostacoloj i portici eraa tanto
Do„,7cd.yCoOglc
.45
migfisDU della dm figure, ne addka 1* ii«o, e li
£b rìcbnoscere per due ÀtlaDtì o Telamom E^^,
£ suto già osservato ehe quesu liceota, se
fO^iam cosi chiamarla , io archiwUtira , dì ponv
io vece de soategoi proprj figure umane, lu
afuto ÌD Egitto i pili antichi esemplL l oostri
TelaniODÌ nou sono minori , ae non di poco i
di quelli eretti dal re Psameilioo a regger l' ai-
trio del tempio d' Api , e forse ne sono le ca>
pie. Dalle fabbriche dell'Egitto presero per ar-r
veotara argomento i Greci di adoperare le im-
mag^oì delle prigioniere Cariatidi a simil uso (i^
Fnron però nell' imiuùoDe meno acnsabili degli
£gi^ , che ne aveaa loro dato l'eanupio. Se giiir
$lo è il prìneipìo (a) di non situare figure umane
eweniUli agli anticlti templi, cbe d«l nomerò « daltk
diipoiitione delle loro coloitne preiide<rBno ì'nomi di
teirutili , octostili ec. , come quelli d' «utili, picnor
Mili ce.
(0 Vitrnvio, lib. I.
(i) Alcuni pensano che qncsU condiiione non tia ne-
ceuarìa, e che hasti che le fignre potsanu durare in
qoclls situazione anche un brevissimo tempo. Le Caria-
tidi del tempio d'Eretico in Atene dod sostengono che
il solo arcbiiraye. Il fregio è soppresso , che indica la
sovrapposizione d' altro legname ; ora un semplice trave
pn& esser retto sul capo di quattro o sei persone, e la
copertura pvl supponi leggera, come per esempio di
pelle , di tela ec. Gì' imitatori piii recenti non ebbero
questo savio accorgimento, e voltarono talvolta archi
immensi sulle spalle di Cariatidi o d' Adanti rannic-
chiati, come appunto son qaelli a Firenze della famosa
loggia de'Lansi, arcbitettnra dell' Orgagna. L'opera per
bg„„vJj,COOglC
i4i
dove h iinpoeiibye che oootÌDuìuo qualche tempo
ÀèDza cangiar situazione , male s' iropiegaroDo
da' Greci delle'idooaelle a. sosteder pesi, <^he
gli Egizj facevao sosiebece ad ihimagiDi colos-
sali di demoni', de''- qaaU érft tanto- feconda la
lor teologa. Qaeau mi reggere gli archiiran
d'un tempio i incuteraiio in obi .vi accedeva im
sacro ' orrore , ed imprimevano negli, animi una
pih forte idea delia- potenza del nume ot^a
eondaimua ad, uBÌucai-icu servile degli esseif^
sovrannatarali. Quésta idea f(tcea'4ornare nel ve-
flsimile un parlitu d' architettura tasto caprìcr
cioso. Ma le ragioai e i 6nL dell' originale ' n
perdorono nrila copta', quando ci vollero SQStil-
«uire. esseri 'veri. ^e reali , come le donne; dì Ca-
ria, agli esseri d'immaginazione dagli Egiziani
impiegati.
. Meeo irfAgipn«voÌi delle CarLati4i furoo gli
Adaatl e i- telamoni della greca architettura»
quando rappresenurono personaggi milok>gicL
le sue proporsioiii è ' delle meglio intese e grandiose
produzioni' della moderna arch ì tei tura , ma i membri soa
di cattivo gusto', e que' meschini Atlanti ofteodewno
anclie il buud senso dì Dante, che ad essi ha voluto
probabilmente aTludeie ne' leguentì versi del Piit^a4orÌ9 ^
?, ,cr.. i5o. ■
Come per tQsteaiof nJofo, o tolto,
. . . . Per meatoitt ulwUa una figwa
Si a»de giunger le -ghoficliia.at pei:p ,
Ia qu^^ del iton v«r vera raiicufa
Saieer a Ai la veda ac>
Dow.d.yGoOglc
^Itruvio (i), meotre ha Toliitb ibiagoarn t^
atlanti diccaDsi da' Greci quelli che da' Ladai
X«]aflM>DÌ ippellavaoM , dovea direi pÌMieMo che
io Italia s'appelUnDO TelamoDÌ quelli che natta
Grecia orientale dieesosì Atlanti. .1 nomi ton»
egbalmente greci , e TelamODe vale soatenitope (a)
o sopportalore , quantunque il romaoo architetto^
creda impossibile rintracciare il reriloqaio di
questo nome. Ma Yitruvio areva già proiettata
sai bel principio la sua ignorauea in tanociò eh»
nou M spettava 'alla ma professiooa : e l'-taesat-
tena del suo esprimerai eziandìo in {(jueala e«'
r avrebbe fatta loocar con mano ancor aeaca le
sue proteste : quantunque coloro che fah ai pic<
caco d'ammirarlo, ohe di legigcrlo o di com-
(i) Viirnvio^ Ub. I, cap. i. j
(a) Sì è gii osservato ciii neU' EtimoUgico Ai Vouio
che ha avnto per scoria r etimologie della greca paiola
TtXcusòV., che '▼ale mstegìio delta scudo. Si poi ag^na-i
fere che non «ocarre fignrarsi mn verbo ttXóo fiiioiiiaiv
di ^lao, perché Telomom è \& unto che «ta^wcw, e«n
una ipecic di e muta fralle due prime consoDantìf soliti^
Kiiversì da'pib antichi Greci in tutti i casi dove Va-
niscono due consonanti senza vocale intennedia. Ne son
testimonio le iscriuoni Amiclee spiegate dall' ab. Bar-
Aetomy nelU Hem. deìTAcad. ieUa iscrixiùmi, t. XXJU/
pag. 3g4, ov£ >i legge AMOKEA. per AUtlU.,
KAPAAEPIS perKAPAAPIS, APlSETOMAXOS
per APtSTOMAXOS , e simili. Si dine poi plntloito
Teiamon da TÌid(top^ che Talemon da T^/Mlf, perche
cosi pronunciavano i Greci d'ItaKa^ che qnui dl'ailnt
dialetto non ti servirono che del dwics-
Museo Pio-CUm. "Voi. li. io
Uoi,^d.yGoOglC
x46
prefidwio * ne abbiano raoko più TantaggìoMi
opinione.
. Tornaniìo ai nostri colossi : eollocaù <jue»ti
forse all'ÌDgretso del Canopo neUa rilla Adriana»
ìoeutevanO' nn religioso Krrore j e davano al
luogo un aspetto dì aito incantalo e pieno della
pKseoza di ijualefae nume. Il bellissimo granito
rosso in «ui sono scolpiti , accresce col suo co-
lor cupo ; refTcUO accennato', né fa torto al ]«•
voro dell'egregio- artefice, -benché il conte di
Ca^ns , che non numaginava ' simulacri di que-
sta mole >fosse'dt opinione che un simil marmo
non dovesse aver uso veruno nella scultura (i).
Per non lasciare d'indicar qualche rapporto
del signifieatc» mitologico de' nostri Telamoni ,
potrei dire che bene a prc^osito i lor capi son
premuti da due idrìe , dovendo servire di deco-
razione alt' ingresso del Canopo , il cui nume
principale è il dio dell* elemento umido , o ù*t
come altri vo^iono , l' emblema del Nilo ; ov-
vero , come più stimo « il simbolo di quel fluido
ch'era nelle vetuste cosmogonie riguardato come
il principio dell' universo , e dì cui si trovan le
tracce ancor nella Genesi. I . due Telamoiii sa-
ran due Àgatodemooi o buoni Geni , come si
conveniva negli aditi d* un dio benefico , e il
serpentello che ciascun di loro ha sulla fronte
(I) Cayliw, Kgcmeit., tom. IH, pi. Vili, n. a: Cetu
ftnre ( parla del granito tomo ) ingrate pour le travaS,
nndmU /m pliu btaux ouvrageM Muigréaòta tt eho^uaiu.
Do„,7cd,yCOOglC
»47
n* è U caratierislica , come alla precedente ita-
toa abbiam osservato.
Osservasioni deit autore pubblicate
nel tomo f^I dell'edizione di Monta.
Nella nota (t) della pag. 14^ ho proposto una
congeltura sul luogo preciso del Panteon d'A-
grìppa, dov' erao siiuaie te CariaiidL di bronzo
memoTate da PIìdìo ; e pensava che potessero
esser poste sulle colonne interiori del portico
dove il soffitto era piti elevalo. Meglio conside-
rato quell' edifizio e T arco sovrapposto alla
porta del' tempio.» sembrami che qnello spazio
fosse coperto d'una specie di Vblu a botte ese-
guita in bronzo, come lo erano ì soffitti laterali
"pili bassi , e che perciò le Cariatidi non poteano
avervi luogo : esse saranno state poste sulle co-
loime della decorazione -interiore , quando dalle
■uccesnve ristoranoni non era stata ridotta alla
disposizione che ora vediamo.
Ho detto alla pag. i^5 cbe Vitruvio si er*
apiegato male * dicendoci che i Ladni appella-
vaao TeUtmones quelle figure virili di sosteni-
tori che i Greci chiamavano AtUintes : doveva
bmitanni ad osservare che la parola Telamones
aveva una etimologìa greca , senza pretendere
«he non fosse parola latina » molte voci di que-
sta lìngua avendo una origine greca.
Una vocale inserita fralle due consonanti di
una natola è un accidente delle lingue che ha
,y Google
t4» ^
parecchi esempli ; coiì dal greco Ascìepios m.
h <o ÌD laÙDO Aesculapius : quanto alle iscri-
ùont Amìclce, dove simili Tocali s' iocontraao
frapposte in molte sillabe « dqd vorrei fopdarm!
au d' UD esempio tratto da uo moaumeato , la
cui auteoiicitìi dod è stata ancora rivendicata,
coDtro i dubbj fondati dal sig. Riccardo Pajne.
TAVOLA XIX
Mitra .*
La religione di Zoroastro semplice e mite
nella Persia ove nacque, cangiò d'indole can-
giando dima, e divenne in occidente supersti-
(ùoaa, aalincooica e crudele. Al Sole, o rigaar<
dato come l'immagine e il ministro del crea-
tore , o come al dio vivificatore della natura ,
presuvan otilto i magi, e f onoravano dell'epi-
teto a Idra, che vale amante o benefico {i);
* Alto palmi sei e once' dieci e mezza eoa tatto il
(lobo{ dal capo sino a' piedi palmi cinque e ire quarti.
La testi è moderna; l'invito peri» della ibedesina i ta-
tice, dal quale appariva daver esser di leone; le ali e
l'eitramitk «oa parimente di risiaiuo: ma v'craao dtv
foT^ni nella scliieaa donde naioevao l'ali; \t altre parti
•ODO inpplite seconda altri monnmenti che si conservano
nella villa Albani.
(i) Da quesU etfanologia prapoita e prarala da Tmb.
tkjÒJb, et i«%, v4f. Perv,, cap. IV, deduco U vera in-
teipretaiione d'un laogo d'Erodoto, lib. I, cap. i3i.
DonzrdDyGoOglc
•ptteto che pUsò a poco ■ poco pei proprio
nome di questo dio , le cui peregrine cerimoaia
figurarono per qualche lempo Del roinaoo im-
pero salle retoe della greca milclogia. Molto
panicolariiit di ul quito ridaviaiuo di^li scrittori
crìstiaDi cbe .lo han detestalo } alcune , dagli
BCTÌttori gcDtili. Sappiam da Temisiio (i), che
oltre le coibudì immagìui cbe rappieseataoa
questo nume in abito persiano ,
Indignata segui torquentem cornua Mitrkam ,
ve D* erano delle misteriose che sì moslravano
ai soli iniàatL Di queste , una credo sicura*
menie la presente scultura.
Che sia relatin al $ole, sembra indubitata-
Preacindeado dall'assortimento di taoii emboli,
i quattro segni soUùsiali ed equin^siali che lo
marcano y ne dimostrano «bb^staoM il rj^p|)ono.
Al Sole però adorato col nome e colle super'^
iiiàoni dì Mitra * piuttosto che ad Osiride , 4
rediTguìto (inora d'errore o male interpretalo. E^lì die*
tlie i Feraiani adoravano Venere col nome di MUra.
Uoasig. della Torre, lUoit. vtì. Antìi, par. Il, cap. a,
éopo aver annoverate le varie opinioni poco snMJatentì
^'filologi, per dar conto di qnesto nome, coDciude «he
Erodoto ha preio un efpliTOCO, ed ha confuto il Sole
eoa Yenere- Pure niente di pia veriEimile che 1- epitela
Mitra , neir originale Uihr , cbe significa anumUf «i^
tuto dato proprìuimamente alla dea dell' amore, caia>
ri è dato ancora al Sole per denotare la bencfice|lia
della «la axione ini sottro ^lobo.
(1) Tbemist, Orai. %%., in Pan:, p. 23Ì, ed. Har4
,y Google
permeglio dire, ad Oro, secondo il culto eg&
nftDO , penso che ' a' appartenga : poiché molti
son gli argomenti che mei pervadono. La teati-
monianzA di Luttazio Scoliaste della Tebaide (i)
che descrive Mitra leonis vuUu, è di molto
peso. À questo s* aggiungono Porfirio (3) , che
asserisce essere simbolo il leone de* misierj mi-
trìaci } San Girolamo (5) , che mentova nello
speco di Mitra i simulacri mostruoù ; le lapidi
che &n menzione de' Leontici (4) > nome sin-
golare di alcune cerimonie di quel dio persiano :
finalmente Tessere sute scoperte delle figure si-
mili alla nostra in un antro , eh' era la dimora
appunto e il santnaiìo dì quesu barbarica religio-
ne (5)> L' obbiezione che potrebbe bascere dalla
diversità del simulacro dalle piii comuni rap-
presentanze di Mitra, l'abbiam già prevenuu,
quando ai è premesso che i simulacri -di Mitra
eran di due ragioni > onde v' ha luogo di cre-
dere il presente uno di que* pili reconditi ohe
melavanu agi' iniziati da* maestri di que* sangui-
nosi mister).
Cib presuj^osto, non è difficile seguir tutti i
- (>] LntUE.> ad Stat. Theh., l, in fine.
(a).Porphir., de ahsi., IV, 16.
(3) S. Girolamo in ep. ad Làetamt Gracchum cum
praefectiiram gereret urhanam , nonne specum Mithrae *
91 omnia portentosa simulacri suivertù ?
(4) Grnteroj pkg'. 3o3 e 1087.
(5) Honifancon, Diar. lud., pag. l^■, Eaffei, Otsen.
«e, uv. m e rv.
,y Google
i5r
sìmliolì de) simulacro , ravvisandoli come solan
e nutriacì. L' attributo che sogliono aver costaav
temeote siffatte immagini quando sono intere, è
uoa chiave : questa potrebbe convenire od Osì'
rìde nel supposto solo che il Tao egiùo fosse
ancora una cbiave ; supposto di «ni si è dimo-
strata r insussistenza : cooviene bensì la chiave a
Mitra, ne' cui mislerj cì rammenta Celso (i) le
sette porte per le quali passavan le anime de'
moruli. La testa di leone è simbolo del vigore
del sole , cbe pih si manifesta in' quel segno ;
il serpe cbe l'avvolge allude all'anno cbe sai*
l' eclittica va serpeggiando , e così avvolto ad
una figura alata si vede in piii bassirilievi dt
Mitra (3). Le ali mostrano U rapidità dell'ap-
parente giro solare, e son.forse di corvo o dì
grifo , animali consecrati nelle mitrìacbe super-
stizioni (3) : il globo sottoposto a* piedi denota
la signoria del mondo , ed è anche questo nelle
gemme allusive a quel nume sovente rappresen-
tato. I segni dello zodiaco solsliziaU mostrano i
termini del suo corso , e gli equinoziali erano >
secondo Porfirio (4)» riputati propriamente il
soggiorno di Mitra.
Una più euesa interpretazione dì tutti gli ac-
(i) Celso presso Origene, cantra Cets., 1. VI, p, ago,
Hjde, op. cit-, pag. 101 e Mg>
(a) Beger., Spicilegi, pag. 99.
(i) A. Torre, Monum. vet. Antiì, pan. II. '
(4) Porfirio, de aittfo /ij-mpharum, p- 365. '
,y Google
i5a
oeDnatì attrìboit pub vedersi presso il eh. abaie
Raffci (t)> die li rìporu al Sole e ad Osiridei
•Ila coi interpretaàone dì questo ùmulacro mi-
trìaeo può adaturai ciocchi disse monsigoor della
Torre di Guierio riguardo alle supersdaioni del
medesimo nume (a).
Lo sàie di questa scultura -è miseraliìle* •
•petta al terzo secolo dell' impero » quando la
snperstiaone e il despolismo area sparso uegU
animi un avrilimeuto che passò sino alla fauiasia
degli artefici j e quando sembrò che le arti
greche che aréaoo abbellito l' occidente , non
BopraTTÌTesscro al discredito delle greche fÀTote
Osservazioni dcW autore pubblicate
nel tomo VII delt edizione di Roma.
n Big. Zoega ne' bassìrìKevi dì Roma* tar- Sg,
pretende ohe queste misteriose immagini con
lesta leonina non rappresentino lo stesso Mitra ,
il quale, come Sole, può essere il sìmbolo del
tempo dell'anno e del secolo; ma il nume Eone
o Secolo , diverso da Mitra e diverso da Crono
che è il tempo. Appoggia questa sua congettura
m molla e scelta erudizione , e crede che lo
(0 Rafiei, I. e.
(a] Egrvgiam usdem operam tumavU Guthcrius , cui tao-
fan aliguid de laude dematy iftutd »d tacra hiéis et
Osiridù pertinere voluerit. A Tom, op. ciu, pan. II,
,y Google
i55
Scolùite (li Stazio , che lia dato a Mitra le sem-
bianze leooioe e che foiioa la ■ miglior prova
dctU «pìegazioDe da nw proposta , abbia presa
■equivoco.
TAVOLAXX.
GiDHOHB*.
QaesUt e le t^|;aenti uatue rappresenUBli di-
tìdìUi del paganesinio , non etsendosi potute ne'
propr) luoghi inserire o perchè da' posteriori
acavi restituite alla luce» o perchè nuovamente
acqnisute dalla sovrana munificenza , st riporuno
qtii come io appeodice> Il numero di questa
doviziosissima collezione crescendo di giorno in
giorno , à troveremo forse obbUgad in appresso
anche a nuove giunte , non discare al lettore ,
che potrà veder tutto 1* ordine risubilito in un
indice storico e mitologico da soggiungersi in
fio dell'opera.
La bella scultura che presentiamo, 6 nel pan-
neggiameato presso a poco una copia enàca della
superba statua di Giunone * riportata nel primo
volume (i). Lo sarebbe forse ancor nella testa;
ma quella che le è stata inseriu> spetuva ad una
copia antica della Venere di Prassitele (a). Il
* Alta palmi nove e tre quarti i tensa il plinto naT«
e un quarto.
(I) Tomo I, tav. U.
(a) Vedasi il nostro primo tomo, tav- X
,y Google
.54
fregio del diadema cbe le è stato Aggiunto, U fk
men disconvenire ad una Giuaooe. Quantunque
non ripugnerebbe i) deoominarlt una Tenere
rappresentaU vestita , secondo 1' uso piii antico.
Adornava questo simulacro le terme d*OlrìcoH(t):
(i) Le fabbriche dì quetta colonia, cbe non era delle
pib diitintc, mostrano nelle lor rnioe più mapiificenui
di qnella che possano ostentare molte delle moderne
cittk assai più considerabili. Parecchie di queste colle
lor piarne e spaccati, sono state comnnicate al pubblico
nell'elegante foglio periodico intitolato: Noiixie delTatt'
tkhìtà e delia heUe arti diRoma. Inserisco io qui l'iscri-
zione alquanto mutilata che leggevasì all' ingresso di
queste terme :
IMP ■ CAESAA ■ DIVI ■ UADB.UNI ■ FlL ■ DITI -
TRAI AHI ■ PAKTHICT ■ HEP • DIVI • Nwv«
PRONEPOS ■ T ■ AELIVS ■ HADRIANVS ■ AM-
TONIKVS • AVG ■ PIVS ■ PONTIF • MAX • -
TRIB ■ POTES - ■ •
THERMASIN-QVARVM • EXSTRVCTIOSEM -
DIVOS ■ PATER ■ SWS ■ HS ■ IXXl f) POL-
LlCtVuf faerat
ADIECTA ■ PECVNIA • QVANTA - AMPLIVS -
DESIDERABATVR • ITEM ■ HARMORIBVS -
AD - OHNEM ■ Omatum
(*} ( vicies centena milUa )
Se si confronu quesU itcritìone con un' altra dal me-
desimo Antonino Pio posta a Poisuolo, e pubblicau dal
Martorelli, T^A. Cai, )ib. II, p. 5Sa, e poi dal cb. ab.
MorcelU, de stilo inscript,, lib. I, part. i, e. 4, apparirà
per una chiara analogia che l'opui promìssum di questa
ultima i lo stesso che opta guo4 gitis Jiiefai paUUitus ,
,y Google
i55
è coodotto con buona pratica*, e coDserva assai
beae le idèe priocipaK dell' orìgìoate , quaotuD-
que non lo simigli nella finitezza , e in alcune
parti ne ria diverso.
Questo ' costnme di ripetere le opere insigni,
invece di ordinarne d' invenàone agli artefici
mediocri^ era favorertriisrìmo alle belle arti, e
conservava il buon gusto generale , assuefacendo
lo sguardo a dqq vedere sennonché il buono.
contro il sentimento di qnel dotto filologo. Eccola, per-
chè *e. ne icorga la timigliaaEs:
IHP ■ CAESAA • DIVI - HADRUKI ■ FIL
DIVI • TRAIA9I ■ PAKTHICI • MEPOS
DIVI • KE&VAE • PRONEPOS
T • AELIVS ■ HADRIASVS ■ AMTONIKVS
AVO - PIVS • PONT ■ MAX
TRB ■ POT - H ■ COS • H ■ DE8IGNAT • III • P • P
OPVS • PILARVM ■ VI • MARIS ■ COHLAPSVM
A ■ DIVO • PATRE ■ SVO ■ PROMISSVH
RESTITVIT
La ragioae per cui si vuole intendere PROHISSVH per
PORREGTVH, prolungato, è questa: che uon poteva
Antonino restituire un' opera proniessa soltanto e non
eseguita da Adriano. Ha la premessa era appunto di ri-
stabilire il molo, ^\ìt prima dal mare . abbattuto , come
se si leggesse RESXITVI PROMISSVM RESTITVIT. Si
osservi cbe la nostra iscrizione Otrìcolana si serve d'uu
termine pili proprio, qual h quello di poUìcori , giacchi
le promesse fatte ad un pubblico dicea&si propriamente
poUidtatUmes.
,y Google
i5G
OsserfatìOTte delV autore pubblicata
nel tomo VII delt edinione di Monta.
Dee osservarsi che la aimigliaoia del paaiieg-
^o dì i]aesu statua con quello della Giunooe
Sarbenaa ( tom. I , tav a ) oon è completa. Vi
•i scorge solamente uoa certa analoga.
TAVOLA XXI
GlDROlTE LiiriITIHà*
Questo nobile mcoumeato adomava l'atrio del
palazzo Paganica , assai malcoDcio dtil' incnrìa
di chi Io custodiva e dal tempo ; quando avea
tratto a se gli sguardi di WiDckelmaun, il quale
ÌD due luoghi de* suoi MoBumeotì inedia ne
fece menzione. Non s* ingannò egli nel nome di
Giunone , che stimò convenire alla dea rappre*
aeiiiauvi , ma non gli venne &tlo <U riconoscere
col confronto delle monete romane il proprio
carattere soito cui veniva espressa. Lo sorpren-
deva r abbigltameoto formalo da una pelle che
egli credè di leone , la quale coprendo la testa
del nume e allacciata sul suo peuo , scende in-
U>rno alla vita a guisa d un giubbone oltra-
montano , sino ad esser legau sui fianchi da
una larga cintura (i)- Uomo^ com'egli en, pìh
* Alta palpti dodici e once dieci; bcdu pliato dodici
e ODce Ire.
(■) Winckelmann , Monur ■%, i5.
bo.i..vJ^),CoOglc
■'7
nelle greche anticlùik vepsato, che nelle romane,
peosJ^ ad una Giuoone delta Pcióin;, Bilione
o 'Paóvtit Bhinone, forse da uq cik>)0 che la
vestiva , tueosioiiaia nell' Etimologico. Quando
poi «fesse consideralo che ta pelle avea sulla
tesu le corua d* uba capra , rotte heml , ma ab-
haaunea evidenti, non avrehbe tardato a ravvi-
•aria per la Giunone Sispila o Sospiia , cioi
Mlvatrice de* Laouvioi , rappresentata su tante
monete romane (i), e colla pelle appunto così
<nnta e cosi adattata indosso , com' egli mera-
vigliando osservava. Non ai esitò dunque nel
rintracciare l' anone e gli ornamenti che dovean
col rìsuuro supplirsi , essendo mancante di amhe
le braccia e de' piedi; e se le restituirono lo
acUdo, la lancia e t calzari ricurvi, atireni aensa
de' quali, idice Tullio, che neasuno sr vappre-
aentaVB Giunone Lantivint , neppar «ogoand* (a)^
Non si è fatto in ciò altro che eopiaf le me-
daglie : e r indicazione deHa mossa -delle brac-
cia così bene si prestava al (Kvìamo riMBuro,
che non dubitiamo punto ohe ^ale oggi il si-
uillacro à offre a* nostri Occhi , t«l* antica-
mente ù venerasse.
(i) Nelle monete della ftmiglia Gomiiìcia, della Pa-
|ua , della Procilìa , della Roicia e della Tboria , e in
quelle d'Antonino Pio. Ketle monete della Procilia ti
JS& vedere nel Tesoro MoreUìano rapprcientaia tal filale
il noitro monumento colla pelle coil allacciata e di'
•poata.
(a) Cicer., tU nat. Deor., I, 191 Cum peUe caprina ^
ewn haua, cum scutuh, cum calceoUs repanttis-
bo.i..vJ^),CoOglc
i58
11 s«rpe aggiuntole a* piedi è stRlo tratto dagli
stessi esein[^rì. Questo serpe era venerato in
Lanuvio, e si dicea Minorare in on antro, dove
scendeva ogni anno una fanciulla a porgergli
del cibo ; cerimonia dalle monete cornane rap-
presentata, e da* versi di Properzio elegante-
ipeD,tje descritta (i)-. La pelle. della capra onde
è am^ta Giunone , è quella , a mio credere ,
della capra Àmahea , ^pliu difesa de' ouinì ,
onde ì greci poed hanno armati Pallade e Giove.
Virgilio attribuisce a Giunone le armi ed il. cai^
ro (3), dicendo di Cartagine, cÌuà a lei sacra :
hic ìllius arma,
Hic currus fiùij
ed armau (5) sul carro ci olirono la Giunone
LanoTÌna le monete romane. U cognome dì Si-
spita può alludere egualmente alle armi che Ja
dea impugna (4), come per difendere i popoli
suoi divoti, che al serpe, simbolo della, salute*
che le strìscia al piede. .
Lo stile dì questa, statua è stile .d' imitauone.
Si è voluta rìtenere V idea dell' antica, sutpa lia*
nuvina , vestendola però di greca eleganza. La
(1) Io quelle della famiglia Papia. Properz., IV, 16.
(a) Virgil. , jien., 1, v. 10.
(3) Quelle della Piocilia.
(4) Popoli bellicosi armavano le lor deità. Cosi anche
i Sabioi veneravano la Giunone Curiti, cbe voleva dire
Giunone astau. Cato., Orìg-, Servio aiVEneùie, I- e, ci
r,o,:,7i.dDyGoOglc
disposmone ddla pelle (■) e della tonaca. Taf-
feitazioDe delle pieghe, ci rappresenuno quello
aule aolico che tuscanìoo propriamente ai do-.
mÌDava. La dolcezza de' lìneatpenti del volto ,
la morbidezza dell' esecliuone, ci mostrano un
tempo ÌD cui le arti aveano già acquiauta tutta.
la raag^or eleganza e tutu la graùa. Sopo staio
alquanto dubbioso , se attribuirlo agli ultimi
tempi della romana repubblica , ne' quali de' per-
aonag^ ch'ebber Lanuvio per patria, occuparono
i |inmi posti della capitale (3), onde poterono
dedicare in questa città de' simulacri della mu-
nicipale lor dea , la quale inoltre esìgeva ancbe
nelle cerimonie romane una particolare venera-
zione (3) : o se abbassarne 1' epoca sino a' tempi
d'Antonino Pio, che nato io Lenuvio (4) 1. e
paragonato per la sua religione a Nnma , .avrà.
ha conservalo nn pezio di preghiera, tratto dalle cerì-
moDÌe Tibnrtine. Io quello li prega Giunone Cariti ,
coli: Curro, clfpetxjua tuere meos curiae vemulas sane.
(1) Il bel patelle o ara tonda del Maieo CapittJino,
ove sono effigiate dodici deità^ presenta aa Ercole colla
pelle del leone disposta nella stessa gnisa , solamente
non i ciau, Museo Capa., tom. IV, tav. XXII. D eh.
■ig. ah. Lanzi, oaservaDdo il marmo greco di qnel mo-
Domento, ha concluso che tnscanico k di Itile, non
peri» etrusco di lavoro.
(a) Marena , console dopo Cicerone e da lui difeso ,
era di Lanario. Cic.,.pro Huraena, 4i-
(1) limoni SotpUeu omnes Consules facert necesse esc.
Cleti., 1. e.
Ci) Capitolino in T. Antonino Pio.
,y Google
i6o,
ODOrato parti coUrmente la paterna deit^ In fallì
le aue tnooete ci oiostrano impressa la Giunone
Sispila. Ma queste appunto mi fan preferire la-
prima opinione, poiché' la deità di que'conj ha
bensì tutti esatumente gli attributi delle sue piii
antiche immagini, ma io una maniera pih H-
sìnvoliat e disposti eoo miglior gusto (■)■ Sari
(i) A' tempi di Antonino Pio può riferirti la «taUts
Capitolina, nella cui base è scritto: IVSO LANTMVINA ■•
la pelle di capra che le attraversa le «palle , Fu paMÌt«
«enea osaeirarai dall' espoiìtore di qoel.Haaeo, Museo
Copùal, tom. Ili, tav. 5. Dee rivendicarsi per6 a Teseo
la pretesa testa giovanile con pelle di toro inccpo, presa
per pelle dì capra, ed atiribuila dal lìg. abate Bracci
a Ciunone Lanavina, Commenl. de antùf. s£alpt., tav. {8.
Comiderata nella impressione di ztAfo quella testa ba
forma e eapellì maschili, ha ancora un poco di lanagiae
Ticino all'orecchio : di pia le coma sulla pelle sembrano
quelle d'nn torello. Stosch, che lo avea creduto Teseo
eolle spoglie del toro Maratonio, non mal (i è apposto;
poUebber essere ancor quelle del Minotauro, che nella
pittura d'Ercolano è dipinto con testa di vitello, ed ia
un vaso etrusco presso Winckelmann ha bovine ancor
le sampe davanti. La belleua di quel proBlo conviene
« Teseo, che fu preso in Atene da coloro die edifica-
vano il t«rapio d' Apollo Delfinio , per una fanciulla
( Pansan., I, iq }, e in quell'età appunto in cui ab-
battè il Minotauro, e innamori) ambedue le figlie di
Minosse. Se la medaglia di Teseo battuta in Nicea varia
nelle fatte!» , ciò avviane per la differente età nella
quale è effigiato. Peraltro non dirò mai che in quella
medaglia non sì rappresenti Teseo, ma bensì Ercole,
come fa il medesimo Bracci , arrecando 1' esempio delle
medaglie co' nomi de' re e con wimagin! di divinitli.
Do,i,7.dDyGoOglc
i6i
dunque pìaltosto laroro di ddo di qoe* tanti ar-
tefici greci che scelsero sul Bne della repub-
blica io Roma UD miglior teatro a' loro taleoli,
Unto pili che i daoui cagionati poco prima ad
Atene dalle anni <)< Siila avean, per cosi dire j
^sturhate le lettere e le mni dal loro nido.
L'aTrà eseguita per qualche personaggio nativo
di qnel municipio : poiché non mi sembra fa-
cile che abbia potuto il simulacro appartenere
al tempio di Giunone Sispìta sul Palatino* sul
qual coHe possedeva degli orti la làmiglia Pa-
gintca: non mi aetnbra facile, ho deno, giac-
ché a' tempi d' Ovidio non rìmanea dì quel tem-
pio vei-un festigio (i). U simulacro, quasi co-
lossale , é lavorato in piii pezzi di fluissimo
marmo greco.
Ciò non potea cadere in peniiero, Monon ■ chi non i
al caso d' intendere la difTerenta di signiiìcato cke porta
l' emigrate in accusatiro dì quella medaglia: 0H£EA.
!<1K.A1EEI2: : Tketeum Nicaeenset ( honorant), e qùelift
in genitivo: ANTIOXOT^ nTOAEMAIOT «e-, che
additano soltanto il sovrano di cui è la moneta-
ti) Ovid., Fast, II, V. 55:
Principio mentis Pktygiae contermina mairi
Sospùa delubris ^ciiùr aucta novis ,
Nunc uhi sunt, quaeris, ilUs sacrata kalendis
Tempia Deae? longo procuhuei» itó.
Museo Pio-Clem. Voi. II. 1 1
,y Google
TAVOLA XXlì.
M I B I fi T A *
La statua di Pallade che presentiamo è iote-
reasapie pel movimento e per 1' azione che ci
espriijpe al vivo il carattere bellicoso e feroce
della vergine gaerrìeFa, ed insieme reiimologìti
del suo nome greco di Pallade , e del latino
di Minerva. Se il secondo ha avuto l'orìgine dal
fiiror ' militare } o dal minaccioso aspetto della
dea (i), ninna immagine ci pub meglio rappre-
sentare Minerva allorché impugna l'asU, colla
quale rompe sdegnosa le intere ' squadre d'eroi :
> T^ 3afivif0i tm^àc ày9póv
^Ufióov otaÌ¥ te xotéaetrai èSp^toìtàrpij (2),
£ se n prìmo le è suto imposto dal vibrare e
dallo scuotere ( xa^w palleinj questa lancia
* Alta palmi ulte scarsi -, senea plinto palmi sci e
once otto.
(1) PeitO; 'v. Minava, dice che Coroificio ne derivava
il nome, tjuod foigatur , pingaiurgus mìniUiru armis. Ci.
cerone, de naU Deor., Il, la vuol così delta, quod mi-
nareiur. Forse la vera orìgine del nome Minerva o Me-
Tterva, è nel greco vocabolo ^*wo{, animi ardor, ùnpetua
animi concitati.
(3) Omero , lliad. E, v. 746 :
prese la picca
Gravosa, grande e forte, colla quale
D" uomini eroi doma le schiere, a cui
Di^Mie padre la /glia ^ adira (Salvini).
Do„,7cd.yCoOglc
i65
£aiale , nessun* altra starna ce V offre in tale
azione appunto , scorrendo . come dice Omero ,
per gli ordini della baiuglìa (i):
ava jtToXé^io ye<pvpag.
La dea ha le sue solite insegne , l' elmo , lo
scado argoltco(a), nel centro fumboì del qua-
le è figurata, anzi ripetuta l'egida che ha sul
petto. L'egida usala da Giove per iscudo sì vede
ÌD una gemma presso WÌDckelmanD (3) , e di-
^Ktsta a guisa d'ammanto si osserva nell' insigne
cammeo della Santa Cappella di Parigi rappre-
senunte l'apoteon di Augusto . (4)-
£ da notarsi che rari sono i simulacri degli
Dei io UD movimento straordinario. Né s'incon-
tra usata questa espressione quasi in aliri sog-
getti , fuorché nelle figure di Diaua cacciairice ,
di Minerva guerreggiante * e di Cupido che
(i) In attiiudioe dì combattente è ancor rappretenUia
Minerva nelle greche monete de' Mamertiai. Ha^an. ,
Bntttìa ffamitmat., lav. XLIV.
(a) Che lo scudo di qaeita forma sì diceue icndo h.r-
golico 1' abbiam dimostrato nel toiào I , t» IX > not. [3}.
FoTM lo icudo di Pallade ai figura dì quella specie ,
perche le armature lavorale in Argo erano le pili in
pregio :' OxXa 9' àv' Apyeo(. D'Argo i guerrierì ar*
mesti dice Pindaro citato da Ateneo, I, aa. Da nn' ode
Pitica in lode di Gerone si dicon tratte queste parole ,
che per altro in nesanna delle tre compoite per quel
•ovraao ne' Pitionici al presente *Ì trovano.
(3) Mmuim. intatti, n. g.
(4) Montfancsn,-tom. V, part- I^ pi- is;.
,y Google
i64
scocca il dardo. M'era caduto io pensiero se
questi simulacri d* una guerriera tanto espressivi
non s'avessero piuttosto ad attribuire ad Enjroi
'Evvo , dea della guerra * aou la Furia stessa
che presiede alla strage : ma l' auiìbulo dell' e*
gida lu' ha fallo abbandonare tal congettura,
tanto più che )' attitudine minacciosa , all' idea
che avevano di Minerva i gentili e ai nomi che
le dierono così ben corrisponde.
La statua, di scalpello infelice, non ci con-
serva che il bel movimento dell' originale.
TAVOLA XXIII.
Venere tikcithicb *.
' Dagli scavi d' Otricoli vidde la luce ancor
quesu graziosa figura, cosi però mal concia, che
difficilmente facea. congetturare ti soggeuo. Due
osservazìooi mi persuadevano a crederla una Ve-
nere colle armi , quale ha talvolta nelle meda-
glie imperiali il titolo di vincitrice (i). La prima
era che la presente sutua aveva la tunica dal
petto con lasciva negligenza cadente , foggia usata
dagli antichi bene spesso nelle figure di Venere
* AlW palmi sette per l' altezza senxa il plinto.^ col
plinto palmi sette e once tre e mezza.
(i) Nelle medaglie di Giulia Pia è imitolau Venut
victrix , in quelle di Giulio Cesare In in mano la Vii-
torio. T«»or. Merel., Gans luUa, wy. II.
DowcdDyGoOgIC
i65
Tesbu, e partÌGolarmente io quella della Tenere
TÌDcitrice colle armi, al rovescio delle monete
dì Giulio Cesare (i). La seconda riguardava quel
frammeDto di pilastro o di colonuetta, su cut
Ora tiea posato un elmo, e che suole accompa-
gnare parecchie di siffatte immagini di Venere
e nelle gemme « e nelle medaglie, non ad altro
efTetto, che a sostenere alcub pezzo d'armatura
di quelli che Venere ostenta (a). Fu dunque
(i) Sicconie nel muoversi facilmente la tunica potea
cader ^gli omeri , si usava nel vestiario delle greche
donne il peplo propriamente detto, o V àft^ej^^óviov,
amìculam, che serviva per coprire i) petto, e sovente
avea mezze maniche, le quali ai slringevan con fibbie.
Maseo il grammatico, negli amori di Ero e Leandro,
allude al cader dalle spalle che facca la tunica, quando
ci descrive &ò che parlando con Leandro si trovava
imbaraziala , V. i6a :
aì^Oftéft! 9è
Ilo?^óxti àfKp òfioiotf iÒv ^vpé^pYS jf^irSpa.
e vergognata
Hichùimai-n sugli omeri la veste.
(3) L'uso di posar le armi presso le colonne o su di
«ste, ci è noto in parte da Omero, Odistea A, 127, e
io parte ancora dall' epigramma posto d> Pirro svUe
anni de* Macedoni nel tempio di Giove Dodonco, Pau-
san., I, i3. Ma siffatti^ pilastrini ove situavano gli elmi
e gli altri arnesi, ci son mostrati da' monumenti. Veg-
gasi la Venere vincitrice presso Leonardo Agostini ,
Gemme, tomo II, fig. 46, e quelia ancora delle meda-
glie di Giulia Pia. Nessuno antico perÀ ci comprova
tanto bene quest'uso, quanto il grafito intorno della ci*
r,oi:,7.dDyGoOglc
risuurau su questa idea, e le fu aggianta la
palma allusiva al sno epìieio di viocilrìce che
io pili monumenti si scorge.
Se la fàvola di Virgilio, il quale introduce
Tenere che reca ad Enea suo figlio le armi >
opera di Vulcano , noD fosse di sua inveozioDe,
ma come parecchie altre del suo poema avesse
preesislito all' Eneide , sarebbe da credersi che
questa favola si fosse voluta volgere in un com-
plimealo a Giulio Cesare stesso, che discendente
da Venere e vincitore, sì paragonasse ad un
nuovo Enea, donato daUa madre delle armi ce-
lesti. Ma è troppo chiara in quell'episodio Vir>
giliano la imiiazioue d'Omero, per credere an-
teriore tal favola al latino poeta. Sembra piuttosto
che gIjOriandosi la famiglia Giulia di questa orì-
gine, origine anche io certo modo di tatto il
nome romano, non abbia voluto rappresentar
Venere come la dea della mollezza « ma in una
guisa che convenisse ad una madre di Roma e
d'eroi. Siccome dunque non mancavano già nella
Grecia antichi simulacri di Venere colle armi ^
questi liirono scelti per adombrare la Tenere
annoverata fragli autori del nome romano. Ce-
aare stesso che nella pugna Fargalica avea data
Venere per seguale , non dcTvea in altra maniera
sta mistica da me rammenlata gib nel I tomo, lXLIU,
nota (i), pag. 345, ove l'armamentario dì Cisico, in cai
TeggoDti ricevuti gli Argonauti , i fornito di tai pilastrì-
> con qualche arneM guerriero covrappoftovi*
Do„,7cd,,CoOglc
167
farla rappresentare > seoDOQ come una dea viuo-
riosa. Io fatti Yeaere armata era U suo sigillo (i).
A qaesto aUode Properzio in qael verso :
yexit et ipsa suts Caesaris arma yenus (a);
e a questo si riferìscooo tutte le rotnaDe imma-
gÌDÌ di Tenere colle armi. Non sod però queste
^ammai equivoclie co' simulacri di Pallade. Ve-
nere tratta le anni , ma o per adoroame un tro*
feo come TÌocitrice, o per riporle in tempo di
pace, allorché accarezzando Marte, sospende il
furor della guerra e fa si che
fera moenera mìlitiai
Per maria ac terras omneis sopita {fidescant (5).
La colonia Ocriculana avrà venerato in questo
simidacro l' origine di Roma e degli Augusti :
seppure le coDgetture che Io fanno attribuire à
Venere non falliscono.
Quantunque la figura sia composta con certa
eleganza che la dimostra proveniente dal buono,
i poi trattata con molu u-ascuratezza. La novità
dell* ioveozìone e del soggetto, è quella che le
dà qualche pregio e non la fa disconveoire ad
una gran collezione.
(0 Dione, lib. XLIV, pag. a55, ed. Wecheliana.
(a) Properzio, fV, 1, 46.
(5) Lacresio, de R. N., lib. I, v. 3o e 3i.
Do,1,7cdDyGoOglc
i68
TAVOLA XXIV.
La Mdsa Clio *.
Che le scene degli autichì teatri fossero or-
nate di statue è noto a cbiunqne legge i clas-
sici. Plinio ci rammenta tre mila sutue che ab>
belliraoo la scena di Soauro , tutte irasportateTÌ
a bella posu per decorare quel giorDaliero tea-
tro (i). Fatti poi i teatri stabili I si fregiarono
ant^e questi di simulacri, e quello di Pompeo
n* era oltre modo liceo e fornito. Le colonie
romane che volevano , secondo le ior forze , e-
, inalare la capitale , non mancarono anch' esse
d' arricchire dì simulacri le loro scene. Questo
ed il seguente facevan la Ior comparsa su quella
d' Otricoli. Mancavano di testa , dì mani e di
piedi , eh' erano riportati ancora in antico , per-
ché forse eseguili da' migliori maestri. Questo
ripiego medesimo abbiam veduto essere stato
usato nelle muse della villa Cassia , collezione
preuosa che abbìam descritta nel primo volume:
questo medesimo possiamo osservare in tanti al-
tri simulacri che adornano i pubblici e privati
musei romani (3).
* Alta palmi nove e un quarto; senui il plinto palmi
otto e tre quarti.
(0 Plin., B. N., 1. XXXYI, e. i5.
(a) Nella nostra collezione la Giunone lallanle, t. I,
tav. Ili, e l'Ercole con Telefo, sopra tav. IX, han la
teiu assai migliore del rimaneote, quantunque non mai
,y Google
,69-
Sutae femmioilì e leairati si è oredmo dtj-
verle risarcire per lUDse. Esse eran le dee pre-
sidi del teatro e di quelle arti che nel teatro
facevaD pompa. Le loro statue colossali adoroa-
vaoo il teatro di Pompeo , come abbiamo altrove
accennato e come or ora vedremo ( ■ ) ; aou fia
veranglia ehe anche nella scena Ocricolana le
loro ìmma^ni si ammirassero (a). Il (eaifO era
un silo, ove ognuna di loro avea qualche di'
ritto. Clio, pter gK argomenli ohe presenta la sto-
na a' poeti tragici (5). Euterpe , pel flebii suono
de' flauti, onde licconipagaare I* espressione e i
gemili della tragedia. Talia e Melpomene sbn
le maestre della comica e della tragica azione.
Tersicore ed Eraio dirigevano i teatrali certami
de* poeti e de* citaredi. Folìnoia, la musa de*
paotomiiui , T* avea gran dominio , . dacbè l' arte
separata dal torso. Lo slesso puJ> dirsi d' una Venere
rannicchiata nel piccolo Farnese, che mediocre nel carpo
ha nna testa d' espresiioBe mirahile.
(0 Vedasi Ìl primo tomo, Uv. XXIV., pag. iS8, e
qai appresso la tav. XXVI.
{a} Aristide allude forse alle statue delle muse solite
a vedersi ne' teatri, quando dice che ti Coro d'apollo,
di Diana e delie Muse, sta sempre osservando sui teatro
i proprj minislrì. Qye nh> 'AjTÓJUoyof , «ai 'Aptl-
fudoft «tu MvtTpv j);o/>ò( ovuoTS diaÀeutei Jov( wcij-
peràu: iv toÌq ^eàxpoti; «aòopSy. Encomio di Roma-
(3) Non mancano esempli di tragedie greche e latin'
tratte dalla itoria non favolosa. Tali sono ì Persi d' E-
ichilo e l'Ottavia di Seneca. Tal era il Cretfonte d*£u-
iipide>
,y Google
»70
di Pilade ' e di Ballilo area dispensato la Trage-
dia e la Commedia dalla favella. Urania etessa ;
rivelando i secreù delle saeoze, sommÌDisirava
i miracoli pel iratteDÌmeoto del pop<rio ai Tau-
natopei (i). Calliope, co* molti e varj caratieii
che fornisce alla scena drammaticft il solo O-
inero ne' dne poemi , poteva dirn la maestra ifi
Melpomene e di Talia.
TAVOLA XXV.
EVTEBPB *.
Anche a questa statua, trovau come 1* ante-
cedente nelle ruine del teatro d'Otiicoli , si son
dati nel ristauro ì «mboli e l'espressione d'una
musa. La tibia che le si è agg;iuota la determina
per Euterpe, a cui era propriamente consecraia
la musica. La sua relazione al teatro è per ciò
appunto assai manifesta a chiunque abbia idea
degli antichi scenici divertimenti. A quel che
(■) Questo genere di ciarlatani fn tanto Ìd voga, che
giunse alcun di loro a meritar delle atatne. Facevan
talvolta delle meravìglie che farebbero ipecie anche ■
noi. Leggiamo in Ateneo che uno di queiti sapeva far
accendere ti fnoco da se stesso : meraviglia ripetuta ai
giorni nostri per meuo d' un fosforo preparato dalla
nostra chimica , le cui operationi si vogliono ignote agli
antichi. Ateneo, Deipnoaopk., 1. I, e. i6 e >7- '
* Alta palmi nove e once due; senta il plinto palmi
Olio e once cinque.
,y Google
171
sì h detto stilla conveDÌenES de' simulacri delle
mose a' teatri , si può aggiungere la testimo-
manu di Marziano Capelli , secondo il quale
iralle immagini che adomavan la scena ^ tenevano
distinto luogo le siatne dorate delle imise, che
esse , e non altre , sodo , secondo me > quelle
eli* egli descrive :
T^trginis harmoniae quamplures auro adslmiìatae {i).
La scultura di queste stalpe « quantunque assai
mediocre , dimostra chiaramente che son copiate
da buoni lavori. Il gusto del panneggialo e
la disposizione delle pieghe assai vaga ed idea-
le , ma senza afieuasione , danno a divedere che
noD è suto capace d' invenUrla chi V ha cosi
hassameote eseguite. Pure questi simulacri ve-
dati iu certa distanza appagaqo 1* occhio , e non
bao nulla di quella goffa^oe o di quella carì-
caiura che deformano le produzioni di secondo
ordine di pressoché tuui i moderai scalpelli.
TAVOLA XXVI.
MEI.POHEHB^
Questo ùmulacro colossale trasportato dal cor-
tile della cancelleria apostolica alla celebrità del
(ij Marziano GapelU, tfuptìae PhÌìolopas,\. IX.
* AJta palmi diciotto e once tre; «eata il pliato pal-
mi diciaHetle e mezso.
,y Google
'73 _ _ •
Museo Fio , è il primo nella gran rotoncla pec
la grandezza , per l'eleganza e per la silnazioae ,
ad invitare lo sguardo e 1* attenzione de* curiosi.
Rappresenuva sicuramente una musa, come Io
•ccenna l' abito teatrale , simile a qusUo della
Melpomene del sarcofago Capitolino , e a quello
della Urania d' ugual grandezza nel posterior
portico Farnesiano. Quantunque memoria non
rimanga del suo ritrovamento, il sito ed il sog-
getto possono &r credere che adomassero am-
bedue le statue con altre simili il vicino teatro
di Pompeo. È suta la nostra risiaurala per Mel-
pomene , dandole una maschera Erculea , per
essere appunto vestita <$ome 1' Ejrcole Protago-
nista neir erudito marmo della villa PaofiU (i),
il qual marmo finisce di provare che 1* abito
della nostra musa è veramente 1* abito tragico ,
e quella honesta patta, di cui Esobilo fu l'in>
ventore (3) , appellata per lo pib trroA^ , stole ,
da' Greci (3). I^a nostra Melpomene, ha inoltre
(i) Winckelmano , Monum. inedili, n. i8g.
(a) tìorat. ad Piwnei , seu artis poéticae , v- 1^8.
(i] Il senator Buoaarroti lia pubblicato nn bastorilie-
vino di marmo colorilo sulla scultura, appartenente gi^
a! Mns^o Carpegna, ora al Vaticano, nel quale crede
rappresenuto M. Antonio in abito Bacchico, come leg-
giamo in Dione, lib. L, ed in altri. Il Bellori lo ha
ripetuto colla medesima interpretazione, Pkt. ant. cryrpt.
Som. , tav. XV. Avendo osservato diligenteinenie 1' ori-
ginale , mi sembra poter mettere in dubbio la supposta
effigie di M. Antonio, per euer la 6sonomia della figura
,y Google
.,5
ona sopravveste ( è^i^X^fta , epihhma ) , ehe ri-
presa cou bel capriccio dalla cintura medesima
«colpitaci joolta dtverift da' noti e coiunni ritraili di
queir nomo stravagante , e siniiglìandolo soltanto nella
grossezza del collo, troppo leggero segnale per ravvisare
un ritratto. L'abito di quella figura è aimilissinio a qiiet
della nostra statua, e perciò teatrale; ha la stola a lun-
ghe maniche, ha la gran cìnta, e dippih ha ■ coturni
ricamati e fomiti d'altissima suola, quali vediamo negli
attori tragici che da Luciano, th saltattone, si dicono:
'Efir^órai^ i'^tiXoìi; ivovoéfisfoi , sollevati da altiàsinU
borzacthiai, ( Vedasi il tomo I, tav. XIX, p. i54 )■ NÀ
vale in contrario il produrre de'passì, ne'qnali Bacco li de-
scrive coi colorai. Non son quelli perciò) Ì coturni tra-
gici {/^Xoi , aiti. La voce greca MÓSropvot; , coturno ,
i generica, e vuol dire que' calzari che possono cattarsi
indifferenlemente sì all'un piede che all'altro (Polluce,
Onomatl,, VII, 90 ) , né si servono ì Oreci dì questa
voce semplicemente per denotare gli elevati calzari dei
tragici attori, lo lo crederei un attore di tragedia coro-*
nato in qualche certame teatrale. La corona d' edera è'
propria à' un tragico , per esser corona Bacchica , come
altrove si i dimostrato ( lom- I, tav. cìt. }; dippiìi snn-
bra che l'edere sien dette da Orazio victrìces (I, ep. llf,
V. a5) appunto per esser la propria corona de'vincitori
in siiTauì agouL La nebride è annoverala fralle parti
del vestiario tragico dallo stesso Polluce (FV, ixa), giac-
ché i tragici certami appunto nelle feste di Bacco solean
sommeiievii. Lo scettro che ha in mano appartiene al
medesimo apparato ( Polluce, luogo ciuto, e il uostro
tomoprimo, t.XXVI, p. 171). 11 velo appeso iWparape--
latina ,. o la gran portiera descrìtta nella scena tragica
da Polluce, IV, 137. Il fanciullo colle tibie anche atU'
musica drammatica può riferirsi , come a' pantomimi la
danzatrice che gli è vicina, seppure non i la Vittoria.
,y Google
174
della tonaca, forma diversi leni e belle cadute
di paDDeggiamento visu ìd pro6lo. Si è voluto
Finalmente comparisce io nn lato ona siaiaetla mao-
cante di tutte le parti laperiori, posata lu d' nna base.
Questa che il Buonarroti etpone per l'immagine dì Cleo*
patra o à' Iside, se ben li osserva è aa simulacro trì-
plice , similìssimo alla Diana triforme del Homo Capito-
lino, vedendosi chiaramente almen quattro piedi sotto
quegli abili femminili. Ora il simulacro d'Ecate triforme
conviene assai alla scena , nella quale si sa che per
esprìmere la contrada si collocava da una parte nn' ara
chiamata 1' ^gieo , 'KVVISVQ , per rappresentar quelle
che sitnavansì ne' capì strade alle deità Agìee o viali.
Ora la dea che particolarmente ai irivìi e a' capi strade
presiedeva era Diana triforme, dunque non è meraviglia
che fralle stalnetle che adomavano l'iposcenìo e episce-
oio presso l'ara viale, fossevi anche la deità viale. Onde
quel triplice simulacro , siccome estenua la congettura
del Buonarroti, cosi conferma la mia. Dì tali are Agiee
era notabile la figura. Ha osservato il Caylns ( Recueil ,
tom. I, pi. 19 e ao ) che alcune colonnette che han
quasi la forma d'un cono troncato, e terminano verso
l'imo scapo in una mezza gola, adoperate spesso nei
nostri Musei per piedistalli di vati , di taue e simili ,
erano anticamente are. La descrizione che ci danno Esi-
cbio ed Arpocrazione delle are viali, e della particolar-
mente detta Agieo nel teatro fatta a imilazìonc dì quelle,
ci dimostra che le are di tal forma erano appunto quelle
che si dedicavano per le contrade alle deità Agiee , e
forse avevano questa figura per non ìrobara»are le vìe
e per occupar minor sito. Arp ocra e ione cosi descrive
l'ara Agiea: K(òv èg ò£v X'^ov. Coloiina che àiminui-
sce verso la sommila. Ed Esìchio : Bo^ò; è» crvnyia/Tk
UÌO90(. Ara in forma di colonna. Ambedue confrontano
eoììa figura delle are riportate dal Cavlus.
,y Google
■75
forse con ciò iodicare il tragico sirftia ohe scen-
d«Ta eoa luogo strascico a render più maestosi
gli attori.
La scultura i£ questo colossal simulacro me-
riu 1* aitenuone e gli elogi degl' iotelligeuli. È
mirabile come una figura ai grande abbia po-
tuto r artefice adornarla di quella gentilezza e
di quella grazia , che nell' arte , come- nella na-
tura , sembra fuggire da certe straordinarie di-
meosioni , alle quali pili confassi la maestà.
L'aria dei volto è cosi gemile ed ha un'espres-
sione cosi avvenente , che ho dubitato se [óut-
tosto che Melpomene non rappresentasse iu an-
tico la musa de^i amori Erata Quello poi che
è più notabile 1 una figura nell'azione e nell'a-
bito assai semplice come questa , da qualunque
parte si osservi , presenta all' occhio un contomo
generale , o , per parlar cogli artisti , una sar
goma j sommamente varia ed elegante ; laddove
sono assai rare le moderne sctdture soffribili da
più punti di vista. Questo pregio cosi essemjale
aDa bellezza delle opere in ambe le arti , qual è
la bella sagoma del tutto insieme della figura,
sembra che fosse dagli antichi assai diligente-
mente studiata e superiormente ottenuta ; laddove
anche i moderni più accreditati maestri o ne
sono ({nasi del tutto mmcanti , o restano a gran
disuma indietro - paragonati agli antichi esem-
plari anche mediocri.
,y Google
1,6
Osservazioni dell'autore pubblicate nel tomo P^J/
deW edizione di Homo.
Questa sutua coloss^e k ora a Parigi, e l'ho
spiegata di nuovo nel quarto tomo del Museo.
Francese. Ho osservato che questa musa ha Va.~
hito teatrale: la sua sopravveste è la clamide
citaredica, sostenuta sugli omeri da due 6bule
o borchie , e rigettata iudieiro; la tuoica h
cìnta da larga fascia , ' come Della Melpomene ,
nella Tersicore e nella Euterpe del bassorilievo
o sarco&go già del Campidoglio ( vedasi il do-
atro prioMi volume, tavole aggiunte B, n.** a )j
che questa tunica estremameute ampia e lunga
è ripresa dalla cintura , e che può credersi es-
sere il sirma degli attori tragici } che Boalmente
la mano sinistra aperta ed in atto di gestire fa
credere essere stata rappresentala in questo mar*
mo la musa tragica, piuttosto che le sue sorelle
Euterpe u Tersicore , alle quali l' abito stesso è
ugualmente attiibutto da' monumenti.
TAVOLA XXVII.
IH alteua colossale e tli nobile, artico è
ancor la presente staltia , tolta come b prsce-
Alta palmi quattordici e once due; senta il plinte
palmi tredici e ud quarto*
,y Google
177
deoie dal cortile della cancellerìa. La semplicità'
del disegno sentbra che ne formi il caratiers
priocipale. Naturale n' è la situazione , poche e
grandiose Uoee deiermìnaDO la fisoDOmia ; poca
varìeiÀ è ne' partiti del panneggiamento , e qaeU
ÌA sola che vi regna » nasce dalla diveruli de*
contorni del nudo che n' è coperto : basta però
> cOQtonur l'occhio ugualmente che la rifles-
iione y la quale non lascia di diatioguervi la
scelta e 1' ideale. Si può dire che questo marmo
sia trattalo nella vera maniera in cui convien
lavorare figure colossali, restandone ì diatorni
tutù assai distinti ed osservabili ancor di lonta-
Do 1 e nua ofirendo neppur dappresso puato di
ròEzo o di Uascurato ; ma essendo quelle linee
paraleHe ohe formano le pieghe del panneggia-
TueAK) con tale inielligensa disposte e variate di
spazj , che al tempo stesso che non cagionano
veraoa confusione in qualche distansa , anzi fan-
BO emergere le &rme principali del nudo ; da
Ticino sembrano un' esatta imitazione della na-
tura. In somma , se il precsdente fo mostra di
maggior grazia e di maggiore eleganza , questo
sembra esegnilo con maggior maestrìa.
Questa figura femminile prìva delle braccia ,
vestiu d' una semplice tanica ulare stretta e al-
quanto ripresa dalla cintura, né avente altra so-
praweate che un peplo senza mtniebe che ìt
copre il petto sino alla cintura medesima e che
liegue tutto l'andamento della veste sottopostavi j
priva ancora nel capo d' ogni omumento atraor?
d^seo Pio'Clem- Voi. II. la
boi,cd.yGoOglc
178
dinario* che simbolico potesse essere o earaue-
rìsrìco } sembrava non dar neasUD lume né alfo
scultore per cODveaieDtemeDte risarcirla, ni al-
l' erudito per acconciamente denominarla. Pensai
che qualche soccorso potea trarsi dall' abitadiae
è dal carattere della figura medesima, persuaso
che gli antichi così conseguenti in^iuue le loro
pratiche, come altre forme davano alle membra
di un dio , che a quelle d' un eroe o di uà
uomo ; altro a quelle d' Apollo , che a quelle
di Bacco o dì .Mercurio o di Marte : cosi di
altre ragioni si servissero per una Venere , di
altre per una Giuaone o per una Minerva.
Quindi osservando nella presente figura una
certa proporzione meno svelu che in altre fi-
gure > una maggior larghezza dì spalle e mag-
gior rilievo di petto e di fianchi che I' ordi-
nario : ho creduto che siasi voluta rappresentar
Cerere , a cui si compete una* beltà alquanto
rustica come alla dea dell' agricoltura , e una
statura qitadrau e robusta, cosi bene espressa
da Lucrezio eoo que' due epiteti di gemina et
mammosa (t), che sembrano aver suggerito al
nostro artefice il carattere generale di questa
scultura , destinau , come suppongo , per effigie
di quella dea che fii propriamente cognominata
alma, e riconosciuta come la nudrice del ge-^
nere umano (a).
(i) Lucreiio, de B. N. , ì. IV, v. ii6a.
(3) U PigQorui nellft «sposizionc della Mensa Isiaca y
M,g„,Aj.,COO'^[C
'79
Il ristauro è suto eseguito su questa idea. La
divÌDÌtii nella destra ostenta le spìche, dono da
pag. i34, ed. Frisii, dopo aver detto che Iside e Cererà
erauo la slessa deità, e che la Diana Efesina, come non
diversa da Iside, fosse par la stessa eoo Ceiere, ha cre-
duto che l'epiteto di mananosa datole da Lncretio in-
dicasse le molte poppe che vediamo ne' simulacri della
Diana d' Efeso , e perciò fosse quasi un sinonimo di
XOJOvuaaTOi; o multimammia. In simili errori cadono
spesso gli eruditi tonando considerano gli autori a pezzi,
ed esaminano una. parola fuor del contetto. Lucrezio in
quel luogo altro non vuole indicare, sennon che gli amanti
estenuano i difetti delle persone amate , dando ad essi
il notae del pregio afRue a quel difetto, e che pu& dirsi
il mezzo di quell'estremo. Eccolo intero (deR.N.f
I. e. ) .
Kigra ftiXivpooi est: ìmmunda, et foeiida àxofffto^:
Cassia xa?,Xd9tor : nervosa , et b'gnta. 9op»a<;.
Parvuia, pumiiiq raphov la, tota merurn sali
Magna, altfue immanis MaràatXTl^, plenaque honoris:
Balia, lodili non quit rpa/V/U^t; muta pudens est.
At flagrans, odiofa, loquacula XauìrdStOl' Jìl :
\ffVVOy ÈBauéfloy tum pi gaum vivere non «fuit
Prae macie: òa9l»ìl vero est ìam mortua tasti.
. At gemina, et mammosa Ceres est ipsa ab ìaccHo:
Simula SeiX^t! oc Salyra est: laòiosa tpiXl^(jtai
estera de genere hoc longum est si dicere coner.
In questo bel passò Lucrezio ha imitato Platone, ed è
stato poi imitato da Orazio. Nel passo di Platone Win-
cLebnann per la stessa cagióne dì considerarlo a pezzi,
ha detto alcune sottigliezze fuor di propòsito sulla pa-
iola iwvapK;, grazioso, ( Storia deile arti, lib. Vili,
cap. 3, % la ), com« indicasse nna proprietà de' nasi
schiacciati atftoì: quando non è altro che il termine
co» cni gli amatori esciuavano, anzi volgevano in lodf
Do„,7cd,yGOOglC
i8o
lei fatto alla nostra specie, che pe' »ooi inse-
gnaDienli
quel difetto. Ecco il luogo intero ( de republ , 1. V ) :
H' ovr' 0V1O jcoutxe xpò( rovi KaXov^;; ó iter, on
aitwQ, ÌTÌx.api<; xXfi^eU, iicatveii^aBtat ixp' vftor
Tov iè tò ypviròf , ^flwri/lweò» ipaTé siyai- taf Sé ov
Sia fiéffìi TOVTOV , èfifierpÓTafra e^tw^ ^Ìmvo^ Sé ,
àvdpmovi iSttr Xevxovc 9è, ^eS* voXìta^ thav fte-
Xtvkópvi; tfè «ai t' ovvoiia ohi tmi; akX's voi^p,a
mai il èpaffTov v-xoxopl^o(Ur8 re naì èvrtpoQ jtè-
ponoi t^ ójijiótriTa. , èàv nrt òptf f ; »on trattate
voi cosi co' bei giovinetti? que^ ha il naso schiacciato,
e lo lodale come di graziosa foonomia : quet^ altro t ha
soverchiamente aquilino, e dite che ha l'aria nobile e re-
già. Un terzo vi sembra bellissimo, appunto perchè scevro
(f ambedue qae' difetti. Dite de' brani che han carnagione
virile , de' candidi che sembran JtgU degli Dei. E pensate
voi che il titolo stesso dì pallido come il mele non sia
invenzione ifun amante nelle tue tenerezze, che non vede
di mal occhio il pallore quando è unito colla beltà ? E
chiaro che il lerminc (U^iafj(Xapvi f^" "' legge nei
testi stampati, che- vale pallido e nero, né ■pah mai es-
ser detto perveiio, dee correggersi e muUrsi in fieXi-
vJiópìK , P^^o ^^c ^' nie/e, che corrisponde al nigra
ueXivpOO^ est di Lucrezio , e dk luogo ■) sentimento
espressa da Platone. Aggiungiamo l' altra imitacione di
Oraiio, onde aempreppiù apparisca, come si pub, es-
sere originale anche imitando > 1- I ^ sat. 3 :
M pater ut nati, sic noi debemas amici.
Si fjuod sit vùiam, non fastidire. Strabonem
AppeUat paetam poteri et pullum,'maie parrus
Si cuifiUas est, ut abortivus fait olim
Sisypha; kuac, variam, distorta eniributg Sbmt
Balbutii scauram, prantfuliwn male talis.
Panùu hic vWU fivei 4^»r tK.
Do„,7cd.yGoOglc
i8i
Chaoniam pingui glanéem mutavit arista (i).
A(^g^ la unifitra silo scettro, ben conTeoìebte
ad DO dea ch'era fralle dodió deità maggion
della religion delle genti.
Siccome il sao colto fii uno de' piti umversali
« per le campagne , della cottura delle quali erA
preside, e per le città, delle l^gi dette quali
Al la prima di«positrice (a) i Boalmenie per ogcn
looigo , a cagioue de' suoi misterj cbe sembra-
vano conciliare la filosofia colla Telinone : non
fari specie che le si ergessero nmatacri colos-
sali, e che forse nno di questi fosse collocato
Del teatro di Pompeo, essendo le rappresenifl'-
cionì teatrali entrate anch' esse per nda parte non
uitinia del colto greco e romane ; ed essendo
particolarmente Cerere la compagna di Bacco ,
nuBtc propriamente autore e preside del teatro. '
Osservaxioni deWautore pi^bUc4ie nel tom. P^JÌ
' deir edizione di Roma.
11 costume di questa statua meglio osservato
mi ha persuaso che rappreseotava , come la sta-
tua incisa della tavola precedente, una musa di
(jnelle alle quali l'abito scenico pub convenire.
Era forse Gnterpe; poiché non vi ha vestigio
alcuno di cetra o di cosa che la sostenesse.
Quello che caratterizza queita^gura è la clamide
cìuredica diversa dal piccìol peplo che è stretto
(t) VfvgH., Georg., I, A pritK.
(i) Qaibdi fu detta ^tf^o^éfiO( , Temofora , e ^r
ne Tote Tesmoforie.
„„vj,,Cooglc
163
dalla. cintura; questa clamide k rigettata iotieramenie
dietro le spaHecome nella Melpomene colossale i
ma ÌDT.cce di essere riienoia da dae borchie sulla
sommità degli omeri , .come in quel simulacro,
sembra . attaccata sul. picciol peplo e sul dinanzi
degli omeri per miezzo di due. estremità raggrup-
pate, che formin nodo o che piuttosto vi sieoo
cucite> Il picciol peplo stretto da cintura l'ab<
biamo osservato nell' abito eiuredico dell* Apollo
Palatino (T. I, tav. i5 ). Era dunque ' ancor
questa una musa, ed apparteneva -come l' altra al
teatro di Pompejo. La diflerenzti delle dimensioni
di queste due figure colossali doveva dipendere
da diversi, luoghi che tenevano iu quel grande
edifiùo. Anche le muse della villa dì Cassio non
SODO tutte delle stesse misure, e par che si ac-
compagnino due per due. Queste sono le nuove
osservazioni da me proposte su questo simulacro
colossale nel lY tomo del Jlfuieo Francese.
TAVOLA XXyiIL
La sorprendente bellezza di questa scultura
non può rappresentarsi abbastanza né colle pa-
role , né col disegno : le prime non la dipiogeran
mai così bene alla fantasia che una giusta im-
ma^^ne se ' ne faccia : Ìl secondo per quanto va-
glia a ritrarre la grazia de' coalomi generali ,
* Alto palmi otto e un' oaoìkj lenza plinto paini Sette
e once otto.
DowcdDyGoOgIC
i85
noD gÌQOgerìi mai ad esprìmere quella' morbidezza
e quella carnosiii a cui è ridotta la pietra j né
quella dilicatezza di lioeameDii, che serpeggiaodo
quasi ioseosibilmeote su quel bellissimo corpo ,
&D sembrare , come per uoa cèrta magia , ce-
dente il marmo e spirante.
Questo superbo monumeoto delle arti greche
in trovato maocaoie di tutte l'estremili; del capo>
cioè, delle braccia' e delle gambe. Così muti-
kto com'era, ne fu ricercato il gesso per molle
coUenoni, ed uno fragli altri divenne la delizia
del eavalìer Mengs negli ultimi periodi della sua
TÌu. Quantunque l' eaaere stato risarcito per Bacco
abbia incontrata qualche disapprovatioDe» princi-
palmente nelle persone dell' arte, pure questo
risuuro e questa denominazione mt sembrano
fondatisùmi e quasi certi. I lunghi e bei capclK
cadenti sul petto e sugli omeri ne sono una
prova: il carattere de' lineamenti quasi femminili
è la seconda. Nou occorre qui ricopiare da'ini-
tografi né tutti gli epiteti, uè tutte le lodi della
chioma di Bacco (i)> come cose troppo noie
e comuni: basta il riflettere che questo forse è
il più costante degli attributi Bacchici: poiché
il 6glÌo di Semele si trova talvolta rappresentato
con lunga barba , non ostante il suo soprannome
di puer aeternus (a): si trova tutto vestito, non
(i) titdetonsusque Th^oneus, Ovid., Mei., IV, in prìnc.
-Vedati Bentfiejo all'epigramma LU di Callimaco.
(3) Cosi lo vedremo nel simiilacrD creduto di Sarda -
sa palo.
,i„vj,,Cooglc
«84
ostante la nudità da*milok>gi ttttribaila^i (t)j
n» aeoipre con luogbe trecce , e per lo più cu.s«
■parse intorno al collo , agli omeri , al petto (a).
Xo«C 0oiTTpvxvi hearipo^ef Ma^etfiévoi;. Co' ricci
pendenti di ^a e di là ^ lo descrìve Luciano (p).
L'analogia dì leste sicuramente Bacchicfae ct^lv
chiome, nella stessa guisa disposte che quelle che
rimanevano attaccale al torso del simulacro, com-
pisce la dimostrazione. Una leMa fralle altre me-
rita esaere particolarmente rammentau. È quella
che si amnùra nella gallerìa del Gran Duca sul
corpo d' un Bacco appoggiato ad ' un Fanno (4)>
La testa f benché propria del soggetto, non ap-
(i) Cornuto, o «ia Fomnlo, de nat. Deor., e. 5o.
(a) Quindi la statua di bromo della gallerìa di Fi-
reuEe, C^e dal moderna vena aoicritlovì,
Ut potiti hac veni Deifihù , et fratre ntkto ,
ai vuole attribuire a Bacco, non puh esserlo, perchè ha
ì capelli tagliati, neppure un ilio Prestile etrusco, come
vuol Gori , giacché ha forme greche. £ un Mercurio,
come Io dimostra la perfetta simigliania del volto al
Mercurio famoso di Portici, e in qneoto senso il verso
pu& convenirgli.
(3) Lucian. , Deor. Dia/. H , luppiter , et Cupido. I)
taiirico in quel dialoghetto introduce Cupido che con-
iiglia Giove se vuol esser ricercato e seguito dalle don-
ne, come lo è Bacco dalie Meoadì, a prender anch' egli
le sembiause di Bacco, la benda inUa fronte, ■ ricci ec.
Si noti che quelle ciocche di capelli propriamente sì
dtcon ^éffTpVTOt , Dome che ì grammatici derivano da
potoin;, grappolo d'uva, etimologìa che li rende sem-
pre pili adattati al nostro soggetto.
(4) Museo Fiorentino, tota. \, Statue, tav. XLVIIf.
,y Google
iS5
parieoen a qnel grappo , come lo indica il dìi-
fervale lavoro de* capelli che pendono dal capo ,
e dì qaelli rimanti cougiiinti alle spalla. Preaeotato
il gesso di quella testa sul gesso del nostro torso ,
corrispondono così bene lo ^stile, gl'inviti della
trecce^ le propomoni e quasi le comnissure';
che pare indnbifato essere suta quella, o simile',
la testa antica della nostra statua (i). Or quella
tesu è certamente di Bacco» come la eorona di
pampini ^e la fascia che stringe la fronte lo
prOTaoo.
Ma uu* altra prova non meno certa del soggetto
di questa statua, è quello appunto dove si fonda
la contraria opinione, cioè il carattere femminile
di tutti i contorni, e particolarmente la situazioue,
il rilievo e la rotondità de* fianchi. Non v' ha
nulla di piii proprio di Bacco: o provenisse ciò
dall'uso e dal caprìccio degli scultorì che in
tal foggia abbiano voluto cappresenure il dio
de'piacerì e della moUena, il compagno di Venere
e delle ninfe j o da' dogmi d'un' antica teologia
rediviva ne' tempi che precedettero la cadqla del
culto etuico (3) o da un gnio di moralizzare;
(i) Qneito può vedersi nella bella colletJDne di gCMÌ
a Pìreose del valente pittore tig. Pacini.
(a} Attribuiva questa a Bacco i due bcmì , ravvisan-
dolo come emblema d'uno «pirìto diffuio per U nulerÌA
cbe chiamavano rovw V>Uxòi> , senza troppo intendersi.
Jpiwn auiem Libenan pairan Orphaici rovr vÀliiòf <u-
spkanlur inielitgif Macrob., de tomn. Scipùm., \, it- In
fatti Orfeo nel)' inno /n IHùen lo chiama :
Appeva «af ^ijXvp, 9iipv^.
Maschio e femmina egli è: di due nature.
bo.i..-cj^),Cooglc
i86
che foue da'poeb (i) piiMlo agli artefici, giac-
ché tutte e tre le opÌDÌooi ban 'foodatuento soUe
greche e latine antorìti: da qualunque priu-
cipio, ho detto, ciò proveniase, certo è, che ud
de*caratteri di Bacco fa quello' d'euere rap-
preteirtato ^ti^(iop<^i^thèfymoTphos, come dice
Cornuto, cioè di Awine femminili. Quindi nn
latino epigramma fwsl lo descrive (a):
Thihit^ue Bacchus ifirginis tener Jòrmam.
Quindi Homo presso Luciauo rileva fra i di-
fetti di Bacco la sua complessione femminile e
donnesca (5). Quindi finalmente fu creduto es-
ser maschio e femmina, o, per dir meglio con
Aristide , area cosi miste Fé qualità de' due ses-
si, da sembrare fi-alle fanciulle un giovinetto «
fra i garzoncelli una fanciulla (4)- Se queste e-
(i) Fomuto o Cornato, l. e, Io vnole di fattene
feimnÌDee, perchè 1' ebbrietà indebolisce,
(a) Nella Priape/a.
(3) Locian., Deor. cane, $ 4: 07og (liv òwTÓc èan»
ov Xèvo , owfi TÌjf fiirpap , ovrs rr^ ftèàt^f , ovre
TÒ 0a9iajta- xémei fàp ol^itu , opàxE Ó^ Sf^?,V(: stai
yweuxetos liiv tpvmr, ^(ii/ta^i^ àxpótv se^er àcco-
Xféo9. Taccio quai egli sia e nel cingersi il capo , e
netr uòbriacarsif e nel portamenipi voi velniirate tutti,
O Dei, guanto è femminile e donnesco nelt ahùadine ,
metto fuori di se, spirante di vino sino dalla mattina.
(4) Afitiide, in Bacchum: A^^ «<xi St^^s ó àeó<
èc (potnf tim 9è r^ ipivet xai r^v ftoptpi^v
stpootomÒQ òfftrtp ^àp SiSvy.Oi %ónvi avrò; icpòv
iavtóv lim, XOÀ ifàp h ^'iSféoii ( xópri ) xaì «e
Do,1,7cdDyGoOglc
'187
qiresòoDÌ non dipingono la' nostra uatna,.non
uprei immagÌBarue un pifa evideate rapporto.
Vero è però che come diflerentì qualità
<Ìierono i mitologi a Becco ^ come difiterenli
Ttrtii i fisici al vino ; cod' ancora diverse ìmiua-
gìoi ^ artefici ne rìtrasBero or figurandolo ar-.
nulo e vincitor dell' oriente , .ora cornuto per
emblema della ebbrietà j ora barbato» come- ia
aria di maestro (1) e di l«gÌ8ktorè.-Da ciò dee
.ripeterti unta varietà di rappresentanze , tantop-
piti cfae gli (tatuarj . talora hanno voluto espri*
jnere in uh sol sìmulacpo ì suoi diversi (Ulribu-
ti j- titre volte' non ne ban considerato che' utt
.sola Non tutti, per esempio, hanno esagerato
come il nostro la mollezia. del nume della vo-
luttà , ma vi hanno misto o una sveltezsa o una
robuslessa maggiore, secondo 'le idee che ave-
vano in mente , secondo i siti dove i simulacri
si destinavano , i poeù le cui descrizioni segui-
vano , i sacerdoti a* cui mirterj alludevano , le
nrie persone alle cui spese operavano. Questo
nópaii ( ^lìeoi; \ Questo nume è maschio e femmina,
ed ha la figura aUa sua natura corrispondente : talché
egU è quasi doppio in se stesso , è frai giovinetti una fan-
dulia t frolle JaitciuUa un giovinetto. .
(1) Bacco era un dio anch' egli StetTfiÒipOpOf legida-
tore come Cerere. Dippiìt maestro dì motte utili iaveo-
xionì, oltre quella del'viao, e in guerra e ìd pace. Fa
creduto inventore della navigazione :
Tu flectis amnes, tu mare barharum.
( Orac, Carm.f II, 19 )•
,y Google
i88
appunto aggitingfl a' UDti .pregi del nostro mar-
mo qùeUe ancora della rarìik ; dod ravvisando
noi in altro monumento sosl bene espresso quel-
r epiteto ^ri%ò^^<poi; , fsmminifbrme , che Io
scrittore della natura degli Dei credeva essere
UD attributo essenziale del dio del vino.
11 presente simulacro è un modello impareg-
giabile per nù corpo maschile bellissimo d* una
bellezza efFeminaU: questa espressione è ponau
sino all'ideale, volendo ÌDdicarsi in certo modo
1 due sesn di questo nimie. I contorni ne son
mirabili e fuggenti quasi all' occhio e alla mano.
Taluno ha creduto rilevarvi il difetto che una
coscia sia più sottile dell* altra. Se si fossero
conservate le gambe antiche del simulacro, forse
nella umazione ne troveremmo il motivo; giae>
che sappiamo che le parb del corpo su cui si
fa forza e si preme , acquistano in grossezza
ciocjchi perdono in estensione.
TAVOLA XXIX
Bacco mezza ficdri*.
Un altro carattere, ma quasi una ugual bellez- .
za, si ammira in questa metza statua di Bacco,
trovau nel cavamento degli orti Carpensi presso
il tempio della Pace- Per comodo de* traspor-
' Alto palmi quattro e tre quarti; senta il plinto pal-
mi quatu-o scariii.
,y Google
ifig
ù (i) ti facevan le statue di più pem , e co-
miuiemenle di due quelle , cred' io , che laogi
dal luogo della lor deslinaxione à. lairorarano *
o per uso e per ornameuto di palagi e dì ville
particolari , per potersi a lor piacimento con
più facilità trasferire (3). Si crede fondauineate
che tal costume di lavorare sia stato usato sia
dagli Egizj (5). A questo però dobbiamo ascrì-
vere la perdita della metà iuferiore del nostro
Bacco, come di tre belle statue femmÌDÌli del
Museo Capitolino, e d* un Adrìano col torace
Bel palauo Buspoli. Quel che si è conservalo
ci fa desiderare il lìmanente: con tanta subli-
mità di contorui , con tanta maestrìa di scal-
pello è stato scolpito. La testa antica ha un' idea
bella divinamente , e ben conviene a quel nume ,
a cni sì potea dire:
tu fonnosissimus alto
Conspicerìs caelo (4)-
(1) Chi sa che il rendere S «imnUcri comodi a' Ira-
tporti noB ptocedeMe negli tenitori da nna vanità simile
a quella, per cai i valenit pittori non \olean dipinger
tal murD> onde non limitare ad nn luogo lolo I' ammi-
raiiane dovuta alle loro opere, Plìn. , B. N., XXXV,
10. Il lusso de' Romani cbe abbellirono le loro feste con
stmnlacri venuti sin dalla Grecia , può aver mantenuto
ne' tempi tegnenti lo at«»o costume.
(s) Giovenale fragli arredi della .cita d'un ricco noB
lascia d'annoverare, sau III:
Nuda et can£da signa.
(3) 'Winckclmann, Storia Mie arti ce, I. II, e. 4.
(4} Ovid., Mtiam.f IV, in pnA«.
Uoi,cd.yGoOglC
'90 ^
Lo scultore non gli ha dato quella femmÌDÌle e
molle corporatura che ha rìtratu l' arteBce del
marmo precedente, ma sembra essersi rammen-
tato , senza tradir l' avvenenza del dio tebano ,
che questo nume al tempo atesso voluttuoso e
guerriero
Pacis erat, mediusc/ue b^Ui (i).
Vi ammiriamo quella beltà che incantò ì Tir-
reni , non disgiunta dalla robustezza del piii an-
tico tra i conquistatori. La testa è coronata di
pampini f e la fronte è fasciata dalla benda Bac-
chica, chianaata proprìamente xp^^efivor, come
appresso 'Winckelmano abbiamo rilevato altra
volu (a).
Osservazioni deli autore pubblicate. nel tom. VII
deir edizione di Roma.
Esiste a Parigi nel Museo Napoleone aa«
statua intiera assai ben conservata, che era gih
□el palazzo del duca di Richelìeu. Si vede chia-
ramente che il frammento già esposto apparte-
neva ad ima ripetizione della stessa figura , e
che probabilmente erau tratu l'uno e l'altro da
qualche nobilissimo originale. La statua di Pa-
rigi vedesi incisa dal sig. Tommaso Piroli alla
tav. 7 '7 del tomo I de' Monumens antiques du
Musée Napoléon..
(0 Orai., Carm.i II, ii).
(a) Tomo I, tav. 'S^\, pag- 192 e >cg.
bo.i..vJ^),CoOglc
T A T O L A XXX
F A O H O *.
La graùa nell' inveDuòne , nelle forme, cella
espressioue» è il pregio priacipale di quésto bel
Fanno, a cui l'artefice ha dato tutu la notiilià
possibile 1 senza uscir dal carattere medio ed
agreste, coDveoieDte a sifiatti rusticali semideL
Effigiato Dell' età pììi propria della bellezza ,
sembra che pur or si riposi dal suono del
flauto , conservando ancora i seosì e V immagi-
DJiaone commossi dall' armonìa da lui pur dianzi
destata. È vezzosamente appog^ato ad un tronco
col destro gomito , e ripiega alquanto la testa
sull'omero opposto; la vita che gentilmente ser-
peggia, fa rilevare il ùnistro fianco , e le gambe
negligentemente sì sovrappongono , sicché la fi-
gura tutta forma il piii naturale e piti grazioso
contrapposto che possa idearsi. La rustica situa-
zione delle gambe, l'interstizio delle ciglia poco
spazioso, la chioma pth densa ed aspra ohe
r ordinario , richiamano insensibilmente il sog-
getto che ha parti bellissime . alla sua sfera , o
lo determinano per un nume agreste, anche
prima che ai osservin le captine orecchie , che
lo distinguono per un seguace di Bacco , Fauno-
o Satiretto che voglia dirsi: giacché il primo
* Atto palmi tette « tre quatti^ col pUnte palmi otto
t once dne.
Do,1,7cd.yGoOglc
19»
nome ignoto a' Greci non potè darsi al simu-
lacro quando 1* origiuale usci dalle mani del
greco artefice (i). Ho detto l'originale, poiché
se il lavoro del marmo all' iovenzione corrìspon*
desse , avremmo una delle opere piii meravi-
gliose delle scuole Argive. ISoo so se avanzo
troppo le congetture ; ma io soo persuaso che
l'originale fosse il Lei Satiro di Prasuiele, quel-
lo eh* egli atìmava al pari de) suo Cupido (s),
e sopra tutte le rimanenti sue opere , quello
che iii detto da* Greci, per antonomasia, il Rt-
nomato» Periboetos (3). Se le molte copie che
(t] Luciaii.f Deor. concil. , §4> descrìve i Satiri qnali
noi denominiamo Fauni , e li distingue da "Pan caprino
dal mezzo in giù. Quelli che ora chiamiam Satiri gli
antichi dicevanlt Panisci , quantnnque il vocabolo gene*
ra\t dì Satiri comprenda alcune volte tutta la q>cci« di
sift'atti numi seuiferi. Vedasi anche Pansan. , 1 , 35 , •
il nostro lom. I, XLV , pag. a^Q*
[n) Frine con leggiadro stratagemma scoprì l'opÌDioDe
Ae ne aveva l' artefice e che celava per non esser for-
zato' a Aonarle il (imalacro. La avea promesso quella
iraUe ine opere ch'ella gli avesse chiesta, ma Frine
volea che Frassitele stewo guidasse U scelta col >uo giu-
dizio j e siccome in ci& negava di compiacerla, coiiLerth
col servo che annunziasse allo scultore mentre era con
lei l'incendio della cas^ dE Ini. Prassitete si chiama per-
duto, se non salvava dalle fiamme il Satiro ed il Ca-
pid«. Raificurollo la scaltra douna e gli chìew il Cupi-
do , Pausali. , 1 , 20.
(5) PlÌDio, a. ff., I. XXXIV, S 19. L' Arduino non
Scendo attcBsionc che Plinio parla io questo luogo delle
■Utue di bronzo di Primitele, commenta le par^, \. e. 1
Do,1,7cdDyGoOglc
■ 95
ci reilano di questo eccellente modello ci ood-
vìqcodo dell'alta «tìma che godeva presso gli
aDtichì : se Praisitele fu lo scultor delle Graùe;
se fra quaad Fauni ci faa lasciato l'arte de* Gre-
ci , questo è certamente per le forme il pid no-
bile 1 il piii grasioso per la invenzione : non mi
•embra £ lusingare gli amatori del bello, vo-
fecit et Liberum patrem, et Ebrieiaienty nobilem^ue ima S^
tjrrum tjuaem Graeci Perìhoetos cognominant : come le
parlaMc d' una pittnra di qne' loggetti : una eademque
pictura Ebrieiatamy Satjrrumque dexr^tot fuisse significai'
Non fomuTano Demmeoo un gruppo , come ^paritce
da Pausai!., I, 30, bencliè talnno l'abbia pensato. Pan-
sania , ]. e. , dìi ragione di quella voce tuta di Plinio y
iDiegnaodoci cbe serviva questo simulacro insieme con
altri all' ornato d' alcuni celebri Tripodi che davan no-
me ad una contrada alenieM : dnnqne il Bacco e l' Ebt-
brieti erano le altre due «tatue eh' empievano iiuieme
gl'intervalli de' tre piedi del Tripode. Non perciò desti
credere essere stati que' limulacri minori del naturale ^
bnperoccbi que' Tripodi non eran d'uso, ma di mero
ornato , e quin^ potean esaere molto pi& grandi degli
nsaali , sollevandosi sulla facciata d' alcuni teippiettì «
come impariamo dal testo greco di qnell' autore , Noot
itóv. . . 3UÙ fftp'unp etpeim^atn rpueoSeq. Ciò non si
trova nelle tradusioni che abbiamo dìPaasania: vediamo
bensì UD tripode cosi situato in nna pittura edita dal
Bellori , Pict. antiq- aypt. Rom, , lav. X. Eran collocati
qne' tripodi come i caodetabrl sulle facciate delle nosUe
chiese. Tuttociò si può aggiungere a quel che dice dei
trìpodi il Ca^lus , t. I, pi. 73, e correggerlo dove as-
■erìsce esser di paragone il bel tripode di bianco marmo.
del Museo Capitolino.
Museo Pio-Clèm. Tol. II. i5
,y Google
194
lendoi! persuadere a crederlo copia d' dd s\ fa-
moto origtoale (i)- '
: Due simili n' esistono per le scale del pa-
lazzo. Ruspoli ; odo assai bello ne fu dissotter-
rato Della villa Cassia a Tivoli j uoo bellissimo
se De ammira oel Museo del Campidoglio (a).
Le .proporzioni e la sveltezza delle membra ooa
disdicono allo siile di Prassitele , se si confronti
col SauroltODo che deriva , com' è dimostrato ,
da queir insigne maestro (3): anzi non mi sem-
bra immaginare, quando asserisco che sono tutti
e due inventati ani medesimo stile. Quel ser-
peggiamento vezzosissimo e non afTeiiato poiy
ammirarsi del pari ne' torsi d* ambedue i simu-
lacri, l'incavalcar le gambe per dare una espres*
sione villereccia o puerile al soggetto senza
troppo deformarlo o avvilirlo , in ambe le statue
si oshervt.
La pelle che pende sugli omeri del nostro
Fauno è pelle di pantera, com' era quella del
famoso Fanno dipinto da Antifilo (4)- La fronte
non ha indizio di coma ; in quello della vilk
Cassia è coronata di pino.
(i) Wiockelmaiin che ne cont& fino a Irenu ripeti-
ti onÌ , fu dello nesio sentimento, Storia delle arti, ec,
pag. aga^ed. Rom. , benché non ispieghi dì qaal Fauno
precisamente voglia parlare.
(3) Museo Capitolino, tomo III, tav. XXXII.
(3) Wiacktlmann , Monum. ùiedili, n. 4o> « ^ noiir«
tom. 1 , uv. XIII.
C4) Plin., B. H., XXXV, 4o-.
Do,:,7cdDyGoOglc
195
TAVOLA XXXL
AdOHC orTTO IL N
A BCIS50 '
Quanti SODO gli espositoii de' moQumeoli ro>
inaDi , lutti se^eodoai 1' un T altro,' bau cono-
sciato e ramateDiato questo bel umulicro col
nome di Narcisso (i). Credevano averne gli aN
gomenu nello sguardo atlopito della figura e
rivolto al' basso, che supponevano fissato nel fonte,
dove quel mitologico emblema d'un mil inteso
amor proprio , mirò se stesso , e perdutameuie
se ne invaghì. Pure coovieu confessare che se
tale fosse stato Ìl soggetto della scultura , V an-
tico maestro sì sarebbe allontanato da quella sem-
plicità e giustezza d' espressione che anìraa le
opere di que' tempi felici Perchè io piedi Kar-
cisso , e non sedente o disteso sid margine di
quell' onda iucantatrice 7 Perchè in mossa di sor-
presa, e non piuttosto di tacita , fissa e profonda
contemplazione ? Perchè le sue arucolaiioni in
moto , e non piattosto le membra , abbandonate
quasi dall' animo tutto negli occhi raccolto e
nell'attenzione (3)? Se non mi facea meraviglia
che i moderni avvezzi a vedere ne* lor quadri
* Alta palmi nove e once cìnquej «enea ìl plinto pal-
(1) Tetii, Aedes Barherinae, p. i85, Ficoroni , Roma
moderna, "Wi nck cimano , Storia delle atti, Vietat.
(2) CofI i eipresto Narciuo -in parecchie antiche pit-
tore. Pitture O'Ercolaito, t. V, tar- XXVIU e »egg.
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o™™„do .He.,.„en« ".1 ""'°"' "''""
" "troni con facile rifl. • "!° ""™°' l"""!»
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' ?-e co. f„„ ,„i,.':,j;™ «"•".«.•o XXIU: dice
bo.i..vj^),Cooglc
'97
A tatù TÌstbili , presso alla ferita atessa alcune
orme d' altro lavoro , forse del cìbghiale , scol-
pitovi Dell' atto d' averlo pur diaozi piagato. Osr
aervai fioalmeoie sulla fronte la benda detta Cre*
demnon , assai propria d' Adone confuso con
Bacco da alcuni scrittori, per esser ambedue sim-
bolo rìcooosciuto del Sole (i).
Per coofermare questa mia opiuione , che doq
può non sembrar probabile a chiunque considera
il simulacro , accorrono i greci soritiori , i quaK
non solo attestano ferito Adone nella «oscia, ma
fan comprendere che Tioterna e non l'esterna
parte ne fu offesa > quando asseriscono cbe il
sangue che spicciava dalla ferita macchiava il
seno d'Adone stesso > spruzzandolo fino all' am>
bìlico ed al petto (a)j lo che non poteva ac-
(t) Che Bacco si confondesse col Sole l'attesta Virgi-
lio, Georg, l, in prìnc.
.... Vos o ctarissùna mundi
Itumina, laheniem caelo <juae duciilt tmnut»
Liher et alma Ceres.
Che poi Adone fosse una immagine del Sole , cbe per
la metà dell' anno è sull' emisfiio superiore , pei U se-
conda in«t^ nelt' inferiore , è chiaro dalla sua favola e
dal ragguaglio che ci dan gli antichi delle sne festa.
Si rappresentava estinto, e poi redivivo. Si piangeva
la sna morte, sì riponeva ntrtle principali cittì la ana
immagine ne' sepolcri, poi si festeggiava la novella sua
TÌU. Fiutare, in JlcA., Falsold., de festis. Quindi è
che Plutarco non dnbita asserire in Bacco e in Adone
venerarsi la siesta deità. Sjrmpos.f IV.
(3) Bione , Epitapb. Adonidis .-
*À^f òé fuv ftéXav aì(ta vap' òy.ipa^iiyf ^«yeìro,
lixaSsea 9' è» (i^pov (poififffftro- ót d* viro^aioi
bo.i..vJ^),CoOglc
cadere sopponetido la ferita nella parte esieriore.
Le belle pitliire trovate uliimamente nella vilb
Negroni , oÌDcìse su i disegoi ca?aiÌDe dal ca-
valier MeDgs« oi mostran la piaga d'Adóne nel
silo medesimo precisameDle : circostanza che può
riguardarsi come una dìruoslraàone del proposto
parere.
Questa figura pub aversi per una delle piit
espressive lasciateci dall' amichila : ha però sof-
ferto molto dal tempo, e dou poco ancora dal
risiauro , eseguito nella barbara maniera del se-
colo scorso, riioccaudo la superficie corrosa. Per
huona sorte il uostro simulacro non area d'uopo
ÌD molte parti di questo ìnfebce rimedio- L'espres-
sione dello spavento, della sorpresa e dell'avvi-
limento qual pub immaginarsi nel primo iaunte
in chi s' accorge d* esser mortalmente ferito , n'i
veramente mirabile, e proporàoData giustamente al
carattere del soggetto (i). Sino il tronco riser-
vato nel marmo a reggere la figura non rìmaoe
insignificante : è avvolto della clamide stessa dd
giovinetto, che nella sua costernazione si'è la-
TLjófeot ToxópoiStiP 'A9óvi9i xopipvpoìiTO.
A hii sul corpo un rio dì sangue andava ,
E già daljianco rosseggi/ira il petto ;
E 'l costato che diana' era di neve ,
Di porpora era fallo ai mono Jdone. ( Salvtni ).
(i) Una teita bellifitinia d'Adone ferito h pretto l'sl-
tre volte lodato scn tore accadeinico signor Pacetti. Si
riconoKe dal dolore ritratto nel Tolto, poco diversamente
dalla nostra sutita-
,y Google
»99
sciata cadere dal braccio sioìstro, intorno al quale
solcano avvilupparla i cacciatori (i).
TAVOLA XXXU
A D O H K *. ■
Se la bella cbe accese la dea degli amori dee
riguardar» come il carattere del figlio di Ci-
nira e di Mirra « non sarà difficile il ricoooscere
in questa bellissima statua uua seconda imma-
gine d' Adone (s). Questa deDomioazìone almeno
gli è stata appropriata non con sicurezza d'averne
indovinato l'antico significato, ma con una certa
convenienza a tutto quello che ci presentava il
simulacro d* uu bel giovinetto , senza verun sim-
bolo o attributo che lo distinguesse. Il disegno
di questa elegantissima figura circoscrive un corpo
meno svelto dì quel d'Apollo, meo molle di quel
dì Bacco. Differisce la statua da Meleagro nella
fisonomia , sembra più dilicata che le immagini
di Teseo o di Perseo non sono , e oltracciò non
porta seco nessuna di quelle decorarioni che
son divenute segnali onde riconoscer<B quegli eroi.
(0 Vedali la tavola XLVII ieìY Eiruria regale di
Dempstero.
* Alto palmi otto ; «enza il plinto palmi (ette e once
sette.
(i) Teocrito, tì/ff. XXX, lo fa per la bellezza para-
gonare ad OD simulacro: 'AM' Òf à/^aXf^ éoùSov,
,y Google
aoo
La benda cbe gK raccoglie ìd girtf U rhio»
ma , può convenire ad un discendente da' re di
Cipro , qual era Adone : nna [certa robustezza ,
qiianu basu ad unire l'idea del valore con quella
della beltài ben à confi ad un giovine caccia-
tore , che ad onta delle teoerezze della dea deì
piaceri si esponeva ai rischj della foresta. Per-
chè non sarà dunque o Cefalo o Ippolito (i).
(i) Le immagini d'Ippolito rodo state speuo spiegate
per immagini d'Adone. Coù i varj baMÌrilievi rappre-
sentanti la favola di Fedra e Ippolito, che Winckel-
mann ha richiamati al lor vero argomento, e il eh. si-
gnor abate Lanci ( La Heal Gallerìa dì Firenze, p. i4)
}ia nlterìormente ìllnstrati , dimostrando più accorata-
mente quella opinione. Cosi ancora una pittura antica
eiposta pe> Venere e Adone dal Bellori e dal Cansseo , che
J'han pubblicata ( Pici, antiq. crypt. Rom., tav. TI ],
rappresenta sicaramente Fedra e Ippolito ( Winckel-
raann, Monum. ined., n. ioa ). La vecchia nndrice che
tenta ritenere Ìl giovine schivo e sdegnoso, ha una parte
considerabile nella favola d' Ippolito . come si prova
dalla tragedia d'Eoripide, da' bassirilieri e da Pauunia,
da cui ai ricorda (Alt. I,3a} Ore épec T^f ^ai9ùtLt;y
SMM T^ *po<po5 TÒ ce TI?* 9ui3eovia^ -róXittifta,. fa'
mort di Fedra, e F audace minuterò della nudrice. Allo
incontro oon pnii aver Inogo negli amori di Venere e
41 UA.V.-. Questa favola stessa di Fedra e d'Ippolito si
vede figurata all' intorno d* un superbo vaso etrusco
della gallerìa del Gran Duca, pubblicato da Dempstero
( uv. LXII e LXIII ), « poi dal Passeri ( Pict. Etnac
in voM-, U I, tav. LV[[| frLIX ], dove ne reca al iao
salito una fantastica spiegaiione. La storia vi si ved«
compartita in due gruppi ; in ano Fedra col crine sparso
ÌQ atto di trasporto e di disperaùone f dichiara all' at-
,y Google
aot
A* qnali tutti gli «teui disbotivi sì adattano? Pre-
pongo Adone ( solo perchè piii celebre degli altri
tonilo giovÌDeno la sua paisiona, auiftita dalla nudrice.
ISell' altro è Ippolito in abito da caccia , come appunto
•oo vestiti i cacciatori nel chato vaso impresso nel
Dempatero , tav. XLVII , con du« corte lance , o vena-
huia , e col pileo venatorio gettato dietro le spalle che
si sottrae co* impeto dalle abominevoli islaHEe della
nadrigoa, mentre la vecchia nndrice procura vivameii le
d' impedi melo. Ne' rami editi dal Dempstero e dal Pai-
aeri il cacciatore ha la barba : non così nella pittura
originale che ho confrontala io medesimo a Firencc , e
dkì cui recherà appresso il disegno sommi Distratomi dalla
manificeiiea d'nn vero mecenate, cioè del sig. prìncipe
D. Sigismondo Chigi. In questo apparisce Ippolito un
Iwl giovinetta, qnale Enripide lo descrive. Questa insi-
gne greca lìgnlina menta qualche maggiore osservatìonei
Si sono scoperte alcune epigrafi intorno alle figure della
parte superiore : anche queste ho avuto il comodo di
considerare esattamente, onde le posso dar pìii cornette
di quel che sieno state date sinora. L'uomo palliato cb«
■i appoggia ad un bastone presso nna matrona sedenlCf
il quale nel rame del Passeri sembra una donna , ha
scritto non gì^ MAAAIAZ. ma KAAAIASj la donna
ha nome NlKOHliAlS J de' due gueTrìeri uno è detiv
SEAINIKOS, l'altro non gii AOPKA, nome fem.
minino, ma ^OPKA; la donna colle tibie ha KA£0->
AUSA e non tlAEGAOSA; quella collo strumento
a corde i nomaU ITETAZlS, o«n 8>i A4>P0AlS Io
qiKlla sorU di caratteri l' E è posto per l' H , come
KAAAIKAES per KAAA1KAH2 presso il Ma»oc-
chi ( Ad Reg. Tab. Baraci., pàg. i38 ) ; essendo quelli
del vaso del medesimo genere de' creduti caratteri at-
tici da quel sommo filologo. Circa il significato di quelle
Bgore dissento dal lodato signor abate I-anaì , il qnale
,y Google
due, e perchè riscosse un culto religioso; cir-^
costanza che dovè moltiplicar le sue immagiDS'
< I. cit-, pag. t65 e seg. ) ha creduto Nìcopoli esser*
il nome della citl^, cosi chiamata per la villom Aiìaex ^
e che le feste alle quali si allnde Steno appunto le isti-
tuite in memoria di quella memorabìl battaglia, dette-
pereti Actia. Qnesta opinione rovescerebbe tutte le idee
che abbiamo delle arti greche. Il disegno bellissimo di
quelle figure, degno delle piii rinomate figuline ateniesi
o gnidie, non può mai esser posteriore ad Angusto. La
Mraplicità che n'è il distintivo non simiglia a nulla che
sia di qne' tempi : ed é troppo distante da^ stili d' i-
milazione. Non parlo de' caratteri , perchè in 'quelli l' i-
mitazione poco sarebbe distinguibile. Siccome peri tale
spiegazione non è fondata che sul nome di Nicopoli ,
cade da per se stessa quando si rifletta che Nicopoli ,
secondo l' indole della greca favella e secondo il genio
de' Greci, potè essere un nome proprio di donna , niente
piii strano che quelli dì Stratonica e di Lisitrata : se
quei valgono rompùrice e vincitrice d'eserciti, il primo
ìndica vincitrice di città. In fatti non sono ignote nei
monumenti delle persone ch'ebbero questo nome; tal è
la iNicopoli ne' marmi greci riportati dal Caylns ( RO'
tueil , toro. II , pi. .74 ) j tale la Flavia Kicopoiis men-
lionata in una lapide trovata nello scavo del monumento
degli Scipioni , che si conserva nel Musèo Vaticano , e
che sarà edita dal cavalier Piranesi , cogli altri epitaffi
appartenenti a quell' insigne tomba. Posto dunque che
Nicopoli sia il nome della matròna sedente , come par
certo t vediamo di dare a quelle figure una pib ragio-
nevole spiegazione, lo credo ancor questo vaso apparte*
nente alle Tesmoforìe, e tutto si combina eoa tale ipo-
tesi. Sappiamo che due matrone erano le presidi di
quelle feste, e due appunto si distinguono danna specie
a cattedra o di trono, benché una sola si vegga assisa.
,y Google
X' ÌDcIÌDazione gentile del capo li pnò riguar*
dare come uo segoo d* apoteotL Àbbìam rilevato
Sappiamo che v' era anche un prefello detto StefaneforQ,
e qnesio è Calila, KAAAIAS , nel nostro vaso, t dn«
l^errierì tono, a mio credere, i mariti delle dae maiMoe
presidi, che aveao col lor valoie dimostrato in cumbaN
tere per la patria meritala questa distìniione onorevole
alle loro spose , perciò sono effigiati nel vaso co' lor
nomi Forco e Selinko, tantoppìfa che I mariti soromini-
stravaDo alle presìdi elette il danaro per far pili ^len-
dida la cerimonia. Le donne cogli strumenti musica t
sono ancor ttSK assai ben collocate in una solennilk che
celebravasi nelle cittb Elleniche , particolarmente dalle
donne, e nelle quali era Cosi adoperala la musicn,' che
nn metro della greca poesìa fn chiamato perciò l'hes-
mophorion. Il Genio a'ato e volante colla cetra , è il
Genio de* mister) di Cerere Tesmofora , o legislatrice ,
chiamato 'Hveitóy, tìegemon, il condottiero, così bene
illustrato dal eh. sìg. abate Marini, prefetto degli Ar<
cbÌT) Taticani, nelle sne hcritioni antiche delle ville a
palasti Albani, n. CLXE, opera scritta da vero antiqua-
rio che fra giorni vedrìi la luce. Chi dicesse che nella
cetra si adombrasse la legislatione , solenninata prtncì-
palmente in quelle feste , non si allontanerebbe dalle
metafore delle scuole Pitagoriche e Platoniche (Platone,
M Gor^a, p. 5i6). Finalmente, siccome la castità si
esigeva principalmente ne' riti delle Tesmoforie , si è
rappresentato l'esempio della castità piti famosa nel corpo
del vaso , cioè la storia d' Ippolito , il Giuseppe della
greca favola. Ho risparmiato al lettore il tedio de' luo-
ghi originali che doinmentano precisamenie ogni arti-
colo di tutto il mio discorso, per trovarsi già radunati
nella Grecia feriata del Heurslo alla voce ei-£ÌMO-
*&OFIAI. ferminerìi questo pare rgo coli' aggiungere che
riconosco Fedra e Ippolito nell'intaglio elegantissimo,
nel ^ale il Caylns ravvisa Paone e Saffo ( tom. I ,
uo.i..-cj^),Cooglc
304
altrove che simile attìtnclme si dava a'siroula*
cri dpgli Dei , quasi per signifìcarli condiscen-
denti a' prieghi degli uumÌDÌ. 11 titolo di Re^ìi-
denti , approprialo a parecchie divinità , era forse
relativo all' essere in ul attitudine rappresentate;
Quando si contemplano i capi d' opera delle
greche scuole , non si cessa mai di stupire sulla
conoscenza del bello ch'ebbero gli artisti di quella
naùoDc, per cui seppero variare con tante gra-
dazioni la somma ideal bellezza che concepivano
ÌD mente. Abbiamo io questo Museo molte sta-
tue , tutte rappresenuuti figure giovani e virili ,
tutte d' una bellezza sovrannaturale , e tutte va-
liate secondo i caratteri e le diversitìi de' so^
getti, con tanta unità, che nessuna parte d'al-
cuna potrebbe ad uu' altra adattarsi. Il primo ia
sublimila di stile è l'Apollo: di forme meno su-
pl. XLVII, D. 5 ) dalla lettera appunto, o da' pupillari
gettati al suolo, che soglion veder*! nella maggior parte
de' monnmenti che questa favola espongono ( Winckel-
nann , I. cit. ). Questi pugillari medesimi m! fan cre-
dere rappreieatato Ippolito io atto di renderli o alU
madrigna o alla riudiice nella figura nuda che ha il
cane a' piedi , del Dittico QuirinìaDO assai impropria-
mente spiegalo dal Passeri ( Thes. Diptych,, tom. Ili,
t. XVII, nell'appendice ) per una storia cristiana. Que-
gli avorj chiudevano forse un libro d' attiche favole ;
perciò Beli' altra fac<:ia v' è Enea in abito frigio con
Didone da cacciatrice , come da Virgilio Jk descrìtta
( AtH. IV, V. i37 e seg- ). Il lavoro non i peggiore di
altri avori profani , come dell' Escniapio che pui ve-
dersi nel tomo stesso, t. XX, nell'appendice.
Do„,7cd,yGOOglC
ao5
liliali , ma pih robuste , è il Mercurio detto l'An^
ÙDoo. Pìii semplice. e meo forte è l'Adone che
ora esponiamo: alquanto piìi agile è il Melea-
gro. Più dilicato è l'Àvore, più molle è il
fiacco. Tutti soD quasi ugualmente bellissimi e
40rprendeDti>
n pregio iu cui si distisgue il nostro Adone
è sovra gli altri la maravigliosa bellezza degli
omeri. Vedendosi questa statua, si comprende me-
glio qaal sia quella giovanil venustà , onde co-
^[lerse Minerva le spalle e'I capo d* Ulisse (i).
La testa è ancor bella , e 'l volto avvenente ,
la fisoBomia non è però delle più signiBcanti:
ed ecco un' altra ragione per ravvisarvi un eroe ,
cui più le tue fortune , che ^ouna memorabile
impresa ^ avean segnalato (a).
Osservaùoni deWautore pubblìtete nel tont. VII
deir ediùene di Roma:
Ho citata odia' quisouoposu nota (a) una sMiua
d* Apollo esistente nel palazzo Chigi similis-
sima nella mossa al preteso Adone j un'altra pa-
(I] Onero, Od/ss^ Z, sen )ib. VI, v. 335.
(a) Soa pn^ dÌMÌniD)ar>i per altro la lomma raiiomi-
^lianEa di qneita figura col bellÌMin^o Apolline trovato
negli (cavi Lanrenlini del li gnor principe Chigi. Se poi
se ne debba argomentare identità di loggeito o semplice,
imitaxioae , ne giadjcbi a tao piacere chi vorrà consi*
derare ambedue queste inperbe «cillture.
,y Google
306
rimente simile , e co' simboH di Apollo , vede»
cdiia frolle «utue deUa collezione Gioatlniaui ,
tom. I, UT. 5t; ulchè non debito che il nostro
Adooe non sia slata «Dcor esso aoticameate oa
Apollo.
TAVOLA XXXIIL
P K a s B o *.
locomiDciamo dalla sutua di Perseo la storia
eroica .- poichi il culto che fu presuto ad Adone
assai generalmente ce lo ha fatto collocare fra
quegli eroi che al paro d'ErccJee d'EscuU-
pio furono posti dalla gemili^ nel rango de' numi
La rarità del soggetto (i) accrescerebbe ^e^o
a questo marmo sculto maestrerolmente , se con
certezza potessimo asùcutare, che come ora è,
così ancora fosse io antico l'immagine di quel-
1* eroe. Ma i segnali che per tale il determinano
' sono moderni , né v' era nell' antico un fbnda>
* Allo palmi lette e messo; aensa plinto palmi lette.
Fu trovato a Civitavecchia ne' fondamenti della caia del
Cioccolanì.
(i) Unica potrebbe dirai questa immagine di Perse»
di tutto rilievo , poiché quella del palasso Laute citata
da WiDckelniann nella Slor/a delle ani ( 1. V, cap. 3,
$ 33 ) è tale, mercè il ristanro. Il braccio colla Gor-
gone è moderno. Ha d'antico l'egida sulla spalla * che
non conviene a Perseo, bensì a Giove o ad un Aagnstu
deificato.
,y Google
IO'}
xnento abbastanza fen&o p^r dare alb sutua pih
■<|Desti che altri auributi. MaDCaùte, com'era*
•ciel capo, delle braccia e de' piedi', ood ofiriva
all'osservatore veruo disdouvo. Parve notabile il
braccio sinistro involto in un picciol manto , e
^uasì nascosto presso il fianco. Una simile at-
titodine ha il Perseo dell' egregio bassorilievo
Capitolino, così effigiato come se celasse il teschio
della Gorgone , perchè non fosse- fatale a chi Io
l^oardava (i). Tanto bastò 'per dare al nostro
MMilacro le insegne di Perseo, cioè le ali di
Mercnrìo alle tempie, e la sua spada, harpe,
alla destra.
Per altro il panno in cni è avviluppato il brac-
cio ànistro ood copre siouramente la Gorgone ,
poiché non ha; la sufficiente espansione per ciò,
« non dà conto <che del solo braòcio. 11 manto
ravvolto al braccio • manco è stato altrove' rilevato
come un sìmbolo di Mercurio (a),' a coi beo.
conviene il carattere delle membra nobile e ro-
boato. Si è ancor detto che il coprire la sini-
stra mano col mantello era proprio de' guerrieri,
e de' cacciatori , ' e (ht T* erano alcuni piccioli
manti non ^li ristretti per avventura del nostro,
de' qtiali si coprivao le mani que' che rappre-
(i) Museo Capitolino, tomo TV, tav. LXII. In una
patera rìportaU da DempMero e da Pabretti , p- ^^^ ,
doT* é grafita questa favola co' nomi icrìtti, Perseo ha .
una picciola sporta per rìporvi il Gorgone.
(3i Tom. I, taV. VI e TU.
,y Google
308
BeoMVBDO sai teatro gU eroi nella gaerra e oeDa
caccia famosi (i). Potevtf io tal caso appartanere
la statua a Meleagro.
Se taluno però peasaste ebe dou sdamente
la denominazioDe di Perseo non ùa aUiasunM
fondata , ma ancora la riguardasse come impro-
pria pel carattere di disegno prescelto dall' arte-
6ce, troppo sublime per un uomo, e proprìo-
solianto d'un nume; ù ricordi che in alcuni
luoghi gli eroi TeDÌTano adorati come numi, e
fragli altri Perseo, che sembrò a' Greci averlo
ritrovato io Cbemmi cittJt dell' E^tto a rìscuocere
da que' popoli al paro delle piU vetuiie deità
onori divini (3).
La testa antica e non sua è di bel lavoro, e
de poter piacer* altrove che su quél basto. Qui
disdice alla dilioateBa del rìmanaDle, avendo
un' aria grossolana , e lineamenti rustici , per ea-
ser la testa d'un Fauno* alla quale i stato ag-
giunto nelle ali qu^ cb' è suio tolto nelle orec-
chie, eh' eran caprine. Simili inconvenieoà speato
accadono ne' ristcnri pih per lUffidenxa delle aró
nostre , du per pooa riflessione de' rìftanratoii
(1) Polluce, Onomtut.flV, ti6-'E.(pa3rTÌgy ffwrrpeu-
ftivtióv n ipoanxovv, 17 xopatvpovv , mpì rifv Teip»
ttjijav ol 'XoXty.ovtnet; , 17 oi àiipoftei. V afaptidt è
un picdol manto da avvolgersi, rogto o purpureo, eh»
portavano intorno alla mano i guerreggianti o i caccia-
tori.
(2) Erodoto , Euterpe ^ >eu II , 91.
DowcdDyGoOgIC
aog
Quando le proporaionì U comporboo, ^ ama-
tori de' mooumeiiù fanno iaoestare pia volea-
■ierì aUe statue una lesta antica qualoo^ne * olie
«rdìnaroe ud| adattata e moderna : quindi tante
heOe statue mancano di quella espressione che
ne fac<a il miglior pregio, e che dovea. princi-
palmente 9[nocare imI tuIio della Bgnra.
Osservauoni deW autore pubblicai
nel tomo VII deW edizione di Roma.
Ciocché nella spiegazione di questa tavola di-
cesi àt^V ephaptide dessi riformare secondo ciò
^e ù k notato selle addizioni alla tav. XXIX,
pag. 195 del primo volume.
TAVOLA XXXIT.
Meleagro ^
Abbondano nel Maseo Pio-Clementino Ì capi
d'opera dell'arte, quelli che basterebbero ao-
cor soli a render illustre uoa cittì, come scrisse
Plinio delle opere di Lisippo- Il Meleagro di cui
presentiamo il disegno è nna sutua inBtoJgMa da
quasi tre secoli alla pubblica ammirazione' io-
certo è il Mto donde fu dissouerrato- : volendolo
* Alto palmi nove e meteo ; «eaift la pianta palmi
Otto e once dieci. Fa acquittato dalla ta* me. di Gle-
«enU XrV.
Museo Pio-CUm. Voi. H, jf
Dow.d,yCOOglC
3IO
altri rioTeonto sul!' Esquilino presso la bawlica di
Cajo e Lucio , altri scavato fuori della pena Por-
tese sovra il Gianìcolo ( i). Passò nel Musco, acqui-
sUto dalla s. m. di Clemeoie XIV, ove si so-
sùeoe a front© delle sUlue impareggiabiU di Bel-
vedere (3) Coogiunge ad una superba scnhur*
una mirabile integrità i non essendo maDcante che
della mano sinistra , la quale non osò ristaurare
Michelangelo. La clamide (5) che dagli omeri
(i) Della prima opinione è Flaminio Vacca nelle me
Memorie, u. 84, c^^e »• leggono nel IV tomo dell'edi-
zione Romana del Mardini 1771, e Ve agginnU a qne-
»to proposito una lunga noia: delia seconda i- 1* Aldo-
vrandi, Statue di Roma, pag. i65. Era del famoso
archialro pontiiìcio Francesco Fusconi da Norcia, su di
cui si può eonsnlUre la beli' opera del piii volte lodalo
signor abate Gaeuno Marini: Degli Archiatri Pantìji^j ,
voi. I, pag. 3a5.
(a) L' Apollo , il Mercurio detto 1' Anlinoo , il Lao-
coonte, il Torso, la Cleopatra, solevano avere pre«o
gli artisti quesu indicatione prima che si formasse in
Vaticano nn Mnseo di sculture. ;
(5) Gli antichi sialuarj sogliono fornir di clamide le
figure dì cacciatori ; oltre gli esempj addotti sopra ta-
vola XXXI , pui notarsi quella dell' Endimione dor-
mente presso monsig. Marefoschi, sUtua pr^ievole dis-
lotterraU due anni sono nella villa Fede , gii vili»
Adriana, a Ti\oIi. Il sonno è la caratteristica d'Endi-
mione, come ne fan testimonianza i tanti bassirilievi ,
le pitture d' Ercolano' e i classici :
ZaJtoTÒc yx9 nyiv ó tw àxpoicav vxvov ìw99v
Ei^fuoi*.
Da invidiar» a me ben sembra quegli,
Do,:,7cdDyGoOglc
311
Va svolazuodo sino a con^ungerù col inanno,
in che si vede scolpito ì) teschio del terribil
cinghiale dì Calidooe, si è serbata intatta, non
ostante che restì isolau in aria , e ridoiu a quella
sottigliezza che può conveDÌre ad un drappo.
U soggetto nOD è ambiguo : la spoglia del cin-
ghiale non solamente lo dimostra un eroe cac-
ciatore , ma quallo che liberò I' Etolia dalla fiera
che la vendetta di Diana aveva mandato a de-
vastare quelle contrade. Male adunque alcuni
scrittori l'han nomato Adone , che del cinghiale
anù fu la vittima (i).
Meleagro è il pih celebre fra' cacciatori che
rammenti il ciclo mitico j e *l suo nome stesso
ci addita il suo trasporto aUa caccia (3). Non
C%0 thrme in cupo tonno Endimione. (Salvìni),
Theocrit., Idyl. III.
(i) Tedaai il Gronovio, Thes, aniùjuit. Graec., tata, l,
foL Ifnn.
(2) Natala Conti deriva il nome di Meleagro dalla
cara de' campi e dell' agricoltura , cioè da ftékei e da
SfiVOf. Male: poiché non da' campi, Svpoy , ma benil
dalla caccia, à/vpa^, doveva derivarsi il suo nome re-
lativo alla ina ttoria, e alle qualità che si desideravano
in qne' tempi ne' gìovaaì eroi. Spesso i avvenuto che la
stmiglianza delle voci abbia dato cagione a false etimo-
logie. Un' altra derivazione erronea della voce àpVOi
è quella della parola 'Avoen^C, nome d'un magistrato,
mensionato in una greca iscrizione delHoseo Itant: che
ai vuole perciò aver tratto questo titolo da qualche
agraria incombenza ( Biagì , Monumenta Graeca Musei
Naaii , pag. 196 J. Il nome 'Ayptjiii « 'AjJDerò? ,
bo.i..vJ^),CoOglc
fu per altro mÌDOr guerriero , come Omero ce
lo descrive. Io que* tempi che le mal formate
Agretas , bod è poi così nnovo né cosi strano come si
pretende nel citato libro , e deriva chiaramente da
àytipo , congrego , nel qaal verbo si sopprime volen-
tieri il dittongo, sincopandoti, come presso Omero ìd
à/ypó^evot per àfetpó^mt^ congn^aii, e in cento al-
tri esempli. Ora d^peràc è lo stesso che àvetùeràc , o
anche dveprài, colui che aduna: intendeuiiosi del piv
polo convocato in comiij (ùexXl^tna); ó delie pubbli-
che rendite ( wA»? 1. Qnesta idea ce ne dà Esicluo nel
suo Lesbico , dove abbiamo ^hvpsjq, ( dativo ) Zwo-
^toùrr^ ^ oi radunatole i poiché si dee legger così, non
^iWaSspoidfJ , erroneo anche per consenso d' Enrico
Stefano ; ed i commentatori che correggono la prima
parola , tostitnendo àvpe^^ ad dypETO, fanno maggior
Tiolenia al testo. Qnesta idea ce ne dà Senofonte men-
zionando fH' 'ììcyraypsTai della repubblica Spartana {de
reb. Laced. ) eh' erano i capitani de' soldati a cavallo ,
Q della gioventii, secondo che altri pensano, cosi detti
ab eqiutatu congregando, àutif tov àyeipEit tovc ixxeif.
(Vedasi Enrico Stefano, Tkes. Graec. ling. V. jrdwavpOV,
e V. atìtwypBXal )• Questi Hippagreiae son rammentati
in alcune lapidi della biblioteca del re, portate dal Pe-
loponneso dall'abate Fourmont , edile nel tomo XV
AeW' Accademia delle Iscrizioni f dove son tradotti erro-
neamente Bjrppagretes invece d' Hìppagretes , e creduti
esser guardie del re, quand' eran tutt' altro, secondo Se-
nofonte ed Esichio. Quelle interessantissime lapidi tro-
vate ne' templi sono memorie di voti, o di sacri&zj ese-
guiti o sciolti per pubblica autorità , non già dichiara-
zioni di guerra, come pensa fnor d'ogni ver is imi gli ama
1' accademico francese- L' iscrizione per& del Museo
Nani, estenda! awai singolare, ho pensato riportarla ^ui
,y Google
3i5
società degli uomini avevauò ancora di jche te-
mere delle belve troppo moltiplicate sulla terra
colla mia interpretaiione, alquanto diverM dalla sipeata
Del libro accennato :
H lEPA OTnKEIA
r. lOTAION ElUtPO
AEITON ATPETET
2ANTA TO TiS" ETOS
KAI AONTA EKAZTO
rEPONTI NOMHZ AH
HAPIA AEKA KAI TAS
ERNEA OrXI RATA TOJi
nOMON AAAA AElnNI
£A1NTA AAMHPaz
KAI TH AEKATH l'ai»
nOAIN OAHN TON
EATTHS ETEPrE
THN ANEZTHLEI»
H* Ufià 'Ovìttiaieb
VÓMf loèXun 'Exa^pó-
9enOf à^peviv-
aavra rò P<IA. hoSt
xaì Sovra éxdffTf
rapta 9é3ia, luù ràf
hrea 9Vj(ì Ma/tà «òf
wófiov àXHà denrW-
9ttfm Xa^iXpQi
.yGoogIc
ÌDcoha y il valor nella caccia era una TÌrtii , cm
onorava il pabLlico beae : né andava ordìoaria-
i disgiunu dtir altre virth goerrìere-
xóÀ,a> eXt^v. taf
iavt^i èvepyé-
TtfV àvéiTTtifftv.
"ifl'pu^.wtt Yepwiai;.
Sacra { nrbt ) Vpssia
Caùmt lulium Epaphro-
ditum magistrata Agre-
tae funaum anno CLXXXXflII.
fui' dtdit unicuique
settatori prò distribMione dena-
ria decem; et qui per novem dtes
non prò more, sed splendide
decima etìam die ( addita ) epalo
uròem totam excepit;
Benefactorem suian erexit.
Decreto Senatus.
lift traduzione edita i la ugoente:
Sacra Vpìsina C. lulium Epaphroditum , ijui magùtralu
functus est anno CLXXXXIIII , et dedU um'cuique sena-
tori iuxta morem denaria decem et novem , non iitxta
r^rem legis, sed epulum dedit splendide, et decima dvi-
tatem totam, stutm benefactorem dedKavit, $eu honorcvit
decreto Senaius.
Circa la cittii dubito molto «e debba veramente riferirsi
ad Opisina o Opisana, città di Tracia presto il moDte
Bodope , quando il marmo proviene dal littorale del
Peloponneso: né mì persnade qael che si snppone nel
citato libro , che solent antiqui lapides bt Graecia huc
'iluc commercU causta transjerrii ni piìt mì Kmhra pro-
DowcdDyGoOglc
ài5
1^ eroe semlu-a riposarsi sulf asta , colla quale
aveva ucciso la belva* e che fu da lui dedicata
liabile di vedere in una mediterranea e il tlt della Tracia
KATPETAS e i rEPOINTES, noii wati nella Spar-
tana poliiia. Io crederei piuttosto che apparteneise a
qnalche città greca del Peloponneso, il cui nome non
ci sia staio tramandato da veruno scrittore, lantoppìii
cbe sappiamo da Straboae ( lib. VIU ) essere stale al
ano tempo , non lontano , come io credo , dall' epoca
della epigrafe , otto città nella sola regione Pisatide ,
delle <{na1i non sappiamo i nomi, eccetto che di sole
tre. Forse anche una piii accurata ispesione del marmo
originale potrà darci un' altra lezione e un nome pid
cognito, quando pure in quella OTIIHSIA non si na-
sconda il nome ò'Opunte, ch'ebbe ancora una città del
Peloponneso nell' Elide, e '1 cui gentile è 'Oxoeiatoi ^
onde potrebbe formarsi OTIOEISIA, poco lontano da
OTnksiA ( Stefano Bizantino, v. 'OflToWf ). H (itolo
di sacra allude a qnalche tempio, della cui religione
ai glorìaTano gli Upeaini, ed è altronde un epiteto assai
comune a' nomi de' luoghi: oltre le notissime prove pub
allegarsi un epigramma sepolcrale inedito del nostro
Mtueo del seguenie teuore :
SI GBAVE NON HOSPES PaVLLVM REHORAIIE VIATOR
SIC TIBI Srr FELIX QVOD PROHERATVR ITER
me srrvs evdaemon scribonivs vnde reqviris
FORSAN BVTHBOTE SACRA DOHVS PATRIA.
V anno della magistratura è , secondo me , computato
dall'epoca di Flaminino, cìoi della libertà della Grecia
l'anoo di Boma DLVI, nel quale ne' giuochi Istmìci fu
pubblicata con tanto plauso V autonomìa. Forse da que-
sta epoca medesima dovrà contarai l' anno CCLXXll
della iscrizion Hegarese, eh' i nel nuovo Tesoro del
Muratori, pag. SSq, u. i. Certo che l'epoca d'Alessan-
dro, alla qutde vuoisi quella tenia veruna probabilità
Do,:,7cd'DyGoOglc
310
ad Àpolltne io Sicione (t). Di quest'asta ora aon
rimangono che le tracce sulla piaota dove la sia-
riferìre, non pai assolntamenle convenire alU nostra.
Che le cittì greche abbiano contato gli anni Am qnel
fcliciuimo avvenimento, li rende quasi certo ial vedere
nelle medaglie di Laodicea nella Caria segnata l'vpoca
della vittoria rontana sn del re Antioco , dopo la qnale
fn data la libertà alle città greche dell' Asia , come ap-
punto nove anni prima sì era fatto dopo debellato Fi-
lippo da T. Quìdiìo FlaminÌDo colle città delia Grecia
Europea. { VaillanI, Sum. Gr. in fine dell'opera nel
capo che ba per tìtolo Urbes in qaìbus epochae }. Così
molte città della Siria contarono l'epoca della vittoria
di Pompeo sopra Tigrane , quando sotto l' ombra dei
Romani acquistarono una specie d'autonomia, ( Veggaii
il Horis, de epùch. Sjrrom<iced . ) Su questa ipolesi l'ao-
Bo CXCIV cade ne' tempi di Angusta, cioè nell'anno
di Roma DCCL, quando un liberto di Giulio Cesare,
qnale io credo il nostro Gajo Giulio Epafrodìto , fu
eletto in supremo miigìstrato di Upesia , ed onoralo di
una statua. I pesi de' magistrali monicipali nelle feste
e nelle liberalità pubbliche, si sa che divennero ecces-
sivi ne' tempi dell'impero. In Upesia era questo costume,
cbe il supremo magistrato desse per nove di nna cole-
xione al popolo, o ad una parte di esso, peso forse reso
piii sopportabile dalla scarsella de' citladioi. H nostro
Epafrodito distribnì a' senatori dieci denari per ciaacaoo,
e di piii aggiunse il decimo giorno ai nove di regalo
al popolo , ni volle stare al prescritto dalla legge o
dalla costumaniB, ma li tratti molto splendidamente: lo
che gli meriti un simulacro col titolo di benefattore
della città. La parola àréirtfioty, excitavit, enxft, non
(!) Fausania, Corùuk., leu lib. II, e. 7.
,y Google
ar7
tua pota , e «ul braccio manco i la maDO ohe la
atrÌBgeva è periu eoa grao danoo della compo-
sixiuoe; poiché la 6gura pende alcuD poco dal
lato «inistru , come se sulla lancia stessa sì ri-
posasse (i): ed ora che manca (3) non sì com-
prende più il perchè , né la proprietà dì quella
pendenza. Tieo la destra pure in atto di tran-
quillità e di riposo appoggiau sul fianco.
Le forme del suo corpo sono bellissime : quan-
tunque restino alquanto al disotto di quelle del-
l' A polline , del Mercurio detto l'Antiooo e del-
l'Adone , A nella sublimità dell* ideale , come
nella eccellenza dell' esecuzione. La tesu però,
ohe ha un' aria di beltà e di vivacità meraviglio-
sa , è una delle più sorprendenti che abbia mai
ammette il dabbio del posia't de' Latini , né ad altro pu^
riferirti, che all'erezione d' ana statua. Le parole TAS
ENNE A , equivalgono a 9td jàc ^fiépat; twea, ciof
per novem dies, con ellitti mollo nsuali nella greca «ìn-
tatii. L'articolo TA£ vì >i aggiunge perche qne'nove
giorni di pubblica festa erano dciermioati e itabiliti 6
da legge, o da coniuetadine.
(ij A.1 costume d'appoggiarti 'alla lancia, come foue
il pili proprio ripolo de' guerrieri , alludono ì tegoentì
veni d'Arcbiloco preuo Ateneo, I, 34 =
*£y iopì (téf /iot iia4a p.ey.ay^èfii , èv dopi 3" oho(
'lofULpixòc mfo S'è» 9opi KexXifiépoc.
Sulla lancia mi dio, e sulla lancia
Bevo f Itmarìo vino , e sulla lancia
Le membra a ripoiar talor m' inchino.
(a) Ora la mano colla lancia >i reitituìace dallo Kut
tote poDtificio sig. Giovauni Pierautonj.
,y Google
3tS
la scultara effigiate. D sopracciglio non è legnato
con un coDtorDO ugliettte, come hacao usMo
alcuna volta gli aDÙcbì per esprimere cosi il co-
lor nero delle ciglia ; non esseudo permesso agli
soiiUoii d' imiure altramente certi effetti di co-
lori e d' ombre , che quantunque fuori della loro
£icoltài si rendon pure talvolta unto essenùali
all'espressione del soggetto , che non. potrebbero
omettersi sensa tradire l'imitauone. Qui per al-
tro la dolcezza di que' contorni ne indica, forse
il color biondo , il quale «ccome non. rìsalia
sulla carnagione tanto vivameoie quanto il nero,
non aveva bisogno d' esser indicalo coli' esposto
ripiego. Omero che dà sempre 1' epiteto di
{oy^^òc, biondo (t), al nostro eroe, ha forse
gtìidato in ciò l'antico maestro.
Che diremo però della plttara di Meleagro a
Delfo, che lo rappresenuva barbato (3)? Ifon
ci farà certamente mutar pensiero sul soggetto
del nostro marmo, giacché tanti monumenù che
ci offrono senea dubbio or 1* una, or 1' altra cir-
costanza della sua faticosa vita o della sua morte
compassionevole , sempre io giovanili sembiante
e sbarbato ce lo presenuno. Così in fatti conve-
(i) Omero, //. B, v. 64a. Flavus è ietto da Giove-
nale , Sai. 5.
(3) Pansan. , PhodcOf sen lib. X, 3i. Sarà forie on
Meleagro barbalo il busto col tescbio del cingbìale in
capo, eh' è sulla poru a capo le scale del Museo Capi-
toliao ?
,y Google
319
xdva ad un eroe estioto immaturamente nella pri-
mavera degli anni.
U caae che ha a' piedi, quantunque lavorato
nello stesso pezzo di marmo , è molto inferiore
al rimanente nella esecuzione.
addizioni delC autore.
L'ellissi delle due voci toc ed ^fiépai di cui
nella noia (i), pag. 317 è tasto famigliare ai
greci scrittori, che l'ho enunciata senza prove-
A persuasione de' grecisti Dovizj vi aggiungo un
esempio tratto da' versi d'un oracolo citato da
Ateneo al lib. I. Risponde Apollo agli Ateniesi
che gli chiedevano come guardarsi dalle infer-
miti estive:
'Ejxoai ftiv «]pò KVfòC) 3tai iutom rà^ (leTéxeita
OÌm6 hi ffxtepo Aiovvm j^Mi^ai tarpo.
yèrUi prima del Sirio , e venti dopo
Jn ombrosa magion ti curi Bacco.
Qni ù sottintendono , come nella iscrizione di
coi ù tratta , le voci 9tà e ^(lépaf.
^Ure osservOMÌoni delT autore pubblicate
nel tomo VII. delT edisione di Roma.
Nella nota (a) della pagina aia tornansi a ci-
tare le iscrizioni Aroiclee, tulle quali ho gii in-
dicad i miei dublij nelle addizioni alla tav. XTIII,
pag. 14.8 dì questo secondo tomo. A proposito
della iscrizione greca riportata nella nota stessa
rimango tuttavia nel aeadroento che ho ivi èspo-
Do,i,7.d.yGoOglc
3ao
Ito diverso da quello del P. Bugi io molti par-
ùcolari : ma dou impugno cbe i manni scritti
non TÌaggino sovente pei mari della Grecia , dorè
sono impiegali per zavorra de* baslimenti. Quindi
DOn sapendosi il luogo preciso dove l'iscrixioDe
«DÙcamente fa posta , le congetture che sì pos-
sooo proporre soli' epoca eounciatavi , non pos-
sono avere alcun fondamento ahba&tanu fermo
perchè si cangino io probabilità.
TAVOLA XXXT.
Gahihede **.
La bella statua di Ganimede che ci si pre-
senu, noD è cerumente la famosa di Leocare,
uè da quella è imitata. U fanciullo era stretto in
qneir egregio broiuo dall' aquila eoo unta espres-
sione , che ben dava a divedere quanto preziosa
fosse la preda , e che cura si prendesse di non
offenderoe cogli artigli le tenere membra, an-
corché riparate dalle sue vesti (i). Né il nostro
i in tale azione efSgiato, né alcune delle esutenti
unmagioi di Ganimede veggiamo che non sia
nuda. H solo berretto frìgio é conservato del bar-
* Alto palmi cinque e once sette. Fu trovato nella
tenuta del Qnadraro fuori della porta S. Giovanni.
' (i) Plin., B. N., XrXIV, ig, dice che Leocare icólpl
l'aquila, senùentem tjt^ rapiat ih Gmgrmade, tt panen-
tem wgmèus etiam ptr vesiem.
,y Google
I>aneo Testìario che gli conviene (i): una sem-
plice elanude vensioris gli pende dagli omeri ,
il baMon pastoriùo è nella sua manca (a), ed
egli si piega in leggiadra atliuidine ad accarez-
zar 1* aquila che lo ha rapito « già conteoto del
sno novello soggiorno, e colle gambe in fan-
ciullesca positura incavalcate' È scolpito in marmo
greco con lai morbidezza , che molto non si av-
ventura a giudicarlo un greco esemplare , tanto
pih che delle ripetizioni (3) se ne incontrano
per le gallerie , e fan testimonio della stima in
che si ebbe il nostro , che ha lutti i caratteri
d' ori^Dalitft.
Quantunque la comune de' mitologi e de* poeti
fiiccia rapir Ganimede o dall' aquila di Giove , o
(i) L'uso di rappreientare gli eroi trojani e lidj col
loro abito asiatico per distinzione da' greci eroi, fu se-
guito da' greci artefici , né fu novità ifitrodotta da' ro-
mani artisti , come taluno ha pensato ( Antolog. Rom. ,
i;85, n. XLVIII }. Oltre la presente figura di Ganimede
acGenner«no altri argomenti in contiarìo scila spiega-
zione delU tavola seguente-
(a) Tirgil., Aen. V, v. a5a, lo vuole rapito nella cac-
cia. Luciano, Dial. Deor.i lovù, et Ganjrmedis: lo de-
scrive suir Ida menando vita pastorale.
(3) Tale è quello del palazzo Lancellotii citato da
Winckelmann , Storia delle arti del disegno , lib. \ ,
Gap. Ili, $ IO. Tali ancora sono presso a poco alcuni
riferiti dal Gronovio, Thes. antù]. Graec-, t. I, fol. y-.
D' una celebre Statua di Ganimede che si conservava,
nelle sale annesse al tempio della Pace , fa menzione
Giovenale, <S'iit. IX.
,y Google
da Giove stesso cangiato ìd aquila per l'amore, dal
sommo degli Dei concepito verso quel regal pa-
storello : Omero lo vuol rapilo dod dal solo Giove,
ma dagli Dei tutti coitcordi , a cagione della stia
straordinaria beltà , per farlo degno coppiere del
re dell'Olimpo (i). Le avventure del giovinetto
veggoosi espresse nell' egregio cammeo Mediceo
spiegalo dal Gori per Giunone che cerca se-
durre Ganimede (a). La dea seminuda è Venere
(i) Omero, Iliade T, a3a :
xai òhtQbos Twpv^i^i
0« dij ità^,XtffT04 fèvenù ^mró» àvòpóxov.
tò» naì àv^psi^avro Steoi Aù òiyoyosveiVj
KóAAeo; emxa, oio , h' àStavÓTOun (teteir^,
E a Dio paragona&il Ganimede ,
Che /u il pia tei degli uomini mortali.
Che h rapir gV Iddìi perdi' egli fiate
Coppiero a Giove per la sua beliate ,■
Perch' egli fusse su tra gt ònmonali. (Salvinì)-
Il nome di Ganimede deriva da ydfO( , allegria , e da
(itlSéo , pensare, prendersi cura: conviene percii» al cop-
piere degli Dei, che ha cura de' loro conviti. Quindi
Ebe che avea il minitlero medesimo, fu ancora nomata
Ganimeda, Pausan., Il, i5. Senofonte ( S^mpos. ), che
vnol Ganimede rapito dagli Dei noti per la belle™ ,
ma per la virth, dà nn altro torno alla medesima eti-
mologia , qua» valesse a significare colui che gode di
pensare e di meditare.
(2) Museo Fiorentino, Gemme, tom. II, tay. XXXVir.
Ganimede è in quel cammeo copeno d' una specie dì
celata o pileo veùatorio, e colla pelta al braccio sini-
«tro , per indicare con quello scudo non greco che il
giovinett» i uno straniero. i« «nnalure specialmente
DowcdDyGoOgIC
e non GiuDone , non effigiata gumnui dai greci
artefici con sì poca decenza. Ella acearezxa Ga-
nimede e lo istruisce ne' suoi nuovi desbni,
mentre il fanciullo penùeroso appressa in atto
di paerìle esitanza il dito ^a bocca « e Giove
lo sta contemplando quasi nascosamente, mezzo
coperto dalle grandi ali dell* aquila che uniscono
mirabilmente la composiùone al tempo stesso
che fan risalure col lor diverso colore il pregio
del superbo onice > per la varietà delle sue tinto
e per la sua orienul lucentezza ugualmente stì-
matule che per 1' arte.
TAVOLA XXXVI.
Gahimkde *.
Una seconda statua di Ganimede i quella che
ci si presenta in questo rame ; dal che possiam ri-
levare nn pre^o del Museo Pio-Clementino «
leggiere li mavano aniicameate anche
PanMn., lib. I, ai: e i cacciatori collo icodo >i vedono
in antiche pittore, Pict. vet. tepuicri Natan. Bellorii, et
Camset, tte-, tav. XXVIII e XXIX. Il vaso a* piedi del
GaDÌmed« ìndica il *na ministero celeste. Possono ap-
propriarsi al rappresentato sn questa gemma i versi di
Anmssandride , ne' qaali Ganimede dice di se stesso:
Paria con Giuao, e sialo con Ciprino. (Ateneo, II, a).
* Alto palmi dieci; senta plinto palmi nove e «qcb
,y Google
qual è questo di oooserrarci due sicure imma-
gini di quel favorito di Giove , deIJe quali sodo
ccarsisMmì gli ahri muieij poiché il bel Gaoi-
mede della galleria Gran-l>ucale tale è solunto
per opera di Beovetiuio Cellìoi, che si com-
piacque dar questa espressione e questo aiguìfi-
cato ad ud tronco di statua amica dod solo prìvo
d'ogni disùmivo, ma ancora di tutte le estre-
mità (i). Grazioso nell* invenzione, disegnato con
eleganza : non è però il presente marmo trattato
con quella originalità , né con quella maestria ,
colle quali il precedente è scolpito. L'artefice,
che da altro simulacro lo copiò , fu intento a
conservare una ceru morlndeaza di tocco, e una
giusta imitazione del vero : non raggiunse però
quella nobiltà e quel sublime che solea impri-
mersi nelle opere greche. Né ciò dee farci me-
rarigUa, poiché la presente 'statua adomava o i
pubblici o i privati edifiz) della colonia Falerìeose
nella Marca , noo già le magnificenze romane.
£ ben di rado nelle città municipali che non
furon di greca origine si dissotterrano que* pezzi
di scultura che testimoniano la superiorità degli
aobchì , e fanno alle arti moderne meraviglia ed
invidia. Sovente però queste copie medesime si
rendono sommamente pr^evolì , conservandoci
l'idea dì tanti capi d'opera dell'arte che la bar-
(i) Matto Fiorentino, tomo Iti, tav. V; GeUini ndla
ina yua, p. 365.
by Google
aa5
Ixarie ^e' iecoH intermedj h« distraili, fra' nuali
forse . avrà dovuto spiccare 1' orìgioale del nmu-
lacro che ora abbiamo esposto.
TAVOLA XXXTIL
P A ai DE ».
EnfraDore il lodato pittore attese accora alla
statuaria t ^ rappreteotò Paride in broDto eoo
tal, maestrìa , .cb? gU si conosceva in volto il giu-
dice deUe Dee , l'aniante di Dena e 1* uccisore
d' Achille (i) NoD saprei afTemare se da quel
lirooso ij i\OBtro marmo derivi : bea può -assìcu-
TBm cite U fifonomia di Paride è mirabile ; e4
oltre una certa avvenenza . vi si distingue un ao-
coi^mento misto d* ardire « «he ben conviene al
carattere di quello infauslameoie rinomato Tro-
jano. Di certo ancora può asserirsi che dalla
greche scuole sia aiata inventata questa figura ;
tanto è graziosa nel movimento , ben disposta
nella situazione , nella forma, elegante, giusta
Dell* espressione. Nò mì farà pensare iu- eootra-
* Alto palmi nudici e once due ; mdu plinto palmi
dieci e once sette. Era ^ìlt de' duchi d'Altempa, «d è'
■tato pubblicato dal MafTei /ralle prìBcipali -slaiiu di
Koma. . ..,,., j_
(1) P1ÌD., B. A', lib. XXXIV, f Simili (eattmonianM
ci danno idea deMa ver^i^s^^fi^Be aliaj conswtva» jll,
antichi. ^ ,, ._ , » <.» .^ m ■ ,
Museo Pio-Clem. Voi. II. i5
Do,1,7cd.yGoOglc
336
rio 1* abito e '1 pileo frigio ond* i abbigliata e
cópeno. IVon credo io gi& « come ud erudito
scultore inglese (t), cbe questa vestitura sia stata
dai romani artefici , gelosi di conserrare le tro-
iane mode , la piima volta rappreseDiata. Soq per-
suaso cbe cosi 1' efBglasser gli artisti , come lo
descrivevaDO i poeti , e come lo rappreseutaTaa
sii attori. Ma Euripide nel Ciclope (a) descrive
Paiìde qual lo veggiamo nel simulacro con quella
specie di calze ch'egli ^e^^wo;;, tkjrlacos y e
barbara tegmina crunim ha chiamate Mavor-
zio (5)> Di pib ce lo rappresenta col mento stretto
dalle bende della tiara o pileo eh* egli chiauut
xXoiòVt cloeon, onde ha imitato Virgilio l'iro-
□ica descrizione di Paride nel IV dell* Eneide ,
dove ci vieo dipinto (4):
Maeonia mentum mitra ^ crinemque madentem
Subnexus.
(i) Antologia Romana 1785, foglio XLVIII.
(a) 0xhps, V. 181 e «eg. :
T^ 9po9ÓTtv 17 «wc òvXÓKìic toc; mwtPiK
JUpi tot» ffxeXot» ì9ovaa , mù tòp jytvno»
"KZoiw (popovrta. X£pi (Uaov tòt àvjfjéva,
Perfida I nel mirare il forestiero
Co' variati gambali, e co' penJagfi
Aurei f che a mezzo gli cingeaaa il collo t
Fu tratta fuor di te perdutamenu.
(3) Anihol. Latina t lib. I, ep. CXLTU, v. 1.
(4) Vù-giL, Aen. IV, t. 341, «d ivi Servio cbe de-
DowcdDyGoOglc
JLiui taoto eraoo soliti i Greci a figurarsi Paride
col pileo ani capOj che fralle varie lesioni del-
l'Iliade c'insegna Eustaào che nel rimprovero
d*£uore a Paride leggevano alcani (i):
Ov fóp roi y^paiffy^n KÌ9a^K ta re 9Sp' 'Appo^kiji
Non varrattì la mitrai e non i doni
JX Venerei
invece della comun leàone che ha xi^apt^y la
cetra. Intendevano costoro pel xiSapiq il pileo,
o mitra , o tiara frigia , detu anche cidaris da
altri scrittori greci e laùni. Anzi è credibile che
qnel coro di Frìgj introdotto da Bachilo nella
sna tragedia intitolata: ^pvyei ^ i^ Avrpa : t FrÌQ
o il Biscatto {pi) , a' quali egli stesso aveva com-
poste le figure tutte della danza, fossero cosi ve-
stiti , giacché nel teatral vestiario non lascia Po1>
luce d' annoverare mitre e dare (S) , e , quel ch'è
pib , ci rimangono ancora maschere tragiche in
nurmo , in bronzo ed in gemme col pileo fri-
gio sol capo , per tacere degl' intagli con greco
nome (4)) e delle greche medaglie che ci pre-
«crìre il pileo frìgio coti ritorto. Giovenale clic La detto
nella nt. VI Pkiygia vestùur tacca tiara : allude alls
ioggia accennau, o^ dovea perciò ripetersi quella frase
in altro tenso dal moderno SetUno. De' lacci del pileo
frigio vedasi Wìockelinann , Monum. l'neà. , n. ns.
(i) Omero, Iliad. T, v. 54, ed ivi Eusia'ìo.
(3) Ved. Caianb., ad MAen., l, cap. 19-
(5) PoUnce^ Onomast. IV, 116.
(4) Coli il Priamo col ^ileo frìgio, e col g-
,y Google
«entano con ul copertura dì capo le imnia^u 1
di Frìamo e di Mida , e d* altri ìlluttrì frìgi dalle
greche> favole celebrati.
La simstra gamba del nostro Farìde attende
UD migliore rìsareimento , poiché io quello che
vi si osserva eseguito nel passato secolo è scor-
ciata di -più once , rìportatovi il piede moderno
non a suo luogo, come le tracce dell'antico an-
cor sussiateuti il dimostrano. Quante volte si ac-
cusa la mediocrità degli antichi artefici di que'difèt*
ti intrvdoiti nelle loro opere da' moderni rìsuurì I
n. nostro Faride ha la tunica succinta con lun-
ghe maniche , sopra ha indossata la solita cla-
mide, manto ch*i il piii ripetuto nell' aubco di-
segno sì nelle figure divine, che nell'eroiche e
nelle istorì<:he. 11 piteo non è allacciato sotto la
gola per meglio scoprire il bellissimo collo del-
l' eroe (i)j la destra presenta il pomo alla dea
i'Aetbne , riportato dal barone Stosch. L* abate Bracci
nel ripeterlo ne' ftioi Commentaria de antùiitis acaiptort-
bus , crede quell' Aezìone il medeiìmo con l' altro cbe
dipinie gli amori d'AleHaodro e Rossane, lenza veruna
Teriaimiglìansa.
(■) La gemma riporuta dal Winckelmann (lUonum;
ùted. a. loo) lo rappresenu in atto d'allacciarsi il ci-
dari o pileo , seppure quella lesta è di Paride e non
rappresenta piottoito il dio Mitra , o il dio Mene o Luno
venerata nella Frigia in qnelt' abito appunto ; come pos-
sono far conghìeilnrare le stelle spane sulla tiara. Po-
trebbe anche aversi per un ritratto del re Tigrane, la
cui tiara vedeii nelle medaglie ornata di stelle e cinta
del regio diadema , come pur nella gemma , e la coi
bg„„vj.„CooQ[e
330
.. della bddi, U sinistra reggeva il baMon pauo-
. rale appoggia al sasso del monte d' Ida , sa cui
siede la figura assai propfiameDte.
OsservoMioni deW autore pubblicate
nel tomo VII deltediùone di MamM.
Aila pag. 338 , nou (i) ho proposto la Cfm<
getlora che F immagine ornata di diadema e tiara
stellata , incisa io ima gemma e pubblicata da
WÌDckelmaDD {Man. ined., num. loo), possa
essere uq litratto di Tigraoe. L* effigie di que-
sto re d' Armenia , osservata nuovameàte da me
sa parecchie medaglie , smeousce questa conget-
tura. 11 soggetto sarà probabilmente il Dio Ludo
o Attide che è quasi lo stesso.
iuoRomi» vi ù paò ravvisare. In tal caio converrebbe
iQpporre che il greco artefice aveste dato alla nutra
4e^ re dell'oriente nna figura alquanto pìb diaJDTolta>
Dna uiU di Paride edita dal conte di Cajint , ha quelle
itritce riprese sul pileo stesso. Queste osservasiosi pos-
sono serrire agli artisti pel costume delle loro compost-
sioui : giacché i pi& belli e i pih inlereisanti soggeui
delle belle arti seguiranno ad essere per molti secoli ^
■•Goudo ogni appareosa, quelli della graca mitologia.
,y Google
TAVOLA
A H A Z O M E
Degna verameate dell' ammirazioDe di chiun-
que ama ed onora le belle arti è l' AmazoDe che
osserviamo. Se fralle celebri antiche, Amazooi di
bronzo che decoravano il tempio d* Efeso ebbe
il primo luogo la Sottrata di Policleto* ugual-
mente senza contrasto fra quante dell* antichità
ce ne restano la nostra k superiormente bella e
mirabile. La bellezza d' una guerriera che ha
saputa ideare ed esprìmere l'antico maestro, i
piii sublime di quanto hanno immaginato i no-
stri poeti delle Bradamantì , e delle Cloriode.
Le più belle statue di giovani eroi non cì of-
IrODO in nobili forme maggiore sveltezza o ro-
bustezza maggiore ; pure la femminil ventistà non
ne rimane alterata, ma dallo spinto di libertà
e di ardire che in ogni lineamento traspare ,
si rende più straordinaria e pih interessante.
Non k qui il luogo di rìtessere U storia ddle
'Amazoai (i). Altrì ne ha ricercata la verità e
r origine, e ne ha tentato le vere etimolo^e che
han dato luogo a* Greci di fingerle senza la de-
atra mammella; favola che Ippocrate stesso ha
* Alu palmi noTej «ensa il plinto palmi otto e once
tre.
(i) Freret nelle Memorie deW accademia delle ùai.
lioni e belle lettere , tom- XXI in quarto , p. 309 e *e|.
Do,1,7cdDyGoOglc
a5i
]^ vera adottala. È stato da altri ouenrato (i^
quel che ora fa d* uopo oiservare , che gli an-
tichi artefici han bensì lasciau discoveru la de-
lira pirte del petto delle Amazonì , exsertaf non
però le hanno mai così stranameote mutilate,
come le suppongono tanti scrittori.
I^a nostra Amazoae sta in atto di piegar l'arco
per Menare , e qoest* azione che dà molu eobilik
e leggìadiia alla fignra è servita all' artefice per
ostentare il sno sapere nello scolpire il bellis-
àmo petto e l'ascella destra della soa Amazooe.
Se da questa auone dovesse congetturarsi il soggetto
della scultura, la crederei Molpadia che scocca
]a fatai saetta contro d* Andope , già sua com-
pagna, or nimica, dachè piti la beltà di Te-
seo che -il di lui valore l' avean conquistala ^ e
resa traditrice e avrersarìa della patria e delle-
compagoe (a). Si vedeauo' dì tutte e due fuori
d'Atene i sepolcri eretti nel luogo appunto ove
caddero, la prima trafitta dalla compagna, la
seconda vendicando Teseo la morte della prima.
Questa favola vedesi rappresentala in una singo-
br gemma Medicea, ove Teseo è in atto di sod-
disfare uccidendo Molpadia il sno dolore e il
suo sdegno per la morte d' Antiope , che v' è
figurata moribonda e cadente, e sonori accen-
nati nel campo alcuni sepolcri appunto per de-
(i) Winclelnunn , Storùi delle arti, lib. V , cap.
J aS dopo alui.
(3) Paosanìa, Atlka, len lib. I, cip. 3>
,y Google
ai!»
termiaare U luogo della seeak * e reDdere meno
eqiiivooft la rappreseatanka (i);
L' Amazone dell» nostra sCatuà ha la faretra
non sogli omeri , ma al sinistro fianco , 'della
qua) maaiera di portarla sou molli esempiì (a^
La faretra slessa non è coperchiala dfKprfpélpiii ,
né rotonda, ma grande « pialla e scoperta, quale
suol vedersi oe' trofei composli di barbare sptM
glie. liA sua tanica succinta è scolpita eòo somnui
elpganza, e si suppone già pieghettata per espri-
mere quella cura dell* appariscenza unto essea-
EÌale al carattere delle donne, di cui non po-
tria farle dimentiche oeppure una educazioD mi-
litare e virile. Sembra che il marmo del pan-
neggiameuto sia stato segnato in antico di qiial-
che tinta che più fa spiccare la candideua e
la bellezza del nudo (3).
(i) Uuteo Fiorentino, Gefttme, tom. Il, tsv. XXXI[>
(s) Una Diana traile altre nella galleria GioilioìaDi ,
ed un'altra assai curiosa tlistotterraia recentemente , cb«
dal lesso si riconosce uomo , e che io credo Giove trasfor-
matu in Diana per sedur Callisto.
(3) Plinio parla della dnumUlto (lib. XXXV, ^o),
che daVaai da' pittori alle atatue, e cbe variamente j»>
terpretaU , pur sembra cU« debba hiuqdetsi d' una tìnta
o d'nca vernice. Forse varìavaii così ìl colore d'alcune
parti della statua , come per esempio delle armi o del
panneggiamento, e tale operaaione richiedeva il diacer*
nimento d'nn valente maestro. Nicia, secondo Plinio,
non bdegnava impiegarsi a tal pratica. L' opinione di
Winckelmann [Storia deUearti, lib. IX, cap. im) che
intende in quel luogo un semplice ritocco de* modelli,
non tcmbia potersi sostenere.
Do„,7cdDyGoOglc
355
XJe'gÌDX&ctfffia', ìé ganube e T pfedi dell' Ama*
mone sooo prodigj dell* arte. £ notabile intonio
ai sinistro {tiedè una legatura eolla suaBbbia
deatÌDaia a reggere'un solò sprone xéptpor, se-
condo forse il pib vetusto costume de' cavalieri ()),
trasportato assai a proposito alle Amazoni , éhe
secondo i moDumeod , sembran le priiué che
abbian combattuto'a cavallo, mentre gli eroi del-
l'Iliade non servoiui de* cavalli che pe* eoe-
chj * da' quali sono usi pugnare. ' ''
L' iscrìzioDe incisa sul piano orizzontale del
plinto con queste lettere , TRANSLATA DE
SCHOLA MEDlCORYIVI , rende il monumeolo
«empre piii importante. Sarebbe da desiderarsi
che nello stesso modo che ne segnarono le tras«
lazione coloro ' iihe dalla Schola o Loggia^dei
Medici la trasporià'rono all' ornato "ff altro" édi-
fizio, ne avesse l'esempio seguito chi ebbe la
fortuna di dissotterrarla. Wìnckelmann (a) fìi'il
primo a leggere qtfeslT epigrafe sino a 'Idi non
avvertita, ed il chiarìssibo sig.'abate Amddozz! (5)*
uomo a meraviglia versilo in tognì gebere di let*
teratura l'ha spiegata ed illustrata ibagistralménle;
si riguardo alle le^gi che' proibivamo la trasla*
ùone de' monumenti*, sì rìgflat-do'al vertì'bensò
della voce Schola y che non già dee intendersi
(i) "Virgìl. ^en. XI, T. ii4>
(a) Monian. iited., pag. ^^1>
(3J Monum. Maithofiorum , tosa. I, pag. 53, e t. Ilf,
,y Google
a34
nel nostro caso pel laogo ove si ra ad appren-
dere qualche facoltà > ma piuttosto per un porr
Uco o sala , dove le persone d* una certa pro-
fessione , o ad un determinato corpo , o «oUe-
gio appartenenti andavano a traaenersi it^oìm^sui.
Questo significato della voce Sckola non è stato
avvertito dal celeberrimo cav. Tirabosehi scrit-
tore dell' italiana letteratora benemeritissimo , che
da una iscrizione ove si rammenta Schola Medi-
cortan , ha voluto iuferir I* esistenza di quel che
noi diremmo scuole pubbliche di medicina (t).
' Osservazioni dettautore pubblicate nel tom. yjj
deW edizione di Roma.
Aveva creduto che questa ^guerriera stesse in
■Ito di piegar l' arco per saettare ; ma in occa--
aione di scrìver di nuovo su -questo simulacro
«dito nel Museo Francese, l'bo considerata piii
«ttentamente nel Museo Napoleone dove ora si
trova. Mi son convinto che l'AmaKOne non tende ,
ina rallenta 1' arco : le, prove sono: le sue armi
^ttate a terra ^ e. la mancanza delle frecce, poi-
ché la faretra è chiusa. Penso dunque che que-
sta Amazone sia stata rappresentau neUa sutua
eh' esaminian^o come vinta da Bacco e rifugiata
nel tempio di Diana Efesina ( Pausan. , 1. VII ,
(]) Siùria della leueratura tìal., 1. 1, )ib. Ili, psr.Ilif
«•P- 5 / S 9.
,y Google
355
«. 3 ). Anuzoni in tale alato dovevaDO esser quelle
che rappresentate io cinquanta sutae oma?8Do
il porùco di quel famoso tempio- Forse la no-
stra, ripetuta in altri antichi > ci rappresenta quella
di Policleto che aveva riponau la palma su tutte
le altre. Abbiamo ancora delle ripetizioni della
statua di Desilao, la terza in merito fra le cin-
quanu , e che rappresentava un' Amazone ferita,
y. il tomo HI del Museo Francese.
TAVOLA XXXIX.
Laocooiits*.
Soggetto tragico » espressione sublime , dise-
gno meraviglioso , esecuzione veramente maestre-
vole sono que' pregi che rilevavano questo grupr
pò (i) sin da* tempi di Plinio sopra un popolo
di greche sculture che allora esistevano, e son
queDi che cagionano pur una dolce estasi in
diiuncpie ■' «ccosu a contemplarlo collo sguardo
istruito a distinguere il vero beHo , e colla mente
awessa a tener dietro alla nobile fantasia degli
artefici greci, colla quale esaltarono sopra i li-
nùd della natura le arti che parean nate soltanto'
ad esseme imitatrici.
* Alto palmi otto e once nove; temi il plinto , palmi
otto e once cinque.
(I) Plinio, lib. XXXVI, 4.
,y Google
3S6
Laocoonte che osò * mosso dall* amor dell*
patria , contrariare l' iatroduzìone del famoso ca-
vai Durateo io Troja , e cosi opporsi a* destini
che ne volevano la ruina , vedesi nel nostro mar-
mo vicino a spirare con due giovinetti suoi figli
fra i morsi e gli avvolgimenti dì due terribili
serpi, che l'ira di Minerva, congiurata pili d'ogni
altra deità a' danni di Troja, ha mandati a pu-
nirlo d' aver solo veduto il vero , ed ardito ma-
nifesiarlu avanti un popolo acciecato e sedotto.
Egli era ancor più reo : spinto da im nobile pa-
triotismo, avea sprezzata la volgare superstizione ,-
e per far l' inganno evidente aveva violato con
un colpo di lancia il fatai volo <U Pallade; al
qual colpo.
Jnsonuere cavee gemitumtjue dedere caverna (ty
ma Troja non se ne commosse > e 1* eroe misera-
mente peri (3).
(1) Virg.i Jen. Il, V. 53.
{a) Virgilio, Quinto Stnirneo ed Igino raccontafio que-
lla favola tutti con gualcbe diveriìtà. Noi ci siamo al-
teunti a Virgilio , come al piìt antico e al piii uBtionn«
all' idea degli anelici del no*lro gruppo. Igino combina
nel fatto, nw varia nel motivo, dicendo die parve ai
Trojani una puaitione mandata a Laocoonte per aver
colpito il cavai di legno ; ma che veramente fu Apollo
che lo gaitigb, perchè essendo suo sacerdote aveva la-
•ciata la vita celibe. Quinto Smirneo nel XII libro dei
suoi Paraiipomeru, vuol che Laocoonte fosse punito da
Palude colla perdila degli occhi , e poi con quella dei
figli divorati da' serpi , i qnali per& rbpanniarono U pa-
dre, che anxi eresse agli estt«tì figli un cenoufio.
Do,:,7cdDyGoOglc
=■37
Da qaesu favola cod poco morale é risultata
la piii perfetu tragedia che la scultura abbia
espressa (i). Cosi può chiamarsi questo gruppo
meraTÌglioso , dove la virili che soffre ingiusta-
mente si è rappresentata nella piò sublime guisa
che mai potesse idearsi.
Va uomo del sangue de' re , anzi degli Dei ,
rappresentato io quella matura virilità , quando
r anima è giunta alla sua maggior perfezione e 'i
corpo non è ancor decaduto, è il soggetto della
scultura. Egli muore, e d'una morte spaventosa
e ferale, cioè da' morsi di due serpi divinamente
susciuugli contro. Comprende che il suo delitto
non è che un atto di pietà verso la patria, di
cui non può fargli sentir rimorso oè la sua dis-
grazia, né la disapprovazion degli Dei (3). Egli
conosce la sua innocenza, eppure si vede espo-
sto' a morire come un sacrilego nella opinione
de' suoi conciliadÌDÌ : e quantunque preveda che
il funesto evento dovrà giusùfìcare le sue cau-
tele , questa idea congiunta colla distruzione della
sua patria invece di consolarlo lo affligge. Tfè è
(i) La Fedra di lUcine, il capo d'opera della tra-
gica poesia, è fondata anch' etsa tu d'una favola o di
neMunit, o di cattiva moralità, come è l' amore iacetinoao
di Fedra, nel quale. i -cadsia la miiera per 1' odio che
porta.V;a 1% .deaiVanoe alla, ana famiglia, la qnal forta
divina e fatale avea. rei» vjvia ogni prova ch'ella avea
fatto diviftcere la *na paHÌone.-
(3) Quelle contraddisiaiù-son.prapEie -solamente dejlc
falM, religioni^' ■. '
,y Google
358
solo egli a patire : piti crudelmente cfae ì serpi
che '1 mordoDo gli lacerano il cuore la com-
passione e 1' amor paterno per due innocenti
8Qoi fìgli , vìttime come il padre della vendetta
di Pallade. Pur non si pente l' eroe del suo zelo,
e prepone il testimonio della propria . coscieuza
all' ira degli Dei e al)' opinione degli uomini,
rtìente meno che questa sublime idea han vo-
luto esprimere gli autori del Laocoonte , e l'haa
Saputa raggiungere collo scalpello , piucchè l'e-
loquenza non sapria fare colle parole-
Siede Laocoonte suU' ara dove si preparava ad
offrire insieme co' figli (i) l'infausto sacrifizio
a ' Nettuno (a). L' artefice ha supposto , che as-
salito da' serpi , sia cosi caduto a sedere. I suoi
sforzi l'han liberato dal manto (3) che pende
(i) Il Sig. Heyne nelle >ae Osservasionì antiquari
■critte in tedesco, part. II, § i, p. a6ba il lui (rato con
nn luogo dell' Ilìade A. v. 4^3 e 4^3 il costume de'tem-
pi eroici , secando ìl qnale i giovinetti e i fanciulli
assistevano a' vecchj sacerdoti sacrificanti.
(a) Virgil. al I. e. dove non agguaglia nella detcriiione
del suo Laocoonte la nobiltii e l' ìmportansa che haa
saputo dare al loro i tre scultori di Rodi. Il confronto
de' versi di Virgilio col simulacro ba dato al sig. Lessing
ìl soggetto d'un interessante opuscolo tedesco intitolato:
U Laocoonte , ove si tratta de' limili fralla poesìa e le
ani del disegno. Debbo qnesta notizia al dottissimo ed
umanissimo sig. consiglier HeifTenstein, il quale aggiunge
alla sua ,emditione un finiiiimo gotto nelle belle arti,
e tm sincero telo pe' lor progressi.
(a) Alcuni ban credalo cbe lo scultore abbia sacrificata
bo.i..vJ^),CoOglc
«oli' ara atessa, e con questo ripiego la t^peatiia
dello scultore si è procurato od maggior campo
in quel meraTÌglioso ignuda La positura sedente
è suta felicemente ideata e per esprimere che
nel terribile assalto l' eroe non ha avuta forza di
sostenersi interamente, e al tempo medesimo per
lasciarlo in una situazione che glì permetta an-
core qualche resistenza, e non lo mostri abbat-
tuto. Tutto cospira a rappresenure un eroe che
soccombe senza avvilirsi, perchè non si sente
colpevole. La tesu non è china, anzi io auo ve-
ramente energico» è rivolta al cielo, quasi rim-
proverandolo della saa ìngiusdzia. Il volto è d'un
nom maturo d' una sorprendente bellezza , ed ha
impresso ne' lineameoti il carattere virtuoso del-
l'animo: e quantunque alterato da violento do-
lore , conserva un' aria dolce che tanto piti tote-
ressa chi 1 mira. Ma nella fronte corrugata , e
negli occhi premuti dalla pena, pili del dolore
trionfa la compassione e per lo strazio presente
de' figli, e per la disiruàooe vìcioa della sua
patria. I capelli scomposti, come in chi s'agita
fortemente, e per aver egli il viso elevato, la-
sciano la fronte interamente scoperta : lo che dà
all' aspetto del travagliato Laocoonte una cert' aria
D costume al maggior rifallo del tuo sapere e alla bel-
lc»a dell'opera. Questi non riflettevano alla circostanza
che abbiam notata, e che Ìl costume convennonale dei
tempi eroici e mitologici ammette di poco vestir le fi-
gure.
,y Google
34o
di «areDÌtà in mezzo agli afTanni , cb' ò vera-
tneoteil prodigio dell' espressione.
Le bracci^, e le mani sono ia afiooe per li-
berare, da* crudeli nodi de' serpi (i). e che stra-
namente V anineODo , e pef allontaDame dalle
membra i deoli micidiali : ma pel tempo stesso vi si
scorge' l' impo^biliti della liuscita. 11 petto è
goqfio e pe' dolori ch^ soffre l' eroe , e per Io
sfoczo che. fa, e per le pasuotii cbe preme: il
veot;^ dallo spasimo è contratto > tutte le mem*
bra t^o all'eslremìtii de'. piedi sono .convulse.
Tutto, però ne fa risaltare il carattere : il petto
sollevato e .gouGo nobilita la Bgura^e la rfv^de
piìi grandiosa e io , apppi'epza pib fo^le : l' iCstre-
mità CQDiraUe. allontanano ogni idpa d'abbando*
natneoio e di languore , e ci . rappreseo.taf^o lo
stato di resistenza.
L' egregio amore che immaginò questo mi-
racolo deir arte , si propose le maggiori difficoltà
da superare per giungere cosi ad un grado di
perfezione , di cui non avean dato che pochis-
ràm esempli i piii accreditati maestri (3). Egli
ft) nie simul mani^uf tendit divellere nodot , 'Virgìl.
I. e. V. aso. Non crederei percib che l' iniinagine che Ak
Tirgilio di Laocoonte timìgU gran fatto alla nostra sta-.
tua ; pit& chiarirsi del contrario chianque si prenda U
piacere di legger Virgilio, e di confronUrlo col rune
anneMO.
(3) Un merito dello stesso genere sì etan fatti Pitta-
gora e Ctesilao statnarj , i) primo col suo Fìlottete cti^
zoppicava ^ e face» provare a chi "l mirava la pena^^^el
DowcdDyGoOgIC
a4(
▼die eongiuDgere coli' idea del bello e del no-
bile I' espressione d* un' aDÌma oppressa da una
pena mortde » e abbiamo accennato appena
ÌD abbono le tracce che ba seguito per per-
Teoirri : ba fatto ancor di pili , ha tentato di
unire il bello colla espressione d' un corpo , il.
qnale patisce, ed è in ogni ma arùcolazione al-
terato e contratto. Per ottener ciò , sembra cho
doveste alloounarsi dalle massime, colle quali
la greca scuola otieueva la belleaza ne' linea-
menti delle soe figure. Procuravano quegl'intel-
Ugenùssimi artisti di simplificare le forme e di
unire i contorni , esprìmendoli con meno linee
possibili} e confondendone così saggiamente Te-
stremila, che ciascun muscolo determinato nella
ma figura, nel suo sito e nella sua azione non
i sennbile che ndla sua totalità, senza, poter-
sene segnare con precisione gli estremi, come
accade nelle anatomie , e quasi ugualmente nelle
megUo intese opere de' moderni. E quantunque
nelle persone d' una certa età e d' un certo
carauere pih fortemente del consueto gli abbiano.
tao mooTcni : statas di bronui ; il aecondo col suo fe-
rito, in cni li poteva comprendere qaanlo gU Testava
di vita ì parimente in bronzo , Plinio XXXIV , 8. Ho
chiamato il primo Filattete, benché Plinio ne taccia il
nome, perchè ho per certa l'opinione del pìii volle lo-
data sig. ab. Fea, che riconosce quell'eroe nel broneo
di PitUgora. (WiBckcImann^iS'urùi deUe artiec; lib,IX,
c.a,$ 5, (A)).
Museo Pio-Clem. Tol U' i6
,y Google
343:
espressi per ìinìtar meglio il vero « gli han sem-
pre veUti di quella giusta carnosità che- uoiftce
le parti e che nobjlìu il cooloroo , con una mae--
stria prodoua dalla pili profonda cogniuooe' del.
vero e dal gusto più: sicuro nella sceha del bello.
TSel nostro gru'ppo* ove le membra doveano rap-.
presentarsi addolorate e convulse) la dislraùoDe
de* muscoli che seguentemente ne deriva , sem-
brava opporsi. a quella dolcezza e a quella unica,
de' contorni , eh' è V arti6zio eoa cui conseguesì.
la bellezza. Gli amori però hanno evitato queste
difGcoltì colla scelta medeùma del soggetto. Pro-
ponendosi da rappresentare un uom maturo, la
figura per avere tutta la beltfa che è sua pro-
pria, noD esige né quella morbidezza, né quella.
rotondità , né quella unione che formano il ca-i
ratiere d'una bella figura giovanile- Questa scelta
ha lasciato gli artefici in maggior libertà : quindi
per riuscire nel line proposto hanno alterato, le
figure di quasi tutù i muscoli del torace , come
in una violenta contrazione dee avvenire , enfiao*
doli nel loro mezzo , e quasi riconcentrandoli in
se stessi' Così han potuto esprìmere quello staio
in cui la natura vicina alla sua distruuooe spiega
tutte le forze quasi senza fine determinato : ed
han trovato un certo ondeggiamento di contomi
così ben variato di concavi e di convessi , situando
quelli negi' intervalli . questi nel corpo de' mu-'
scoli, che tutto fondato sul vero, dà un sor-p
preudente ed un nuovo all' inueme , che non può
r iminaginazion peirenirvi di chi non ha saziato
,i„vj.„Cooi;[c
Hi
gli occbj io questa meraviglia liell' iotelligenza e
del gusto.
Se unica è oell'espresaione; se nel disegno
ìoarrivabile, non è Tnéoo artifiziosa nella com-'*
posizione questa egregia scultura. La figura del
Ltaocoouie resta mirabilmente contrapposta , meur
tre il destro braccio si stende per allonunare il
serpe, ed il sinistro si ritrae per distaccarlo dal
morso. Il destro braccio moderno h presso a
poco nella situazione in cui dovette esser l' au-
ùco (i)i poicbè se l'avesse ripiegato verso il
(i) Del rìMaaro e della sitnazioDe del destro braccio,
reggasi ciocché dice Winckelmano, Storta delle artiec.f
lib. X, cap. 1 , ed ivi le note lì quelle de' suoi editori
viennesi, sì le aggiuntevi nell'edizione romana dall' erudì'
tissimo sig. ab. Fea. Si osservi perii che non dee at-
tribuirsi il ristauro di terra cotta del braccio destro ,
che è quello che siegue ad essere in opera, al fian-
diaellt, come si congettura nelle aggiunte fra parente»
alla nota (i), pag- 344- H braccio di terra cotta con-
viene certamente con quello della copia fattane da Bac-
cio nella situazione, non perà nel giro de' serpi, e lo
supera d' assai netl' intelligenia de' muscoli e di tutte
le parti. È certamente uno de' piii degni ristauri che
veggaoii attaccati alle antiche sculture. Sembra soltanto
che in antico andasse più indietro nella superiore arti-
colazione , lo che avrebbe accresciuta l' espressione e '1
contrapposto della figura- L' opinione del sìg. Mejne ,
che lo attribuisce a Fr. GÌo. Angelo Hoalorsoli, non è
an'atio inverisimile. Porse Pr. Gio. Angelo aveva prima
abbozzato in marmo quello non terminalo, che il volgo
attribuiva al Bnonarroti, ech'è stato gran tempo a pii
ddU statua: poi mutando consìglio lo ritt&urò solamente
,y Google
344
capo f come alcimi pensano , la testa non avrebbt
cosi bel campo j e Tatiitudine terrebbe troppa
simiglianzia con quella del figlio maggiore che
gli è a sinistra, e che in antico aveva la destra
cosi ripiegataperiscio^iersi da* serpenti, dod gik
distesa in quell'atto insignificante in cui l'ha ùluau
il moderno rìsuuratore (i). Di più T azione di li-
berarsì da que' nodi mortali , chiede che Lao-
Goonte stenda il braccio col quale ne afferra le
spre quanto di più può, per vìe più allonu-
Dare que' mostri dalle sue membra. Il figlio al-
l' incontro ripiega la destra per dìscostare il serpe
che già le braccia gli avvince; la manca tenia
sciogliersi il piede , e '1 volto è tatto inteso ad
esprimere la compassione per la disgrazia del pa-
dre , cui egli guarda con tenera afflizione e con
dolore del paterno meo sostenuto , e perciò piò
in creta, seguendo certamente la mossa pensala dal Ban-
dinelli , e nel resto assai mi gli orandolo. Ved. il douis-
situff Heyne, Osservazioni antiquarie , par. II, pag. ii
e seg.
(i) Fu il Cornacchini che rifece di marmo le mani
e le braccia mancanti de' figli invece di quelle che già
.vi erano , forse di creta , come apparisce dalle stampe
anteriori , fatte , com' è probabile , dallo stesso AJontor-
soli. E d'avvertirsi che il destro piede del minor figlio,
liccome è ricongiunto , noa è stato rimesso perfettamente
a suo luogo, e che da una mancanza eh' è presso l'oc-
cipite di questa figura medesima si può sospetUrc che
la destra mano toccasse il capo. Q. Smirneo per altro
dice che i figli (teadevano al padre le braccia, lÌb.XIL
,y Google
a45
propiio de' giovaoUi suoi aooi. L'altro figlio che
é a destra, come d'eia piii faocìullesca , e come
ai sente attualmente morder nel fianco , è tutto
occupato della propria sciagura : si contorce ga-
gliardamente; e intanto che col manco hraccào
VDoI forzare il serpe a lasciar la presa , alza la
destra e 1 volto io atto di chiedere soccorso e
di lameoursi. Ma Laocoonte noi mira ; che se '1
rìgoardasse, non potrebbe conservar nel dolore
tanto eroismo.
Tatto è condouo con indicìbile maestrìa. Ad
alcuni i sembrato fuor di proposito 1' epiteto di
mirabili che Plinio ha dato agli avvolgimenti
de' serpi intorno alte tre figure. Chi però li con-
aideri attentamente e rilevi l'arte con cui legano
la composiaone , la disposizione delle loro spire
che lasciano scoperte quasi tutte le giunture prin*
cipali de' tre corpi , la scelta del momento in
coi mordono il padre e uno de' figli, e il secondo più
mortalmente del primo; finalmente 1* artifiào col
quale mentre uno ferisce Laocoonte e 1' altro il
fanciullo eh' è a destra, tutti e due tengono stretto
il padre e l'altro figlio eh' è ancora illeso; chi
lotto questo maturamente osservi , troverà che non
meno delle altre quesu parte dell'invenzione ha
diritto alle lodi e allo stupore degi' ÌDielligenti.
L' antica situazione del gruppo sembra che do-
vesse essere stata molto pili bassa. Vi sono dei
segui iudubiutì che dimostrano gli artefici non
•verlo inventato perchè si vedesse dal sotto iu
siL Se noi ce lo figuriamo posato su d* im sem-
,y Google
^46
plice plinto è qnau a tèrra , allora comprende»
remo la ragione perchè l« gambe di Laocounte
nella pane eh' è immediaumeote sotto le spire
del serpe non siano perfettamente polite. Lo stesso
dee dirsi delle parti disotto de' piedi. La testa
del padre nella presente collocazione è mezzo
perduta. La corona d' alloro che gli cinge le
chiome non può vedersi senza salire sul piede-
stallo (i). La bellissiraa espressione della bocca,
aperta piti al rimprovero che alle strida , si perde
affatto. Il volto del minor 6glio sfugge ancor
esso. La gamba del maggiore , che misurata è
alquanto piU lunga di quel che dovrebb' essere ,
se fosse pìii bassa del punto di visu scorcerebbe
e comparirebbe proporzionata (a). L* occhio io
(i) L'osservi il Maffei, clie la fpce incidere nel rame
iSiatue éi Roma tav. I), poi la verificb il cb. sig. abate
Fea (Storia ec., tomo li, pag. ì^t (B). Avendola di
nuovo esaminata ho trovalo esser d' alloro. Pui conve-
nire a Laocoonte come a sacerdote A' Apollo , secondo
Igino. Anche Nettuno i coronato d' alloro nelle greche
monete.
(i) Da quel che dice Tilmvio suU' artificiosa disngua-
gliania delle colonne , «econdo ì varj punti di vista , si
pui arguire che ciò che dai moderni è chiamato scorrezione
nelle parti delle figure, fosse presso gli antichi arte e re-
gola di scuola; essi cercavano il bello, dovevano perciA
prima contentar l'occhio, e poi badare alle misure, la
gintteiza delle quali inUnlo è valutabile nelle belle arti
in quanto serve ad ottenere verità e beliesza nell'iniìta-
xione. Qnesia giustezza dunque è un oggetto secondario,
e gli artisti debbon procurarla tempre ìo apparenza, sa-
crificandovi talvolta la realtà.
,y Google
a47
s'omma abbraccerebbe ' meglio tntle le parti della
con^poaaiotie e tutù i tratti della espressione , «
nulla dì quell* ÌDÌmiiabil lavoro sarebbe perduto
«IfammirazioDe de' rigaardantì.
Se tanta è dunque l' eccellenza di questa scul-
tura classica , non doviamo inàraTigliarci ' di Pli-
nio cbe l'ha decantata come la più degna pro-
daùone d'eotraoibe le arti del disegno (i). Ve
n'eran forse delle piti venuste, ve n'erano delle
pih elaborate in ogni lor parte: ma non ve n'era
alcuna chcginogesse a quella sublipiitk e forza
d'espressione, che agli occhj di Plinio, nomo
di' vivacissima famiasia , ne costituiva forse il
princtpal merito. E sarem ben lungi dal cre-
dere, vedendo che le figure de' 6glÌ, quantun-
que egregiamente inventate e ■ scolpite » non
giungono alla perfezione della principale « ohe
qualche negligenza , quale ì pili dotti sguardi
T'hanno appena potuto osservare, escluda questo
divino . gruppo dalla prima classe delle opere
(i) PlÌD. 1. c. Dopo aver nominati gli scaltori più illu-
stri della Grecia, soggiunge: JV^c multo plurium fama
est, tfuorumdam clarilati in operibas eximiis obslante nu-
muro arti/icum, quoniam nec uiias occupai gloriam, nec
plures parìier nominari possunt -, sicut in Laocoonte , qui
ott in Titi imperatoris doma , opus omnìluis et piciurae ,
et stataavìae ariti praeponendam. Ex uno lapide eum, et
Uberai, draconumque mirai/ilcs iteius de consilii senten-
ti,! fecere summi aiUfices Agcsandcr , et Polidorus , et
Àtlienodorus Bkodii, Similiter palatiitas domos Caesarun»
rapUvere probatissiniis signis.
,y Google
!t43
degli ODÙchi maesiri che od tem{K> esisteuero ,
e meiu qualche dubbio q sulla ideotilk del mar-
mo lodato da Plinio , o sulla sÌDcerilà delle lodi
di quello scrittore. Il silo dove nel principio del
XYI secolo ' fu rinvenuto il Laocoooie , coincide
troppo bene eoo quello ove Ìl Ialino enciclo-
pedisu l'aveva osservato (i). Può ancor vedersi
(i) Fu trovato a' tempi di Giolio II nelle fabbriche
aanesse alle tenne di Tito, nella nicchia che ancor li
mostra, da un Felice de Fredis sepolto nella chiesa
d'Araceli , ove ne) in» epitaffio si legge registrala qoe-
Sta avventurosa scoperta. N'ebbe per compenso i daij
della porta S. Giovanni , che gli furono commutati poi
da Leone X in un uffizio vacabile. I documenti di que-
sto insigne acquista sono stati prodotti dal eh. sìg. abaie
Marini nelle sae Iicritioni Altane, pag. ii , noia (s).
Qui è da avvertirsi che il sig. Heyne nel ciUilo opu-
scolo mostra di credere che il Laocooute non fosse tro-
vato nel suo sito antico, non potendosi dire che un sot-
terraneo delle terme di Tito fosse il palazzo di quel Ce-
sare, n^ un luogo proprio a sì nobile artificio. La lon-
tanauM da Roma dovrk forse incolparsi di due equivoci,
ne' quali cosi dicendo cade quell'accurato scrittore. Il
luogo presso alle terme di Tito, ove si vede ancora la
nicchia del Laocoonte, non era in antico un sotterra-
neo , ma un soggiorno ornato di pitture , ove si potea
collocar degnamente qualunque statua. Che poi Tito
avesse in Boma altri palazzi, non esclude che ne avesse
ancor uno presso le sue terme: anzi che realmente v'e-
sistesse una dimora imperiale, pni credersi su di qual-
che assai valutabile congettura. V anfiteatro Flavio avea
ceriamente un ponte che lo congiungeva alle terme di
Tito; cii appare dalla numerazione degli archi segnata
BulK chiave di ciascun arco del primo ordine, e su di
,y Google
finUe niftiie delle terme: e del palazzo dì Tiio
la Btechia , dove aDÙcamente era posto. Né l' e»-
ser «embrato di un sol pezzo » quando è formalo
di cinqae (i), paò cagionar Terana esiuoza,
giacché d* un pezzo agli occ^i apparisce de' ri-
gaardanti, né può coovÌDcerai del contrario ,
te non chi a bella posta salga ad esaminarlo
troppo > dappresso. Che se il i^idizio di Flioio
DOD pnò averù io conto di. quello -d'un profes-
sore, uou erudizione aveva egli nelle bella artìj
che non u sarebbe avventurato a lodare con tutla
uno solo da quella parie interrotta , ove 1' orma appari-
sce da qoalclie attacco d'altra fabl>rÌGa. Questo ponte
vedesi anche tulle medaglie originali e geauine, dov'è
coniato l'anfiteatro. Ora questo ponte non' li sarebbe
fatto, le oltre )è terme non fosse stato in quella gran
fabbrica anche un soggiorno degli Augusti. Considerando
all'interno del colosseo le vicinanze di questo arco di
comunicazione, sì vede che dava 1' accesso ad una spe-
cie di loggia ornata di stncchì, che si sporgeva sin so-
pra i cunei delle gradinate , ed era evidentemente la
loggia dell' imperatore. Se donque si rende quasi certo
che nnito alle terme fosse un palazzo imperiale; sePli-'
nia ci dice che il Laocoonte era situato m aediius Tilt
Caesaris; se fu rinvenuto, come tntti attestano, presso
quelle terme dentro una nicchia ben ornata d'un atrio
terreno elegantemente pitturato, a che giova dubitare
d'un trasporlo di questa scultura, o della situazione di
quell'antico palazzo?
(i) Mengs, Open, tom. II, pag. g, la e a5. Tre per
altro sono i pezzi principali, delle due commessure dei
^■ali s'avvide Michelangelo il primo, cone vuol Maf-
fci , Raccotu di stata* , uv. L
,y Google
aSo
quella energìa un' opera che dod pasHsse presso
gli scrittori stessi dì belle arti per un' opera di
prim' ordine, né avrebbe dato agli autori di quella
il glorioso titolo di sommi artefici , quando per
tali non fossero stati generalmente riconosciutL
£ invano si obbietta cbe Agesandro , Polidoro
e Atenodoro da Rodi autori del Laocooute dod
ebber la &ma di Fidia, nò di Prassilele ; giac-
ché lo storico si fa carico di questa obieùone,
e ne attribuisce Ìl moùvo all'aver lavorato in tre
qavllo stupendo gruppo , onde uè potessi nooti-
nare un solo seiua iogiustiiia , né tutti e tre
senza fastidio della memoria e della favella. E
invano ancora si obbjetia qualche difetto di pro-
porzione specialmente nella lunghezza della <fe>
atra tibia -del maggiore de' figli (i): poiché noi
(i) QneitB ofservacioae è di Mengs, Opere, tom. Il,
p. cit. Il sig. Heyoe cbe ha criticato le figure <le' figli
come troppo picciole, non ha riflettuto che' così ti sup-
pone la favola :
. . . . . . parva duorum
Corpora nalorum ■■
dice Virgilio. Aati dee ouerrarsi che nelle miniature
del Virgilio Vaticano, i tìgli di Laocoonte aon due bam-
bini, e il padre non i veitito cbe d'una sola clamide,
non piii ampia di quella che ve desi nel nottro marmo
gettala roti' ara, mila qual «iede Laocoonte. Queste mi-
niature, quantunque eseguite nel' V secolo, soo pur
tratte da' migliori originali , come Io provano le stampe
del Santi Bartoli, che con un poco di corretìone ag-
giuntavi le ha £atle comparire bellissime. L' egregio sig-
caTalier d'Agincour ne darà alcune copiate dagli origW
,y Google
non Tediamo i] gruppo ìd quel sito ove mirarsi
dorea secondo l' intenzione e la desùa'azione de-
^i artefici ^ e il lavorar le statue per certi de-
terminati punti di vista era un accorgimeDlo noa
trascurato nelle greche scuole.
Per altro se più celebrità non ebbero questi
egregi scultoti di quella che Plioio loro tributa ,
fu però in somma fama la scuola Rodia; e se
nella dottrina della favella si prepose da molti
all'Attica stessa, non fu meo celebre in quella
delle arti imitatrici della natura.. L' elogio che
Pindaro fa nella. sua Ode a Djagora delle Ro-
die sculture (i), mostra la celebrità che queste
otienaero nella Grecia in un tempo che la ce-
lebrità era la seguace soltanto d'un merito straor-
dinario. Riguardo a* nostri scultori una epìgrafe
Della villa Albani mostra che Atenodoro era 6-
glio d'Agesandro, e il Wiuckelmana con arbi-
traria conseguenza estende questa relazione an-
che a Polidoro (a). E da notarsi in quella ìscrt-
tionc il Durismo della voce AdAiNOAiìPUS ,
naii con somma esattetia nella sua vastiuinui ed ulilìi*
«ima opera sulla Storia delle belle arti, da' tempi di Co-
stantino lino a quelli di Raffaello, che Ìl pubblico pre-
venuto della sua instancabile accuratczia, come delle
tanto estese sue cngnìtionì, aspetta con angieOi'
(i) Pindaro Olympionicae , ode VII, epod. 3, ove lo
Scoliaste aggiunge , the àpiarot yò/> ste/JÌ ti^V toP
dvdptónav xatoinuv^v oì '¥ó9iot. / Rodiesi sono i
pia eccellenti nel far le statue.
(a] Marini, fscrisioni delle ville e palazzi Albani, p>i73-
,y Google
Jlthanodoros « che natio alla beUezu del carat-
tere può dar luogo a* nostri artefici in un* epoca
piii corrispoDdente alla loro abilità, che quella
del romano impero , sotto del quale taluno li
ha registrati (i). Lo «ile de' paoneggiamenii beo
intesi nelle pieghe , ma poco variati , e privi di
certa studiata - eleganza che fu la foriera della
decadenza delle ani , è un' altra prova della più
remota antichità di quest* opera , che mi senabra
per questa ragione anteriore all' Apollo. Final*
mente non è da trascurarsi l' oaservauone che
questo groppo non ha mai avuto quel poIÌ-
mento che suol darsi colla pomice alle opere
terminate per renderle lucide , e che soglion
avere le altre più insigni sculture aaiiche- Se Je
figure cosi lasciate non appagano tanto 1* ocdùo
col loro splendore , prendono migliori efieid di
chiaroscuro , ed imitano il vero fedelmente. Il
. famoso Fauno Barberino è tratiaio nella stessa
guisa.
Giulio Secondo fu quello che adornò di sì
prezioso monumento il suo giardino Vaticano ,
che ora incorporato al Museo Pio-Clementino
forma la scuola del gusto e il tempio delle arti.
(i) Mengs, lom. II, pag. 9 e «g. Per non tradire la
verità, il dir di Plinio di quecti artefici, che Palatina!
domos Caeiarum replevere prohatissimis sìgnìs , potrebbe
far credere che non li snpponesse anteviori al romano
impero. Qoesto argomenio però noo rilevato da altri,
Don mi sembra gran fatto concludente , attesa la varietà
e ricercatezza di frasi affeiuta da Plinio.
,y Google
355
Osservazioni deirautore pubblicate net tom. VII
dell' edizione di Roma.
Ho notato alla pag. iSa che il nome di Aie-
nqdorOf udo degli arteGci a' quali dobbiamo il
IjaocooDte , è scritto doricamente ; ed ho con-
cluso da questo doriamo che l'artefice era an-
teriore, al tempo de' Cesari: l'argomento non è
giosio. Vediamo tutto d\ de' dorismi nelle leg-
gende delle medaglie greche battute ad onore
de' Cesari.
È da notarsi che parecchi scultoK, avem ad
esaminar 1* anùco , hanno scoperto molta analo*
già tra 1 fare del Laocoonte e quello del Faòno
dormente de' Barberini, trovato già presso la Mole
Adriana. Un'altra analogia nel movimento del
capo e del collo si riconosce fra k figura prin-
cipale del gruppo, e quella del Centauro hax--
Lato della villa Finciaua, che è simile ad uno dei
Centauri di Furieiii cavati dalla mine della villa
Adriana.
T A'V OLA XL.
D 1 o o n E *.
Su che fondamento questo simulacro trovato
senza la testa e senza l'estremità può attribuirsi'
* Alta palmi quattro e once Ire, longa palmi cÌDqne
e once cinque.
,y Google
a54
a Didose ? U lettóre dee essere istrutto dì quelle
riflessioni e di quelle congetture che m' faaoDO
persuaso a pubblicarlo sotto il nome di quella
jamosa reioa. Ogouoo che per poco ue^i sludj
aia versato dell' Àoliquaria , dovrà ammettere che
un qualunque siasi mutilo simulacro senza di-
stintivi e senza caratteri può con somma certezza
determinarsi , quando apparisca non essere sen-
nonché una replica d' altro monumento che ci
sia restato più intero , e che conservi quegli
attributi che bastano a contrassegnarne il sog-
getto. Ora la nostra statua può- dirsi un dupli-
calo d'altra che si conserva nel palazzo Barbe-
rini, nella quale ìo credo aver sufficienti segnali
per potervi riconoscer Didone. Prima però che
li sottoponga al pubblico giudizio, debbo premet-
tere che non paja strano se mi discosto per
questa volu dal sistema abbracciato di cercar
nella greca mitologia la spiegazione delle anti-
che rappresentanze. Non avrei certo rinlraccìau
neir Eneide la interpretazione di questa 6gura
senza tre motivi. Il primo è il perfetto rapporto
della statua col racconto di Vligilio : il secondo
lo stile che piò a* posteriori tempi conviene che
agli anteriori; il terzo finalmente è la certezza
che abbìam di Macrobio (i) essere state le av-
venture dell' Eneide , e quelle specialmente del-
l' abbandonata Didone, il piò frequente e iJ piò
(i) Sdiurn., lib. v. t
,y Google
355
ncereato soggotio de' pitiorì e degli seoltorì dopo
'Virgilio- Ora ia questo sapposto , quando né lo
stile della scultara ci trasporti al più floridi o ai
piti vetusti tempi dell'arte ^ oè le apparenze del
simalacro al proposto argomento ripugnino , s^
rendei^ la mia opinione molto probabile. La sta'
tua Barberina ci presenu una donna sedente
come su d* un gradino , e di dolore att^gia-
ta , ansi dì disperazione. 11 mediocre scultore non
pa& aver inventato Qoa tanta e si naturale espres-
sione , o da migliori originali l' avrfc copiata, o
v' avrà trasportata quella d' altro soggetto della
greca favola, che eseguita da insigne scultore
poiea tradursi nel suo. I buoni pittori moderni
che hau trattato questo argomento ton molto
luo^ dalla nobiltà della situazione della Didone
B arberina. Ma non è già la sola afflizione se-
gnata nel volto di quella statua che la & rico-
noscere : né la spada Trojaca che stringa, poi-
ché il destro braccio anche in quella é moderno:
ma beDs\ la singolarità d'essere qual Virgilio de-
scrive la moribonda Elisa (i):
Unum exuta pedem vinclis.
n simulacro ha visibilmente un piede ignudo,
r altro nel solito calzare allacciato. Il poeta così
(i) Virgil., Mn. rV, v. 5i8. £ noUbile che i) piede
•calco è il manco, come aveva già congetturalo «lover
essere il dotto gesuita de la Cerda ne' suoi commenti a
Virgilio.
,y Google
^56
ce la rappretenta studiosa d' ^ODlanare col finto
apparato di magiche cerimoDÌe ogni sospetto
cb'ella attentasse atla propria vita- E lo scultore
ne ha seguito esatlameute la narrazione perchè
il suo soggetto si dislingiiesse al primo sguardo
fra Unti decantati suicid) che funeBian la stoiia
delle eroìne.
La Didone Barberina se avesse, come ebbe
in antico , la spada nella dèstra io atto dì fe-
rirsi, sarebbe la piti evidente rappresentanza di
quello stupendo episòdio col quale il latino
Omero ha mostrato che se cede al Greco nella
regolarità del poema, nella grandiositli dell'im-
maginazione e dello stile, non gli cede peiò
ne! trovare le vie del cuore. Il giudizioso poeu
non solo diletta maravigliosamente con quella
favola i. leggitori, ma dà una orìgine mitoto|^ca
alla mmicizia di Roma e di Cartagine, parte la
piii strepitosa della storia romana; e con ciò
rendeva il soggetto del poema di maggiore ìm-
porunza pe'suoi contemporanei. I Romani d'al-
lora doveao rammentare Annibale e Canne ,
leggendo quel verso veramente sublime ed ini-
mitabile, posto in bocca della moribonda Di-
done (i):
Exoriare aliquis nostris ex ossihus ultor.
La statua Barberina sta in atto di pronunziarlo ;
non così la nostra per aver adattata una testa
(i) Luogo cit., V. Qiì.
,y Google
annca di tutt'tltro argomenio, e quiodi sema
la coDfeDienie eypressìoDc I piedi sodo imitati
dalla Barberioa uno calzato e l'altro no, e la
man destra è fatta per sostener il pugnale. La
SGttliura della Vaticana era certamente migliore:
vantaggio troppo compensato dalla tanto minore
conservazione.
TAVOLA XLI.
Sardànapalo *.
Questo singolare , anzi unico monumento , non
è suio ancora considerato dagli eruditi con cri*
lìca sufficiente. "WincLelmann , che lo ha pub-
blicato il primo, non ha bastantemente, a mìo
credere, schiarite le nostre idee sul vero sog<
geuo del ùmulacro (i). Il mio parere è molto
diverso A da quello di Winckelmano , si dal co-
mune. Lo sottopongo al giudìzio de' leggitori ,
dopo aver fatto considerar loro la statua con
tutte le sue circostanze-
È effigiato nel marmo un uomo , il cai volto
maestoso e sereno i decorato da una lunga e
coltissima barba che gli cade sul petto artifi-
ciosamente sparsa e disposta. I lineamenti della
tua fisonomia sono puramente ideali , naso greco
* Alto palmi nove e messo; *enza il plinto palmi otto
e once dieci,
(i) JUonum. ùied. , nam- i63.
Museo Pio-Clem. Voi. li. 17
,y Google
a58
e quadrato (i), 90?raccigUo rìlevato e tagliente.
Id somma è il ritratto stesso aisai ovvio Dell* an-
tica scultura che a Platone da' nostri maggiori
solea attribuirsi , e che vedasi ripetuto su di tanti
ermi. I capelli pih della ' barha acconciamente
dìsliibuiti gli cadono in parte su d' ambe le
spalle, divisi Ìo due lunghe e beo pettinate cioc-
che ; la maggior parte rimane femminilmente rac*
colta sul collo, e stretta da un'alta benda, che
tutta gli circonda la testa. La mollezza e la gran-
dioutà dell' abito corrisponde al lusso della sua
capigliera. E vestito d'una larga tunica sovrab-
bondante ancora in lunghezza a foggia delle tea-
trali , composta di souil drappo , forse di bisso
pieghettato minuumeute: è poi avvoltò in un
pallio del pari ampio e magnifico che tutta la
figura circonda e copre, lasciando fuori soltaeto
il destro braccio , che da quel che rimane d'an-
tico apparisce sollevato in alto. II manco è po-
sato sul fianco « e resta involto affatto nel manto
stesso > il quale forma sul petto nn doppio rav-
volgimento (a) , ed ha nella sua falda segnato
in greche lettere: CAPAANAnAAAOC , Sarda-
(0 ah pai) assicurarsi, non ostante il ristanro , esi-
stendone il principio antico.
(a) Parte dell'antica politezza era il sapersi ravvolgere
il pallio con buona grazia àpa^dXXtff^ai «iT(^e|*a (Pla-
tone in Theaeleto ). Alcuni credevano dì poter travedere
un indizio del costarne e della coltura nella diveria ma-
niera d'adattarselo indouo. A.len. I, cap. 18.
,y Google
aSg
napaUos. Tanto è bisuto perchè da tutttì si ri-
conoscesse, oel simulacro il lussurioso re di Ni-
niye: e ben sembrava convenieote al soggetto
e *1 maestoso portamento , e'I grandioso vestiario*
e la coltura della chioma quasi donnesca. Cre-
sceva nel volgo l'evidenza dell* opinione , perchè
la statua trovala ne' ruderi d' una villa Tuscu-
laoa (i), era situata in. una nicchia che veniva
da quattro femminili statue sorretta» le quali 4
guisa di Cariatidi facean le veci di colonne > o
tal compagnia era ben conveniente al costume
di quel voluttuosissimo re. Feriva ad alcuni la
fantaùa la sìmiglìanza del volto della sutua prin-
cipale co* volgarmente creduti ritratti di Platone;
e siccome quel filosofo da qualche taccia di
mollezza non ai^dò esente, sospettavano diretta
io quel moDumeoto una salirà assai dispendiosa
al divino filosofo (3). Winckelmana che non dii
retta a questo parere, dottissimo eh* egli era,
non SI nascose alcune incongruenze della co>
mune opinione , e fralle altre rilevò quella della
barba . che il decantato Sardanapalo solca ra-
dersi ogni giorno 1 come solito abbigliarsi don-
nescamente ; la qua] per altro apparisce nel
personaggio rappresentato nudriia con gran cura
e disposu. Immaginò per tal motivo che spet-
tasse il simulacro ad un pilt antico e sobrio
(t] Ora nel territorio di HoDte Porzio. CamBDCmente
li crede il sito della villa di L. Vero.
(a) Tedast Wiockclinaiiii al luogo cit.
,y Google
a6o
Sardanapalo rammeotacoci da Snida (i). Neasnoa
di tali opinioDÌ mi sembra tanto foodata ds
poter reggere ad no ragionato esame della scultura.
II molle e celebre Sardanapalo dod può essenri
scolpito e perchè la luoga barba alla sua siO'^
ria DOD corrisponde (a) , e perchè di fatti le
greche medaglie ce De rappreseniaD l' immagine
qual era ìd Àochialo sul sao sepolcro, nella
quale beo si discerDe il meato sbarbato (3). Né
può abbracciarsi il sentimento di chi lo voU« ud
ritratto satìrico di Platone: oltre le ragioni rile-
vate in contrario da WinckelmaoD , V unico fon-'
damento della simiglianza coi ritratti di quel fi-
losofo riman distrutto dalla ricogniEione del aia-
cero e genuino ritratto di Platone, assolutamente
diverso da* creduti volgarmente, da noi ripor-
tato ne) piìmo tomo (4)> L' opìoione di 'Wìnckel-
mann non è affatto probabile , poiché non è ve-
risimile che tanti ritratti e simulacri ci sien per-
(0 Suiila Lex. v. I.ap9ava/xa?.o^.
(a) Diodoro, lib. II.
(5) Veggansi in Begero Thesaur, Brandemhurg., tomo f,
pag. 507, e in Haym, Tesoro Briitan. I,pag. Ha. Hon-
sigQor Onorato Caetani possiede nella sua ikca Dattilio*
teca due medaglie di Tarso con questo sepolcro o ceno-
ta6o di Sai'danapalo. Le ho diligentemente eiaminate)
ed nna se ne darà incisa nella tar. B, nella spìega&ione
della qnale si schiariranno i dnbbj di Gronovio ralla
vera rappresentansa di quel tipo, e li esaminerà l'opi-
nione di monsitiur Freret , che aKtiYc quel sepolcro ad
un terzo Sardanapalo.
(4} Tavola A IV. num- 8.
,y Google
26 1
veoaù à' un priocipe (i), la cui stona rimaneva
isoiau da quella de' Greci e de' Romaoì , e le
cut memorìe quasi ignote ai vetusti auDali si li-
cavaoo a gran pena ed assai dubbiamente' da
qualche notizia indiretta.
Io penso che prima di dar nome alla statua,
•ecoodo l'epigrafe che poru incisa, dovesse con-
ùderarsi se la figura stessa ha caratteri tali che
possan determinarla ad un argomento incompa-
libìle colla iscrizione , nel qual caso dovremmo
avere quel nome CAPAANAIIÀAAOC o per uta
antico errore , o per un' antica impostura. Ori
il soggetto del simulacro è per sé notissimo , e
può dimostrarsi altro non essere che il Bacco
vecchio o barbato, assai familiare alt' antica mi-
tologia (3). La stessa figura precisamente scor-
giamo ne' hassìrilievi detù volgarmente Cene di
Trimalcione , dove un corteggio di Sileni e di
Fauni la contraddistingue per Bacco (3). La stessa
co' simboli Dionisiaci del nappo e del tirso amr
miriamo nel superbo intaglio in topazio del Va-
ticano (4) : la stessa appoggiata ad un Fauno è
(■) Venunente freqnentissimt sono gli ermi con ritratto,
e ve ne h^ de' beiti in qnati tutti i mnsei.
(3) Se ne tratta a luogo cella Storia delle arti ec. ,
lib. Tj cap. 1 , § 33.
(3} AJmiranda , tav. LXXI.
(4) BuoDarroti^ Osservationi sopra alcuni medaglioni ec^
Do,1,7cdDyGoOglc
a63
io un bel vaso etrusco riportato <Ia!I*Haac«rvilIe ( i )r
la stessa sa d*un iucomparabil cammeo presso
il sig. JeDgkÌDgs rappresenta il simulacro di Bacco
fralle offerte de* suoi seguaci , la stessa è scol-
pita io UD vaso e in un sarcofago del palazzo
Farnese (3) io mezzo a Baccaoti , la stessa fìoal-
menie su cento altri monumenti Bacchici è fre*
qneatissìma.
Ni solo è la 6gura per se determinata a rap<
presentarci uo Bacco bai-bato , ma per tale con-
£ermaola quelle circostanze che pib debbono ri-
levarsi nel simulacro proposto. La sua nicchia
era sostenuta da quauro statue muliebri, e un
simile accompagnamento aveva Ìl Bacco vestito
di Sicione(5). Il numero di quattro corrisponde
alla tradiàone dell' anonimo , che assegna quat-
tro donne al oume Tebano (4-)- La sola circo-
stanza contraria sarebbe l'epigrafe. Ma qual peso
potrà avere quando contrasta coli* evidenza del
soggetto ? Il Nettuno equestre in Alene avea
(i) Tomo I^ tav. CIV.
(3) Il sarcofago si trova inciso <la Marcantonto.
(3) Pautan. Corinth. seu Ub. II, cap. 7. Ho detto ve-
stito perchè la statua era d'avorio e d'oro, or le statue
siffatte non eran onde.
(4) L' ADonimo de increàibiUbus , cap. 16: Téauapat;
9è vvvàiKa^ e7vat avrò à3eX'pài 9tà tò téffaapoi
rpoxài èy«y ara» iiera^oXàf ròf oivov. Dicoao che
Bacco aboia con se qaailro donne sue soreUe f perchò
quattro appunto sono le conversioni^ per dir megto i
cangiamenti che subisce il vino.
Do,1,7cdDyGoOglc
365
VD* Uciizioaé che gli dava altro nome- (i), ma
che noD trattenne Pausaoia. dal riconoscerlo per
IVettuno> Le iscrizioDÌ erao fallaci, e a' simula*
cri delle Pretidì io Sicione (a), e a quegli stessi
di Temistocle e di Milziade io Atene ($)■ La
itatua d'Oreste nell'Erèo se si leggeva l'epigra-
fe dovea dirsi rappresentaote Ottaviano Augu-
sto (4)- E non trovaosi delle immagini simili
con iscriùoni contraddittorie 7 La stessa testa che
in Campidoglio ha il nome greco di Pindaro *
nel Museo Pio-CIementiuo ha quello di Sofor
eie. 11 bassorilievo di tre figure che in villa Pia-
ciao* ha i nomi antichi di Anfiooe, Zelo ed
Antiope , in una replica a Napoli ha quelli d'Or-
feo, Mercuiio ed Euridice (5). Se dunque le
false epigrafi non impedivano i greci aniiquarj
dal decidere su migliori indizj del vorp soggetto
delle immagini, non debbono esser d'ostacolo
neppure a noi per detern^inarci contro 1' epigra*
fé , quantunque salica , su piii forti e più evi-
deab moùvi. £ se il soggetto della nostra sta-
tua t certamente un Bacco barbato , come lo
(t) Pautania, Attica, seu lib. I, cap. a.
(a) Lo stesso, Corìnih. , seu II, e. g.
(3) Lo stesso. Attica, seu I, cap. ifS. ^
(4) Lo stesto, Corintk., seu li, 17. A Micene nel teni*
pio di Gìnnone.
(5) WÌDckelmann , Monum. ined. ec, pag. 114 anno-
vera altri soggetti dov'eran dnbb) gli antiqnarj antichi
e dove le iscrizioni non seguivano I' opinion più proba-
bile.
,y Google
a64
provano unti siroil! e non equivoci mÓDumeDtij
r iscmione che lo vuole un Sardanapalo* quan»
tanque antica, non sarà gennioa. Di faui seni-
bra posteriore di molto alla scultura (i). La da,
plicazione del A non è conforme alla pib esatta
ortografia , e le forme del C , dell' A * del A e
del A (3) se hanno qualche esempio in mona-
menti prìms dell* era cristiana , ne hanno infini»
temente pìh dopo ì tempi degli Antonini. Quindi
la buona crìtica insegna che se non debbono
avvicinarci 1' epoca d* un monumento che abbia
tutti i segni d' anteriorità f servono però a con-
fermarci neiropiuione della posteriorità d* un al-
tro che già ne somministri non leggeri sospetù.
Che se mi si chiedesse qual può essere slata
r origine di questa falsa denominatone , e sa
l'impostura o l'ignoranza l'abbia segnala , non
esiterei d'indovinare i motivi che abbiano in-
dotti io errore gli antichi espositori delle più
antiche rappresentanze. Sembra che tal sorta dì
gente si moltiplicasse verso il tempo degli Ao-
tooioi a misura che andavano ad ofTuscarù le
vecchie tradizioni (5). AUor fu probabilmente che
(1) Anche r epigrafi dell' arca eli CipMlo » aacorchè
tcritte Bastrophedon, erano meno aniìcbe delle figare che
ÌDclicavaDo. Pauian. , Eliac. I, teu lib. V, cap. 19.
(3j Itegli originali hanno la desua lineetu cnperior-
menlc prodotta e ripiegata.
(3) Spello li rammenu Panaania, e spesso ti Ugna
della loro scarsa perizia.
Do„,7cd,yCOO<^lc
365
ì posseisorì gradirono averà' scrìtti i Domì delle
loro statue (i^ Colui che dii alla oostra il oome
di Sardauapalo cadde io un errore conforme a
qaeUo de* moderoi àntiqoarj che faan dato ad
una figura simile il nome di TrìtnalcìoDe.
leggendo esagerau in Petronio la crapula e
la delicatezza di questo soggetto, gli hanno at-^
trìbuite quelle immagini che rappresentano un
nom barbato immerso ne* piaceri e nelle gozzo»
TÌglie , senza badare alle 'orecchie fauuioe e alle
code dette figure del suo corteggio, che facil-
■neoie l' afrebber contrassegnato per Bacco (a).
Gli anùchi, presso i quali erano io proverbio^
le cene ed il lusso di Sardaoapalo (5), con si-
mile oscitanza I* avranno riconosciuio io quelle
rappreseouoze , e quindi nella nostra statua , che
alla 6gura di que* tanti bassìrìlievi perfetiameote
simiglia. Tanto pili Jàcileera 1' equivoco, quanto
la statua di Sardanapalo in Anchiale dalle statue
(i) L'epigrafe del famoto Cicerone di Hatteì, qnan-
tunqne antica, non i sincrotia alla scultura: anni il ca-
rattere par che l'aacrivi al terzo secolo dell'era cri-
stiana.
(a) jiàmiranda , tav. LXXl , ove pn^ vedersi la spie-
gazione lottoposUvi. Quel soggetto è assai ripetuto ; ol-
tre il bassorilievo della villa Negroni eh' è il pili bello»
ve ne ha a villa Albani due repliche , ed ona su dì
nn* ara o piedestallo assai cnrioM del Museo FÌo-Clenaea-
tino, che verri spiegalo a suo tempo'.
(3) Giovenale, sat. X, r. 3€a.
,y Google
d6$
Bacchidie QegH attiibati forse noe differiva (t).
Può congelturani che 1* errore avesse tra ulte-
rìor motivo > del che ci avrebbe lauo certi la
cODservaàoDe del destro braccio. La statua di
Sardanapalo aUava la destra colle dita disposte
in guisa da une uno scoppio , col che s' indi-
cava ciocché schìarivasi dalla sottoposta iscri-
Etone« che tutto fragli uomini è vanitìi, fuori
de* sensuali piaceri : quasi volesse dire che tutto
il rimaoeote neppur valea quel nulla che indi-
cava col gesto (a). Ora una simile attitudine ed
espressione «i dava dagli antichi ancora alle fi-
gure Bacchiche , come la bella statua di bronzo
d'un Baccante ubbriaco nel Museo dì Portici
lo comprova (S). E siccome in espresuone per
lo più voluttuosa soieano essere tali figure bar-
bate di Bacco j la nostra per avventura avea la
mano , che cerumente era levau in alto , ap-
punto in quel gesto- Faci^ cosa dunque fu al-
lora il confonderla coli' immagine di Sardana-
palo, che per quel gesto era nota, e lo scri-
verne il nome suU* orlo del pallio , allontanan-
dosi dall' usanza ordinaria (4)'
(i] Vedasi la spiegaiione delU tav. B in fine de] pre-
sente tomo.
(3) Ateneo, VIIC, 7, Strabone XIV.
(3) jintichità tT Enolano, tom. VI, de" Bronzi li, !>•
Vole XLII e XLIII.
(4) I nomi de' soggetti delle itatae si reggono per lo
piii scritti nel plinto, così la nostra Hncmosine riportata
,y Google
a67
Per qnel che riguarda l' arte il nostro Bacco
iMurbato è UD pezzo degno di qualche studio. La
voluttà e la moUezza nell' età adulta dod possono
esprìmersi né con maggior aentimento né con
maggior dignità. Il corpo non solo é dilicata-
meote pasciuto , vestito e colto , ma l' anima
atessa mostra quella stupida contentezza d'una
persona abbandonata a' piacerì , e che oon ne
sente rìmorsi. L' aria del volto i però gran-
diosa e nobile , qual si conviene ad un Dìo ,
e la £sonomia lo mostra capace dì grandi idee.
Può dirsi veramente un dio d' Epicuro ineb-
briato ifi piacerì , che però non giungono ad
alterarlo, e spogliato dì tutte le cure. I capelli
sembrano stillanù di preziosi balsami , e l' abito
è eseguito con una somma verità d' imitazione ,
e composto con ottimo gusto. E da notarsi la
manica del braccio ' destro , il cui princìpio
é antico , ed è beo diversa dalle consuete : non
saprei assomigliarla che a quella d' un Bacco
Del nostro I tomo , lav. XXVII , coti la Gianone Lanu-
v!aa del Hnieo Capitolino , l' Euripide di villa Albani ,
il Posidìppo di villa Negroiii, che l'hanno nella parte
anteriore. Nel palano Spada v'è una slatna di filotofo
senia barba in atto di profondo pensiero, la cui epi-
grafe scritta sul destro lato del plinto i sul Gne corrosa,
ma dalle lettere conservate sembra denotare Aristotile ,
a cui l'appropria ancora il mento raso secondo l'uso
de* Uacedoni, che lo distingue dagli altri filosofi. Per
altro de' nomi scritti sulle tessere de' vestimenti si fa
menziooe dagli antichi : ni mancano esempli nelle pit-
tare de' bftjsi tempi. Vedasi ìu di ciit il Ciampini.
bg„„.d.yG00glc
a68
barbalo, o d'nn sacerdote sotto le sembiaoie
del nome, dipioio sa d'uà beUiBÙmo raso (i).
Le statue feramÌDÌU che aceompagDaTano Ja-
Dostra figura si eoDsenraoo a villa Albani , ove.
servono di Carieùdi. Mancavano del capo e delle
braccia, ma sono state nsarcite in attitudine di
Canefore, seguendo l' ìudicazìoDe delle braccia
medesime. La scultara però del Bacca è di gran
langa superiore a quella delle figure accessorie.
OsservaùorU delT autore pubblicate
nel tomo VII deWedisione di Roma.
Alla pag. 364 aveva detto che U doplìcaxione
dell' L nel nome SardanapaUos non era seconda
la vera ortografia di questo n<une. Comunque ù
trovi più comunemenle scritto con una s(^ L ,
debbo qui osservare che l' altra ortografia non è
perciò meno buona né meno antica: è quella
che ù ha nel testo di Erodoto , I. a , e 1 5o , e
che è sostenuu dal Wesselingio nelle note a quel
passo.
Debbo aggiungere altresì , per ispiegare come
il nome di Ssrdanapalo sia stato scritto su
di un simulacro che non rappresenta questo re
d' Assiria, che ul nome era divenuto quasi un nome
appellauvo di carattere volaitnoso ed efTeminato.
che è appunto il carattere che gli antichi da-
vano a Bacco , specialmente quando era , come
(1) Hancarville, tomo I, lav. LXXXIU
Do„,7cd,yGOOglC
309
• u> (|Desto simulacro , rappresenuto barbato e ri*
▼e«ùto della tunica detu bassaride , secoodo che
ne fànDO fede i basùrìlìevi che ho mentovau in
questa spiegaziooe. La prora di ciò che avanzo
è tratta dal Queroio , commedia scritta nel quarto
secolo dell* era volgare ed attrìbuiu erroneamente
a Plaoto. In quesu commedia il nome di Sor-
danapaUo disùngoe un personaggio dedito alla
crapula ed effeminato. Arìstoiàne stesso aveva già
adoperato questo nome poprio quasi nel me-
deumo senso. AveSi v. losi.
M. Monges dell* Istituto di Francia lesse soni
sono ana dissertazione su questo simalacro , nella
quale [Metende che \»i sutua rappresenti l'impe-
ratore Elagabalo» cui sappiamo dalla stona angu-
sta essere stato dato il soprannome di Sardana-
palo; e che quel molle Augusto abbia in que-
su sutna preso il costume di Bacco barbato.
Questa opinione non poteva fondarsi se non
su d' una simìglianza affatto evidente de* li-
neamenti del volto in questa figura , e ne' ri-
tratti certi di quell* imperatore ; tal simigliansa
non CMste. La statua, come ho gii rilevato nella
spiegazione , ha una fisonomia ideale , quale Tan-
nanaano la bellezza della fronte e degli occhi,
e la forma quadrata del naso; forma che Fi-
lostrato ha espressamente notata, come propria
delle statue , ed. apparienente , come noi dicia-
mo, alla bellezza ideale : Terpófiffot; n t9éa ti^c
fwoi;^ 0tO9 àYaXftaroi {^Herolca in Protesilao).
,y Google
TAVOLA Xm.
Alcibiadi *.
Il singolare e bel simulacro d* Alcibiade avrei»»
be richiamalo la nosrra atieaùone pel merito
della scultura,* non sarebbe però reso preuòso
dal nome di quell' nomo straordiuario , se no
erma scritto del Museo Pio-Clementino (t) con-
servate non ce ne avesse le indubiiaie sembiante.
Colla sicura scorta di quel marmo possiamo cer*
umenle fissare il soggetto di questa bella staiuSf
giaciuta per qualche secolo negleiu ne' viali
della villa Mattei , . e trasfòrmau da* catari ri-
stauri in un degl* ideati gladiatori (3). La bontà
del disegno piii ancora si manifesta nella schiena
della figura , che per esser oell' atterrarsi caduta
forse supina si è meglio da quella parte con-
* Allo palmi otto e once dieci i senza il plinto plinti
otto e once quattro.
(i) Fu trovato negli scavi di Pantanello nella villa
Adriana del celebre pittore sig. Gavino Hamilton, ed
acquistato dalla Santità di Nostro Signore. Ha il nome
greco alquanto frammentato AAKIB > . ■ ■ * e un epigram-
ma enimmatico scritto da un Iato. Si darà a sno laogo,
(3) È riportata ne' Monumenta Mattkaeiorum , tomo I,
tav. CI, dove appena è riconoscibile. Il Tenuti la Ah,
per un Gladiatore: ma il eh. sìg. ab. Amednsii ri-
flette in «Da nota , che pib acconciameote potea dirti
nn Atleta. Allora il geouino ritratto d' Alcibiade non
era alla luce.
,y Google
37»
servata. Io la credo una copia della sutna di
bronzo che oel quÌDto secolo di Boma fu eretta
Del foro a questo Greco ammirabile insieme eoa
quella dì Pittagora. L'oracolo Delfico aveva co-
mandato a' Romani d'«rìgere una statua al piii
aag^o , una al pili valoroso de' Greci io un co-
seno Inogo di Roma (i), sull* adempiménto
del qual comando facea sperar loro la vittoria
de* Sanniti (a). Alcibiade e Pittagora furon pre-
scelti a qoest' onore 1 lasciandosi indietro, con
maraviglia di Plinio , Socrate e Temistocle- Ma
qnaoto al primo era beo pih cdebre Pittagora
in Iiafia di qualunque altro filosofò , e tante sa-
vissime legislazioni di Magna Grecia , frutto della
sue ìititUEÌoni» rendevano alla sapienza di lui un
meno equivoco testimonio , ' che le memorie o
gli scrìtti d' altri filosofi né ugualmente note ai
fionumi, né abbastanza allora compresi. Àlcì-
(i) Plinio, lib. XXXVf. 6: Imenio et Pythagorae . et
Alcibiadi in cornibut comilii posilas Ctiaiuas) cam bello
SttmniU Apollo Pfthius Jbriisstmo Graecorum gentil ius-
tisset, et alteri sMpieaUsmno timtdacra celebri loco diatri,
donec SyUa Dictaior ibi curiam /eceret. Minanqae est il-
los patres Sacrati cunctis ab eodem Deo sapientia prae-
laio Pjrlhagoram praetalisse > atii tot aliit virtuie Akibia-
dem , aùt tjuemquam iitrofus Tkemisiocli: Plutarco ia
Ifuma dice lo ti esso.
(2) Lo ipirito (li questo oracolo fa comprenilcre con
qnaiita verità abbia attribuito Orazio a' Greci
Praeter laudem nullius avaris ,
quello imoderato amor della gloria che in lutto ti res«
pandi.
,y Google
37»
biade fu forse debitore della seelia alla noviià
de* suoi fatb , che tattora recenti doveano es-
sere in bocca di tutte le greche popolazioni. Ar-
gomenlo non leggero per credere la nostra sia-
. tpa co[Mala da una di bronzo « è la maniera secca
e precisa nella quale sono trattati i capelli , la
barba e i peli. Non si lavoravano diversamente
. nelle opere in bronzo , e d* ogni abile foodilore
potea dirsi quel d* Orazio , che
MoUi imitabitur aere capilios.
I bronzi d'Ercolano, benché possano supporsi
assai posteriorì a que' tempi , ci offroDo tutu
i capelli colla stessa finezza eseguiti. Nel -mar-
mo all'incontro o sod di^psti -a ricci, o a
massa , o a brevi ciocche , le quali &n da lon-
tano r efietio del vero , da vicino sod tratute di
maniera , ma con somma maestria. Né io saprei
dare altra ragione di vedere su d' alcune statue
i capelli travagliati a guisa di quei di bronzo ,
se non quella appunto che nel copiarsi da su-
tue di bronzo non ha voluto V artefice in marmo
allontanarsi neppure in ciò dall' esemplare che
aveva innanzi. Lo che tanto pib aveva ragion di
fare* quando l'orìginale rappresentava, come nel
nostro caso, un ritratto. Questo stile rawiùamo
nella statua , e piii ancóra nell' erma , dal quale
rimane illustrala.
L' elmo che Alcibiade ha sotto il piede ò mo-
derno ruuuro. L'esempio è preso dalla sutua
d' un eroe nel cortile Famesiaoo. È sUto adat-
tato alla nostra statua , perchè io ul atto è ovvia
,y Google
.7S
nelle medaglie rimmagine del Valore (i), «d
Alcibiade quella statua ottenne appunto coinè
il pHi prode de' Greci.
La srehezza ed il molo di questa bella figura
meritaoo attento studio. L' originale dovea esser
frutto delle scuole Greco-Itale che garrcggìavano
in ogni facoltà e io ogni sapere con quelle
della Grecia Madre. Da queste avefloo apprese
le arti gli Etruschi che popolavano la Campaniai
e che perciò nelle loro opere non ritraevano
che le greche favole, e non imiiavaau che i
greci lavori. Forse non li seguirono ne* progressi
delle arti, e perciò le opere Tuscanìche si cod-
fosero soflaoio colle opere de^i stili greci aii>
tenori a Prassìlele (a).
(0 Virtas.
(1) Tatto ciò che dell'anteriorità delle belle arti in
EtmTÌ« hanno icritto molli Italiani, uguìti coq non
motto criterio da parecchj celebri oltramontani , si avrà
tempre da chi conosce le ani antiche angli originali per
nna mera illazione. Non si questiona se gli antichi po-
poli Italici , o Etratchi , o Umbri , o Sicani ec. non
aveieero qaalche arte , e ancora qnalehe princìpio di
quelle d' iniitaziDne prima della venuta delle greche co-
lonie, come ancora i Greci le conoscevano prima di
mandar colonie in Italia : si dice solo che il grecismo
evidente di tutti i monumenti italici prova che questa
arti si giovarono della vicinansa de' Greci sino a tras-
formarsi del tutto, e che le reliquie che ce ne riman-
^no, questa epoca e questa imitasione chiaramente ci
presentano. Il eh. sig. ab. Lansi richiamerà, come spero,
gli stndj degli antiquarj su questo oggetto alla Tera
Museo FUi'Clem, Tol. n. i8
,y Google
'1*
1d questa statua d' Alcibiade possiamo osservare
quella bellezza propria dell* eia virile che rico-
nosceva Plutarco ìu Alcibiade» che seppe esser
av.Tcneoié in. tutte le stagioni della viu, talché
ia lui si verificava il famoso detto d'Euripide
Anche V Autunno delle belle è beilo.
TAVOLA XLIII.
, FoClOflE '.
Siamo beo lootaoi dal preseotare al pubblico la
statua di FocioDe colla stessa franchezza colla,
quale gli abbiamo offerto il simulacro d'Alcibiade.
Né si cODOsce ancora verun ritratto autentico
dell'ultimo eroe d'Atene (i), né quello che ora
esponiamo ha segni tali che lo determioioo con
qualche certezza. La denominatone onde ab-
biamo insignito 11 presente marmo non è fon-
dala che su congetture, te quali souopongonsi
al giudizio del leggitore, perché ne valuti da
se medesimo l'importanza.
Sembra che il ritratto di qualche illustre'
capitano greco ci sia slato trasmesso ìd questa
semplicissima e pregevoi figura. Yedesi un guei>
* Alto palmi dieci e once sei; senca il plinto palmi
nove e once nodici.
(i> Quello riporUto dal Fabri fralle immagini dcgU
oomini illustri di Fulvio Orsiuo, n. 108 è «ensa testa:
Bou ne rimane cbe il petto colla epigrafe greca.
Do,i,7cd.yCopglc
375-
riero col mento coperto di corta barba , col
crtae irto premuto da uà grand* elmo a visiera (i),.
con fuonomia non solamente seria , ma austera
senza esser truce* È tutto nudo , se non quanto .
. da QDa clamide è avvolto , che alla grossezza e
alle pocbe pieghe mostra esser d' un drappo
ordinario. Non può prendersi pel Dio Marte ,
perchè il carattere del nudo mostra uà uomo :
le braccia hanno le vene assai rilevale , la pelle
alquanto aspra , e le forme poco rotonde , aozi
quali io laboriose membra si osservano. Circa la
fiftonomìa abbiamo delle ripeiizioai in marmo
onde crederla d'illustre guerriero (a). Perchè poi
vogliamo piuuosio a Focione che ad altri ca|nuiii
(i) WÌDckelmann ha gi^ rilevato che quello sporgi-
mento dell' elmo dicessi yeiffoy ^ suggrundiùm. Questo ao-
me si dava ancora allo sporgimento del ciglio, che Delle
greche fisODomìe suoi esser molto avaniato tali' occhio.
Per resto ! vati fittili , detti etrascbi , ci fan vedere
l' oso di siftatti elmi , eh' era dì coprire il volto , al qoal
fine i due buchi eran praticati per dar luce ali* occhio-
Quelle visiere poi che hanno in parte la forma del collo,
e che piìi simigliano alle moderne, non erano osate da-
gli antichi che ne' certami de' gladiatori, e ci& ne' tempi
dopo Vera cristiana. Almeno i monumenti dove sì veg>
goDO non han data anieriore. Winckelmann , Monttm.
med., n. 199. Ha avuto perciò gran torto il Carlos
dt tegistrame una lifTatta fralle antichità Etrusche ,
Recueil, lom. Ili, pi. XXVI, n. 5 ; e tom- IV ,^ pian-,
che XXV, n. 4 e 5.
(a) Fralle antichìtk non ristanrate del Museo Pio-Cle-
néntìno è una testa galeaia dello stesso lilratlo , oltre
una copia antica in picciolo di tutta la figuri.
,y Google
376
greci questa militare immagÌDe attribiùre , eccone
le ragioni.
Esiste ia Inghilterra una statua insigoe di De-
mostene , il cui gesso conservasi in Roma presso
pili dilettanti. Lo stile della scidtura o si osaervi
la maniera del nudo, o quella del panneggia-
mento è prerisamente lo stesso in ambedue ì
simulacri. Ora le statue di Focione e di Demoste-
ne dovettero esser contemporanee , come con*
temporanei furono que* grand' uomini che le
meritarono* ambedue ingratamente colla morte ri-
compensati di quanto uno colla favella, l'altro
eolla mano , ambedue col conù^p giovato aveano
alla patria in que' tempi avversi. £ siccome il
popolo ateniese riconobbe nel tempo stesso la
sua ingiustìzia con ambedue » e si sforzb con
vane e tarde onori6cenze di consecrar la me-
moria di questi padri della patria , la simigliane
dello stile delle dne statue che possoo sopporsi
imitate da quelle di bronzo erette in Atene (1),
Jk un argomento non dispregevole per creder che
la nostra Focione ci rappresenti , giacché l'altra
è il sicuro ed indubitato ritratto di Demostene.
La maniera di portar la barba che si osserva
nel nostro guerriero , conviene appunto a que'tem-
pi. Allora gli Ateniesi seguivano bensì a com-
parir barbali , ma la lor barba era alquanto moaza.
Questa idea ce ne danno ì genuini ritratti
(1) Pausaoia, litica, scu lib. I, cap. ìQ} Plutarco in
Phocione ìa fine.
,y Google
f SKcliine e di Demosteoe a Foctone oontem-
poraneì. Anzi ci narra Plutarco d'un certo
Arefaibiadej che portaralunga barba alla sparunaf
ed «flfenava io Ateae una laconica severità,
ond'ebbe il nome dì Laconista (i). Siccom»
qaesio ìmpoMore anÌDgava ud giorno il popolo
adnlaloriameoie , Focione a lui si rivolse e gli
disse : perchè dunque « o Àrchibiade , non ti
radevi? Quindi appare che gli Ateniesi comn-
nonente radeTansi , non però aflàtto , come i
eitati ritratti ci provano, ma in quel modo ap«
ponto in cui è raso il nostro guerriero.
Una congettura più positiva per verificare nel
noctro marmo il ritratto .di Focione, sembramr
Fidea di povertà che l'artefice ha voluto espri-
mere non solo nella . grossesza e nella ruvidezza,
ma ben anco nell' aagnstia e nella meschinità di
qoeUa semplice clamide ood' è coperto. Bisogne-
rebbe trascrivere la metà della vita che ce ne
ha lasciata Plutarco per accumulare tutti gli
esempli di quella virtuosa e volontaria povertà in
eoi visse qnell' ammirabile cittadino. Se dunque
fu questa in certo modo la caratteristica di
Focione , qual motivo per ravvisarne 1' effigie in
una sutua, nella quale sembra che lo scultore
abbia voluto darci l'idea della più povera sem-
l^iùtà che abbia la virtù accompagnato d'oa
n<»a di stato e di guerra ?
(1} Plntuco in Phoaone,
,y Google
E qui OOD posso lasciare senza 1 doTOÙ clog
l'arie mirabile dello scultore , che ha saputo in
un cos\ povero ahbigliamento dar uotó digoiA
alla sua figura. Non poleasi più esprimere U mi-
seria che io quel grossolano paludamento non
si sia fattoi ma la fisouomia è quella d*un eroe,
e la composta altitudine è d'un uom tranquillo
e sicuro, non d'un meschino, disprezzato eav-
viliio. Si vede nella situazione dell'eroe non solo
quella costanza nel suo proposito , che suol fare
il carattere degli uomini onesti , ma ancora quella
contentezza di se medesimo , ch'è il frutto e insie-
me il palladio della virtb.
Piti particolar merito dell' arte è il piegare
del panneggiamento, che con poche e larghe
pieghe , come convengono a un drappo ordina-
rio , dk conto meravigliosamente dell' ignudo al
tempo stesso , che quasi ingannando lo spetta-
tore , gli fa desiderare che si scopra la sutua ,
come a Zeusi nella pittura di Parrasio. Le gambe
che soD moderne son lavoro del valente scultore
sig. Pacelli , che per la nudile de' piedi ha se-
guito Plutarco nella vita di quell' insigne generale.
Finalmente nel volto, dov'è ritratta la pi<i
vera i'dea d' un animo forte ,. si vede quella sa>
penorità d'animo che non fece mai piegar Fo*
cione ah al riso , né al pianto ; quella forteza
con cui seppe affrontare imperturbabile l' odio
popolare e la morte. Su queste ' idee sod
fondate le congetture che mi han fatto sospet-
tare io questo nobile marmo 1* immagine di Fo*
,y Google
*79
«none- Forse u piacere e la lusinga di vedere
e di onorare V effigie d' un tanto uomo me le
han &tte sembrare d' un maggior peso di quello
che per se medesime possaoc avere. Attendendo
che il pubblico de' veri conoscitori ne giadì-
chi , non mi farà Diuaa forza in contrario la pre-
tesa immagine di Focione , che nelle gemme
Stoschiane vedegi pubblicata (i).
Osservauom delT autore pubblicate nel tom. VII
delt edizione di Roma.
La bellesza ideale della fronte e degli occhi
non doveva far pensare a ritiaito nell' esame di
questa starna , tanto meno a quello di Focione
che ai rappresentava con un* aria burbera, ca-
pace di disanimare coloro che se gli fossero ap-
pressad senza conoscerlo , e che non avevano
sperienza della bontà del suo cuore (Plutarco,
Phocione, pag. 743)- H luogo dove la suma
(i) E riportato dallo Stosch, Gemmae antì^uae , Da-
merò LVI, na cammeo con due nomi greci uno di
Focione e X altro dì Firgotele. Forse il nome di Focione
era antico, ed era quel dell'artefice: altri per riportarlo
al ritratto v'ha aggiunto quel di Pirgotele. Segni indo-
bita'ti della impoatnra lono i caratteri poco uniformi. Il
>igma finale del nome di Firgotele è coil 2, quando
qoelli del nome di Focione sono lunati coti C< V é dip-
pià: nel nome tiesse di Pirgoiele, come nell' glIOIgf
che lo aiegne gli E tono Innati , non corrispondono
perciò al £ , che per estere analogo a qnegU S dovreb-
be essere ancor etto Innato.
,y Google
aSo
fu scoperu, che era 1* antico Foro iTArcbe-
moro, potrebbe somministrare la congettura chtt
questa stallia rappresentasse uno de' sene gacr-
TÌerì della Tebaide, Adrasto forse o Anfiarao ,
che primi in ooor d' Arcbemoro , istituirono i
Ludi Nemei.
Nella noia (i) pag. 379 ho partalo d'un pre-
teso rìlraito di Focione attribuito a Pìrgoiele;
ed ho avanzali i miei dubb) suH' auieatìciiì dì
qoel monumento. L' ab. Bracci nelle sue JUtf-
morie degli antichi incisori , tomo II , all' arti-
colo Pirgotele , aveva già provato che quella
gemma non era antica , ma era stata eseguita Del
secolo Xyi dal valente incisore Alessandro Ce-
san detto il Greco.
TAVOLA XLIV.
Cleopatsì. *.
Chi vorrà privare questo celebre marmo di
quel nome illustre che i Castiglioni canurooo
e t Favoriti (i), e sotto il quale in YaticaDo
* I^nga palmi otto e once sette, alta palmi kÌ.
(i) Esistono non lolo impreMÌ ne' libri, ma incìaì in
marmo per ordine dì Clemente XI i bei carmi latini di
questi dne egreg) icriltori , e veggonai nel Homo a' lati
del simnlacro. Alludono peti al fonte ini quale era col-
locata la statua Ìd fondo al gran corridore che ne trasse
il nome, prima che foue trasporuta nel duoto niiu«o
da Clemente XIV. Leggon»Ì ancora nella Metaiioteca del
Mercati, Axm. X, aggiuntivi dal commentatore.
bg„„vJj,COOglC
aSt
V annoiraroDO quasi tre secoli? Ma se la crìtica
ée' moderni atmquarj non ravvisa che un mero
equivoco in questa denominazione; se queato
equivoco ripetuto e seguilo ciecamente lia di-
vulgato il titolo della statua e presso i letterati ,
e presso gli artefici; cosa perdere quesu insi-
gne scultura cangiando nome > e cosa potrà av-
venturare l'espositore a rìformare la comune idea
ed a proporre qualche congettura , se non certa,
più fondata almeno e piti verisimile ?
Siccome ci narrava Dione che l'immagina
di Cleopatra fu recaia nel trìonfo d'Augusto
avente un aspide al braccio, parve di riconoscerla
in quesu statua, che appunto al braccio sinistro
tiene avvolu la figura d' un serpe (e). 11 sopi-
(i) Circa la maniera di morte che trorò per liberarli
qnella famosa regina^ vedausi l' eradile note degli e^o-
«tori delle aatichìtà d'Ercolano nel V tomo, primo dei
bronzi, a propoiilo del baaiotilievo d'argento, cbe cre-
dono rappresentare quella istoria. Que' dotliisimi anti-
quari han ribattuto iucontrastabilmeate l' opinione di chi
ravvisava in quel prezioso monumento Venere cbe piange
Adone, ma aoa mi sembra che la morie di Cleopatra
sia il soggetto di quella rappresentanza. Non v* è nulla'
che dal costume faccia argomentare la scena dell'azione
in Alessandria. Né so come Ìl simulacro di Tenere siasi
eretto nel sepolcro d'Antonio, che pure sarebbe il luogo
dì queir avvenimento. L' amore afflitto nel seno della
principa) figura fa sospettare un argomento mitologico.
Io vi ravviso 1' amore di Fedra. Ella si vede insieme
con queir Amore mesto e sprezzato in lauti bassirilìevi,
tn gli altri in uno incUo fralle antichità Beneventane
,y Google
mento in gqÌ . è effigiata 1* iniinagÌDe parve il
•ODDO della marte , né alifo si desiderava p«r
riconoscervi riUtima reina d' £gitto, quando per
tale la comprovavano
Saefis admorsa colubris
Brachia, et aeterna torpentìa lumina nocce(t).
- Piti oculati i posteriori osservatori s' avvidero
che il preteso aspide altro non era che un brac-
cialetto. Che le armille si figurassero sotto la
forma di quel rettile, ond* ebbero il nome Ó^,
serpi, si è già osservato altrove (2); e che
del De-Vita , e spiegato dal Passeri per la favola di He-
leagro. Il simulacro dì Venere colle colombe a' piedi
allude ai sagrifìc] inutili clie offriva Fedra per liberarsi
da qaella funesta passione. La donna d' età matura è la
nudrice che ha tanta parte in quella tragedia , la per-
suade ad ornarsi ed a prender cibo , come nell* Ippolito'
d' Euripide. A questa circostanza allude il rovesciato ce-
sto di frutta. L' altra damigella comparisce anch' essa
ne' bassirilievi. L'espressione di Fedra mostra una per-
sona vinta da ana passione a cui non pn6 resistere. Nod
è mai quella regina descritta da Orazio :
I vtsere regiam.
Vuliu sereno fortìs, et asperas
Trattare serpente! , ut airum
Carpare comhiheret venenum
Deliberata marte ferodar. ( Carni. I. 57 ).
Pel resto la sutna portata nel trionfo d* Augusto o dovi
esser picciola , e forse d' argento o d' oro , o pinttosto
come le Circensi di t^ia. fatu al naltuale.
(i) Castiglione, Cleopatra in principio.
(a) Vedati il nostro tomo I, uv. X, la Venere «p-
,y Google
285
fosse il costarne di portarle talvolta ad un solo
braccio , e particolarmente al sinistro , 1* abbiamo
all'occasione di ire altre immagini ripetuto (i).
L' unico fondamento su cui si appoggia la ricevuta
appellazione è dunque rovesciato (a) Al che ag-
giungeremo che il ritratto non corrisponde ab-
bastanza a quello impresso nelle monete di Cleo'
patra e d'Aalonioj e che la situazioDe della
figura nua letargo o. morte , ma un vero sonno
ci esprime pieno di vita^ come 1' azione del de-
stro braccio e il moto deHft ^amba sinistra il
dimostrano, e la positura stessa il conferma» che
non i punto cadente , né abbandonata.
Diremo dunque con Wìnckelmanu , che sia
una ninfa di quelle, che dormenti al mormorio
de' fonti , scol[Hrouo sì sovente le antiche arti (3),
presentatavi ha un'armilla anica in forma di serpe lullt
parte superiore del braccio manco: Brachio sommo sini-
stro. Pesto, V, Sptniker.
(i) Qneste sono la citata Venere, tomo I, uv.X, la
'Venere Gnidia, ivi tav. XI (i), e la Pudicizia che ha al
solo braccio destro un' armilla pur fatta a serpe. Vedasi
la tav. XIV di questo medesimo tomo.
(a) Nel marmo originale è evidente che il serpe non
rappresenta quel rettile come vero, ma solo come un'ar-
milla di quella fonna.
(3) WinckelmaoD , Storia delle arti ec. , tom. I, 1. TI,
cap. a, § 19 , e tomo li, lib. XI , cap. a , § 6. In que-
>t' ultimo luogo il eh. sig. ab. Fea adduce delle altre
belle riflessioni per escludere contro il sig. Lens'la de-
nomÌDazione di Cleopatra. Wipckelmann però fa mólto
Do,:,7cdDyGoOglc
e quaH doì rìtroviaiDO in pib moDumenb? A ma
lembra che la bella figura che ci presenu quo*
sto elaboraùssimo rame sia troppo resùu per
una oìd6i} oltre la tunica e la sopravveste, le
Tediamo scolpita addosso ancora una coltre .- é
ornata dì bei calzari , e cootro il costume delle
ninfe , ba sino il capo dalla coltre slessa velato.
Né V abbigliamento solo , ma le forme ancora
della figura sembrano più dignitose di quelle
che opD convengansi jtd una Najade ; e l' aria
del volto, benché sopito, ci offre uoa certa raa-
linconia, che ha taoto avvalorato 1' opinione di
coloro che la chiamaron Cleopatra.
Secondo il mio sentimento la statua rappre-
senta un* Arianna abbandonata che donne io
ICasso , quale fa trovata da Bacco che ne rìmase
invaghito. Le riflessioni che m'inducerauo a cre-
derla tale erano mere congetture , non però spre-
gevolL La nobiltà del vestiario sembravami cod-
venire alla figlia d'un re di Creta: il decoro
delle forme ' ad una eroina che fu poi divioìs-
uia, la SUA tristezza ad un'amante tradita, il
disordine ' delle sue vesti alle lunghe sue sma-
nie , dopo le quali si suppone caduta in un so-
pore aETannoso, la coltre che l'avvolge dal mezzo
in giù parea denotare il ulamo infido di Nasse.
torto a) merito dì questa scultura quando iucolpa l'ar-
tefice ^ poco valore nello scolpirne la testa, la quale
non è difettosa le non pe' danni che ha sofferti dal
tempo.
DonzH ..Google
a85
Eirava tuiuvia fra qneite congetture , quando
un «ingoiar monumeoto dùsotterrato Taono scorso
dal celebre sìg. Volpato io Laoghezza , tenuta
de' duchi Strozzi , parve uscire alla luce per au-
tenticare i miei divisamenti pressoché col sigillo
dell* evidenza. È questo un elegante bassorìlievo
di 6gura oblunga rettangolare per altezza , non
appartenente a sarcorago, ma fatto espressamente
per ornare qualche delizia (i), il quale ha scoi*
pite diverse fìgui'e , eh' esprìmono la sorpres*
fatta da Bacco all' abbandona» Cretese. La 6gnra
dì costei fe precisamente la nostra statua o si ri-
guardi la disposizione del panneggiamento, o si
consideri la situazione e la composiàone tutta
della figura.
Questo confronto formai a mio credere, una
specie di dimostrazione, alla quale accresce va-
lore la notizia conservauci da Pausania, che cì
descrìve una pittura d* Arianna in Atene , dov'era
dipinu tutta immersa nel sonno (a).
Se dunque alla ùmiglianza della nostra statua
coir Arìanna del bassorìlievo , alla conTenienza
col proposto soggetto di quanto si osserva nella
scultura , aggiungiamo ancora il peso dell' aulo-
rìtà, che c'insegna avere scelto gli antichi ar-
tefici il momento del sonno per l' invenzione della
figura d' Arianna, avremo un complesso di mo*
(i) Se ne dar^ il disegno Delle tavole aggiante.
ta) Pauiania , ^Uiea , *en Ub. I , cap. aa.
,y Google
tivi onde riconoscere nella supposta Cleopatra
la sposa di Teseo e di Bacco , i quali meglio
potranno sostenersi all' esame della più fina cri-
tica, di quello che abltia potuto finora la vetu-
sta e divulgata deuominazioae.
L'arte del simulacro è mirabile nella bellezza'
della composizione , nella nobilià data ad una
figura che dorme, in una certa espressione d' af-
fanno conservata nel sonno, ma principalmente Del-
l' artifiziosissima , e veramente nuova disposizione
de' panneggiamenti. Sembra aL.|mmo sguardo,
che lo scultore nel comporli abbia seguito più
un bello ideale di fantasia, che la natura e 'l
vero: ina se si considera attentamente > si vedrà
che tutto l' artifizio è dovuto ad una finissima
scelta , portala bensì all' ideale , ma sempre pos*
sìbile e verisimile. La tunica che lascia scoperto
tanto nudo non è caprìcciosamenie adattata. E
una tunica spartana composta di due drappi ret-
tangolari uniti sulle spalle con due clavi o bot-
toncini , non cucita ne' lati (t), e solamente fer-
mata dalla cintura. L' agitazione dell' eroina ha
fatto slacciare uno de* clavi che riman pendente
sul petto ; e il moto d' un sonno inquieto ha
cagionato , che nel rivolgersi della figura , la tu-
nica ha lasciato scoperto il seno senza snudarlo
imeramente, per esser trattenuta dalla zona che
(■) E conosciuto il lopranDome di tpatfOUvptSif *> "io-
strafianchi, dato perciò alle Spartane.
l^,,7c^dDyG00<^lc
287
limane sirella sotto, le mamnLeUe. Che spettacolo
seducente pel domatore delle lodie I La coltre
che le n ravvolge tUe inferiori articolazìoDt non À
intesa abbastanza da tulli coloro che la consi-
deraoo. Credono alcuni che per mostrare l' an-
damento del nudo abbia saciificato il greco scul-
tore ogDi verità dell' imitazione. .^Essi non riflet-
tono che quel drappo non è già il manto della
6gura , ma la coltre d' no leiio , e perciò di
molto maggiore eslensioue. Trulla di pili natu-
rale che ne' moti d' un sonno agitato , cangian-
don di situazione le gambe, resti fra l'uaa e
r altra ripiegata e premula una parte della col-
tre stessa. Non è già dunque , come suol dirsi
comunemente j che il drappo in quel sito sem-
bri forato : è solaiqente ripiegato e soppresso
dal peso delle membra , portate in quella dispo-
sizione con un moto subitaneo e incomposto ,
che non ha dato campo alla coltre medesima di
distendersi, ma ne ha intercetta una parte. Le
frange che ne adornano il lembo non sono inu-
sitate nelle rappresentanze di antichi letti (1).
E questo arredo cosi proprio nel divisalo sog-
getto, è una circostanza da rendere, anche sen-
z' altro argomento , assai probabile la mia nuova
denominazione.
(i) WiDckelmanà per sostener la laa ipotesi che la
nostra statua rappresentasse una ninfa , si è travato ne-
cessitato ad assegnar per motivo Ai queste frange la >i-
migliauza che hanno colle gocce d' acqua.
,y Google
s88
Questa egregia scultura fu acquistata da Gtif
lio II( che la fece situare forse col coDsig^io di
Bramante nel fondo de) gran corridore « o via
coperta di Belvedere (i).
Osservaxiom delVautore pubblicate nel tom. VII
deir edizione di Roma.
Tatto conferma ropiaione che ho qui espo-
sia su questa statua. Gli aoiicbi artefici rappre'
seutavaoo Ariauna dormente, ApM^pt^p xaffev9wm9,
come ha provato con molti esempH R^ske sa
Caritone (I. I, e. 6, pag. 341 dell'edizione se-
conda). Quindi Catullo la descrive {-de ruipt
Pelei et Thetidis, v. 133 ). Dristi devinctam lu-
mina somno , come ho già osservato in una nota
del tomo IH , tav- 4^-
TAVOLA XLV.
Augusto togato *.
Questo simulacro d* Augusto abbeltiva già in
Veneùa 1* abitazione de* nobili Giastiuiani , ed
(1) Il eh. sig. ab. Marini nella piii volle lodata opera
delle Iscriuonì Alhane ha prodotto i documeutì della
compra di quella statua falla per Giulio II da Girolamo
Maffei. A. costui furono i all' attesta to di Bramante atse-
guati per quattro anni ^ao ducali d'oro per compeDlo
di detta statua nella sede vacante del i53i.
* Alto palmi nove e once cinque ; tessa il plinto pai'
Do,1,7cdDyGoOglc
38^
è molto probabile che fosse una delle greche
spoglie che adornano ìq (aola copia quella ia-
signe metropoli. La testa dod sua non corrispoo-
deva né alla bellezza, né alla conservazione del
umnlacro j ve ne fu perciò ud' altra sostituita si-
milissìma agl'indubitati ritrattr d'Ottaviano , e
CODserraiissima , scavata nel lerrilorio Velìlerno
eh' era natale ad Augusto.
La bellesza del pauDe^ìamento che rappre-
senta la toga romana, tanto è pili da osservarsi,
quanto è trattato in quella maniera larga e mae-
stosa , che risente le scuole migliori della Gre-
eia, e ch'è bea rara nelle autue togate (t).
mi otto e once uadici. L' aveva acquistata a Venezia il
lìg. Brown ingleie insieme con nn' altra, e le aveva irai-
portate a Roma per farle ristaurare , dove poi le ceda
alla Santità di Nostra Signore, che ne ordini la com-
pra pel suo Mnseo.
(i) Non s'incolpi già, come suol farsi, di tali cattiva
sculture la scuola romana, ma bensì l'eccessive adnla-
sioni « i servili costumi dell' Italia caduta nel dispotismo,
che prostituendo l'ontfr della statua ad ogni mediocre
fortuna, era necessitata impiegare mani inesperte , e solo
degne d' un prezzo vile per lavorare immagini non si
tosto erette che dimenticate. A quali sordidi risparm)
non ridusse le città mnnicipalì questo adulatorio costume,
se gianse la stessa Atene a cancellare i nomi di Temi*
stocle e di Milziade dalle loro statue per dedicarle a
qualche indegno favorito, o a qualche oscuro magistrato?
Quindi Cicerone scrive ad Attico VI , t , ìa fine : Odi
/aita» inscripiiones statuarum alienarum. Spesso decapita*
\ansi gli antichi simulacri per rìporvì ritratti de' viventi,
e questa non è stata forse una delle pih lievi cagioni
Museo Pio ehm. Voi. Il ig
,y Google
ago
Quantunque però la mancanza della sua tesu
ci lasci in dubbio del personaggio , al cui onore
il simulacro fu in prima eretto, convieue assai
ad Ottaviano Augusto e come a prìccipe della
gente togata , e come a zelatore delle antiche
usanze romane, che perciò di rado senu toga
solea comparire , né potea veder di buon occhio
il disuso in cui cominciava a cadere quel grao-
dioso vestiario de' signori del mondo (i).
La forma di quell' abito assai corrisponde al-
l' ingegnosa figura datane dal sig. Lens nell'utile
suo libro del Costume, che sarebbe ancor piii
utile di quel che lo fe , e piii scevro d* errori «
se quel colto pittore non avesse sdegnata la di-
rezione di qualche erudito.- .
TAVOLA XLYI.
Augusto velato *.
Inferiore di molto all' antecedente nel merito
dell'artifizio, piìi pregevole però per la sua in-
della distruzione di taati monumenti storici de' grindi
uomini della repubblica. L' abuso che fecero i prefetti
di Roma del lor potere per volgere in proprio onore ì
mannt dedicati all' altrui memoria , è suto già dotta-
mente rilevato dal cb. sig. ab. Gaetano Marìoi, Iscr'aim
Alhane, pag. ^6.
(i) Romanos rerum dominos , gentemque logaiam.
Virgil,, jieneld. I, t. a86. Svetonio in Augusto, cap. ja
aggiunge che quell'imperatore, haiìlum , vestitumqiit
pristinum reducere studuit.
* Alto palmi otto e once sette; senu il plinto pahni
sette e once quattro.
Dow.d,yCOOglC
agi
tegrìlh è la presemie statua, giacché la testa
quantunque ora 8Ì vegga riiiDÌta, fu però trovata
ìtuienie colla statua, e sì adattava alle commis-
snre del collo, quaudo, $on pochi auui, fu dis-
sotterrato il monuritento nella colouia Ocricolana,
dove oe adorava la Basìlica insieme cou molli
altri simulacri dì Augusti , tutti preseDlemcnle
rìposli uet nostro Museo
Non giova qui ripetere ciocché abbiam detto
altre volte del bas60 lavoro dì queste opere mu-
nicipali, né quello che alcove si è osservata
della naturalezza e della grazia che couservano
simili opere, non ostante la lor mediocre eser
cuzìooe . assai distatile dalla sconcezza delle mo-
derne sculture.
Augusto è velalo come conviene ad un sacer-
dote, tnà ad un sommo pontefice qual egli era,
avendo assunto ancor questo grado per formare
una sovrana autorità mediante la coalizione nella
persoua del principe di tulle le piii cospicue
dignità repubblicane (i). La dignità pontificale
non isolata presso ì Romani dallo stato civile
renderà assai rìspetiabile chi n* era investilo , né
lasciava di dargli una certa influenza nel pub-
blico, avendo la religion dominante, per assurda
(i) Tcdasi Spanemio, de u$u et praest. numi's., lom. IT,
disMrt. la, § 4r n- S) ^^' prova che gli imperatori non
solamenle assamerano la dignità ponliiicate, ma n'cier-
citavano le incnnibenze e ì diritti, e ne adduce gli etem-
pli cella storia del medesimo Augusto.
,y Google
ch'ella sia, sempre de' molti e de' probi zelatori.
Lo 8iorico-IJTÌo oe Ai ud chiaro esempio coUe
sue invettive coatro gli spinti forti del secolo-
Ma toniaodo al caso nostro, anche Cesare è
sovente nelle monete romane impresso col capo
velato e col lituo aogurale, tanto decoro pea-
savano che dovesse arrecare il sacerdotio agli
stessi dominatori del mondo.
r^e'Cesari del terzo e del quarto secolo il
capo velato non sembra piii segno di sacerdozio,
ma solo d'apoteosi. Le medaglie di Claudio
Gotico , di Costanzo Cloro e di Massimiano
ci dan questa idea. Osservando il cammeo della
Santa Cappella di Parigi, veggo l'Augusto divi-
nizzato , col capo ancor egli cuperto , come
ne'meotoTati Cesari (i): non crederò io perciò
che quella insigne gemma spetù al quarto secolo
dell' era cristiana, come alcuni ban dubitato:
ma soloj che il capo velaio sia relativo nella
gemma al pontificato di Augusto, come nel nostro
marmo; la corona radiata che parimente lo fregia,
alla sua apoteosi.
(i) MoDtfancon, Antlqaiié expìi(fuée y. tom. V, par. I,
lib. FV , cap. IO. Egli prende per Venere l'Augnato Te-
lato e radiato, e dice che ninna immagine d'Augnilo
■! Uova radiata. Pare che quel)' nom dotto non aveste
mai vedute le medaglie d' Angusto , che pur fon como-
nitsime , nelle quali vedeti per lo più radiato e vivente
e dopo l'apoteosi.
,y Google
Gsservazioni deltautore pubblicate nel tom^ VII
dell' edizione di Roma.
Isella nou (i) pag. 291 si legge che la co-
rona radiata è stata data ad Augusto nelle mo'
daglie si ìq quelle battute luì vi?eDte , sì in quelle
che portano l' efBgie di lui fabbricate dopo la
saa morte. Ia corona radiata non si vede sulla
testa d' Augusto , sennonché sulle seconde j il '
primo imperatore che è stAo fregiato di questa
corona , sidle monete battute sotto il suo regno ,
è Nerone.
TAVOLA XLVII.
Livia in poema della Pietà' '* .
La compagoa dell' Angusto sacrificante i que-
sta statua di Livia che ora colle braccia e le
mani aperte, come nelle medaglie imperiali, è
rappresentala la Pietà, che noi diremmo la Re-
ligione. A' tempi della nascente assoluta domiua-
zioDe de' Cesari non si osò attribuire i sOTrani
onori alle donne Auguste senza qualche tempe-
ramento. Quindi nelle monete romane si vedono
de' ritratti creduti comunemente di Livia ora sotto
il nome della Pietà , or della Giustizia , or della
* Alta palmi nove o once due; senEa il p!ìn(o palmi
otto e once nove. Fu trovata nelle ruine della basilica
a Otricoli iasione colla precedente.
Do,:,7cdDyGoOglc
294
Salme (i)- Una certa simigliaoza , quantunqne
non affatto evidente, con qué* ritratti , e molto
più la corrispondenza colla precedente statua d'Au-
gusto, ci fan dare alla ooslra il nome di Livia.
L'asione della figura è quella d'orare; e sic-
come era proprio delle antiche religiose costu-
manze
Mahibus orasse supinis (a) ,
Io pietà verso gK Dei fu espressa in tale alùia*
dine , e si videro sov ente le Auguste sotto le
sembianze effigiate della Pietà. Se la figuri fu
inventata a proposito d'ergere a Livia una statua*
fu certo un egregio scultore quel contemporaneo
d'Augusto che 1* inventò: e l>asterebbe la leg-
giadra composizione del panneggiamento della
nostra per assicurarci ch'ebbe in quell'età i suoi
Dioscoridi il marmo ancora. Di fatti questa figura
fìi assai volte ripetuta dagli antichi e in brouzo
nello stesso soggetto, come vedesi nel Museo di
Portici (S}j e ÌD marmo statuario nel palazzo
(i] Vedansi i Cesari del Mnrelii. Per altro quella teda
che ha il nome Saiui , non sembra il ritratto medesimo
colle altre due.
(a) 'Virgil. , jten. IV , v. aoS.
■ (5) Antichità iTErcolano, tom. VI, de' Bromi li, t«-
Tola LXXXlfl. Qoe' dotti illustratoTi non tì han rico-
nosciuta l'immagifle di veruna Augusta; ami han pen-
lato che non possa rapprcseotar quel bronco una donna
romana, per avere, come nella nostra, i bottoncini sni
braccio alle maniche della tunica. Per altro quello ar-
gomento non è abbastanza fondato. L' Agrippina Seniore
bg„„vJj,COO'^[C
\ag5
Barberini colle sembianze, a quel che sembra,
di Faustina minore; e finalmente in porfido nella
villa Borghese (t)> dov'è stata inserita una bella
test» antica ideale, alquanto pesante nella prò*
porzione.
Ma fnrse l'idea di b\ elegante figura non nacque
a* tempi d* Augusto , e forse gli artefici adattarono
air espressione della pietà verso gli Dei i cele-
brati esemi^ari delle adoranti, soggetto nel quale
si distinsero a gara i greci artefici Beda, £u-
Aanorc, Stenide e Àpella (3). Siccome noi non
coDosciamo alcuno scultore di mento siraordi-
Dario che abbian dato a' tempi d'Augusto le
greche scuole: e siccome dall'altra parte l'aver
ricopiata la nostra figura iu diversi tempi in oc-
casione di simulacri di mollo valore, ci mostra
il siogolar- pregio in cui tenevasi questa inven-
zione } io mi lusingo , e desidererei eoo maggior
del Museo Capitolino e la Giunìore gik degli orli Far-
ncsiani han simili bottoncini alle braccia, e son «icu-
ramente soggetti romani, come, ultre i ritratti, lo pro-
vano le accoDciature della chioma , secondo le usanze
che ci mostrano le medaglie latine. Non può dimostrarsi
che le vedi femminili mate a Roma fossero prive di
siffatti davi o bottoncini ; e quando ancora ciò si pro-
vasse, non ne seguirebbe che le figure così vestite non
possano appartenere alte romane Auguste figurate sotto
sembianze mitologiche, e perciò abbigliate forse alla
greca.
(1) Montelaiici , fUla Borghese, png. aSi.
(a) Plinio, lib. XXXIV, 19.
,y Google
certezza di ravvisarvi una copia delle Cimose
adoranti.
Questa bella figura, quantunque non sia sen-
nonché uua mediocre copta d'altra migliore, ci
somministra un bel partito da potersi con riusciu
imitare da' nostri artefici in molti soggetti sacn ;
al tempo stesso è un prezioso monumeuto per
Ja cognizione di quel religioso rito di pregar
colle mani aperte , i cui vcstlgj s' iocon trauo
persino nel Pentateuco, e che fu poi derivato
a' Cristiani ,. come, oltre le presenti cerimonie,
ci attesta aucora un'aulica stimabil pittura del
Cemeterio di Priscilla (i). Questi monumenti ci
fanno intendere qual sia il senso dell'espressioni
de' classici, quando si servono 'della frase ma/u/5
supinae , per accennare il gesto di chi pregava.
Ci mostrano ch'era l'attitudine stessa, consecraia
poi dal Cristianesimo , quella nop già che i com*
menutori di Virgilio , troppo attaccati alla stretta
significazione dell' aggiunto supinas , han credulo
sostituirvi (a).
(i) Aringh., Roma sahterr. , tomo I, pag. 5o5; n. i.
Vedasi anche il Paciaudi , Diatribe, qua Graeci anagljr-
phi ùtterpretalio traditur, Romae i^Si in 4.") pag- 7
t SCf g.
(a) La Cerda e Rneo a Virgilio, Aen. FV, v. 3o5.
,y Google
397
€}sservazionì delV autore pubbUeate nel tom. VII
delP edizione di Jioma.
Nella nota (i) p. 294. bo dubitato se il ritraito
rappresentato io alcune medaglie latine coli' epi-
grafe SALYS sia quel di Livia. Avendo esami-
nato un gran numero di medaglie simili , non
ho .più questo dubbio ; debbo per altro osser-
vare che quantunque le teste colle iscrizioni
Pietas , Salus , Justitia sieno effigie di Livia ,
questa effigie noQ è ben caratterizzata seoooDobè
in pochi conj ; la maggior . parte ofIroDO una te-
pta che è quasi ideale.
TAVOLA XLVIII.
DOMIZ'A IH ABITO DI DlAKA. *.
Nel dare il nome e il luogo a questa leggiadra
scultura, si è seguito lo siile di molli antiquari ,
che ricuQOsceDdo ne' fenimiDili ritratti qualche
sìmigiiauza nell'acconciatura del capo colla chio-
ma d'alcuna Augusta, subilo a quella han vo-
luto allribuirla ; come se non fosse sialo lecito
alla vanita muliebre imitare le mode delle mogli
de' Cesari , o come la foggia d* acconciarsi la
chioma fosse bastante caratteristica per un ri-
tratto.
* Alta palmi cinqae e once dieci; senza il plinto pal-
mi cinqne e once sette. Fu trovata a Castel di Guido ,
dov'era l'antico Lorio.
DonzH ..Google
Questo arbitrario disdoÙTO, che può servir
solsmeDta di cougetturi per fissar 1* età d' uaa
immagìoe» ha arricchito di effigie delle donne
imperiali quasi tutti i Musei} e siccome di rado
a* incontra una disposizione di chiome che non
. abhii esempio nelle medaglie romane , di rado
si è lasciato senza nome uo ritratto femminile.
' Io credo per altro che la persona rappreseouut
sotto le spoglie di Diana , contemporanea forse
di Domizia, fosse da lei ben diversa. È a mio
credere una fanciulla di qualche illustre famiglia ,
cui si compiacquero effigiare colle sembianze
della vergine cacciatrice- Le spose e le madri
degli Augusti sono state bensì a Giunoni , a' Ce-
reri , a Proserpine, a Teneri paragonate , non
mai a Diane. L' attribuir poi i distiutìri d* una
deità ad una donzella privata, non doveva esser
nuovo, quando tanti secoli prima aveva fotto scoU
pire Anacreonte (i) il suo Batillo in sembiansa
di Febo, e quando, in Roma stessa il pittore
Arellio (3), con abuso, a quel che pare dalla
meraviglia de' contemporanei men frequente nella
(i) Anacreont., ode XVI, v. ult.
^óì^oy he ha^vX?,v.
Coli nel nostro Hiueo leggeiì un distico gi^ edito più
volte con frase consimile , sotto una immagine sepolcrale.
Eccolo :
IiOTOpfemi iyò Mix^4'nt0fiai ht de fte xat9o(
E{( Aiorùaov àyaXit' iieaap (t^rrip re t/ra/ti^p rt.
(a) Plinio, H. N., lib. XXXV.
Do,:,7cdDyGoOglc
pittura, aveva lasciato tanti ritratti di donne ro-
mane quante erano da lui dipinte le dee-'
Si volle forse onorare ì «osiumi della rappre-
sentala coir assomigliarla a Diana , e per mag-
gìor decenza non se le succinse V abito come
Sùlea farsi ' nella maggior parte delle immagini
di quella divina cacciatrice. La nostra 6gura è de-
corata inoltre del manto o paUa muliebre. Que-
ste riflessioni ci somministra il soggetto della
scultura.
Delle pili interessanti ne offre l'arte, che sem-
bra in questo marmo cercare il bello a costo
del vero. Il sottile panneggiamento che veste la
figura è ideato, come se fosse trasparente: v* i
perciò segnato I' umbitico con un incavo, libertà
autorizzata da' buoni originali , né abbastanza com-
presa da chi ha voluto riprenderla (i). Non ha
g[ik lo scultore immaginata in quel sito una piega
così speciosa dall' abbigliamento ; ha voluto sol-
(i) Si vede nella Flora, o piuttosto Erato Fa roe liana.
L' egregio scultore ha «cello assai a proposito una Jìgnra
dannante per ostentare il siio sapere in un abito che
traspare. Il moto delta danca fa che la sottil tunica si
accosti alle membra, e fugga indietro, supponendo che
la figura si muova come camminando : con ciò può senza
affettazione investir quel velo ciascuna parte delle mem-
bra della Dea stillanti balsami celesti, e così rilevarne
le firme, servendo mirabilmente all'effetto senza sco-
starsi dal vero. L'abate Bracci ha ripreso l'arte degli aO'
fichi in questa mirabile opera; egli non' ha compreso né
l'intenzione degli artefici, né i mezzi dell'esecuzione.
( Commetti, de antit}. scalpiorìbus , Pref. )
,y Google
5oo
tanto coDseguire con (jueiriacaTO l'efletto di
chiaroscuro , che presenta nel vero no abito che
trasparisca.
Dove è piìt dìIBcile scusarlo, è nel panneg-
giamento che copre la gamba sinistra , la quale
essendo alquanto arretrau, dovrebbe tanto più
staccarsi dalla veste , se l' artefice non ve t'avesse
afiellaiamente stretta sopra, come se fosse incol-
lata alle membra. Potrebbe dirsi, che ancora in
ciò abbia voluto ottener gli efiètti della traspa-
renza , e che vedendosi la figura dì fronte qne-
st'aneltazione non è sensibile: e forse la sutoa
era collocata io maniera , che solo quel prospetto
vi doveva trionfare. Forse 1* uso degli unguenti ,
de* quali il lusso degli antichi era tanto prodigo,
alcuna volta cagionava tale adesione alle mem-
bra degli abiti più sottili , che ora ci pare
inverìsimile. Ad ogni modo assai cauti dovranno
esser gli artisti nella inutaùone della irasparenu,
perchè il desiderio di riuscir nel dilHcile non
li faccia cader nel falso> La statua detta la Flora
Farnesiaoà è tutto quello che pnÒ permettersi
in simili soggetti , volerla sorpassare è nn di-
menlìcarsi l'oggetto proprio dell'arte (i)-
(t) Son note a questo proposito la Tueìsìd Roma, H
Cristo nel sudario a Napoli, ed altre difficili inexie del
Corradini.
,y Google
TAVOLA XLIX.
Adruno in forma di Marte ^
Questa rara slatuìnafu trovata non ha g;raa
tempo negli orti Lateraueosi' La sua picciola
mole e le sua mediocre scultura la feuno argo-
nteoure una iramagÌDe dedicata ue'privaii L&rarj
di qualche afìèzioDato all'imperatore Adriano,
il cui ntratto ci presenta negli arredi di Mane;
DOD già eretta né per pubblica autoritìi, uè de-
stinata a pubblici luoghi. La mossa della 6giira
coDserra molto del soggetto simile che vediamo
eseguilo in grandezza maggiore del naturale e
con bella maniera nel Museo del Campidoglio (i)-
Quella però è interamente condotta in marmo;
le armi della nostra eran riportate di altra ma-
teria, probabilmente di bronzo, come appariva
* Allo palmi tre e once cinque j sensa il plinto pal-
mi tre e once tre>
(i) Museo Capitolino , tomo IH , tav. XXI. Mona ìg. Bot-
tari non sì è aacorlo che il ritratto i d'Adriano. Prima
la crede un Marte , poi avvedendosi che i lÌDeamentt
del volto sembrano di viiratto lo suppone un gladiatore.
La fisonomia d'Adriano è chiara. Tfotabile è la sottì-
glietEa delle gambe. Forge è una di quelle immagini
dette dagli antichi iconiche, che tutta rappresentavano
fedelmente la persona. Adriano si sa dalla storia che
si distingueva per la velocità e per l' instancabilità del
tuo camminar pedestre, onde si rende probabile che
avesse una gamba assai avella e cervina. Leggasi Elio
Spariiano hi Baciano.
,y Google
503
dal solco che atirsvenaTa il petto al nostro Àdrìa-
Do per esservi ioserìto 1' annacollo , é dalla
mancanza del giro del capo, che vedessi a bella
posta diminuito sopra la fronte per dar luogo
all'elmo. Questi accessor) si son restituiti moder-
uameute. Il gusto di far simulacri di pili materie
incominciaodo da' tempi di Fidia , ne' quali si
lavorarono tante statue d' avorio e d' uro , non si
è poi interamente esiiaio; e per lasciare quelle
di marmo e di bronzo (i), come la nostra, ve
ne furono di marmo e di legno, ed anche di
metallo e d' argento.
Non si dovrà stupire che un Cesare così
pacifico, il quale non ebbe net luogo suo impero
mai guerra esterna , ci venga in marziali sem-
bianze rappresenuto. Egli prima d'essere Augusto
fu buon soldato « e si loda dagli scritigri la sua
(i) Winckelicaiiii nella Storia delle arti, lib. I, e. 2,
fa menzione di quello accoppiamento , eh' è stato in ogni
tempo assai comune , essendo assai spesso più comodo a
lavorarsi , e più durevoli alcuni accessori delle statue
quando sieno di bronzo , ì quali ricavati nel marmo
stesso, oltre l'esser di una somma fragilità, sarebber
costati UD lungo ed inutile dispendio di tempo e d' o*
pere. Era nel Museo Rolandi Magnini un bell'elmo di
bronzo eoa due teste d' ariele a bassorilievo sulla gi-on-
daja , che per la sua misura e pel suo peso facea vedere
esser servito per qualche statua di marmo. L'uso poi
d'intarsiare d'argento le opere di metallo era antichis-
simo, giacché una statua di bronzo d'eroe colt'elmo la-
vorata in Atene da Clecta avea le unghie d' argento.
Pausan. Attk-, seu lib. I, 24.
,y Google
5o3
militar tolleraDu nelle lunghe marcie che iotra-
preodeva pedestre e armato , ed anche il suo
coraggio che gli fece riportare delle gloriose
cìcatnci nel volto, che divenuto sovrano volte
ricopnr colla barba. Un erudito (i) cbe dalla
barba appunto d'Adriano ha pensato che sìan
derivate le immagini di Marte barbato, una d^Ie
quali è il chiamalo Pirro del Campidoglio, non
ha riflettuto che le monete greco-italiche (a)
non solo , ma alcune d' oro della romana repub-
blica, ci offrono la testa barbata di Marie sempre
colla medesima fisonomia (3).
L* elmo del nostro Adriano è stato supplito
ad imitazione del Capiioliooj perciò è senza la
groadaja fEttFov, ma termina eoa una specie di
rivolto sopra la fronte. Siffatti elmi si chiamano
comunemente romani, e si distinguon dall'altra
specie che dicesi greca. I monumenti greci per
altro ci offrono indifferentemeale tutte e due
queste maniere dì celate (4)>
(i) 11 conte Ranghiasci nella Disserl. sul Marte Ci-
prio inserita nella Raccolta <f opuscoli scientifici del F.
Handelli, tomo XXXIX, pag. 4^.
(a) Quelle de* Brnzj, de' Regini , de* Mamerlini; Ma-
gnai)., Brut, namism., tav. VI e seg., XXX\'[[t e XL1X.
(5) Morelli , Thesaurus famif. Bom. Traile famiglie in-
certe.
(4) Battano per provarlo, oltre Ìl greco intaglio della
Minerva d' Aspaso, le monete d'Atene. Aggiungasi che
la testa di Roma nelle monete romane della repubblica
ha sovente 1' elmo che chiamano alla greca.
,y Google
5o4
TAVOLA L.
Lucio Vero*.
Che il capo di questo Cesare siasi ÌDserìco
su d' UD torso forse non suo , ma al soggetto ,
alla ticuliura, alle dimeasioni conveDÌeDlissìmo ,
uè dee sembrar siogolare, oè dee diminuire il
pregio di questo marmo, lamopiti cbe sappiamo
aver gli aotìchi «sai spesso così adoperalo (i).
11 torso armato di lorica o torace y fu s<:operlo
a CastroDovo (3), e la testa era gih sa d'un busto
moderno a villa Mattei.
Da ognuno vi si riconosce Lucio Vero: Bitrba
prope barbarice promissa, et fronte in superciUa
adductiore venerabUis (3). L'armatura è secondo
l'uso de'ftoniaoi, de'quali era proprio elle statue
degl'illustri capiuni, thoracas addere (4)-" e
benché tale non fosse il voluttuoso Vero, pure
comandò la guerra de* Parti, e immerso nel
lusso di Dafne, dii il uome alle imprese delle
romane legioni, e i titoli dì Medico, di Partico
e d'Armcniaco ne riportò.
* Alto palmi dieci ; sema il plinto palmi nove e
once quattro.
(1) Vedasi Svelonio ìa TiÙerìo , cap. 58} Dione Cri-
sostomo nell'orazione ad Rhodios.
{1) Si h data notizia di questo scavo nel tonlo I f ta<
▼ola L, pag. a65.
(3) Giulio Capitolino iu Vero sul fine.
(4) Plinio, U. A'., lib. XXXIV, 10.
,y Google
3u5
Olire il torace ha la nostra sutua la clamt4e
scìolu e rìgettau interamente sulla spalla sinistra.
Xì Fabreltì che sapea solersi quel paludamento
allacciare sull'omero destro , ha creduto che le
■talae che l'hanno sul manco, come la nostra,
rappresentassero qualche uso greco, non osser-
vaodo che la clamide v' è ravvolta beasi , ma non
afifibbiata. Quindi ne dedusse che alcuni torsi
cosi ornati del Museo Carpegna fossero opere
greche, e dalla epigrafe d'alcune basi staccate
aflàtto da quei frammenti ne concluse , che
le avesse trasportate in Italia il viocitor di Co-
rinto (i).
Notabili veramente sono i bassirìlievi de' quali
è arricchito il dinanù della coraua. Il Gorgone
nel petto À comune, ed imitato dall' Elgida di
Mioerra: singolare peraltro è il rìmaoeote di
queir ornato- £ io mezzo scolpita la Fortuna col
sno cornucopia nella manca, alata e coperta
d'elmo (7), che regge nella destra una palma.
Della celata della Fortuna si è altrove parlato,
ove l'abbiamo osservata anche sul capo della
Fortuna Auziatìna. Era propria, io credo, di quel-
la che area il titolo parùcolare di Forte, e che
dovea riguardarsi come la Fortuna della guerra ,
senza la quale era inutile ed infelice il valore.
(i) Fabretii, Inscript. cap. 5 « as in noia- Winckel*
maon ha riflettuto che il lavoro di qa«' torsi non è greco-
(_t) CoA i nell'originale, quantunque nel disegno im-
pres«o non apparisca.
Museo Pìo-Clem. VoL II. ao
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5o6
Id una gemma Stoschiaua (i) queau dea ha
pur l'elmo in capo, e le ali che accusaoo la sua
instabìliUi. Due trofei di barbare spoglie (a) sono
espressi da' lati , e sotto giace la figura della con-
qmsuu provincia. Di queste corazze cosi ornale
molte ed eccellenti cose dice il Buonarroti (5),
il quale Vuol derivato quest'uso da' ricami bar-
barici delle corazze di lino. Ma siffatte corazze
costumarono iu anùcbissimi tempi ancora in
Grecia j ed un torace ornato d'arabeschi lo veg-
giamo nella pittura d'un vaso fìtùle (4), genere
di monumenti che ci conserva l'idea degli usi
greci i piii vetusti.
Le gambe e le braccia del simulacro sono
moderne; Ìl destro braccio però Dell'antico dovea
sollevarsi ed impugnare la lancia. L' atbtndine
della figura sarebbe stau allora pib nobile, e
la situaàone del braccio più giusta.
(i) WincLelmanot Descript, du Cab. de Stosch , n. i8i8.
(a) Dalla forma degli scudi le spoglie sembrano ger-
maniche o d'altra nazione settentrionale.
(3) Buonarroti, Osservationì su i medaglioni ec. in Gor-
diano Pio f n. 5.
(4) Hancarville , Vasi tomo n , uv. czzix.
,y Google
5o7
TÀVOLA LI.
GlDLIA. SOEMU IN POEMA DI VemERE *.
Fralle statae del Foro Preoestiao era quesu
ancora notabile per la sua conservazione (i). La
testa quantunque separata dal rimanente combi-
nava cosi bene coHe commissure del collo , che
non TÌ fu dubbio circa il suo appartenere al si-
mulacro. Non è dunque Venere quella che fìi
scolpita nel marmo, ma bensì una donna illu-
sire , essendo le fattezze del volto non solo , ma
anche 1* acconciatura delle chiome ritratte visi-
bilmente dal vero. Il nome che abbiam dato alla
statua nel tìtolo se non è certo , è molto pro-
babile: poiché le genuine immagini della madre
d'KIagabalo non solo corrispondono alla presente
Dell* ornato del crine , ma molto più De* tratti
della Gsonomia » quantunque i lineamenti carat-
teristici d'un ritratto incòmiacino nelle mcoete
di quel tempo ad esser meno sensìbili * e per-
ciò non ne siegna si facile il paragone , quando
voglìansì confrontare con ritratti al naturale per
fissarne I* identità o la dlver»tà del soggetto ar-
guimC' Ciò non ostante la verisimigUanza del
menùonato ritratto va crescendo anche per altre
considerazioni : e perchè in un luogo pubblico
* Alla palmi otto e once due ; senis Ìl plinto palmi
tette e once otto.
(i) Vedasi ciocché ti è detto di quello scavo il nel
tomo I, tav. vt, come in questo medesimo tomo, taT> ii-
bo.i..-cd.yGooglc
SoB
d' UDR colonia romana , sotto gii occlù di Roma
stessa , noD ès. probabile che si onorasse colle
sembianze d* uoa dea una donna che non fosse
Auffusu: e perchè l'impudenza stessa di rappre-
sentar cosi nuda non solo conviene ai corroui
costumi di quella regnante famiglia, ma ancora
ad un rango cui la fortuna abbia ooUocalo à
alto da non curar in confronto d* un lusinghiero
capriccio né il biasimo, né la lode. Queste ri-
flesàooi aggiunte alla simiglianza dell'idea del
volto colle sicure immagini di Giulia Soemia
tanto pih rendono la proposta denominasioDé ve-
risimile, quanto pih lo stile del lavoro conviene
a quel secolo , e 1' età dell' Augusta scolpita ad
nna persona che non potè ottenere pubblici
onori se non quando si trovò madre d' un im-
peratore.
Quesu sutua ci mostra 1* eccesso del lusso di
Roma in que' tempi, e come questo lusso inù-
nuandosi nelle ani le andava conduccodo fuon
di strada. La chioma del simulacro è amovibile,
tranne le due ciocche di capelli che pendon su-
gli omeri, e che son relative alle sembianze di
Venere , solto le quali è adombrau l' Augusta.
Quelli che hanno osservato in altre teste anù-
che sifFalte capigliature amovibili , ne han con-
cluso 1* usanza a que' tempi di portar capelli fit-
tizj (i). Questa moda però molto piìi antica e
<tj Bottari, Museo Capitolino > tom. ii, in Scotano.
,y Google
p&li generile della pretesa imiuuione (i), a me
sembra che dod debba avervi conaessiooe al-
cans> Se n adomavano le donne d'allora il capo
delle alimi cbiome , non perciò si radevaa I«
proprie , né potean esser così premurose di far
apparire qnesta finzione sino ad esigere anche
nelle loro immagini che non si tradisse la ve-
rill 1 obbligando lo scultore a fare delle vere
parrocche di marmo da imporsi su* loro ritratti
deformati altrimenii da una assoluta calvizie. N&
V imitatone dell' arte esige mai che si faccia
di diversi pem ciocchi nel vero è staccato. Le
clamidi, i calzari, gli scudi, gli elmi e tutte le
altre parti del vestiario e drirarmatnra chi mai
le ha scolpite succate , come si è fatto de' ca-
pelli t ^^' quoh meno d' ogni altra cosa dovea
&rsi, gìaccbè o finti o veri, sempre suppon-
gonsi non ' divisi dal capo 7 Io non ravviso in
quesu curiosa particolarilb sennonché un raffi-
oamento di lusso , per cui le donne romane can-
giando spesso di moda, e portando la lor dili-
catezza sino a non voler soffrire dì vedersi nei
lor ritratti acconciate alla moda vecchia , che
potea alle volte fissare quaich' epoca inopportuna j
necessitarono gli artefici a trovare un ripiego
per poter cangiare 1' acconciatura del capo ad
una immagine in marmo senza distruggerla. Que-
(i) Foeminà prCtcedit densissima crìniius empu's.
Ovìd., de art. am. m, V. iC5. Ved. anche Ateneo iii, S.
Doi:i7H:,yGoOglc
5io
sta t secondo cHe io penso , fa 1* bi^ne di tali
uarnioree parrnccbc (t).
Del rimanente la statua è bene scolpita ; ù
vede che l' iasìeme è l' attitudine son copiate
dalle statue di Venere , ma poi sì i sfuggito
guell' ideale che non converrebbe a ritratto , e
sì è copiala la natura eoo morbidezza e con ele-
ganza. 11 drappo che copre la statua dal mezEO
io giù vedesi in varie figure di questa dea, come
ancora il delfino col Cupido, accessorj ali{uaiilo
inferiori nell' esecuzione.
La scultura s'andò sostenendo * specialmente
ne' ritratti, sin quasi alla metà del terzo secolo
dell' era crisdana , né è già il Caracalla Fame-
BÌàno l'ultìtno respiro dell'arte (a) L'Alessan-
dro Severo nel nostro Museo, e il Filippo Se-
niore del palazzo Chigi (3), producooo alquanto
quest'ultima epoca, dopo cui quest'arte, la pili
durevole fralle arti sorelle, cadde iu un letargo,
dal quale dopo tre secoli di cooùouate cure ,
(i) £ nel Museo un busto di Giulio Mammea trovato
suir Estuili no nel fabbricarsi la chiesa delle PaoIolU-
Siccome non avea i capelli amovibili , per cangiarlo
d' acconciatura se gli eran fatti tre tagli in antico da'due
lati e al di dietro, e vi si erano sostituiti de'tauelli ch«
rappresentassero una diversa acconciatura.
(2) Così lo disse montleur de Baltenx.
(3} Si puJ> vedere delineato nelle Notate ^aniichità e
belle artif tav. ii del mese di luglio 1784» con nna
leggiadra esposizione del colto ed erudito lig. ab. Gnat-
taoi autore di quell'opera periodica.
'DowrdDyGoOglc
Sii
non Ita ancora ottenuto ni completo * né stabile
risorgimento.
TAVOLA LII.
Sallustu in POKBii. DI Yemere *.
lift Venere Felice che 1* epigrafe iocisa nel
plinto di questa statua ne accenoa , sembra che
abbia sortito questo invidiabile soTrannome dalla
Romana Fortuna » e che non dìffeiisca dalla Ve-
nere Geoilrìce o dalla Vincitrice , titoli alla ori-
one dì Roma ed alla esallaùone della famiglia
Giulia allusivi. Le medaglie d'Amonino Pio ci
mostrano che quel sovrano , Belante delle reli-
giose memorie della romana mitologia (i), erì-
gesse o risuurasse un magnifico tempio a Ci-
prigna con questa appellazione , tempio che vien
poi rammenuto in una iscrizione (a). La statua
che consideriamo non era certamente il simula"
ero venerato in quel tempio. L* arie fioriva an-
* Alta palmi nove e once sei ; senza il plinto palmi
nove.
(i) Nelle lue medaglie si trovano rappresentate le
antichità patrie: la venuta d'Enea in Italia: la Scrofa
d'Alba: Marte con Ilia: la Lupa lattante: il ratto delle
Sabine. Oltradiciò in altri tipi ci offrono i templi di
Venere Felice^ di Roma Eterna, del Divo Angusto. Ve.
d»i il Heuabarba.
(a) UoiccWi, de stilo Inscr^tìonum, a. CGCVIIII, p. 176
,y Google
5t3
Gora a' tempi de' primi ÀatoniDi, e i pobblici
monumenti di quella età ce lo provauoi che Ìn<
feriori al buon greco stile y sono però d* uoa
maniera cosi eccellente da fare scomparire i
capi d'opera della moderna scultura (i). Oltre
di ciò il simulacro era forse dedicato in quel
tempio j ma da privata, non da pubblica anlo-
litk, come Tiscriùone posta io nome d'noa Sal-
Justìa e d'un Elpìdio lo fa compreodere.
Quello che però singolarizza il simulacro è
il ritratto, che può chiaramente ravnsarsi nel
volto della 6gura. Non è dissimile da quelli di
Sallustìa Barbia Ortiana^ moglie , come si crede,
d' Alessandro Severo , nota solo per le meda-
glie (a); e il nome di Sallustia che ha dedicalo
la statua può convenire ad una liberta di lei
che le abbia eretto questo monumento della sua
gratitudine-
La dea è tutta nuda dal mezzo io su , il resto
è coperta, come la maggior parte dì queste Veneri
Auguste; ha un Amore a' piedi, a cui mancan le
braccia ,che stavano iu altitudine di presentare
alla madre qualche simbolo che al cognome di
Felice fosse allusivo ; o fosse questo il pomo
della beltìi , o T elmo di Marte , ambedue gli at-
(i) Basta oaservare ì baisirilievi dell'arco di Marco
A.nrelio, ora per le scale de'due palam laterali del
Campidoglio. Sono incisi nell' AirtUremàa.
(3) Spanemio , Je usu, et praest, numism, , ditfert. xi,
cap. 3,5 a6.
,y Google
5i5
uìbati ai lìferìreltbero al felice successo delle
sue cure.
JJ ìscrìzioDe incisa nel plioto è la seguente :
VENERI ' FELICI ■ SAGRVM
SALLVSTIA • HELPIDVS ■ D • D
Questo Elpido , o piuttosto Elpidio , sarà forse
stato uo servo o un liberto j marito o contuber-
nale di Sallustia.
,y Google
5i4
mBicAzioi^ DE' MomjMErrxi
CITATI NEL CORSO DELLE ILLUSTRAZIONI
■ UPPHZSEHTATI HSLLS DITI TAVOLI A S &■
TAVOLA A.
I /e greche medaglie rìporute t A. I , d. i e
UT. A. n, D. 4 provano che la spiegaàooe dau
da 'WÌDckelmanD aUa autaa d' Ercole con no
hatnbi^d! salle braccia, ch'egli crede Ajace, per
quanto sia verisimile e beo fondata, non è con-
forme all'idea ch'ebbero quegli antichi, i quali
immaginarono e diressero ì conj di taU medaglie,
che hanno un chiaro rapporto d'identilit coU'ar*
gomento della delta statua. La cerva vedest a'piedì
d'Ercole nella medagtia di Tarso al n. t, ri-
portata e spiegata dal Pacciaudi nella prima parte
de' suoi Monumenti Peloponnesiaci, e sembra
che il bambino stenda le mani verso la mansueta
fiera con quell'affetto ioraotile che quella tenera
etìt sente per le oudrìci. Il bambino è danque
Telefo, non Ajace. La medaglia de'Midei edita
dal Vaillaot trti' Medaglioni delt ab- De-Camps,
in Giulia Pia, ofFre lo slesso gruppo. L'animale
fu spiegato da Vaìllant pel celebre cane d'Ercole,
ma forse la poca conservazione di quell* anòco ,
1
Do,1,7cdDyGoOglc
5i5
• la jK>cò «atta osseryazioDe dell' aatiquarìo gli
fecero scambiare la cerva nudrice di Tclefo col
caoe d'Ercole. Cerio i che i Midei eraoo abita-
tori di que'cacapi Teutraoici dove Telefo avea
regnato , e perciò è verisimile che segoassero
nelle medaglie l'origÌDe Erculea del loro eroe.
Si è già notato, che secoodo gli autori che
ci rimangono, Ercole non potè vedere Telefo
bambino , ma forse le tradlùooi mitologiche erano
varie , o quelli che ebbero a cuore d* onorar
Telefo portarono a questo senso i gruppi d'Ercole
con Ajace, aggiungendovi a* piedi la cerva. Te-
dasi la uv. IX.
A. I , man. a. 11 superbo intaglio di Teucro
nel Museo Mediceo (^Museo Fiorent., Gemme
tom. u, uv. t) può darci idea di quel ch'era
presso a poco in antico il famoso Torso di
Belvedere. Vedasi la tavola X. Si supponga la
composizione in senso contrario , e come suol
dirsi tdla contro-pruova- La figura femminile si
collochi piuttosto a lato d* Ercole , che dioanù
a Ini , come ora lo è , e 'I braccio dell' eroe che
ora si appoggia sul sasso ove siede , ' si sollevi
ad accarezzare la sposa , ed avremo il gruppo
antico del Torso. Simili mutaùoni si facean da
valenti litogli6 per adattare all' incisione quelle
figure e que' gruppi che primariamente o per
la scultura j o per la pittura erano suii inventati.
Ne abbiam dato la prova e V esempio nel Disco-
bolo di Mirooe alla tavola A< IH* n. 6 del no-
tro primo toma
.yGoogli:
Si6
A. TI, man. 3. Ecco la gemmi regU del rì^
poso d' Ercole , che il cb. ab. Fea pensa che
possa darci uoa idea dolio stato antico del Torso
( WìackelmaDD, iftoria ee. , Kb. X, cap. 5, gì 4,
n. (C)): ve o'è uu* altra poco diversa nello stesso
gabinetto ( Mariette , IVaité des pierres gravées^
II , pi. 84 e 85 ). L' una e 1' altra daoDo alla
6gura una sifTaita disposizione di braccia , eh* è
assututameote ripugnante all' idea che ce ne som-
ministra qud che resta bella statua d'anòco,
incompatibile perciò colla composiaione dì quel-
rammlrabil figura. Vedasi la tav. X.
A. Ili, A. IV, num. 5 e 7. Questi due do-
meri ci ritraggono due immagini ibtt^te di Ne-
mesi. Le medaglie greche che oe provano il
soggetto soD comuDÌ sì nelle collezioni , che nei
libri Dumismatici y perciò noù sì riportano. La
figura al num. 5 è tratu dal bassorilievo d' uà
bel vaso posseduto dal sig. principe Chigi , del
quale si è parlato alla pag. 95. Ha il destro brac-
cio nell' attitudine di presentar U misura del cu-
bito e un ramo nella sinistra. È qaestionaio se
il ramo di Nemesi fòsse dì frassino o' dì poma,
giacché la simiglianza delle due voci ^■^Tua e
y,TiXia, ch'esprimono que' due alberi, rende i
j[>assi degli scrittori greci incerti ed equìvoci.
La nostra figura sembra determinarci pel pomo;
le foglie pìh sono analoghe al pomo che al firaè-
kìqo. V'è ancora un altro motivo di cost giudi-
carle. Dirimpetto alla Nemesi nello stesso basso-
rilievo è una fiigura dì Venere col fiore, figura
,y Google
S.7
che serve speuo agU anUcIii per ùmboleggiare
la Speranza. Questa ha nella sinistra ud ramo
eoa foglie simili a quelle del ramo di Nemesi.
Ora il ramo di Venere non può essere il fras-
sino , ma beorì il pomo y e col ramo di pomo
nella manca , e *1 fior di papavero nella destra
vedeasi inSicioDe (Pausan., Corinth. seu lib. IT,
cap. io). Al man. 7 è il disegno della bella
autuina di Nemesi possednu da S. E. il signor
cav. D. Giuseppe Nicola d'Àaara mÌDistro pie-
oìpoienziario di S. M. Cattolica presso la Santa
Sede, signore che alle luminose prerogative del
rango unisce le più singolari doti d* ingegno ,
di sapere e di gusto. A questa figurina è stata
aggiunta nel rìatanro un' ampolla, come aveva la
Nemesi d* Agoracrito ; giacché il coltissimo sig.
Tresham valente pittore irlandese, che la fece
risarcire , ne aveva ravvisato il vero soggetto dalla
situaziope del braccio.
A. T, num. Q. Si riferisce in questo luogo Ìl
raro bassorilievo egizio di sicomoro , che sì
conserva dal eh. ed eruditissimo monsigoor Ste-
fano Borgia nel suo dovizioso Museo a Vclletri.
Ha una palese analogia colla statua arrecata da
noi alla tav. XV!. Anche questo sarà dunque
un sacerdote egizio sotto le sembianze de) Dio
Oro,qaaiido non vogliasi credere il Nume stes-
so. Winckelmann crede che quella specie di
scettro che bau diverse figure egizie simile a
quel che mirasi nel presente bassorilievo sia
pr<^rìo del Dio Oro, e ciò per la sua pietlt
Do„,7cdDyGoOglc
5i8
Terso il padre Ouride, simboleggìau dall'upupa,
«I cui capo crestato ha qualche umigliaoza il
pomo del bastone. Ma Diodoro dice sempHce-
nente lo scettro aratriforme, vjt^xxpov àpoaposi^'^ ^
essere un* insegna propria di tutti i sacerdoti
egiziani. Notabilissima poi è quella pianta che
sorge fralle gambe della figura, e sembra eoa
una specie di fiore esprimer quel giuoco coma
papjri, detto dagli £gizj sari^ ed a?uio per
simbolo dd Nila Vedasi la spiegazione della
tav. XVI. Debbo a questo proposito osservare,
che sulla punta dell* obelisco d' Augusto , ^
eretto ed or giacente nel campo Marzio, vi sono
ben tre figure con una simile pianta fralle gambe*
Zia figura egizia ha il solito Taa , simbolo della
iniziazione nelle figure sacerdotali, e della forza
produttrice della natura nelle divine. Ha il capo
amo d'una benda, i cui nastri pendonle dietro
al collo, come pili figure nella Mensa Isiaca.
A. V, man. B. Ecco i geroglifici che veg-
gonsi sul plinto del simulacro riportato nella
taT. XVI. L' edipo che l' interpreti sì aspetta
ancora.
A. VI, man. 9. È questo uno schizzo della
testa unica di Plutone , rappresentato alla greca
senza i simboli di Serapide. Questo eccellente
pezzo di scultura è trattato veramente da mano
maestra, con pochi e sicuri colpi di un gran-
dissimo effetto , e intesi mirabilmente. La muni-
ficenza e r amor delle arù che rispleodono fralle
grandi qoalitfc dell'altre volte lodato sig- prin-
Do,1,7cdDyGoOglc
'■9
cape D. SigiamoDilo Chigi , han Citto sì ehe que-
sto bel moDumento iosieme con altri iungni
sìeno- Dscid alla lace dalle dispeadlose scava-
àonì di Porcigliatio, e si ammirino nel sao pa-
lazzo.
A. yi, num. IO. Questo intaglio greco-egiùo
h tratto parimente dal Museo fiorgiano a Vel-
tetri. Iside Tesmofora siede sulla cista de' suoi
nùster^ , e forse a questo epiteto potrebbero al-
ludere le quattro lettere greche 6ECI che ai
leggon nell'area. Vedasi sopra la pag. 88.
A. VII, num. ii. Vedesi disegnato in grande
souo questo numero il modio che ha sul capo
la statua dì Plutone alla tav. I. Gli alberi glan-
diferi che vi son rilevati all' intorno , ho detto
nella spiegazione poter esser elei, come i soli
funerei di questo genere, e che potesser cre-
dersi sacri a Dite. Questa mia opinione intorno
all'elei rioo confermata da Pausaniai che de-
scrive un bosco d' elei consecrato alle Furie
(Corintk. seu ii, e. ii.) Avendo però osservato
che in altri moggi che sono stil capo di Plutone
e di Serapìde, oltre gli alberi glandiferi vi sono
ancora le spìche del grano, debbo avvertire
che questo emblema può ammettere anche un'al-
tra ^legazione. Può essere che intorno al modio,
nmbolo d* nbertà e di dovizia , si sien volute
sedpire quelle piante che bau dato o danno
sostentamento al genere umano, e son perciò il
nararale emblema della dovizia. In questo caso
potrebbeu nel Doatro modio credersi figurate le
Do,:,7cdDyGoOglc
Sao
qaercie che sonmmùtraroao a^ uomÌDÌ il primo
lor nulrìmeoto.
A. Yll, num. i3. Il rovescio d'un deaario
romano ddila gente. Procilia ei rappreseoia la
vetusta immagioe dì Giunoue Laouvioa, come
r ha descritta Cìcerooe: Cum pelle, cian scutvio,
mancaloeis repandis. (Vedaai la nosbra uv. X.XI1
pag< 157 y. La atatua ivi riportata &i conosce daUa
dispoamone generale* e dal modo specialmeuie
con cui ha indossala quella pelle 1 aver comune
il soggetto colla presente figura. Or questa è »Ìcu-
camente la Giuuoae Lanuvioa , come oltre le ci-
tate lesiimonianze lo dimostrano le medaglie d'An-
tonino PÌo(p. 160) ove si legge: IVKONI SISPI-
TAE, con epiteto proprio al culto di Giunoge in
Lanuvio : dunque la nostfa statua sicuramente la
rappresoaifl. Uno d«' duivnyiri monciali che &cer
hattere siniuii denari era un Proeilio, famiglia
oriunda di Lanurio, nel cui territorio o nei
confini del prossimo I^aureotÌDo possedea forse
quel fondo che eoo oorrotu deooniioariove da
Prociliauo è divenuto Porcigliano * e che sì è
reso celebre per lauti monumenti che ha resi al
giorno. In questa moneta è osservabile ancora il
serpe a' piedi della dea. Di questo abbiamo ac-
cennato alcuni rapp<M-ti nella spiegarione della sta-
tua j non voglio però tacere quello che ci viea
narrato da Cicerone nel I tìe diyìruUione ^ $ 56.
a proposito de) celebre attore Q. Roscìo. Giova
riferire le sue slesse parole : Quid amores , oc
deliciae tue , Moscius ? num aut tpse , aut prò
DowcdDyGoOgIC
Sii
«o LanuvUim totum msntùheUur? tjuicum es-
set in atnabuUs , educareturque in Solonio ,
qui est corpus agri Lanugini ; noeta lamine
Of^osito eoeperrecta nutrix animadvertit pue-
rum dormientem circumplicatum serpentìs am-
pleaeu : tjuo adspectu exteirita clamarem su-
stitlit. Pater autem Jtoscii ad haruspices retu-
ìitt ^ui responderunt nihil ilio puero clarius «
nìNl nobiiius fare, jltque hano speciem Pra-
xiteles ccelavit argento , et noster expressit
jtrcìdas versibus. Di una copia io marmo di
qaesi* opera di Prassìiele ( diverso dal pib aotieo,
e lecDDdo aleaoi piuttosto Pasilele ) , credo cho'
esilia ora il frammeoto presso il vescovo di
Wilna in Liluania moosìgDor Ignano MasM)scki.
Questo prelato acquistò ìd Roma dalle altre volte
lodato 8Ìg> Pacelli una lesu di putto, attonio
alla quale h ravvolgoo le spire d* un serpe. L* a-
ria ilare del v<rfto del bambino medesimo, mo-
stri che non pnò rappresentare né un figlio di
IiMXiOonie (che alle volte i figli di Laocoonte
veggoDH flspresn come patti), nh il famoso Ar-
chemoro che dal serperne . fu ucciso. É vero
che Cicerone dice che Rosoio dormiva , ma
non dice che poi non si destasse. E forse lo tcol-
tore avrk immaginato questo punto per mostrare
nella letiùa e'qeHa ìndinerenKa del hambino i'
felice augurio che si travedeva in qn^la awen- ; , .
tura. 11 disegno di questo frammeoto pnjkvedern .e , '<. )À'''-
nella uv. A. VH, n. i5. k/. . J.',
Museo Pio^lem. Voi. II. ai ' ' ■■ <| -
Do,:,7.dDyGoOglc
Sa 9
Osservaaione daìf^iUore pubblicata neitonu yjl
delt ediùone di Roma.
La coDgeitu» che aveva faiu sulla immagine
di Roscio è svaDÌu. Un altro pouo ùmile più
ÌDtero e poruio su) dorso d* una dìvioiià nui-
rioa , da me aiirevohe vedutu nello studio del
sig. Camillo Pacelli valente scultore, mi ha pro-
vato che questa testa apparteneva a Melicerta, lo
stesso che PortuoDo o Palemooo , dio marìao e
cugino di Bacco * dalle cui orgie ha presa pro-
babilmente questa- corona dionisiaca formau da
na serpente.
TAVOLA B.
I quattro numeri dì questa tavola B. I. ci pre-
sentano io vai] prospetti Ìl pregevolisùmo vaso
fittile della galleria Gran-Ducale, da noì ram-
memorato ed esposto alla tav- XXXlI,nou (i)»
p. 300. Questo 1° num. ci oflre le figure che sono
intorno al collo di detto vaso, singolaruszate dalla
greche epigrafi che sono ancora sopra a sei di
esse, ed erao forse in antico segnate su dì cia-
scuna figura. Le ahbiamo altrove riferite : qui il
letiora potrfa osservarie in caratteri «aen dissìmili-
dagli originali, che sono una specie dì carat-
tere corrente e minuscolo , heochè 1* assenza delle
lettere lunghe , come dell' H e dell' Si , che si
in queste come io altre riferite dal MaBocchi
,i„vj,,Coo'^[c'
5ay
fl* nota » mottrt ««sere qaeste ^grafi £ non poca
anticliid. 'L'uso oleirE per 1' H « trova per alt
tro nelle mooete d'Alcoe poco anteriori all' etk
d* AlotBwiJyo * Dode k credibile che ascor l' e-
poca del nostro vaso precedaj qudl' Mk di pooo
tempo, aueu la «ngotamstma sna elegante, e
elio eie appunto uscito dalle aniohe figuline,
clk* tlbh^ro ne* tempi - antichi tanta rìpataùoDe
(AlOHeo, De^mOsoph. I). L'argomento deUa com*
poaiiioae l'ho creduto alluÙTO alle Tesmofurìe,
ed bo accennato i motivi di tal congetturas ora.
ooiwieil aggiaogervi qualche rìfleMÌone luUa fi-
gura di Caiha y ohe ho supposto lo Slefaneforo.. Il
eh. ed eroditissimo monsieur Du-Theil io una'
disaertanone - inserita nelle Memorie deW Acca*
demia ddle Iscrizioni e òeile lettere^ tomo xxsit
in 4t peoM che ,qQeste' sOTrÌQtendente alle Tes-
«ftibrìeai debbaiMeratteate alla immaginazione
£ Meursio. £ vero che una greca lapida ram-
Beou lo Sie&nefbro di Cerere Tesmoforaj ma
non per.oiò» die' egli «' dee uiferirsi che lo
Stefitoeforo presiedesse alle Tesmoforìe,' nellO'
quali non avean parte che le sole donne , n&
«omo akono vi si ammetteva. A me per altro
pare che d^bau distinguersi i misterj e le
cerimonie arcane delle Tesmoforie dalle feste
che io quella oocorrema à soIeOnizzavano: quelli,
odebravansi dalle donne secretamente, escludendo
ogni uomo da ult cerimonie muliebri , queste
eran pobbUohe , e conustevapo io processioni
e Bigiifi:^» a* quali non era vietato agli oomini
Do,:,7cdDyGoOglc
334
assistere* e che ben' poterauo esserb diretti d»
un ministro , clie per ìa coróna di cai era ìd"
sìgoilo iTrk arato il nome di Sietàneforò. Per
altro la spiegaàoDe proposta di queste &gUre n
dà semplicemente per congettnrale ; e 'se taluno
voleste ravvisarvi piottoato le soleniiitk d'un ma.
litaggio , e nel Genio alato invece del Genio
Egèmone de* mister), un Cupido o uo Imeneo^
non saremo per contraddu-gK. Abbiam atdtaaco
preferito questa congettura, perchè avrebbe qaal-
che relazione colla favola d' Ippolito • Fedra ,
che ci sembra sicuramente rappresentata nel corpo
del vaso , attesa , come si è detu , la casiitfc
UQio inculcau nelle Tesmoforie. Fa d'uopo av-
vertire che le £gnre nel bel vaso Hamihoniano
(tomo I, tav. Sa ) spiegate ' per le a<mt di Pa-
ride e^d'Elena dall' Hancarvilie , biinno precisa-
mente lo stesso argomento dbe quelle riporuie
sotto questo primo numero: e colk pare, secondo
le mie coogetuire, riconosco lo Stefiineforo co-
ronalo, le due matrone presidi, oltracciò i ea-
nestri ooosecrati in quelle cerimonie» e l' Genio
de' mister).
B. I, num. 3. Il ^ppo disegnato sottoqaeato
numero è nel corpo del vaso, e rappresenta
Fedra, che incoragg^ta dalla vecchia nudrice,
dichiara ad Ippolito stupefatto la sua làule pta-
anone. Il disordine dì Fedra è espresso assai vi-
vamente.
Ifum. 5. Sì è disegnata sotto questo numero
la forma generale del vaM, perché se ne am-
bg„„vJ.,COOglC
535
BÙrì la seni[JieiUi e l' eleganza, come incora per
formartf idea del compammeoto delle storie ohe
TÌ son difnnte.
Num. 4< IppolHo teguace di Diana e dedito
a&a caccia, vedesì in abito venatorio ftiggire
dalle. ÌBceMuOK premore della madrigna. I^a
vecchia ondrioe tenta in vano di trattenerlo.
Si oaserri che costei faa il capo involto in una
specie dì cuffia che mitra da'Laùni e da' Greci
feppellavasi, come si. è diraottrato nel tomo t
(pag. i^p Dpu 3'. Questa acconciatura di tesu
vediamo nelle figure delle vecchie» come d'E-
cnba . io pih monumenti , di questa nudrìoe di
Fedra io tutti i bassirìlievi, nelb pittura antica
dtaiA alla tav. XXXII-, pag. 300 '« e deUfa nndrice
delle figlie di I7iobe in un bel sarcofago del
Muaeo Fio-Clemeotìno. Ciò combina coli' uso
anbeo Atteaiatoci da Ovidio {Fast, tv-), il quale
parlando di Cerere trasformata in vecchia, non
questa circosuosa di cosi coprirsi la
Sinudarat anum, mìtra^ue capiUos
Presserat.
e di Tertuono , che pur prese la forma di vee-
chta, dice {Metamorph. xit) che
Redimitus tempora mitra
^ssimiiacit armm.
Questo disegno è esaltissimo. Ippolito è rappre-
seouto un bel giovine imberbe, non già come
Do,i,7cd.yCoOglc
536
nel rame dato dal BcnuteBO e dal Passeri c<4ia
barba (i).
B. II, RUTH. 5. Questo elegaote bassoriliero esiale
ancora pressò il ! sig-. Gnmmii Vnlpairo egregio
incisore di rami. Yedevisi Bacco eiB^mo- quando
trova l'abbaodonata Arianna. Si osseni la tìgurs
facente di quetu eroioa, e si troverà essere la
medesima che la nostfa stiìua delta la Cleopatra;
ancbe la'coltre ■ove si scorge ravvolta 'è smólo
a qnella del simulacro, e Je vela io parte la
testa. Si-meoDtri colla tov.XLIV, pag. aSo.
fi. Ul, Ttum. 6. Questo groppo è tratto dal
bassorilievo rifiento oeWj^dmiranda alla tav. ixxi.
È UQ Bacco barbato, ^O' come si saol ehiamara
da* tmtologi Bacco - lodiauo;. asMstìto da* Fauni e
Sileni, in atto di farsi trarre da un Fauno le
crepide per salire sul letto preparato per un
banchetto. I moderni autiqnarj poco osservatori,
non riflettendo a tutti i simboli Buichìci del
suo corteggici lo han creduto il TriioalehtODa
di Petronio Arbitro: altri vetusti antiquar) ugual-
(■) La fenunÌDa che lembra opponi alla partenza del
^guerriero, d'un cacciatore; o di un viaggiatore ( tav> B.
^ I , nnm. 9 e 4 ) ; si trova spesso nelle pitture de' vasi :
la figura d' un nomo stante fralle dae femmine sembra,
avere un tirso. Queste considerasioni mi fan parere men
verisimile la spiegazione che ho proposta di tali pitta-
re , riferendole alla favola d' Ippolito. Del resto non vi
£ sovente corrispondenza alcuna fra i soggetti dipioti
sulle diverse parti dello stesso vaso. ( Oiservathne del-
Fautore pubblicata nel tomo f^ll deff edizione ài Roma.
,y Google
mente iocoosideraii , ood uo ùmile iagaono Io
BcatabiaroDO eoo Sardaoapalo , di cui furoDO
celebri le mollezze e ì piicerì. IdUdio il rapporto
di questo Bacco colla nostra statua che ha l'e-
pigrafe CAPAAlNAnAAAOC , è evidente ad una
semplice occhiata. Vedasi la tav. XLI, pag. 357.
B. IT, nian. 7. Ecco il bassorìlicTO del Museo
Carpegna , ora Valicauo , gib illustrato dal Buo-
narroti {Osservazioni sopra i medaglioni ■, ec. nel
Trionfo di Bacco , pag. 447) e da uoi nnoTa-
mente spiegato alla t. XXVI, n. 5, pag. 1 71. Il pre-
sente disegno, meno elegante di quello di Santi Bar-
toli, è pifi fedele all'originale. Ho esposto 1 motivi
per crederlo un celebre attore tragico. T7od giova
qui tratteoersi nel ricordare ì certami degli attori
e gli onori tributati a que' che superavano gli
altri. Giova beQs\ riportare una iscrizione inedita,
ritrovata pucbi anni sono nella villa Moront
presso la porta S. Sebastiano, ora nel MaSeo
Pio-Clemeoùno, eh' è la seguente:
nOnAIOS • 2ESTI
A102 • nonAioT
Y102 - AHMHTPIOS
TPAraAOS ■ ANIKIITOS
Cioè: Publius SextìUus Publii filius Demetrius
Tragoedus invictus.
Un simil Tragedo infitto k ìl rappresentato in
questo bassorilievo.
B. V, num. 8 e 9. Due immagini del Bacco
barbato sona espresse sotto questi due namerL
,y Google
528
Zia figura sola è ìbcìm ia ud preàoso' topaào
ffik del Mawo : Csrpegaa , ora del Vadcano*. pub-
blicalo dal Baonarroti {Osservttùoni sopra £
medaglioni, ec pag. 44° )• Rappresenta Bacco
barbato > vestito d* uaa specie di tunica o aiolà
muliebre, come il preteso Sardanapolo, al cui
profilo si rassomiglia nella fisonomìa e nell'ac-
conciatura del capo. Ha in mano il cantaro,
come appanto il Bacco barbato descrìtto da Faa-
sania nell'arca di Cipselo, v. ig. Siccome al-
cuni tuo chiamalo sif!atte figure col nome di Sa-
cerdoti di fiacco , il cammeo rappresentato net
num. 8 pro?8 che siffiitte figure per lo pìb la
divinità stessa adombrano, e non i suoi sacer-
doti. Vedesi la stessa figura precisameate del
descrìtto intaglio collocata sopra una base e sotto
un albero, a cui un Fauno ed una Baccante
preparano il sacrìfizio d' una capra. Questo cam-
meo di stupendo artifizio appartiene alla datti-
lioteca del sig- prìncipe Stanislao Ponialowscki.
Due simili figure trovansi nel Museo Odescal*
Vhi ai no. 17 e t8 rappreseauie in due gemme;
quella del n. 18 sembra una co[Ha in profilo
del nostro Sardaoapalo si nel panoeggìameDia
ravvolto , che nella disposizione delle membra. Il
P. Galeotti li ha spiegad per sacerdoti di Bacco,
figure uf&tte hanno qualche volta il moggio sul
capo. L'aveva il bellìsùmo erma di Bacco bar-
bato , già della rìlla Negroni « ora del lodato
Mg. Jengkins: lo hanno due simili-fig[ure nel bel
sarcoiàgo rappresentante uu Baccanale presso
l'em. sig. card. Casali.
Do,1,7cd.yGoOglc
Sa,
B. ^, n. IO. Qnetu ùngolare atataa di Dì-
dono , meotovau (U noi alla tav. XL , pag. aSS
ù coDserra Del palazzo Barberini > ora ae le dà il
nome dì ArìaoDa. Ha i piedi antichi ao calzata
e F altro no, dbtint̥0 da coi rabbiam pottwt
riconoaeere per UidoDe. U pugnale è aggiuoto
ad disegno. La perfetta ùnùglianza che ha colla
aoxra - è evidente.
fi. VII, OD. ti e 13. Ho riportate aotto questi
due numeri le due diverse medaglie di Tarso »
che ci presenUDO la figura di Sardanapalo, qaal
Tedeaw io Anchìalo, citih dirnu della Cilicia
vicino a Tarso, 5Col{»ta sul suo monamemo,
parchi se ne scorga la total dissimiglianza che
ha col simulacro detto di Sardanapalo.
È necessario avvalorare la spiegazioae che Ù
dà a questi tipi, come rappresentanti quel cele-
bre re , che fa prodotu dal Begero ( Tesoro
Brandemburg. 1 tom. I, pag. 5o7), e poiu in
dubbio dal Gronovio ad Arriano di Nicomedia
(<2ff «xpedit. Alexandria lib. ii, cap. 5). Oltre
il gesto della figura, che ha una mano levata
in allo, e non disconviene alla descrizione che
danno Strabone ( lib. xit ) , Snida ( in tapBa»»^
mUoc e in 'Oj(ivo ) , ed Ateneo ( lib. xu , , 7 )
della immagine di Sardanapalo in Anchialo ,
che colla mano così levala suva in atto dì far
colle dita uno scoppio : si dee osservare che
tatti gli scriuorì che parlano di questa figura, ce
la danno come scolpita sul moaumenio stesso
di Sardanapalo. Ora una della <hia medaglie, ce
Do,:,7cdDyGoOglc
35o
r iodica ««ilpita appasto sulla faccia d'%ina pi-
ramide, fi^ra propria de' sepolcri. Dippiii Slra-
boae e' insegna che non era una statua , eotn»
si créde comUDemente . ma bensì un bassorilievo»
«Woc>U3ifo< (Strabone 1. e-, ed Ateneo xti, 7),
e la medaglia al o. 1 3 ce la moatra appunto a
bassorilievo. Finalmente Snida io '0;|rm) ci de-
scrive Sardanapalo in quel monumento vestito alla
Bianiera Lida, e succinto (àniorftsuov Avhffxi):
e succinu è nelle medaglie la Bgunt che ai pre-
tende Sardanapalo, anche in ciò assai diversa
dalla nostra statua, e appunto in abbigliamento
aimite al Frigio , che si confonde col Lido. Fi-
nalmente la fignra della medaglia ha la faretra,
e faretrati rappresentavaosi i re dell' Assiria, onda
Giovenale ha dato a Semiramide l'epiteto di
pkaretrata.
Posto donane che il ape di tali monete di
Tarso ci presenti Sardanapalo , la diveraitb dalla
nostra statua è troppo grande per ravvisarvi lo
slesso soggetto. (Vedasi la tavola XLI, pag. 357^
Il Sardaoapalu della medaglia è imberbe,barbatt è
la nostra statua : il Sardanapalo della medaglia è sne-
cinto, avvolta in lungo e grandioso abito talare 4 la
nostra statua. Potevano aver di comune il gesto n
qualche simbolo Bacchico, che forse avran cagio*
nato l'antico errore di ohi scrisse sul nostro Bacco
barbalo il nome di Sardanapalo.
Per altro Wiackelmaon che prodocendo un
altro Sardanapalo non molle ed effeminato, aoxi
valoroso e guerriero, ha creduto espresso nel
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5St
•imnlaero i|DeM*DmiBO, non ht ouerrato, cfaa
eoloro che TOglìoo distioguerfl ptii Sardaccpali^
a questo appunto attribuiscono l'ìmougine di
Anchialo , la quale è por div»tÌMÌma dalla no*
atra suina.
Riguardo poi alla moldpUcità de' Sardanapali^
qoeMa forte non k dorala ohe. alla coofaHonOi
e alla ìnesattena delle greche notizie circa la
atoria de're dell'Oriente. Sapendo i Greci che
ana dalle gran rivolozioni dell' impero Aatiro en
aeguita sotto Sardaoapaloi han confuse questa
rivohuionif e han dato sempre il nome di Sara
decapalo a quel re che ne fu la vitlìma, senza
«sservare che la prima fu assai lonuna dalla
McOnda.
-Gli accademici francasi ch$ faao preteso di*
mostrare che il Sardanapalo, il cai monumento
era presso ad Anchialo, fosse diverso ilaU'ultimtt
re di Ninive, si fondano sul sepolcro apponlo
di questo re , che irorandosi in Gilicìa non pò-
tea cootcoer le ceneri di chi si era bruciato in
Tiinive- Questo fòDdameoto è però assai racil*
laotc: il moDtimeoto d' Anchialo io Cilicia potcT*
essere un cenotafio, taatoppiJi che Strabone, Ar-
riano e Suida si serrono sc^o della vooe wàké/H *
monumento i e uon della voce ra/poi, sepolàro*
£ poi BOD molti gli esempli di sepolcri d'uomini
celebri, ne' quali era certo non poter essere stati
sepolti; sì perchè ciò alla loro storia coutrad*
diceva, t\ perchè il sepolcro dello stesso eroe
vedeau io diversi ed aoche lontani Inoglù. Dio>
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55a
Buio f Àlìcmiassò che parla- di jih mpoUcrk
A' Eoea tatti falsi , e Paataiùa che scopre la stess*,
meoiogoa io piti Biooaineiiti sepolcrali di grec^
•roì, ce lo pt)0*aBO ^a anfficìenta.
GK abiutori d'Aachialo avraoDO eretto un ce-
Boufio a Sardaoapélo, giacché la lor citib* come
la TÌcÌDa Tano, era suu riedificata da quel
mooarca. L'iscriaioDe a[^os(an o era ripetuta.
dal sepolcro di Sardanapalo a Niuive mentovalo
da Aiòitfta presso Ateaeo xii, 7 , o ere ataui
composta esprestameoie da qualche letterato A.ar
nro> alla qual nazioDe era la Cilicia seggetta,
e ftf stesa relativameote alle mauime e alla
mollezza dì qoel celebre re, la cui morale dopo
Unti secoli, contro la fama enìversale di tutte
l' antichità , bau preso a sosteuere mcdtì tUusitì
letterati francesi ; monsieur Fourmoot, monaieur
Bouhier (Disfert. sur Sardanapale dopo il com-
mento di questo letterato alle Tuscolane £ Ci-
cerone), monsieor Freret (Mem. de C jicad.
des iTtsarìptiOTis j ec. tòmo tr io 4)? monsiaur
de Brosses (ilfem. eie., tomo zxi in 4)< « ^w\'
mente monùeur de Gnignes (Jfent eifc, t zixir
in 4)i come se fosse cosa strana che un de-
■pota dell'Asia facesse de' suoi, piaceri la princi*
pai sua occnpasione>
La prima delie due medaglie & tratta dal Be-
gero {Tesoro Brandemburg. ^ !• e), la seconda
A copiau dallo stesso libro 1 coofrootaodola però
con due quaù sinuli che si conser?ano presse^.
Do,1,7cdDyGoOglc
S55
monsìgaor Onorato Caetani, e ÌGiiuio parte della
serie d'aoticbe medaglie rappresentanu edifizj ,
ed Ulustraoti la fioria dell' architeuura, raccolte
da qael dono prelato.
Fimt DEL TOKO sicoiipp'
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INDICE DELLE TAVOLE
cohtehutb
KEL SECONDO TOMO.
T. ■• PlatoDe
1. a Fiutone e ProierpifiB
a. Dan ai de
5. EwnUpio ed Igik
4> Ercole col corancopia
5- Ercole che tapiice il tripode
6. Eicole co' cavalli di Diomede
•j. Ercole cbe abbaile Geriooe
8. Ercole domatore del Cerbero
9. Ercole e Telefo
IO. Ercole detto il Torto dì BeWedeia
li. Vittoria
13. Fortuna
■ 5. Nemetì
i4> Pndicitia
i5. Roma
16. Simulacro Egìtio
17. Idolo Egiiio
■8. Statua Egicia
ig. Mitra
io. Gianone
ai. GinnoDe Lanavina
33. Tenere Vincitrice
a3. Hiaeiva
34. La Hata Clio
95. Enterpa
36. Helpomenc
37. Cerere
38. Bacco
39. Bacco mena fignra
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T.3o. Faaao
» Si. Adonv (dcuo il Marcino)
* Sa. Adone
a 53> PefMO
» 34- Meleagro
» 35. Ganimede
> 36. Ganimede
m 37. Paride
> 38. AmatoDc
• 39. Xjaocoonte
> 4*>- BidoDe
a 4'- Sdrdtnapalo
■ ^•t. AlciUade
» 4^- Focìooe
» 44- Cleopatra
a ^5. Aagoilo togate
a 4& Angnito velata
a 47- Livia io forma della Pielk
a 48- Domitia io fonna di Diana
> 4<>- Adriano in forrn* di Marte
> So. Lncio Vero
> 5i. Giulia Soemia io forma di Tenere
a 5t. Sallnitia in forma dì Tenere
■ A. I. I. Ercole e Telefo con la cerva. 9. Ercole con
una donna.
a A. [I- 3. Ripoto d'Ercole. 4. Ercole e Telefo.
» A. IH. 5. Nemeii
> A. rV. 7. Hemeii
» A. T. 6. Sacerdote Egidio sotto le lembianse di Oro. 8.
Geroglifici egitj.
■ A. TI. 9. Plutone. 10.- laide Teimofora.
a A. TU. II. Modio ipettante a Platone. 19. Giunone
Lanavina. i3. Testa di Melicerla o*iÌa di
Portnono
> B. L I. a. 3. 4- Taio fittile della Galleria GraD'Ducale
di Fìrenie
> B. II. 5. Bacco ed Arianna
• B. III. 6. Bacco barbalo
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T.B IV. 7. Atto» tragico.
• B. T. 8. Bacco barbato con un Fauno e nna BbccsoCÌb
cbe ({li preparano il sacrificio f noa capra.
9. Bacco barbato col canlato.
» B. VI. IO. Didone
a B. vii. ti. 13. Sardaaapalo.
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